USA

 

 La politica della morte

 

di Mumia Abu-Jamal (*); da: rebelion.org; 5/10/2015

  

E’ successo un’altra volta, e un’un'altra e un’altra e un’altra.

 

Un poliziotto arriva sulla scena. Urla o grugnisce un ordine. E, in un attimo, una persona muore. 

Probabilmente una persona di pelle scura. Probabilmente una persona nera.

  

Immediatamente irrompe sulla scena il linguaggio della spersonalizzazione usato da poliziotti e media corporativi: “Sospetto”. Non persona; “sospetto”. 

 

E il reato?

 

- Non ha obbedito

 

- Non ha rispettato il mio ordine di spegnere la sigaretta. 

 

Morte per disobbedienza. Obbedire o morire.

 

- A terra, perché sei sospetto.

 

 - Sospetto di che? 

 

Non importa. Qualsiasi cosa può servire.

 

Non hai la libertà di dire “no”. Non hai libertà. Non esisti. 

 

Come nazisti da quattro soldi, i poliziotti prendono decisioni come questa ogni giorno, giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno…. 

 

I morti muoiono. Le famiglie piangono. E non succede niente. Perché chi è morto è un nessuno. Un’altra anima scura è morta in “America”, lo sapete già, la “terra delle gente libera”. Nessuno. Solo un sospetto. Solo un nigger**.

  

 

Dalla nazione incarcerata, Mumia Abu-Jamal

 

  (*) Giornalista,  scrittore e attivista afroamericano. Ex Pantera Nera, incarcerato dal 1982 per la maggior parte del tempo in isolamento. La sua famiglia e organismi per i diritti umani, come Amnesty International, hanno protestato per le gravi irregolarità nel processo che l’ha condannato a morte. La sentenza è stata successivamente rivista e trasformata in carcere a vita. Nonostante sia gravemente malato, le autorità statunitensi gli hanno negato il trasferimento in un ospedale specializzato. Gli è stata negata anche la scarcerazione per motivi umanitari.

(**) termine spregiativo per definire gli afroamericani.
 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

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