Tutti i morti dell’11 settembre
di Guadi Calvo (*)
A quindici anni dal monumentale colpo al centro culturale e finanziario dell’Occidente, il mondo continua a non riprendersi. A partire da allora, ai quasi tremila morti lasciati dagli attacchi al World Trade Center bisogna aggiungere le centinaia di migliaia, o milioni, di morti innocenti che la furia omicida scatenata dall’amministrazione di George W.Bush, insieme agli interessi del complesso militare-industriale, ha seminato in centinaia di città, migliaia di villaggi, su strade, sentieri e luoghi, fondamentalmente, situati nel mondo islamico.
A questo rapido conto bisogna aggiungere le migliaia di affogati nel Mediterraneo che fuggivano dai conflitti e le centinaia di massacrati nella stazione di Atocha, a Parigi, a Bruxelles, a Nizza, a San Bernardino, a Saint-Etienne-du-Rouvray.
Con la sua guerra globale al terrorismo Bush si autonominò cavaliere e cominciò una crociata che, dopo 15 anni, non solo non finisce ma che pare proiettarsi verso l’infinito, per continuare a bruciare le vite di molti che non sono neppure ancora nati.
Una monumentale costruzione politico-mediatica ha impedito di conoscere coloro che, oltre al gruppo dei 19 dei commandos che sequestrarono quel giorno i 4 aerei, hanno protetto i veri responsabili dell’attentato.
Come molto bene spiega l’analista internazionale Pablo Jofre Leal, il potere negli Stati Uniti ha impedito di far sapere quello che congressisti come Bob Graham o la candidata presidenziale del Partito Verde, Jill Stein, hanno chiesto di indagare: il contenuto delle 28 pagine che sono state assolutamente secretate dal 2002 ad oggi, che permetterebbero di stabilire il ruolo dell’Arabia Saudita negli attentati del 2001.
Anche
se la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità, lo scorso venerdì 9 dopo una lunga battaglia, la legge che permetterà ai familiari delle vittime dell’attacco alle torri di iniziare azioni
legali contro il governo saudita, per la sua presunta partecipazione, occorre ricordare che 15 dei 19 attentatori che si impadronirono degli aerei erano di nazionalità saudita.
Questa legge, che nel maggio scorso anche il Senato aveva approvato, è sul punto di essere vietata dal presidente Obama, per i presunti “danni” che in futuro potrebbe avere per gli interessi nord-americani. Chissà se il presidente Obama, a pochi mesi dal termine della sua carriera politica, ritenga di sacrificarsi assumendosi tutto il costo politico del veto, per coprire i funzionari, in particolare nell’area dello spionaggio e della difesa del governo di George W.Bush che lasciarono “fare”, per trovare la scusa che ha permesso sia all’amministrazione di Bush che a quella di Obama di applicare la dottrina della guerra permanente, che fino ad oggi non ha dato al mondo un giorno di respiro.
Giovannino andò alla guerra…
Non si era ancora posata la polvere alzata dalla caduta delle Torri Gemelle che già iniziava la caccia ad Osama bin Laden, l’eccentrico socio della CIA e multimilionario saudita che operò in Afganistan perché finalmente i mujahidin vincessero l’Esercito Rosso, con l’inestimabile collaborazione degli Stati Uniti, che investirono 15 mila milioni di dollari in modo legale, anche se nessuno conoscerà mai i fondi segreti che arrivarono, insieme alla logistica e all’intelligence fornita dalla CIA, a paesi come il Pakistan, l’Arabia Saudita, il Qatar e un lungo eccetera.
Il fallimento della ricerca dell’ex socio esacerbò le ansie guerriere di Bush, che ordinò di spianare l’Afganistan, nel caso restasse qualcosa di non spianato dopo decenni di guerra.
Visto
che Geronimo (nome chiave con cui la CIA chiamava bin Laden) non cadeva, bisognava trovarne un altro e cosa di meglio allora che un altro ex socio, il presidente iracheno Saddam Hussein, che
oltre ad essere molto, molto cattivo, stava seduto sulla seconda riserva mondiale di petrolio.
L’invasione che cominciò il 20 marzo 2003, alla ricerca di armi di distruzione di massa, che mai sono state trovate perché non esistevano, come ha denunciato David Kelly - consigliere per il
Ministero della Difesa ed altri dipartimenti e agenzie del governo britannico sul controllo delle armi ed esperto in armi biologiche che aveva indagato in Iraq per ordine delle Nazioni Unite
sulle possibilità di Saddam Hussein potesse fabbricare armi chimiche. Il suo rapporto concludeva che non era possibile e, dopo averlo fatto filtrare alla stampa, Kelly sarebbe stato
opportunamente “suicidato” in un bosco di Oxford, nel luglio 2003.
Il rapporto della giunta che ha indagato su questo “suicidio” sarà segreto per i prossimi 70 anni.
Le armi di distruzione di massa non si trovarono e in dicembre di quello stesso anno si trovò invece Saddam
Hussein nascosto in un pozzo, sotto una miserabile lamiera, ma le mattanze in Iraq non si fermarono e l’unica distruzione di massa fu quella provocata dagli invasori, che causarono più di un
milione di morti, la distruzione dell’ambiente, la contaminazione del suolo per la degradazione dell’uranio impoverito usato nei proiettili con cui avevano bombardato grandi regioni del paese,
che fece salire alle stelle i tassi di malformazioni e tumori della popolazione. E generarono anche una guerra religiosa tra sciiti e sunniti, a cui va aggiunto il conflitto kurdo, che fino ad
oggi non si è fermata, oltre ad aver portato al mondo nel 2014 la creazione dello Stato islamico.
La sete di vendetta del Pentagono non si saziò né con le migliaia di morti dell’Afganistan, né con il milione di morti in Iraq. A partire dagli ultimi mesi del 2010, si presentò una nuova ondata di violenza pianificata dalla diabolica troika Obama, Sarkozy e Cameron, conosciuta come Primavera Araba che, oltre ad alcune rivolte precise e alcune cadute di governi, generò guerre di alta intensità in Libia, con l’assassinio del Colonnello Gheddafi e come grande meta la Siria e lo Yemen, il cui numero di morti – se qualcuno lo conosce – viene tenuto ben custodito ma che senza dubbio supera di molto il mezzo milione, senza contare i feriti, la devastazione delle infrastrutture, la rovina dell’economia e la generazione di inter-guerre religiose, tribali ed etniche che non hanno intenzione di fermarsi.
L’attuale situazione nel mondo musulmano ha causato la fondazione o ha potenziato le bande fondamentaliste in
moltissimi paesi come Nigeria, Mali, Tunisia, Algeria, Egitto, Somalia, Yemen, Pakistan, Afganistan, India, Bangladesh, Indonesia, Malaysia e Filippine. In ognuno di questi paesi si
ripetono gli attentati suicidi e i massacri che, al di là del numero, occupano solo un modesta spazio sui media occidentali.
Senza dubbio l’11 settembre 2001 segnò una svolta nella vita di tutti, anche se per molti anche l’inizio della fine.
Come dice la vecchia canzone, Giovannino andò alla guerra…. Non so quando tornerà.
(*) Scrittore e giornalista argentino,
analista internazionale.
Da: alainet.org; 15.9.2016
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa
Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
Guadi Calvo es escritor y periodista argentino. Analista Internacional especializado en África, Medio Oriente y Asia Central. En Facebook:
https://www.facebook.com/lineainternacionalGC
Fuente: http://www.alainet.org/es/articulo/180259
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