Il saccheggio come “diritto internazionale”
di Alberto Rabilotta(*) e
Andrés Piqueras (**)
Lucide le parole di Karl Polanyi in “la Grande Trasformazione”: “La separazione dei poteri, inventata nel 1784 da Montesquieu, era utilizzata per separare il popolo dal potere su tutta la sua vita economica. La Costituzione statunitense, creata in un ambiente di agricoltori-artigiani da una classe dirigente cosciente di ciò che succedeva sulla scena industriale inglese, isola totalmente la sfera economica della Costituzione, ponendo così la proprietà privata sotto la più grande protezione concepibile e crea l’unica società di mercato del mondo che è stata concepita legalmente. Nonostante il suffragio universale, i votanti statunitensi saranno impotenti (di fronte) ai possessori”.
Un aspetto importante e poco analizzato di cosa significano trattati come il TPP e il TTIP (USA-UE) è che stanno creando un “diritto internazionale” che in realtà è basato sulle leggi e la giurisprudenza degli USA (perché nessun Trattato o Accordo con questo paese può contraddire le leggi o il Congresso USA). Ciò significa che tutti i Trattati firmati da questo paese istituzionalizzano de jure l’applicazione extraterritoriale delle leggi USA.
La liberalizzazione commerciale (OMC e Trattati di libero commercio) potenzia questa operazione su scala mondiale.
I “tribunali di arbitraggio”, da parte loro, finiscono per consolidare questa struttura istituzionale, perché alle loro decisioni non si può, nella pratica, fare appello attraverso meccanismi legali che siano al di fuori dei trattati. Nessuna decisione di questi tribunali può essere modificata perché essi sono al di fuori della portata dei parlamenti o del potere giudiziario di ogni paese.
Questo “diritto internazionale” ha permesso di estendere e approfondire il diritto di proprietà delle grandi multinazionali, e naturalmente anche i mezzi per fare e difendere questo diritto. Salvo un rifiuto del Trattato, con tutto ciò che implica in materia di rappresaglie commerciali, politiche, diplomatiche ed eventualmente dell’enorme ventaglio di forme di destabilizzazione messe in pratica, i paesi firmatari sono condannati ad applicare i suoi termini, il che implica che devono cambiare le leggi nazionali per renderle compatibili con le regole del Trattato e, di conseguenza, copiare le leggi statunitensi sul diritto di proprietà.
E’ attraverso questo “diritto internazionale” che è stata ampliata la “protezione al diritto di proprietà” dei potenti sull’area degli investimenti diretti (comprese le compensazioni se questi venissero impediti) e sulle operazioni finanziarie (obbligazioni di rimborso dei debiti sovrani non pagabili, ad esempio).
In particolare, ed essendo questo “diritto internazionale” diretto a rendere possibile un’estrazione delle rendite dai paesi sottomessi alla potenza dominante, si sottolinea l’importanza che acquista la protezione totale del diritto della proprietà intellettuale, esteso nel tempo e ampliato già all’area della conoscenza pura (es. un algoritmo) e fino al patrimonio genetico, tra molti altri ambiti.
In questi trattati non si esclude, ma lo si assume, il principio della protezione della proprietà privata sulle risorse naturali che, come l’acqua dolce, già stano diventando una merce.
Seguendo questa scia si occupa, si espropria e si sviluppa tutto un ventaglio di interventi contro le possibilità di sovranità dei paesi e soprattutto delle popolazioni.
Così, ad esempio, in Grecia il primo prestito e il suo conseguente Memorandum presuppose la rinuncia firmata alla sovranità del paese elleno. Il Diritto secondo il quale furono redatti gli accordi relativi al debito fu quello della Gran Bretagna. Non si preoccuparono neanche di dissimularlo, visto che furono redatti in inglese. Il Parlamento greco dovette approvarli senza un dibattito preventivo, anche in inglese. La giurisdizione esclusiva per l’applicazione degli accordi ricade sui tribunali del Granducato di Lussemburgo. I rappresentanti della Troika hanno un ufficio nei nuovi ministeri, per assicurarsi che nessuna decisione politica nel paese venga presa senza l’autorizzazione preventiva dei creditori. Le aziende straniere, soprattutto tedesche, si appropriano dell’insieme del paese: porti, aeroporti, telecomunicazioni, elettricità, treni, poste … tutto è in vendita. Tutto viene comprato. Vi sono territori dello Stato che sono stati dichiarati Zone Economiche Speciali, suscettibili – chi lo sa – di essere smembrate dal resto.
Fino a non molto tempo fa, se una potenza straniera voleva la ricchezza di un altro paese, doveva invaderlo militarmente. Oggi non ce n’è più bisogno. Il capitalismo di rapina finanziario e la complicità delle élites locali (che, questo sì, si dicono “nazionaliste” e alcune persino “di sinistra”) sono sufficienti.
Il “diritto internazionale” a immagine statunitense serve anche per frenare qualsiasi intervento sociale a favore delle grandi maggioranze. In Spagna lo stiamo vedendo: il Governo sta utilizzando il tribunale Costituzionale per rendere illegali i processi sovrani. Oltretutto, recentemente, questo tribunale ha paralizzato delle misure del Parlamento catalano contro la povertà energetica e gli abusi ipotecari.
In Argentina, la camera del Contenzioso Amministrativo di Tucumàn ha cercato di invalidare alcune elezioni in cui i poveri “si erano sbagliati” votando chi non dovevano, il Fronte per la Vittoria. In Honduras i tribunali hanno completato la farsa per disfarsi del presidente eletto Zelaya. In Brasile la grande destra da tempo cerca di intraprendere un processo politico al fine di destituire la capa dello Stato.
Gli esempi sarebbero innumerevoli. L’attale capitalismo degenerativo ha bisogno un potere giudiziario che sia al di fuori dell’influenza e della scelta diretta dei cittadini, per blindare quanto possibile la forma neoliberista di accumulazione attraverso il saccheggio.
Lungi dall’essere strumento contro la corruzione del potere esecutivo, questo potere si trasforma troppo spesso in ariete delle classi dominanti contro quello legislativo, quando questo tenta dei cambiamenti che possano danneggiare la struttura di questo saccheggio. E, naturalmente, è un muro imponente contro le lotte e le trasformazioni sociali.
In definitiva una via per rendere la politica qualcosa di non operante.
Qualsiasi Diritto nazionale, finché è subordinato a questo “diritto internazionale” di saccheggio, non potrà – col tempo – che essere altro che suo complice.
Sull’Europa è sul punto di cadere il TTIP per corroborarlo e dissolvere ancor più le possibilità di democrazia.
(*) Saggista e giornalista argentino-canadese
(**) professore di Sociologia e Antropologia Sociale dell’Università Jaume I di Castellòn de la Plana, Spagna.
da: alainet.org; 18.10.2015
(traduzione di Daniela Trollio, Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” via Magenta 88 Sesto San Giovanni)
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