Israele: non conviene annientare lo Stato islamico
di Adrián Mac Liman (*)
Distaccamenti dello Stato islamico localizzati nella valle di Yarmuk, a pochi chilometri dalle Alture del
Golan. La notizia diffusa pochi giorni fa dalla seconda catena televisiva israeliana ha fatto suonare l’allarme. Lo Stato islamico?
La chimera che si era impadronita della metà del suolo siriano e del Nord dell’Iraq si stava per trasformare in un pericolo reale per lo Stato ebreo? Apparentemente dispongono di carri armati, di
artiglieria pesante e…. di armi chimiche!, avverte lo spionaggio militare israeliano, che vigila da mesi i simpatizzanti dello Stato Islamico. Tutto lascia presagire un attacco lampo contro
Israele.
La minaccia non si è concretizzata, ma l’allerta continua, diventando un autentico incubo per gli abitanti degli insediamenti ebrei delle Alture del Golan. Dettaglio interessante: fino ai primi giorni di settembre la popolazione israeliana non era particolarmente inquieta riguardo alla presenza dello Stato islamico nella regione. E’ vero: le sanguinarie orde dell’ISIS si trovavano nel paese vicino. Gli assassinii e la distruzione in nome del profeta facevano parte del menù televisivo degli abitanti di Tel Aviv, Haifa o Gerusalemme. Ma la Siria era lontana, almeno mentalmente. Ciò che succede al di là dei confini di Israele non ha nulla a che vedere con la sicurezza armata che ripara i più di sei milioni di ebrei che vivono in Terra Santa. In questo contesto si è posta la domanda dubbiosa: farla finita con l’Esercito Islamico? Perché?
Questa è stata una delle domande che recentemente si sono posti i politologi e gli strateghi di Tel Aviv, più preoccupati della minaccia iraniana o del pericolo che presuppone la presenza di Hezbollah alla frontiera con il Libano. Da qui lo strano messaggio lanciato meno di un mese fa dal noto stratega Efraim Imbar, Direttore del Centro di Studi Strategici Begin-Sadat (BESA), entità che fa lavori di consulenza sia per il Governo israeliano che per la NATO. Non bisogna finirla con l’ISIS; il gruppo potrebbe trasformarsi in un’arma efficace nella lotta contro Iran, Hezbollah, Siria e Russia, segnala il minuzioso rapporto elaborato da Imbar.
Come sempre, la percezione israeliana è lontana dal paradigma statunitense. Per il Governo di Tel Aviv, il principale avversario continua ad essere l’Iran degli ayatollah,
paese che ha scritto nei suoi programmi di governo la distruzione totale dell’entità sionista. Questa fu una delle priorità assolute della rivoluzione komeinista, uno di mantra dei successori
dell’ayatollah. Ciò spiega la reticenza di Israele a togliere le sanzioni economiche e tecnologiche imposte al regime di Teheran, la sua ossessione di portare a termine un attacco lampo contro le
installazioni nucleari iraniane.
Hezbollah, il braccio armato di Teheran in Libano, è un altro avversario che dovrebbe sparire. Nel 2006 l’esercito israeliano perse la guerra contro il movimento sciita, armato
e addestrato da militari d’élite iraniani. Da lì la necessità di affidare questo compito …. a terzi. E a chi se non agli wahabiti dello Stato Islamico?
L’indiscutibile potere dell’esercito siriano fu, per decenni, la più grande preoccupazione dello Stato Maggiore di Tel Aviv. I due eserciti non si sono mai scontrati; entrambe
le parti avevano paura delle ripercussioni di un possibile scontro armato. In questo caso concreto, gli strateghi ebrei preferirebbero ricorrere, ancora una volta, ad uno scontro tra
musulmani.
E la Russia? Ovviamente per gli strateghi israeliani conviene mantenere i russi lontano dalla regione. La loro influenza potrebbe contrastare i progetti ebrei nella zona. Ma se i russi dovessero affrontare il pericolo islamico in casa, cioè nel vasto territorio asiatico, il loro margine di manovra nella regione sarebbe più limitato. Da qui il desiderio di contare sui sopravvissuti dell’ISIS.
Di fatto, la strategia di mettere uno contro l’altro i nemici fu vincente durante il conflitto in Afganistan. Forse che l’America del Nord non firmò l’atto di nascita di Al Qaeda? Allo stesso modo, Israele patrocinò, due decenni fa, la nascita di Hamas, gruppo religioso conservatore che doveva neutralizzare la laica OLP. Ma, in questo caso, l’errore di calcolo ebbe conseguenze disastrose.
Per quanto assurda possa sembrare, la proposta di Efgraim Imbar non è affatto nuova. Nel 1957 il presidente Eisenhower raccomandò alla CIA la creazione in Medio Oriente di movimenti religiosi difensori della guerra santa, chiamati a combattere le nascenti correnti di sinistra.
In fin dei conti, quello che si vuole è trasformare lo Stato islamico nell’ ……. utile idiota dell’Occidente.
(*) Analista politico, fu corrispondente di guerra a Cipro (1974) , testimone della caduta dello Sha di Persia (1978) e inviato speciale durante l’invasione del Libano (1982). Fa parte del Gruppo di Studi Mediterranei della Sorbona; da: alainet.org; 16.9.2016
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto
S.Giovanni)
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