Gli squilibri mondiali cambiano epicentro
di Alejandro Nadal (*)
L’economia mondiale invia tutti i giorni segnali. Cosa cercano di dirci? Magari una domanda provocatoria: ci staranno dicendo che dobbiamo imporre sanzioni alla Germania per il suo disimpegno economico?
La crisi globale sta per cominciare il suo settimo anno di vita.
I problemi in Europa non si risolvono. Di fatto, adesso si combinano in modo pericoloso con i sintomi di una recessione prolungata in Cina, per indicare che forse siamo già entrati in un lungo periodo di stagnazione a livello mondiale. Il recupero degli Stati Uniti, di cui tanto si parla, è segnato da nuvoloni e da uno spropositato incremento degli utili della banche senza che aumenti l’attività creditizia verso il resto dell’economia.
Decisamente i motori dell’economia mondiale non attraversano il loro momento migliore.
L’economia euroepa continua ad essere uno dei punti caldi più importanti. I problemi che vari paesi europei attraversano ancora sono accompagnati da indiscrezioni inquietanti sul futuro dell’unione monetaria.
I negoziati tra Bruxelles e l’eurogruppo da una parte, e il governo di Syriza dall’altro, hanno esasperato le tensioni sulla moneta europea. Allo stesso tempo hanno distratto l’attenzione da uno dei problemi più seri in Europa. Gli squilibri economici tra paesi con forti surplus di bilancia dei pagamenti e quelli che hanno un deficit cronico nei loro conti esteri sono in questo momento una delle più grandi minacce per il progetto dell’unione europea.
Negli ultimi 20 anni si è parlato molto dei vertiginosi tassi di crescita della Cina e del suo prodigioso ruolo di esportatore.
Tutti conoscono il fatto che il surplus di bilancio per il gigante asiatico è passato dal 2 a più dell’8% del PIL tra il 2001 e il 2007, anno in cui si cominciano a sentire i primi effetti della crisi del mercato ipotecario statunitense.
Nel 2008 questo surplus raggiunse il 10% del PIL e quindi cominciò a ridursi gradualmente nella misura in cui iniziava la contrazione el mercato mondiale (i dati sono del Fondo Monetario Internazionale).
Nel 2014 il surplus cinese superò appena il 2% del PIL. Ora il motore esportatore cinese vi è visto superare dall’economia della Germania.
In questo paese il surplus estero (bilancia dei pagamenti) rappresentava già il 5% del PIL nel 2006. Per il 2008 questo indicatore superava il 7.4% del PIL e, come c’era da aspettarsi, si è ridotto nei due anni seguenti a causa della crisi. Tuttava le esportazioni recuperarono rapidamente e il surplus oggi raggiunge il 7.5% del PIL.
Se si analizzano questi indicatori in termini assoluti, si osserva che il surplus nel bilancio corrente della Cina passa da 420 a 225 mila milioni di dollari (mmdd) tra il 2008 e il 2014. Vista da questo punto di vista, sembra che la riduzione di questo surplus non sia tanto importante. Ma in questi ultimi quattro anni la vocazione esportatrice dell’eurozona ha portato il saldo del bilancio correte da un deficit di 99 mmdd ad uno spettacolare surplus di 392 mmdd. Viene anticipato che quest’anno il surplus dell’eurozona raggiungerà il picco storico nel bilancio corrente dell’economia cinese del 2008 (più di 400 mmdd).
Una parte preminente di questo surplus nei bilanci correnti dell’eurozona (circa il 68%) corrisponde all’economia tedesca .Il che significa che non solo gli squilibri internazionali permangono, ma che all’interno dell’Europa si sono aggravati. Il miglior indicatore di questo fenomeno è che il surplus della Germania è aumentato, passandoda 225 a 285 mmdd negli ultimi 6 anni.
E’ evidente che la crisi nell’eurozona non ha portato ad un riequilibrio delle sue economie, né ad una situazione più armonica. Persino le autorità di Bruxelles, di cui tanto parliamo nel contesto delle negoziazioni con il governo di Syriza, si trovano davanti ad un dilemma rispetto a questo auge esportatore della Germania. Il procedimento di disequilibrio macroeconomico dell’Unione Europea stabilisce un limite del 6% per il surplus di bilancio corrente e la Germania lo ha raggiunto da tre anni.
Il Dipartimento del Tesoro statunitense ha segnalato il comportamento tedesco come fattore destabilizzatore per l’economia mondiale. E le autorità di Bruxelles, a partire da Jean-Claude Juncker, hanno il mal di testa. A bassa voce, per evitare lo scandalo politico in Germania, hanno dovuto avvertire che, se il surplus esterno non viene ridotto, dovranno imporre ... sanzioni a Berlino!
Dopo tutto la Germania è il paese che ha promosso di più la candidatura di Junker come presidente della Commissione.
L’emicrania di Junker può aggravarsi. Per quanto alla signora Merkel piaccia vanagloriarsi della “competitività” tedesca, la verità è che la repressione salariale e ora il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro sono i fattori chiave dello squilibrio.
Non bisogna dimenticarlo: presto o tardi gli squilibri presenteranno i conti.
(*) Economista argentino
da: lahaine.org; 26.3.2015
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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