INTIFADA 2015

L’ennesima Intifada

di Rafael Poch (*)

Non comincerò deplorando la violenza palestinese, questa spaventosa “guerra dei coltelli” di giovani e adolescenti, come fanno i codardi, per concentrarmi sull’essenziale: “essi hanno creato il mostro” dice Norman Finkelstein.

 

800.000 palestinesi sono passati per le carceri dell’occupante israeliano dal 1967. Tradotto nella realtà demografica spagnola, sarebbero più di 10 milioni.

 

I ragazzi dei coltelli sono i figli dei padri umiliati dai soldati occupanti e dai coloni. Nipoti delle vittime di una lunga storia di violenze, pulizia etnica e espulsioni che stanno nella nascita stessa della potenza coloniale occupante.

 

Compagni di generazione di quei 7.500 bambini palestinesi incarcerati e interrogati negli ultimi dieci anni , frequentemente ficcati in celle di isolamento, privati del sonno e di qualsiasi visita dei parenti.

 

Compagni di quelli  che vengono condannati a 5 anni di carcere per aver tirato pietre, a 10 anni per averle tirate ad una macchina, pene applicabili solo ai palestinesi, mentre i coloni possono tirare tutte le pietre che vogliono.

Familiari dei 52.000 palestinesi reclusi in 17 carceri israeliane, in flagrante violazione della 4° Convenzione di Ginevra che stabilisce che “una potenza coloniale occupante non può trasferire parte della popolazione occupata nel suo territorio”, dove la tortura è legalizzata da una sentenza del Tribunale Supremo del 6 settembre 1999, secondo la quale “se un interrogatorio vigoroso ed esaustivo, con l’aiuto di stratagemmi e inganni, non consegue il suo obiettivo, le pressioni fisiche moderate potranno essere inevitabili in caso di necessità”.

 

Sono il risultato del conto dei massacri di Gaza, con 550 bambini palestinesi morti ( a fronte di 1 israeliano), 19.000 case distrutte (a fronte di 1 distrutta da Hamas), e questo in una zona sottoposta da 10 anni ad un blocco che la Commissione per i Diritti umani dell’ONU chiede venga tolto “immediatamente e incondizionatamente”, senza che nessuno le dia minimamente retta. Come per quanto riguarda le risoluzioni in materia di territori occupati da più di 40 anni.

 

Non si può pensare che i palestinesi agiscano in forma legale quando sono oggetto di una occupazione e colonizzazione completamente illegale e universalmente condannata, dice Finkelstein.

Solo l’ipocrita o il fanatico più irrimediabile può stupirsi che i palestinesi agiscano così.

Ogni palestinese capisce la disperazione che porta una persona ad accoltellarne un’altra”, scrive la giornalista Amira Hass sul quotidiano Haaretz, mentre il governo israeliano accusa la Francia di “ricompensare il terrorismo” per la sua timorata proposta di distaccare “osservatori” che moderino le provocazioni in corso sullo statuto della Spianata delle Moschee. Ci prendono per fessi?

 

Tutto il talento e la volontà dei loro sbirri mediatici e politici, tutto il denaro, le pressioni e le intimidazioni dei loro padrini neo-conservatori, di ultra-destra o liberali codardi, tutta la maestria delle loro lobbies e il fanatismo della loro cieca e folle passione nazionalista, non cambiano di una virgola la realtà dei crimini di Israele. Al contrario: la evidenziano ancor più.

 

Lo Stato delinquente è potente e perseverante nel suo triplice obiettivo:  respingere qualsiasi messa in discussione delle zone che occupò nel 1948 tramite la pulizia etnica (cancellare la memoria); impedire qualsiasi discussione sul ritorno degli espulsi e dei rifugiati e dei loro discendenti (riparare l’ingiustizia); e approfondire la colonizzazione dei territori che occuparono nel 1967, appropriandosi del massimo della terra straniera con il minimo di popolazione nativa possibile (in questo consiste, esattamente, il “processo di pace”, come evidenzia l’evoluzione di carte geografiche e di cifre degli ultimi decenni).

 

E’ potente, soprattutto perché nella sua pazzia suicida viene cullato dall’Impero degli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Ma ogni volta ha bisogno di più diavolerie ridicole e criminali per coprire la sua nudità coloniale e razzista, in un mondo il cui consenso non ammette ormai né l’uno né l’altro.

 

Così si impugna il “diritto ad esistere di Israele”, come se fosse Israele il minacciato e non la minaccia, diritto che nessuno mette in dubbio sempre che sia un’esistenza che si accorda al secolo presente, perché quale “Herrenvolk” – cioè come popolo dotato del diritto divino o razzista a dominare ed imporsi su altri a cui si nega la loro condizioni di umani – nessuno Stato può invocare diritto alcuno.

Così ci si fregia del titolo di “unica democrazia della regione”, facendo passare per democrazia quella che è una “Herrenvolk-Demokratie” in cui i valori della democrazia non si applicano agli aborigeni e ai loro discendenti per ragioni etnico-religiose, cosa che corrode moralmente la cittadinanza israeliana e l’avvicina a quanto essa considera il suo antipode islamista-macellaia.

 

Così si blatera contro l’ONU, l’imperfetta  organizzazione internazionale che afferma il vitale diritto e il consenso globale, perché dal 1967 continua ad affermare, testardamente e periodicamente, per 170 voti contro 2 ed alcune astensioni clientelari, il maltrattato diritto internazionale per la Palestina.

 

Così si trasforma in affare identitario o religioso quella che è un’anomalia coloniale in un secolo e in un mondo che non ammette più il colonialismo e in cui alcuni degli antichi colonizzatori stanno per trasformarsi in superpotenze.

 

Così si rifila l’accusa generale di “antisemitismo” a chi reagisce davanti all’ingiustizia concreta di Israele e mostra la realtà dei suoi crimini, dei suoi abusi e delle sue brutalità.

 

Al riparo dell’impunità dei gangsters, praticando la tergiversazione, la menzogna e l’omissione – qualcosa che in definitiva è classico fra i delinquenti – questi insensati non hanno dubi nell’invocare persino il ricordo dell’olocausto ebreo in Europa. Nella sua visita in Germania, Benjamin Netanyahu ha appena osato indicare il muftì di Gerusalemme (un palestinese) come vero incitatore di Hitler, scomodando notevolmente la cancelliera Merkel.

La capa di questa Germania che da assegni in bianco (e sottomarini sovvenzionati con capacità di trasporto di armi atomiche) alle porcherie di Israele, come ambigua penitenza ai suoi propri crimini contro gli ebrei, non vuole neppure sentire di parlare dell’opportunità indiretta di discolpa che le fornisce il suo ospite.

Ma farsi scudo di Auschwitz per giustificare la Palestina è qualcosa che va molto oltre all’abituale canagliata ed entra nel campo del più infame, perverso e schizofrenico sacrilegio: invocare le vittime del razzismo per giustificarlo.

 

Per gli stessi cittadini di Israele, per gli ebrei del mondo che conservano la lucidità elementare per capire questa impune barbarie così lunga e  sanguinosa, per gente come Norman Finkelstein, Ilan Pappè, Amira Hass e tanti altri, o per le organizzazioni per i diritti umani israeliane come B’Tselem, il Comitato Israeliano contro la Tortura, ecc., si è creato  lo stupidissimo concetto di “ebrei che odiano se stessi”.

he ben pochi possano prendere seriamente una tale scemenza dice molto sulla decadenza dell’arsenale di argomenti dei fanatici. Tali sono gli infantili strumenti di questa folle corsa che uccide Dio e gli Uomini in Terra Santa.

 

(*) Giornalista spagnolo, corrispondente di Die Tageszeitung in Spagna e del giornale barcellonese La Vanguardia a Mosca, in Cina e attualmente a Berlino; da:lavanguardia.com; 28.10.2015

 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

Scrivi commento

Commenti: 0

News