DEBITO GRECO

La storia sconosciuta delle negoziazioni del debito greco

di Vicenç Navarro (*)

La maggior parte dei più importanti mezzi di informazione e persuasione spagnoli hanno presentato i negoziati che si stanno svolgendo tra le più importanti istituzioni dell’establishment finanziario (sia la Banca Centrale Europea- BCE – che il Fondo Monetario Internazionale – FMI) e i politici europei (la Commissione Europea, il Consiglio Europeo e l’Eurogruppo, dominato dal governo tedesco) da un lato e il governo di Syriza della Grecia dall’altro, come un incontro fallito originato dalla presunta rigidità e incompetenza di quest’ultimo, nonostante la pazienza e il comportamento razionale dei primi.

In precedenti articoli ho messo in discussione questa visione così compiacente e poco critica, riprodotta quale parte della ‘sapienza’ convenzionale e promossa dai guru mediatici economici, tutti con chiara sensibilità neo-liberista.

Gliultimi esempi sono le analisi della situazione greca del consigliere ufficiale in materia economica de La Sexta Noche, il sig. José Carlos Dìez, e dell’ ‘economista della casa’ (come lo definisce la televisione pubblica della Catalogna, TV3, nel suo programma “lezione di Economia”), il sig. Xavier Sala i Martìn.

 

L’abbondante evidenza scientifica (anche se non i più grandi mezzi di informazione spagnoli, compresa La Sexta Noche e TV3) mostra l’errore e/o la malafede di questa versione ufficiale.

L’ultima prova di tale falsità l’ha appena data una persona che conosce bene la trama politica che stava dietro alle politiche approvate dalle istituzioni dell’establishment finanziario e politico europe citato precedentemente, e imposte alla popolazione greca.

Questa persona è niente meno che Philippe Legrain, ex consigliere di quello che è stato il Presidente della Commissione Europea, il sig. José Manuel Barroso, e che dà prova di tale falsità nella testimonianza presentata alla Commissione di Analisi del Debit Pubblico del Parlamento greco pochi giorni fa, l’11 giugno (vedere anche l’articolo dell’ economista James K. Galbraith, “Bad Faith. Why Real Debt Relief Is Not On the Table for Greece”, Social Europe Journal, 18.06.15).

Secondo il sig. Legrain, il problema iniziò nel maggio 2010, quando il FMI si rese conto che lo Stato greco non avrebbe mai potuto pagare il debito accumulato, il che avrebbe causato un grave danno per le bance che l’avevano comprato, come conseguenza delle grandi quantità di debiti pubblici acquisiti da queste banche. La loro sopravvivenza era chiaramente minacciata. Secondo il sig. Legrain, anche il governo tedesco era cosciente di questo grosso problema, come lo erano gli altri componenti dell’establishment finanziario europeo, BCE compresa.

Tutti sapevano che la bancarotta dello Stato greco avrebbe creato un problema gravissimo alle banche che possedevano tale debito pubblico. E questo problema poteva trasformarsi in un problema politico più grande. Le banche straniere (non greche) che possedevano più debito pubblico greco erano quelle francesi e quelle tedesche (ma vi erano anche alcune spagnole), che erano state molto attive nell’acquisto del debito greco,  che generava interessi già allora molto elevati.

 

Fin qui il primo capitolo del dramma, un dramma basato sulla complicità tra le istituzioni finanziarie (FMI e BCE) da un lato e le istituzioni politiche che governano i paesi dell’euro (l’Unione Europea e i principali governi dell’Eurozona) dall’altro, per salvare non la Grecia ma le principali banche private.

Due cittadini francesi giocarono un ruolo in questa trama. Il primo fu il Presidente del FMI, il sig. Dominique Strauss-Khan, che pensava di lasciare il FMI per presentarsi alle elezioni francesi – come candidato del Partito Socialista francese – per le presidenziali. L’altro francese era il Presidente della Banca Centrale Europea, il sig. Jean-Claude Trichet, anch’egli cosciente dell’imminenza delle elezioni francesi e del disastro che poteva succedere se alcune delle principali banche francesi avessero collassato.

Una preoccupazione simile l’aveva la Germania dove la comunità bancaria godeva (e continua agodere) di un’enorme influenza sullo Stato federale tedesco.

Così tali istituzioni si mobilitarono per salvare – lo ripeto – non la Grecia ma le banche, come ha affermato chiaramente il sig. Philippe Legrain.

Così nacque il salvataggio delle banche da parte del FMI, della BCE e dei più importanti governi dell’Eurozona, che comprarono il debito pubblico greco che queste avevano acquisito, pienamente coscienti (ripeto, pienamente coscienti) del fatto che lo Stato greco non avrebbe mai potuto pagare tale debito. Era ovvio che tutti gli attori di quel dramma lo sapevano, anche se tutti mantennero un silenzio assordante per nascondere una situazione che, fosse stata conosciuta, avrebbe creato una rivolta popolare nei paesi i cui governi stavano salvando le banche private con denaro pubblico, comprando da loro un debito pubblico che mai si sarebbe potuto pagare.

 

Perchè i tagli? Il secondo capitolo del dramma

Il secondo capitolo del dramma fu l’intensità e la brutalità (e non c’è altro modo di dirlo) dei tagli della spesa pubblica che vennero imposti alla popolazione greca, tagli senza precedenti in un paese europeo in tempo di pace. Questi tagli avevano come obiettivo ottenere che lo Stato greco pagasse, prima le banche private,  più tardi le istituzioni finanziarie citate precedentemente, e gli Stati che avevano comprato dalle banche private i titoli pubblici greci.

Quei tagli  furono imposti al popolo greco con piena coscienza dell’enorme danno che avrebbero causato, sia al benessere della popolazione che allo stato dell’economia greca.

Il FMI aveva stimato che tali tagli avrebbero generato un abbassamento del 5% del PIL greco. In realtà fu molto peggio. Il PIL greco scese nientemeno che del 20% (alcuni pensano ancor più, del 25%)

 

Ciò che è importante segnalare  è che un altro dei maggiori obiettivi di questi tagli fu che essi determinassero un abbassamento del debito pubbblico greco, obiettivo che (com’era facile prevedere) non solo non venne raggiunto, ma si ottenne esattamente il contrario. Il debito pubblico aumentò in maniera notevole. Raggiungendo il 150% del PIL nel 2013.

Come iha iindicato il sig. Legrain nella sua dichiarazione di fronte al Parlamento greco, nessuno di quegli “esperti” del FMI è stato penalizzato per i suoi errori, errori che egli ha definito “stupidaggini”, conseguenza della sua accettazione acritica del dogma neoliberista.

 

Ma un altro obiettivo dell’imposizione delle politiche di austerità era castigare il popolo greco (e annunciare che si sarebbe castigato con la stessa forza qualsiasi altro paese che non pagasse il debito pubblico del suo Stato, come potrebbe succedere in Spagna), scegliendo gli interventi che più avrebbero danneggiato le classi popolari - come ad esempio le pensioni pubbliche -  giustificando tutto ciò con la tesi che quelle pensioni erano ‘esuberanti’, argomento prevedibilmente promosso dai grandi mezzi di informazione.

In Spagna il quotidiano El Paìs, attraverso le colonne di Xavier Vidal-Foch, denunciava ripetutamente le “abusive pensioni greche” (“Male greco, male di molti altri”, 24.6.2015). In realtà solo il 14% dei pensionati riceve più di 1.050 euro al mese. La grandissima maggioranza riceve pensioni sotto i 665 euro, che è la soglia di povertà in Grecia.

 

E’ importante segnalare che nè il governo precedente a quello di Syriza nè le autorità del FMI, della BCE, della Commissione Europea o dei governi tedesco e francese hanno mai esplorato la possibilità di ridurre la spesa militare, il che continua ad essere sorprendente visto che la Grecia è il paese che spende di più per le forze armate nella UE-15, dopo il Regno Unito.

La causa di questo silenzio è facile da spiegare. Francia e Germania erano i maggiori fornitori di armamenti, e realizzavano succosi affari con la vendita di armi all’Esercito greco, armi pagate con debito pubblico.

La Grecia possiede 1.620 veicoli blindati, un numero più alto di quelli che posseggono Germania, Francia e Italia unite. E in maggioranza sono stati comprati da questi paesi.

Ed è stato il governo di Syriza, non la Troika, a proporre di ridurre le spese militari e non quelle per le pensioni, altro dato anche questo ignorato dai media. In realtà il governo di Syriza è stato l’unico che ha osato opporsi all’Esercito, cercando di appianare le tensioni tra Grecia e Turchia, abilmente utilizzate dalle forze armate per perpetuare i propri interessi.

Come era prevedibile, il governo USA e la NATO hanno aiutato il riarmo del paese, facendo a loro volta pressioni perchè la Grecia apportasse tagli al suo welfare, comprese le pensioni.

 

La necessaria ristrutturazione del debito

Il quid della questione - che non è apparso nei negoziati finchè Syryiza, il partito che governa in Gracia, non lo ha messo sul tavolo - era la necessità di ristrutturare il debito pubblico greco, visto che tale debito non si poteva pagare nelle condizioni approvate dai negoziati tra la Troika e il governo greco precedente. Questo era un tema tabù all’inizio dei negoziati, anche se alla fine venne accettato. Le istituzioni dell’establishment finanziaro europeo e il FMI erano pienamente coscienti ; ma preferivano ignorarlo e continuare a sfruttare il popolo greco, recuperando una quota del loro denaro in prestito (con i relativi interessi).

Quello che costrinse queste istituzioni ad essere sensibili alla considerazione della ristrutturazione del debito fu quanto stava succedendo in Grecia e anche in Spagna e Portogallo. Le mobilitazioni popolari in appoggio al governo di Syriza (che furono accompagnate da mobilitazioni in tutto il territorio della UE) contro l’austerità e i risultati delle elezioni municipali e autonome spagnole hanno in gran misura allarmato quegli establishments, perchè la vittoria di  Podemos e di altri partiti anti-austerità nelle grandi città li ha preoccupati molto (vedi John Palmer “We Must Stand With Greece For The Sake of Europe”, Social Europe Journal, 22.06.15).

E in Portogallo il Partito Socialista, probabile vincitore delle prossime elezioni, ha promesso di annullare tutte le politiche di austerità.

Oggi quella che vieme chiamata “la nuova sinistra” si sta espandendo in tutto il territorio europeo, una nuova sinistra che è contro questa Europa e la vuole cambiare con un’altra diversa. E quella attuale è molto preoccupata. Da qui la flessibilità dell’enorme rigidità mostrata finora.

 

Non c’è neanche bisogno di dire che il governo di Syriza ha dovuto cedere ad alcune delle richieste imposte dall’establishment finanziario e politico, anche se meno importanti di quelle poste all’inizio dei negoziati. Ma la vittoria di Syriza - che bisogna ringraziare per aver iniziato la ribellione alle politiche di austerità - ha significato resistere alla maggior parte delle misure che si volevano imporre alla Grecia e e forzare la messa in discussione della continuità nel pagamento del debito pubblico nelle condizioni attuali, che sono inaccettabili.

 

Oggi in Europa si è messo in marcia un movimento di protesta contro le imposizioni del suo establishment finanziario ed economico che esiste anche in Spagna, come ha mostrato lo tsunami politico delle ultime elezioni municipali ed autonome. Tutto questo mostra che, se le classi popolari dei paesi si mobilitano, possono andar conquistando spazi di libertà, democrazia e benessere che quegli establishments, attraverso i loro rappresentanti politici, hanno tagliato loro durante tutti questi anni.

 

Come diceva il mio amico Eduardo Galeano, “molta gente piccola, in luoghi piccoli, facendo cose piccole, può cambiare il mondo”. Sta succedendo in Grecia e in Spagna, dove è iniziato un processo – che in questo paese ha cominciato il movimento 15-M – che non si può fermare.

E se non ci credete, aspettate e vedrete.

 

(*) Professore di Scienze Politiche e di Politiche Pubbliche dell’Università Pompeu Fabra, ex professore di Economia dell’Università di Barcellona. da: publico.es; 26.6.2015

 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

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