La Siria e il cane che non la molla
di Guadi calvo (*)
L’ultimo accordo tra Mosca e Washington per un ‘cessate il fuoco’, che aveva vigore a partire dal 12 settembre, si è diluito in ore, mostrando chiaramente quali sono le zanne che dissanguano il popolo siriano.
Appena iniziato il ‘cessate il fuoco’, l’aviazione sionista ha attaccato posizioni assegnate al presidente Bashar al-Assad a Damasco e sul Golan. A poche ore dall’incursione israeliana, l’aviazione nord-americana ha attaccato posizioni dell’Eesercito Arabo Siriano (EAS) a Deir ez-Zor, per un “errore” come molti altri già commessi. Non è la prima volta che l’aviazione nord.americana “sbaglia” e invece di attaccare posizioni del Daesh (EI) o del Fronte al-Nusra, le due organizzazioni salafiste più virulente e numerose che combattono in Siria, ha attaccato l’esercito leale al presidente al-Assad e non solo, ma ha scaricato rifornimenti in territori dominati dagli integralisti musulmani.
Mosca ha dovuto protestare per l’ “errore” di Deir ez-Zor, che ha reso possibile ai miliziani del Daesh di attaccare posizioni dell’EAS approfittando dell’ “errore” che ha indebolito le sue linee difensive, per impedire la riapertura della via terrestre che unisce Teheran con Damasco.
Questa nuova azione di Washington, naturalmente, è finita con l’accordo tra il segretario di Stato John Kerry ed il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov.
Gli attacchi lanciati da Tel Aviv e Washington, insieme alla falsità dell’attacco al convoglio, presunto umanitario, delle Nazioni Unite che - secondo fonti russe, trasportava armi - precipitano la situazione siriana in una spirale che approfondisce ancor più il conflitto, portando la situazione al limite di una generalizzazione regionale che finirebbe per coinvolgere paesi più lontani.
Secodo la denuncia delle Nazioni Unite il convoglio, scortato da un funzionario della Mezza Luna Araba, era formato da più di una dozzina di camion di aiuti umanitari, ed è stato attaccato con un’offensiva aerea nelle vicinanze della comunità di Urum al-Kubra, a nord-est della città di Aleppo. Secondo il comunicato dell’ONU sarebbero morte circa tredici pesone ed altre sarebbe gravemente ferite.
Non è la prima volta che si scopre che trasporti delle Nazioni Unite, sia in Siria come già è successo in Nigeria e Sudan del Sud, vengono utilizzati per trasportare armi per qualche gruppo antagonistico.
D’altra parte si sa bene da tempo che la Turchia è diventata, dall’inizio della guerra in Siria, una piattaforma di rifornimento sia per i gruppi aparentemente moderati che per i salaafisti che combattono contro il governo legale di Bashar al-Assad. Dal suo territorio, Ankara non solo ha permesso che passassero grandi quantità di armamenti e rifornimenti di ogni genere per le organizzazioni terroristiche ma, anche, che migliaia di “volontari” provenienti da un gran numero di paesi del mondo musulmano, dell’Asia centrale e dell’Europa, si addestrino per poi passare a combattere in qualcuna delle organizzazioni terroristiche.
Un opportuno incidente
Ogni volta che il conflitto siriano sembra trovare una soluzione, un opportuno incidente torna a bloccarlo. In questa direzione è importante ricordare che già nell’edizione del 22 maggio 2013 il settimanale tedesco Der Spiegel pubblicò inormazioni fornite dall’allora capo del Servizio Federale di Intelligence (BND) Gerhard Schindler (destituito nell’aprile 2016, dopo lo scandalo delle intercettazioni della della NASA statunitense) che prevedeva la vittoria di Bashars al-Assad per la fine di quello stesso anno.
In quella data, casualmente, l’allora ISIS si rafforza nella cittadina di Falluya, per emergerne con una potente e paurosa forza sei mesi dopo, con il nome di Stato Islamico che, come ben si sa, porta la guerra in Siria alla sua massima potenza.
Washington, insieme ai suoi alleati europei, insieme a Israele e alle petro-monarchie wahabite del Golfo Persico, non si è spostata di una virgola dal proprio progetto iniziale sulla Siria, che è di dividerla in tre o quattro piccoli stati, con l’idea fondamentale di annullare l’alleanza tra Siria e Iran. La confusione generata negli Stati Uniti dal prossimo cambio di governo è una buona scusa per giustificare non solo le aberrazioni commesse, ma anche quelle ancora da commettere.
Il recente e fallito “cessate il fuoco” ha visto, solo nel sabato 17, 45 violazioni da parte della coalizione internazionale guidata da Washington, che ha bombardato esclusivamente posizioni dell’Esercito Arabo Siriano. Tra questa occasione e in altre quattro già citate posizioni dell’EAS accerchiate dal Daesh, nelle vicinanze della città di Deir ez-Zor, ci sono stati tra i soldati siriani 62 morti e più di 100 feriti.
A conferma di quanto esige il Pentagono, il suo segretari di Stato John Kerry ha preteso che l’aviazione degli eserciti siriano e russo non sorvolino le zone del paese controllate dall’opposizione.
L’opposizione siriana è uno strano magma composto da mercenari, “moderati”, fanatici salaafisti locali e provenienti da più di 93 paesi e da disertori dell’esercito siriano, che cambiano bandiera a seconda delle necessità e del luogo del paese dove operano, il che rende impossibile distinguere in realtà chi sono, quanti sono e dove si trovano.
Prova di questo è il significativo caso delle armi fornite da Parigi all’opposizione “moderata” pochi mesi dopo l’inizio del conflitto e il fatto che quelle stesse armi apparissero nell’aprile del 2012 nel nord del Mali, a più di 5.500 km. di distanza dalla Siria, in mano al gruppo salaafista Ansar al-Din, al Movimento per l’Unità e la Yihad in Africa Occidentale (Mujao) e al al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI), che interferirono nella sollevazione Tuareg contro le autorità di Bamako.
Secondo varie fonti quest’ultimo martedì 20, da navi da guerra russe destinate alle acque siriane sarebbero partiti attacchi con missili kalibr, verso una postazione di intelligence per le operazioni delle basi terroristiche che operavano nella regione montagnosa di Sam’an, nelle vicinanze di Aleppo, dove sarebbero morti una trentina di ufficiali stranieri, tra cui israeliani, statunitensi, turchi, sauditi, qatariti e britannici.
Non è la prima volta che agenti stranieri vengono sorpresi ad operare in Siria; dopo i tragici fatti accaduti nel quartiere di al-Ghoutta a Damasco, in cui 1.500 persone morirono per un attacco con armi chimiche il 21 agosto 2013, si venne a sapere che le armi erano state fornite da Israele al fronte al-Nousra, mentre furono localizzati nel settore 15 agenti del Mossad e, secondo il periodico francese Le Figaro, un gruppo di agenti della CIA si era infiltrato in Siria, il 17 di quel mese, per addestrare i terroristi all’uso di quelle armi.
In questa guerra continuano ad aggiungersi i partecipanti: dietro il presidente Bashar al-Assad si trovano Russia, Iran, Cina e l’organizzazione libanese Hezbollah; al fianco degli invasori c’è un gigantesco conglomerato di nazioni che rispondono agli Stati Uniti, ragion per cui questa guerra si è trasformata nel paradigma del disaccordo tra gli interesi imperiali e le nazioni che gli resistono.
La fine della guerra appare sempre più lontana e la sua soluzione sempre più confusa.
Nessuno può azzardare un pronostico, forse bisognerà accontentarsi che il cane che ha attaccato la Siria e non la molla non si trasformi nel mitico Cerbero, che avrebbe allora due bocche in più per continuare ad azzannare.
(*) Giornalista argentino, analista politico internazionale; da: lahaine.org; 26.9.2016
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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