BIKINI E BOURKINI

 

Bikini o bourkini: due facce della stessa medaglia

 

 

 

di Daniela Trollio (*)

 

 

 

La scena: una spiaggia di Nizza, gente stesa al sole e quattro uomini in uniforme e pistola, che obbligano un’anziana donna araba seduta sui ciottoli a togliersi il velo e la blusa che porta, sotto lo sguardo indifferente di alcune donne francesi, sicuramente laiche e repubblicane, in bikini.

 

Non è l’unico caso avvenuto questa estate nel paese della Liberté, Fraternité, Egalité.

 

Ora la polizia francese pattuglia le spiagge per costringere le donne che portano il velo a toglierselo, proprio come quella dell’Arabia Saudita e di altri paesi pattugliano le strade per obbligare le donne arabe a coprirsi, in base al precetto religioso, la hisba, che obbliga a “rifiutare il male e imporre il bene”… precetto assunto a quanto pare in toto anche dalle nostre “laiche e democratiche” società.

 

C’è qualche differenza? Io non ce la vedo, a meno di credere che vi sia una relazione tra la libertà delle donne e il numero dei vestiti che devono, o non devono, coprire il loro corpo.

 

Falso dibattito che attraversa le nostre società da tempo: del resto è il logico corollario di quel teorema per  cui l’Occidente imperialista afferma che è legittimo “portare la democrazia e il progresso” con le bombe e quindi oggi “libera” le donne obbligandole a spogliarsi in pubblico.

 

 

Il mercato “libera” noi donne mentre la religione ci reprime? Poter mostrare le tette, magari rifatte a caro prezzo, per vendere meglio un formaggino è libertà  o massima mercificazione talvolta consenziente, che dall’altro lato ha introdotto una nuova parola – femminicidio – che sfuma una realtà tragica: continuiamo ad essere “cose”, merce di proprietà di qualcuno che, quando non rispondiamo più ai suoi canoni, ci butta via, spesso in maniera definitiva.

 

Siamo così  “libere” che, se in anni passati si discuteva sul salario alle casalinghe come segno di riconoscimento (giusto o sbagliato che fosse) del lavoro sommerso delle donne – la cura dei figli, l’assistenza degli anziani, ecc. – oggi le donne lavorano – quando non sono state le prime ad essere buttate fuori dal mercato del lavoro – di notte, la domenica, a salari inferiori agli uomini, a orari impossibili dovendo far fronte al taglio di tutti i servizi sociali,  e vanno in pensione a 65/67 anni. Nessuno ha alzato una sola voce contro le varie riforme, Fornero buona ultima: meravigliosa “parità”.

 

 

 

Così come nessuno ricorda che, secondo l’ European Network Against Racism il 90% delle aggressioni islamofobiche in Olanda, l’81% in Francia, il 54% in Inghilterra sono avvenute contro donne. Del resto, paradossalmente, sono infinitamente più elevate le vittime musulmane del terrorismo islamico.

 

Si comincia contro una minoranza (musulmana in questo caso) e con le donne velate. Dove si finisce la storia, europea, del ‘900, ce lo insegna. E lo vediamo ogni giorno, all’interno del processo di fascistizzazione di tutti i paesi d’Europa, dove ciò che conta è solo il mercato, il profitto capitalista, e se per garantirlo va rispolverato l’arsenale del fascismo, delle persecuzioni razziali ( e diciamolo ben chiaro, una volta tanto, invece di chiamarlo con eufemismi come islamofobia) e di guerre sempre più vicine a noi, nessuno si fa scrupolo.

 

 

 

Torniamo al binomio bikini-bourkini. Il primo, dal lugubre nome del luogo dove gli Stati Uniti affinarono il loro arsenale atomico deportando gli abitanti dell’isola dall’omonimo nome e lasciandovi un deserto radioattivo avvelenato per i secoli dei secoli, il secondo che si sta rivelando una miniera di profitti – eh, benedetto mercato – per la sua inventrice.

 

Non è che non sia importante analizzare e definire quando e in quali condizioni c’è una vera possibilità di scelta, quando e in che condizioni le donne si mettono o si tolgono i vestiti cedendo a pressioni più o meno dirette ma …. per anni abbiamo sentito e ripetuto noi stessi che “la liberazione del proletariato avverrà per opera del proletariato stesso o non sarà tale”. Ecco, io credo che sulla liberazione delle donne valga lo stesso principio: solo una società diversa dove si produca per il bene di tutti e non per il profitto capitalista può garantire (anche non è automatico, lo sappiamo, come non è automatico il cambiamento di tutta una serie di rapporti, di retaggi culturali ecc. ecc. ), solo in una società socialista può avvenire anche questa liberazione.

 

Saranno le donne musulmane a decidere se e quando liberarsi del velo.

 

Noi possiamo fare poco, ma denunciare e criticare gli sporchi e sanguinosi legami tra i nostri governi, i nostri capitalisti  e le dittature come quelle dell’Arabia Saudita e di altri paesi, questo sì che lo possiamo – e lo dobbiamo - fare.

 

 

 

E se di donne stiamo parlando, parliamo anche di quello che qualcuno ha definito “pornografia sentimentale”: siamo inondati ogni giorno da fotografie e articoli sul bambino siriano seduto in un’autoambulanza, salvato dai bombardamenti del “perfido” Assad, così come siamo stati inondati dalle immagini che ritraevano il bimbo kurdo annegato su una spiaggia turca. E tutti gli altri bambini rimasti sotto le nostre bombe “democratiche”, morti di fame per la rapina imperialista, chiusi nei campi di concentramento del “democratico” Erdogan a cui i nostri democratici governi - nonostante la penuria di risorse che sbandierano ogni volta che tagliano i servizi essenziali – hanno fornito milioni e milioni di euro perché ce li tenesse fuori dai piedi?

 

 

 

E’ davvero ora di riaccendere il cervello, il bourkini non è una minaccia, il fascismo e la guerra si.

 

I governi europei si stanno radicalizzando molto in fretta; con la scusa del terrorismo – creato, organizzato e armato da loro stessi , ubbidienti servi delle multinazionali e degli USA – hanno bisogno di creare un “nemico” interno per portare tutta la società verso la guerra senza rischiare opposizioni e proteste.

 

In pericolo non sono solo le donne che si avventurano con il velo sulle spiagge della repubblica della Marsigliese, in pericolo siamo tutti noi, in gran parte ubbidiente carne da macello per una società che vive solo per il profitto.

 

 

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 

Da nuova unità

 

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