FRANCIA

Una riflessione politicamente scorretta sul massacro di Parigi


di Roberto Savio (*)

 

In questi giorni tutti i media condannano unanimemente il massacro di Pariri, esortano all’unità dell’Occidente e ad intensificare l’azione militare contro l’ISIS. Ma … non bisognava risolvere il problema del terrorismo? Non sarà magari il momento di riflettere sulle responsabilità dell’Occidente nell’aumento del terrorismo?

 

E’ chiaro, il massacro di Parigi può solo causare orrore e lutto. Ma… perché delle persone così giovani possono agire in modo così atroce? Il municipio di Courcouronne, il ghetto da cui viene il kamikaze identificato Ismail Mostafa, è anche il luogo di origine di Assata Diakité, una delle vittime.

 

Tre riflessioni…

 

La prima è che le relazioni fra mondo arabo e Occidente hanno una storia pesante. Iniziano quando, nel 1916, durante la 1° Guerra Mondiale, Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia fecero un accordo per dividere tutto l’Impero Ottomano.

La sparizione dell’Impero Russo e la lotta di Kemal Ataturk, che fu capace di mantenere una Turchia indipendente, lasciarono alla Francia e al Regno Unito la ripartizione del resto. Furono disegnati paesi artificiali sul tavolo dei negoziatori. Così furono creati Siria e Iraq, per citare solo i due paesi più rilevanti nel presente disordine. Nel processo i due negoziatori, monsieur Picot (Francia) e lord Sykes (Gran Bretagna), dimenticarono di dare un po’ di terra ai kurdi, cosa che si trascina come altro grave problema contemporaneo.

Nelle colonie installarono nuovi governanti che non erano legittimi, mancavano dell’appoggio della gente e che non iniziarono mai un processo di modernizzazione e di democrazia. Poi, in un periodo brutalmente compresso, arrivano i tempi contemporanei. L’educazione cresce e appare Internet. Milioni di giovani, educati e disoccupati, hanno sempre sentito che l’Occidente aveva una grande responsabilità storica per le loro vite senza futuro.

La primavera araba ha portato maggiori frustrazioni. In Egitto un dittatore, Hosni Mubarak, è stato sostituito da un altro, Abdelfatah Al-Sisi, con il consenso dell’Occidente. Intanto la Tunisia, l’unica sopravvissuta della democrazia, ha ricevuto ben poco appoggio sostanziale.

Una parte importante di questa riflessione è che l’Occidente tende ad ignorare il fatto che tutto quanto succede oggi si deve a tre interventi: Iraq, Siria e Libia.  Le tre nazioni destinate a subire un cambio di regime eliminando gli indesiderabili dittatori Hussein, Assad e Gheddafi, sempre in nome della democrazie e della libertà. Ma non è mai esistito un piano successivo al dopo intervento e il vuoto lasciato dai dittatori è quello che si vede.

 

Intanto l’ISIS non è apparso dal nulla. In una sorprendente intervista con Al Jazeera dell’agosto di quest’anno (completamente ignorata in altri luoghi), Michael Flynn, ex capo dell’Agenzia di Intelligence della Difesa degli Stati Uniti (DIA)ha detto che, nel 1977, i neo-conservatori convinsero l’allora vice-presidente degli Stati Uniti Dick Cheney a sostenere le iniziative per rovesciare il regime di Assad mediante la creazione di una “siepe” tra Siria ed Hezbollah, appoggiando la creazione di un “principato salaafista” nella Siria orientale.

Anche questo avrebbe giocato a favore di Israele. Il salaafismo, un ramo radicale ed estremo del sunnismo, è la religione ufficiale dell’Arabia saudita, che ha speso grandi somme nell’esportazione del salaafismo e lo Stato islamico è un prodotto del salaafismo. 

La cosa sorprendete è che nel 2012, quando l’ISIS cominciava ad apparire, Flynn disse di aver inviato un rapporto alla Casa Bianca. La mancanza di una risposta, disse,  non si doveva solo al fatto che fecero finta di nulla, ma che fu “una decisione deliberata” per permettere che succedesse, una ripetizione dell’uso di Bin Laden nella guerra contro i russi in Afganistan. Ma a questo punto si dovrebbe già sapere che è impossibile controllare il fanatismo….

In ogni caso il fatto è che l’Occidente ha cominciato ad agire contro l’ISIS molto tardi. E questa lotta è solo un piccolo punto nel disordine generale della Siria, che è una guerra di potere nella quale sono i nemici dell’Occidente – i kurdi, Hezbollah, gli iraniani – quelli che stanno portando avanti la lotta reale contro l’ISIS. Gli alleati dell’Occidente – Arabia Saudita, i paesi del Golfo e la Turchia – di fatto non stanno lottando contro l’ISIS ma contro Assad, mentre l’intervento russo serve a sostenere il regime di Assad, con ben poca azione contro l’ISIS.

 

Forse Parigi cambierà questi fatti, perché Putin non può far finta di niente sull’ISIS,  specialmente dopo che questo ha fatto esplodere un aereo russo. Fino ad ora l’Occidente non ha effettuato realmente un’azione militare contro i 50.000 combattenti che, si stima, facciano parte dello Stato islamico …. A meno che i bombardamenti si considerino un’azione seria.

E’ importante anche sottolineare che nelle strade arabe l’opinione unanime è che l’ISIS non potrebbe esistere senza la tolleranza dell’Occidente. Anche se questo è solo pettegolezzo, aiuta ad alimentare il risentimento.

 

 

E’ necessario ricordare che l’obiettivo dello Stato islamico è deporre tutti i re e i dittatori e creare un califfato salaafista che ridistribuisca tutta la ricchezza del Golfo verso tutti i paesi, il che inizialmente era molto più che un problema interno del mondo musulmano tra sunniti e sciiti.

Il vice-presidente statunitense Joe Biden ha messo le cose in chiaro con dichiarazioni pubbliche nell’ottobre 2014, quando ha detto: “I nostri alleati nella regione erano fortemente decisi a farla finita con Assad, ed essenzialmente con una guerra sunnita-sciita. Cosa hanno fatto? Hanno distribuito centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi a chiunque volesse lottare contro Assad. Solo che le persone che sono state  equipaggiate erano elementi estremisti dello yihaidismo di al-Nusra e al-Qaeda che venivano da altre parti del mondo.

 

La seconda riflessione che si deve fare sulla situazione dei musulmani in Europa, è che sono sempre più legati all’ISIS. La Francia ha una situazione particolare, con 6 milioni di musulmani, equivalenti alla popolazione della Norvegia circa. Dieci anni fa gli stessi ghetti di Parigi, che ora sono i principali campi di reclutamento dell’ISIS, furono scossi da una rivolta improvvisa che durò 20 giorni, con più di 10.000 auto bruciate.

Tutti i rapporti sui ghetti parlano di giovani disoccupati rifiutati dalla società francese.

Sono la seconda o la terza generazione di immigranti che si sentivano già francesi ma che, a differenza dei loro padri, hanno una crisi di identità e di futuro. Vedono nel Califfato la vendetta e la dignità. C’è l’unanimità sul fatto che dalle rivolte di 10 anni fa la frustrazione è solo aumentata e lo stesso si può dire di molti giovani musulmani in tutta Europa.

 

L’azione simultanea a Parigi portata a termine da almeno tre gruppi, con diversi kamikaze venuti da fuori della Francia, mostra ciò che ci possiamo aspettare in futuro. Il terrorismo dello stato islamico ricorre principalmente ad una forma di reclutamento. Ogni azione aumenta il prestigio del Califfato e attrae altri musulmani europei frustrati nel suo seno.

Perché nessuno ha scritto che attualmente si stima che almeno il 50 per cento dei combattenti dell’ISIS provengono dall’estero, mentre inizialmente erano solo iracheni e siriani?

 

La terza riflessione è che, tragicamente, l’Occidente si trova ora in una strada senza uscita.  Se interviene militarmente, in realtà si approfondirà la convinzione che è  il nemico reale del mondo arabo, sunnita e sciita ugualmente. Militarmente si può sconfiggere facilmente l’ISIS, ma risolvere la frustrazione e lo spirito di vendetta che sta dietro al terrorismo è tutta un’altra questione.

Il massacro di Parigi creerà una breccia ancor più grande tra i musulmani europei e la popolazione europea, con una maggiore radicalizzazione, il che entra nei calcoli dell’ISIS. L’Occidente interviene perché fatti come quelli di Parigi sono politicamente impossibili da ignorare.

Il New York Times ha appena pubblicato una lettera di Michael Goodwin, un importante neo-conservatore, che esorta il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, a rinunciare. In vari paesi europei si sono uditi appelli simili dell’opposizione al governo perché si dimetta e richieste di formare un esercito europeo integrato vengono da varie parti, tra le altre dalla ministra italiana alla Difesa, Roberta Pinotti.

 

Quindi, in conclusione, chi beneficia di Parigi? In primo luogo tutti i partiti di estrema destra e xenofobi, che ora si trovano in condizioni migliori per chiedere la chiusura dell’Europa ai rifugiati.

La nuova prima ministra conservatrice della Polonia, Beataa Szydlo, ha già dichiarato che, alla luce degli attacchi di Parigi, il suo paese non può accettare le quote della UE per i richiedenti asilo. La popolarità di vari leaders come Salvini (Italia); Le Pen (Francia) e i patrioti Europei Contro l’Islamizzazione dell’Occidente (Pegida, Germania) sta aumentando.

Senza dubbio l’inevitabile animosità contro i musulmani rafforzerà l’attrazione per l’ISIS. Così aumenterà la polarizzazione invece della tolleranza, del dialogo, dell’integrazione; la violenza genera più violenza.

Sembra che passeremo da un’epoca di avidità ad una di paura …. Tutto questo si aggiunge al crescente impatto del riscaldamento globale, che si sente sempre più ogni volta dietro alla semplice retorica ed alle dichiarazioni facili.

 

(*) Giornalista, analista politico italo-argentino. Creatore della Inter Press Service (IPS).

da: surysur.net; 18.11.2015

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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