CUBA E L'EBOLA

Menzogne e verità sui medici cubani nel mondo

di Santiago Mayor (*)

Ogni giorno si scrivono nel mondo pagine e pagine contro Cuba. In maggioranza appoggiandosi  su menzogne e ambiguità. Ma negli ultimi tempi alcuni media hanno cercato di colpire uno dei punti forti della Rivoluzione Cubana: la sua solidarietà internazionale e i suoi professionisti della medicina.

Cuba ha inviato più di 250 professionisti della salute per combattere il virus Ebola in Africa Occidentale. Più di quelli inviati da grandi potenze come Stati Uniti e Cina o organizzazioni come Medici Senza Frontiere.

Ad oggi sono più di 48 mila i medici cubani che prestano servizio ogni giorno in più di 60 paesi, principalmente in America Latina ma anche in Africa e Asia.

E’ in questo scenario che è stata scatenata la recente offensiva contro questo punto forte della Rivoluzione Cubana, visto che si tratta di uno dei principali strumenti diplomatici dell’Avana e di un esempio mondiale che va contro la propaganda statunitense.

Gli Stati Uniti finanziano la diserzione

Alcune settimane fa il prestigioso quotidiano The New York Timesha pubblicato un editoriale criticando il Cuban Medical Profesional Parole (CMPP).

Questo programma, sviluppato da Washington, dal 2006 offre ai medici cubani che lavorano in missioni all’estero “asilo politico”. Come spiega il periodico, semplicemente avvicinandosi ad una ambasciata o a un consolato i medici cubani “possono entrare negli Stati Uniti in poche settimane” e “in pochi anni diventare cittadini statunitensi”.

L’articolo è chiaro al riguardo: “E’ incongruente che gli Stati Uniti elogino il contributo dei medici cubani inviati dal governo a prestare aiuto nelle crisi mondiali, come quella del terremoto di Haiti nel 2010, mentre cercano di destabilizzare lo Stato facilitando le diserzioni”.

Purtroppo i mezzi di comunicazione occidentali, sempre così solerti nel citare i giornali statunitensi quando criticano i governi di sinistra, in questa occasione hanno deciso di non farlo.

Invece si sono dati da fare sui dati delle diserzioni dei professionisti cubani, come se questo succedesse per magia.

“I medici inviati da Cuba in Venezuela fuggono in massa negli Stati Uniti”. Questo è il titolo che la corrispondente del giornale ABC spagnolo a Caracas ha scelto per il suo articolo, dove asserisce che – in media – 15 professionisti cubani disertano settimanalmente e che “in totalehanno disertato dal Venezuela e da altri paesi circa 3.000 professionisti inquadrati nei programmi sociali messi in atto dall’Avana all’estero”.

Indipendentemente dal fatto che la fonte è semplicemente una ONG con sede a Miami chiamata Solidarietà Senza Frontiere e che in alcun punto si menziona il programma MPP, supponiamo che questo dato sia reale.

Come si è detto,  ci sono 48 mila medici cubani che portano la solidarietà nel mondo e il loro lavoro fuori dal paese in ogni missione è all’incirca di due anni.

Considerando che il CMPP ha cominciato a funzionato nel 2006, da allora quasi 200 mila professionisti della salute dell’isola sono stati i potenziali riceventi del beneficio della cittadinanza statunitense solo con l’avvicinarsi a qualsiasi consolato o ambasciata.

Bene, secondo l’articolo di ABC “in totale” ne sono fuggiti 3.000. Questo vuol dire che solo 1,5% ha scelto di disertare.

E qui bisogna domandarsi: quanti professionisti latinoamericani desiderano oggi avere la possibilità di lavorare negli USA? Perché i cubani, se vivono in così cattive condizioni, avendo questa possibilità non ne approfittano in massa?

Alla prima domanda ha risposto Eugenio Martìnez, ambasciatore di Cuba in Spagna, in una lettera diretta al giornale ABC prima della pubblicazione di quell’articolo. Là esprimeva la sua “sorpresa” per la grande attenzione prestata al tema e all’omissione del fatto che in Spagna, a maggio di quest’anni, “3.400 medici hanno chiesto il certificato per emigrare”. Questo fa una media di 85 a settimana, sei volte di più dei presunti 15 medici cubani che “fuggono in massa negli USA”.

 

La solidarietà che le menzogne non possono nascondere

Anche se la propaganda internazionale cerca di nasconderlo, la solidarietà cubana non ha precedenti né paragoni. Più di 320 mila professionisti della salute hanno partecipato a missioni internazionaliste dall’arrivo al governo dei rivoluzionari cubani nel 1959.

Varie di queste persone lo hanno fatto in più di una volta. Attualmente in Africa vi sono alcuni medici che vi sono già stati precedentemente in due o tre missioni.

Solo per fornire dati recenti, l’aiuto cubano ad Haiti dopo il terremoto del 2010 ha portato fino ad oggi a più di 22 milioni di visite mediche; ha ridato o migliorato la vista a circa 62 mila pazienti; ha effettuato più di 400 mila interventi chirurgici e ha salvato circa 315 mila vite umane.

Tutto questo mentre il resto degli altri paesi ha inviato soldati per garantire gli investimenti di imprese multinazionali e il saccheggio delle ricchezze haitiane.

Per aggiungere altra informazione: 1.750.000 vite sono state salvate in Venezuela dall’arrivo dei medici cubani nel 2003; 292.640 in Guatemala dal 1998 e 74.946 in Bolivia dal 2006.

D’altra parte il contributo cubano non finisce con un appoggio temporaneo, ma presuppone una costruzione a lungo tempo. La Scuola Latinoamericana di Medicina (ELAM), con sede a Cuba e che recentemente ha compiuto 15 anni, ha laureato dalla sua fondazione più di 24 mila professionisti della salute di più di 30 paesi. Tutti coloro che hanno studiato là lo hanno fatto gratuitamente grazie allo Stato cubano.

Questi sono solo alcuni dei molti dati che si possono aggiungere sull’irrinunciabile solidarietà cubana con tutti i popoli del mondo. Dati sparsi di cui  Ludmila Vinogradoff, la corrispondente di ABC a Caracas, dovrebbe tener conto. Ancor più quando, mesi fa, la stessa giornalista scrisse una nota (che poi dovette eliminare) in cui denunciava una presunta repressione in Venezuela illustrata con una foto di manifestazioni…  in Egitto.

 

Come diceva John Lennon: “Mentre affrontiamo più realtà, ci accorgiamo che il programma principale del giorno è l’irrealtà”.

 

(*) Giornalista argentino; da: rebelion.org; 14.12.2014

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 


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