Bolivia: assassinio del vice-ministro Rodolfo Illanes
Intervista ad Alfredo Rada Vélez, viceministro per il coordinamento con i movimenti sociali
“E’ ora di separare
i padroni dai lavoratori all’interno del cooperativismo dei minatori”.
Le organizzazioni delle cooperative delle miniere hanno fatto, per una
settimana, blocchi stradali che hanno colpito i dipartimenti della parte occidentale della Bolivia. L’azione di protesta ha avuto il suo massimo picco di violenza giovedì 25 agosto con
l’assassinio del vice-ministro degli Interni, Rodolfo Illanes. Dopo questo crimine, e il ripudio popolare contro i membri delle cooperative che questo fatto ha generato, i loro blocchi sono stati
immediatamente sospesi. Di questi fatti abbiamo parlato con il viceministro per il coordinamento con i movimenti sociali, Alfredo Rada.
. Come si può spiegare questo conflitto con i cooperanti dell’industria mineraria?
. Si spiega nel contesto di una situazione economica che si deteriora per l’impatto della caduta dei prezzi internazionali dei minerali, ma anche delle altre materie esportabili che la Bolivia ha (gas, soya, quinua tra gli altri). A fronte di questa caduta, la dirigenza del cooperativismo minerario, in cui predominano sempre più i settori padronali che hanno accumulato potere economico all’interno delle cooperative, reagisce violentemente cercando tre obiettivi: 1)ottenere più concessioni, più sovvenzioni e finanziamenti statali destinati al suo settore;2) preservare, all’interno delle cooperative, le forme flessibilizzate di sfruttamento della forza lavoro, evitando qualsiasi tipo di organizzazione sindacale all’interno delle cooperative stesse; 3) ottenere il riconoscimento de facto delle società con capitale gestito dai padroni delle cooperative e capitale privato nazionale e straniero.
I tre obiettivi hanno un chiaro contenuto di classe: in questo caso una nuova borghesia che, nell’ultimo decennio, è entrata nelle cooperative più grandi fino a che queste non sono state più “entità senza fini di lucro” per diventare invece imprese capitaliste semi-formali. Quando parlo di nuova borghesia, mi riferisco ai nuovi ricchi che sono emersi grazie allo sfruttamento del lavoro delle cosiddette “seconde mani” o manovali, che vengono impiegati nelle miniere con il cottimo come modalità di pagamento, senza contratto di lavoro, senza diritti sindacali e naturalmente senza il diritto di organizzarsi in sindacato. Per proibire l’organizzazione sindacale ricorrono ad una truffa: “all’interno delle cooperative siamo tutti uguali”; sappiamo che non è vero, che all’interno delle cooperative ci sono i padroni e ci sono gli operai.
Ma, tornando al conflitto attuale con le cooperative minerarie, se il movimento
di protesta ha orientamenti e obiettivi padronali, come riescono a mobilitare grandi contingenti di lavoratori? Lo fanno trasformando il loro interesse particolare in interesse generale con la
parola d’ordine della “stabilità lavorativa”; i padroni dicono ai lavoratori: “se non ti mobiliti perché il governo ci dia retta, allora tra poco non avrai più lavoro”. In questo modo i gerarchi
del cooperativismo minerario (che sono in genere i soci più vecchi) approfittano di una base sociale che trasformano in gruppo di sfondamento, che arriva ad agire con il cieco furore mostrato nel
brutale assassinio del compagno vice-ministro degli Interni, Rodolfo Illanes, avvenuto nella località di Panduro.
. Come è potuto succedere che questa frazione padronale si sia impadronita delle organizzazioni che rappresentano l’insieme del cooperativismo minerario?
Perché all’interno del governo il tema della politica verso il cooperativismo minerario non è mai stato risolto con un punto di vista rivoluzionario. Si commette l’errore di considerare l’insieme della Federazione nazionale delle Cooperative Minerarie (FENCOMIN) come un’entità alleata, senza veder che al suo interno si sono costituite delle classi sociali, una borghesia semi-formale da un lato e dall’altro un proletariato precarizzato, che come governo dobbiamo conquistare per il processo di cambiamento appoggiando la sua organizzazione e difendendo i suoi diritti lavorativi dagli abusi che commettono i padroni. In altre parole, dotarci di una strategia che differenzi la base lavoratrice dalla gerarchia padronale all’interno delle cooperative.
Invece di far questo, si confidava nei dirigenti, molti dei quali vicino al governo non per convinzione e principi ma per interesse e convenienza. Per mantenere l’alleanza, il governo non è intervenuto nei problemi lavorativi all’interno delle cooperative, è stato flessibile con esse riguardo al rispetto della normativa ambientale, non ha accentuato la pressione fiscale. Oggi vediamo che questo orientamento pragmatico ha solo condotto a rafforzare il nemico di classe.
Il tema della relazione fra padroni e lavoratori è fondamentale per il cooperativismo; per questo non è un caso che ciò che ha dato origine a questo conflitto sia stata l’approvazione, nell’Assemblea Legislativa Plurinazionale, di una legge che riconosce i sindacati all’interno delle cooperative. Se all’interno delle cooperative minerarie cresce la tendenza all’autoorganizzazione dei lavoratori, allora una delle fonti del potere economico dei padroni – la precarietà lavorativa – comincia a venir eroso.
Il momento attuale di condanna generalizzata dei cittadini verso la dirigenza del cooperativismo minerario è simile, per le circostanze, alla tragedia del settembre 2006, quando la mattanza tra cooperativisti e salariati per il controllo del colle Posokoni a Huanuni condusse alla chiusura di 4 cooperative e alla statalizzazione di tutto quel distretto minerario, oltre che alla destituzione del ministro delle miniere, che era nientemeno che il presidente della FENCOMIN.
Speriamo ora di sapere, come governo, agire senza oscillazioni o tentazioni di
patteggiamenti, mandando messaggi chiari alla base lavorativa del cooperativismo che è stata ingannata dalla sua dirigenza padronale, chiarendo bene
la posizione che siamo un governo dei lavoratori, che non permetterà altri abusi e sfruttamento all’interno delle cooperative minerarie.
. E che fare rispetto a questa
dirigenza padronale mineraria del controlla la FENCOMIN? Continuerà ad essere alleata del governo?
. La dirigenza padronale della FENCOMIN dovrà rendere conto davanti alla giustizia per il tentativo di destabilizzazione della democrazia che ha fatto, per l’attentato all’economia nazionale e, fondamentalmente, per il sequestro, le torture e l’assassinio del compagno Rodolfo Illanes. Chi siano gli autori – intellettuali, materiali o entrambi – è da stabilire in sede giudiziaria.
Ma bisogna anche tagliare il potere economico della borghesia “cooperativista”, che già abbiamo visto che non vacillerà un secondo a far cadere questo processo ed Evo. Questo potere economico si origina nella sua propria accumulazione di capitale grazie allo sfruttamento del lavoro e alla depredazione della natura; ma non bisogna dimenticare che questa accumulazione è facilitata anche dalle concessioni governative.
Questo conflitto ha messo in discussione sul tavolo nazionale i seguenti temi: 1) il ruolo del cooperativismo minerario nell’economia nazionale, ponendo l’imperativo di identificare nel sistema cooperativo le imprese capitaliste semi-formali che vivono di parassitismo al suo interno; 2) la necessità di continuare a difendere i diritti dei lavoratori, il che tende un ponte di riconciliazione con la Centrale Operaia Boliviana (COB) e deve servire ad avvicinarci ai lavoratori delle cooperative minerarie stesse; 3) la necessità di difendere la Madre Terra, così danneggiata nelle sue acque e nelle sue terre dalla depredazione che compiono le cooperative nel loro insieme.
L’enorme discredito in cui è caduta la dirigenza del cooperativismo minerario, dopo l’assassinio del compagno Illanes, ha decimato un movimento destabilizzatore, che ha avuto enorme apporto di risorse economiche e di logistica. La FENCOMIN attraverso una delle sue peggiori crisi, in cui può finire per perdere tutte le concessioni ottenute dal governo. Si apre un’opportunità per avanzare con una politica nazionalizzatrice nel settore minerario, perché si è saltato uno degli ostacoli che si opponevano a questo avanzamento.
Bisogna onorare il sacrificio del compagno Illanes e il modo migliore di farlo è lottare per la giustizia sociale e la piena sovranità sulla nostra ricchezza mineraria.
da: rebelion.org; 29.8.2016
Traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via magenta 88, Sesto San Giovanni (MI)
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