Mediterraneo di morte
Le guerre, la rapina delle materie prime, gli accordi commerciali capestro – in una parola l’imperialismo – hanno trasformato il Mediterraneo nella “più mortale strada” (definizione dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati) per gli immigranti.
Questi i dati: Il 65% dei migranti morti nel mondo nel corso del 2014 ha perso la vita nel Mediterraneo. Le statistiche sono di una crudele trasparenza: 3.279 persone sono morte nel Mediterraneo, 265 nel Corno d’Africa, 307 alla frontiera nordamericana, 540 nel golfo del Bengala e 626 in altri punti del pianeta.
Per fare un altro paragone, tra il 1° gennaio 2015 e il 19 aprile, 1.600 migranti sono morti nel Mediterraneo contro i 41 alla frontiera tra Messico e Stati Uniti.
In sintesi, nei mesi passati del 2015, nel Mediterraneo è morto un immigrante ogni due ore. Dall’anno 2000 più di 20.000 persone sono morte cercando di giungere in Europa, principalmente attraverso il Mediterraneo.
Affogati di terza classe
David Torres (*); da: publico.es; 21.4.2015
Nella famosa scena finale di Titanic di james Cameron, Kate Winslet chiede al suo amante - Leonardo Di Caprio, morto di freddo e di sfinimento nelle gelide acque dell’Atlantico - che non la abbandoni nello stesso momento in cui dolcemente ne spinge il cadavere sott’acqua perchè si inabissi velocemente. Slavoj Zizek commenta la scena nel documentario Pervert’s Guide to Ideology e sottolinea il simbolismo con cui vengono presentate le relazioni di classe in un film così brillantemente grossolano.
Le classi alte, con le loro giovani ereditiere, le loro vecchie arpie e le loro canaglie da operetta cannibalizzano i poveri emigranti che viaggiano nelle viscere del transatlantico; il giovane vagabondo pieno di vita balla con l’annoiata ragazza ricca trasmettendole, in un’unica notte di passione, energia e ricordi sufficienti ad affrontare il resto della sua vacua e lunga esistenza. La sua morte è l’olocausto offerto per rinnovare la specie dei milionari, allo stesso modo in cui i vampiri hanno bisogno di bere il sangue delle loro vittime.
Nelle acque del Mediterraneo affonda un Titanic segreto e miserabile ogni poco tempo, dozzine e dozzine di Titanics con il loro triste carico di Di Caprio anonimi, di Di Caprio famelici, di Di Caprio con la pelle nera, migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini.
La milionaria Kate Winslet non viaggia più a bordo, prende il sole sdraiata sulle spiagge di Italia e di Spagna, convenientemente orripilata per questa ciclica tragedia che la sconvolge giusto il tempo di farle ricordare il valore e il sapore della vita.
Per il resto Kate Winslet, nel ruolo di Europa, fa gli stessi gesti della giovane ereditiera sulla sua barca: piange un poco per il morto mentre lo allontana verso le profondità del mare, nel caso con una palla di gomma. Poi la salita dei tassi di interesse, la crisi greca, il pericolo dell’inflazione, un aereo schiantatosi tra le Alpi o un baby assassino con una balestra richiamano la sua attenzione fino al prossimo naufragio.
L’affondamento del Titanic profetizzò il secolo che si avvicinava per varie ragioni, dalla superbia tecnologica fino all’orchestra che diede la colonna sonora alla catastrofe, e non fu da meno il fatto che la ripercussione mediatica della notizia – il suo trattamento sulla stampa dell’epoca, nella letteratura e nel cinema – adottasse la prospettiva di una tragedia di classe alta.
Oggi i Titanicsche, trascinandosi, attraversano il Mediterraneo non sono superbi transatlantici di prima classe ma vecchi pescherecci sovraccaricati e affittati dalle mafie, umili zattere e barconi senz’alberi. Non li affonda più un iceberg alla deriva ma l’affastellamento, l’eccesso di passeggeri, la fame, la paura, l’avidità dei trafficanti, l’abulia criminale di questa Europa anemica i cui valori di libertà, eguaglianza e fraternità sono naufragati da molto nell’oceano degli indici della borsa.
Quando Renzi e Hollande reclamano un vertice auropeo per risolvere la mancanza di risposta efficace davanti ad un disastro ricorrente, in realtà stanno chiedendo un balsamo contro la cattiva coscienza.
“Noi europei ci giochiamo il nostro credito se non siamo capaci di evitare queste drammatiche situazioni” ha detto Mariano (Rajoy, il premier spagnolo, n.d.t.), l’unico uomo sulla terra che ancora non sa esattamente quello che può fare un coltello alla carne umana. Nella sua asettica frase di condoglianze, forse l’unica parola autentica è “credito”, anche se non si riferisce esattamente a quel tipo di credito.
Intanto, e come diceva Lorca (Federico Garcìa Lorca, grande poeta antifascista, n.d.t.), il mare è l’unico che ricorda immediatamente il nome di tutti i suoi affogati.
(*) Scrittore e giornalista spagnolo
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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