La Vittoria
di Rodolfo Bueno (*)
La 2° Guerra Mondiale si sviluppò, essenzialmente, sul fronte sovietico-tedesco, dove furono combattute le più importanti e decisive battaglie che costituirono l’inversione radicale della guerra e spezzarono la spina dorsale delle Forze armate della Germania nazista, la più potente forza militare della storia. Delle 783 divisioni tedesche sconfitte in questa guerra, 607 lo furono su questo fronte, dove furono abbattuti anche 77.000 aerei e istrutti 48.000 carri armati e 167.000 cannoni, oltre a 2.500 navi da guerra, il che significò il completo disastro per la Germania Nazista.
La più grande sconfitta tedesca avvenne nella Battaglia di Stalingrado, la più sanguinosa e feroce della storia, con più di 3 milioni di soldati morti da entrambe le parti; essa durò dall’agosto 1942 al 2 febbraio 1943 e culminò, dopo combattimenti senza tregua casa per casa, con l’incredibile vittoria dell’esercito Sovietico sulla 6° Armata tedesca, qualcosa che nessuno nel mondo occidentale si aspettava.
Facciamo l’esempio, su tanti gloriosi momenti avvenuti in questa battaglia, della ‘Casa di Pavlov’, un edificio di uffici difeso tra il 23 settembre e il 25 novembre 1942 da un piccola guarnigione, quando il contrattacco sovietico la rilevò. E’ sufficiente dire che la 6° Armata tedesca, che lottava per prendere Stalingrado e che in meno tempo si era impadronita di mezza Europa, fu incapace di conquistare la Casa, difesa da una dozzina di agguerriti soldati. Gli uomini del sottufficiale Yakov Pavlov, che comandava la difesa di questo edificio, identificato come fortezza sulle carte militari tedesche, eliminarono più soldati nemici che tutti quelli che morirono durante la liberazione di Parigi.
Sulla battaglia di Stalingrado, il generale tedesco Dorr scrive: “Il territorio conquistato si misurava in metri, bisognava realizzare feroci azioni per prendere una casa o una fabbrica, non vi fu mai un impiego tanto grande di munizioni. Stavamo faccia a faccia con i russi, il che impediva di utilizzare l’aviazione. I russi erano migliori di noi nel combattimento casa per casa, le loro difese erano molto forti”. Fu il generale Chuikov, difensore di Stalingrado, che ideò questa forma di lotta con cui riuscì a far sì che lo spazio che separava le sue truppe da quelle tedesche non eccedesse mai il raggio di azione di un lanciagranate. Nel distruggere la città, i nazisti impedirono che l’azione dei loro carri armati fosse effettiva: le rovine stesse diventavano difese anticarro.
Grazie al morale combattivo dei difensori di Stalingrado, i tedeschi riuscirono ad avanzare solo mezzo chilometro nell’offensiva di 12 giorni dell’ottobre 1942; persero l’iniziativa e non riuscirono ad attaccare con successo un’altra volta.
L’11 novembre i tedeschi attaccarono per l’ultima volta Stalingrado, cercando di arrivare al fiume Volga su un fronte di 5 chilometri; l’offensiva fallì perché i russi difesero ogni metro della loro terra. Il 19 novembre l’esercito Sovietico cominciò una controffensiva che era stata elaborata nel totale segreto; quattro giorni dopo i tedeschi erano circondati da un anello dai 40 ai 60 chilometri di raggio. L’ultimatum inviato dal generale Rokossovsky al maresciallo Von Paulus fu rifiutato. Il 2 febbraio 1943, dopo feroci combattimenti, ogni resistenza tedesca a Stalingrado era finita. L’Esercito Sovietico catturò un marescialo di campo, 24 generali, 25.000 ufficiali e 91.000 soldati. Nella battaglia di Stalingrado la Wehrmacht perse un milione di uomini, l’11% del totale di tutte le sue perdite durante la 2° Guerra Mondiale, il 25% di tutte le forze che in quel momento operavano sul fronte orientale, più di 3.000 carri armati e quasi 4.500 aerei. Fu la peggiore sconfitta subita dall’esercito tedesco in tutta la sua storia. In Memorie di un Soldato, il generale Heinz Guderian scrive: “Dopo la catastrofe di Stalingrado, a fine gennaio 1943, la situazione divenne abbastanza minacciosa, anche senza l’intervento delle potenze occidentali”.
La vittoria di Stalingrado sconvolse completamente i piani degli aggressori tedeschi, colpì tutto il loro sistema di alleanze e riempì di speranze tutte le truppe e i popoli dei paesi che lottavano contro il fascismo mondiale. Per la Germania la sconfitta fu così dura che decretò 3 giorni di lutto. La vittoria di Stalingrado segnò l’inizio della sconfitta totale della Germania nazista e pose le basi per l’espulsione di massa degli invasori dal territorio sovietico. Quasi tutto il materiale militare impiegato fu fabbricato nelle fabbriche che i tecnici dell’Unione Sovietica avevano spostato dalla zona centrale della Russia all’altro lato degli Urali, con i tedeschi alle calcagna.
Dopo la battaglia di Stalingrado si seppe che neanche nel 1943 si sarebbe aperto il Secondo Fronte, il che significava che il Fronte Orientale avrebbe continuato ad essere il centro più importante delle operazioni militari: la Germania poteva concentrare su di esso le sue truppe più selezionate per lottare contro l’URSS.
Intanto, in Nord Africa l’Inghilterra aveva 15 divisioni e gli USA 6; nel Pacifico combattevano 9 divisioni nordamericane e la maggior parte delle forze armate di entrambi i paesi si trovavano sul proprio rispettivo territorio. Intanto la Wehrmacht era riuscita a mobilitare 273 divisioni, delle quali 194 combattevano sul fronte sovietico.
Per questo in una lettera a Roosevelt del 10 giugno 1943, Stalin scrive: “Lei e Churchill avete deciso di posporre l’invasione dell’Europa Occidentale alla primavera 1944. Un’altra volta ci toccherà lottare quasi da soli”.
E in una lettera a Churchill scriveva: “Il nostro governo non avrebbe mai potuto che gli USA e la Gran Bretagna rivedessero la decisione di invadere l’Europa Occidentale …Non siamo stati consultati….lei mi dice che capisce completamente la mia disillusione. E’ mio dovere chiarirLe che non si tratta di una semplice disillusione del governo sovietico ma di mantenere la fiducia tra gli alleati. Non bisogna dimenticare che si tratta di salvare la vita di milioni di persone che vivono nelle regioni occupate dell’Europa Occidentale e della Russia, così come di ridurre le immense perdite dell’Esercito Sovietico”.
In queste condizioni sarebbe avvenuta, nell’estate del 1943, la Battaglia di Kursk in cui, secondo Hitler, i tedeschi “dovevano recuperare nell’estate quello che avevano perso nell’inverno”.
A partire da allora la Germania nazista perse l’iniziativa bellica. Guderian scrive nelle sue Memorie di un Soldato: “Soffrimmo una sconfitta devastatrice a Kursk. Le truppe blindate, che erano state ricomposte con grane sforzo in conseguenza della grande perdita di uomini e di materiale bellico, rimasero fuori servizio per lungo tempo. Era impossibile averle pronte a tempo per i combattimenti difensivi sia nell’est che nell’ovest, in caso dello sbarco che gli alleati minacciavano per la primavera seguente. Come conseguenza del fallimento del piano Cittadella, il fronte orientale assorbì tutte le forze che si trovavano in Francia”.
Nella Battaglia di Kursk furono sterminate le unità migliori dell’esercito tedesco, quelle che lottavano con la parola d’ordine ‘vincere o morire’; fu seppellito anche il mito che fosse stato l’inverno russo ad aiutare l’Esercito Rosso; fu anche la battaglia di carri più grande della storia, in cui parteciparono 6.900 carri armati e 4.000 aerei di entrambe le parti.
Le vittorie militari sovietiche dell’anno 1943 liberarono grandi estensioni di territorio dell’Unione Sovietica, occupate dalle truppe tedesche, e dimostrarono ai suoi alleati dell’Occidente che, se non fossero sbarcati in Europa, l’URSS era capace di sconfiggere la Germania da sola. Fu il fattore decisivo perché non si spostasse ancora l’apertura del 2° Fronte, lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944.
Dopo lo sbarco in Normandia l’URSS, per alleggerire la pressione che si produsse in Francia sui suoi alleati, cominciò un’offensiva generale sul fronte sovietico-tedesco.
L’offensiva, chiamata Operazione Bagration, venne lanciata, secondo l’alto comando sovietico, col fine di “Ripulire dagli occupanti nazisti tutta la nostra terra e ristabilire le frontiere statali dell’Unione Sovietica in tutta la loro estensione, dal mar Nero al mare di Barents, perseguire la belva tedesca ferita fino alla sua tana … Liberare dall’oppressione i nostri fratelli polacchi, cecoslovacchi e altri”. Solo cinque persone dell’alto comando sovietico conoscevano tutti i piani relativi a questa operazione. Il colpo principale fu assestato nella zona dei pantani, una zona intransitabile dove i tedeschi non si aspettavano assolutamente che avvenisse alcuna operazione bellica, per cui le loro difese erano più deboli.
L’offensiva colse di sorpresa i nazisti, per i quali – secondo quanto comunicava il maresciallo Keitel ai comandanti dell’esercito tedesco sul fronte orientale, ”Nell’est la situazione si è stabilizzata, i russi non potranno ricominciare subito al loro offensiva … Per ora sono incapaci di combattere su varie direzioni nello stesso tempo”.
Ma non era così; l’URSS attaccò Viborg attraverso l’istmo di Carelia: di conseguenza in Finlandia cade il governo di Ryti, alleato della Germania. Il parlamento conferì poteri dittatoriali al maresciallo Mannerheim, che obbligò l’esercito tedesco a ritirarsi dalla Finlandia in direzione Norvegia.
Poi le truppe del maresciallo Maretskov ruppero le linee tedesche a Murmansk e liberarono il nord del territorio norvegese occupato dalla Germania. L’esercito sovietico assestò il colpo successivo sul fronte di Bielorussia che i tedeschi chiamavano Barriera orientale e che, secondo loro, era più resistente della “Muraglia Atlantica” perché le sue città erano state murate e si poteva abbandonare la zona solo con l’espressa autorizzazione del Fuhrer. In Bielorussia combatterono, insieme alle truppe sovietiche, molti tedeschi antifascisti. Fritz Schmenkel, che fu fucilato dai nazi a Minsk, è un eroe dell’Unione Sovietica per aver combattuto contro gli occupanti nazisti insieme ai guerriglieri bielorussi. Il 3 giugno 1944 Minsk fu liberata. Così scriveva la stampa degli Stati Uniti: “Le truppe sovietiche furono d’aiuto tanto quanto se avessero assaltato loro le fortificazioni tedesche sul litorale francese, dato che la Russia ha iniziato una grande offensiva che ha obbligato i tedeschi a mantenere milioni di uomini sul fronte orientale; diversamente sarebbe stato facile opporre resistenza ai nordamericani in Francia”.
Il 3 agosto 1944, alla Camera dei Comuni, Churchill disse: “Nel mondo non esiste una forza capace di spezzare e distruggere l’esercito tedesco e di procurargli perdite tanto enormi come l’hanno fatto gli eserciti-sovietico-russo”. Il generale tedesco Siegfried Westphal scrisse: “Durante l’estate e l’autunno 1944 l’esercito tedesco subì la più grande sconfitta della sua storia, peggiore di Stalingrado”.
Dopo aver liberato numerosi paesi europei dal gioco nazi-fascista, le truppe sovietiche entrarono a Berlino e il 1° maggio 1945 issarono la bandiera del loro paese sul parlamento tedesco, il Reichstag. Una settimana dopo, il 9 maggio, le ultime truppe tedesche delle Waffen SS smisero di combattere e, a Praga, si arresero al generale Koniev.
La guerra finì e l’umanità, grazie all’eroico sacrificio di tutti gli uomini liberi, si salvò dal vivere sotto il Terzo Reich, sistema politico che Hitler aveva pianificato per mille anni.
Dopo 1.418 giorni di grandi combattimenti, fini una lotta in cui morirono circa 60 milioni di esseri umani, dei quali 27 milioni erano sovietici. La maggior parte di essi morirono in conseguenza della selvaggia repressione attuata dalle truppe occupanti contro la popolazione civile. La storia non conosce la distruzione, la barbarie e la bestialità di cui i nazisti diedero mostra in terra sovietica, dove annichilirono il frutto del lavoro di molte generazioni. Il noto corrispondente inglese della BBC; Alexander Werth, scrive: “In effetti proprio i russi portarono il fardello più pesante nella guerra contro la Germania nazista, e proprio per questo rimasero vivi milioni di nordamericani e inglesi”. Edward Stettinus, Segretario di Stato USA nella 2° Guerra Mondiale, riconosce che il popolo nordamericano dovrebbe ricordare che nel 1942 era al limite della catastrofe. Se l’Unione Sovietica non avesse sostenuto il suo fronte, i tedeschi sarebbero stati in condizione di conquistare la Gran Bretagna. Sarebbero stati in condizione di impadronirsi dell’Africa e, in tal caso, creare una piazza d’armi in America Latina.
Sono fatti che i moderni falsificatori della storia odiano ricordare perché grazie a questa lotta l’umanità si liberò della notte eterna del sogno imperiale che Hitler sognava.
Il 9 maggio è una data sacra per la Russia, perché per conseguire la vittoria in Unione Sovietica si immolarono 27 milioni dei suoi figli, 60 milioni rimasero mutilati, vennero distrutte 32.000 fabbriche industriali, 65.000 km di ferrovie, 1.710 città, 7°.000 paesi, 6 milioni di edifici, 40.000 ospedali, 84.000 scuole, 98.000 cooperative agricole, 1.876 fattorie statali. I nazisti trasportarono in Germania 7 milioni di cavalli, 17 milioni di bovini, 20 milioni di maiali, 27 milioni di pecore e capre, 110 milioni di animali da cortile.
L’Unione Sovietica perse più del 30% delle sue ricchezze, in valore attuale circa 3 bilioni di dollari (un 3 seguito da 12 zeri); qualcosa che, secondo la mia opinione, impedì che l’Unione Sovietica recuperasse e che, alla fine, generò le cause della sua autodistruzione.
E’ bene ricordare il passato perché allora, come adesso, il male cresceva senza apparente fine, senza che nessuno fosse capace di fermarlo; ma l’eroica lotta non solo del popolo sovietico ma di tutti gli uomini liberi salvò il mondo dalla moderna barbarie nazista.
Forse la più importante lezione per le presenti e per le future generazioni è che le guerre bisogna combatterle prima che scoppino.
(*) Professore di Matematica della Scuola Politecnica Nazionale dell’Università Centrale dell’Ecuador.
da: rebelion.org; 10.5.2015
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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wlp (giovedì, 25 giugno 2015 12:45)
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