LA MOBILITAZIONE DEI LAVORATORI VINCE

Dal quotidiano Il manifesto

 

Scarcerato Aldo Milani, il sindacalista Si Cobas: «Sono vittima di un tranello»

Logistica. Accusato di estorsione, il coordinatore nazionale del sindacato di base SI Cobas era stato arrestato insieme a un consulente estraneo all'organizzazione. Ora Milani ha l’obbligo di dimora. Scioperi e proteste nel centro-Nord. Il sindacato attacca: «Castello accusatorio infondato per screditare le lotte» 

Roberto Ciccarelli, EDIZIONE DEL29.01.2017

 

Aldo Milani, coordinatore nazionale del Si Cobas, è stato scarcerato ieri a Modena e ha ricevuto l’obbligo di dimora a Milano. Era stato arrestato con l’accusa di estorsione ai danni dell’azienda Alcar Uno di Castelnuovo Rangone in provincia di Modena di proprietà della famiglia Levoni. Insieme a lui è stato arrestato Dario Piccinini, membro di una società di consulenza e non del sindacato di base, che in un video muto diffuso dagli inquirenti intasca un oggetto passatogli da un terzo e fa il gesto delle manette. Per l’accusa sarebbe una mazzetta di 5 mila euro, quota di un’estorsione di 90 mila euro, che sarebbe andata al sindacato. Per la difesa è una somma mai ricevuta dal sindacato e il suo passaggio è avvenuto all’insaputa del suo coordinatore seduto allo stesso tavolo.

Il Gip di Modena Eleonora De Marco ha deciso per Piccinini gli arresti domiciliari. Il procuratore di Modena Lucia Musti si è detta soddisfatta per la decisione del Gip definendo «equilibrati» i domiciliari per Piccinini e ha sottolineato come l’obbligo di dimora per Milani sia «un’importante restrizione della libertà personale».

Aldo Milani, uno dei protagonisti delle lotte nelle logistica negli ultimi anni in Italia, è stato accolto da più di 300 lavoratori e attivisti all’uscita del carcere di Sant’Anna a Modena. Il suo clamoroso arresto ha generato, in poche ore, una valanga di presidi e scioperi nei principali hub della logistica e interporti. «Mi hanno tirato un tranello – ha detto ai lavoratori che lo attendevano all’uscita dal carcere – quello che si era presentato aveva detto di essere in collegamento con la Livoni. Io ero a quel tavolo per trovare una soluzione per i licenziati». La trattativa riguardava aspetti sindacali come l’incentivo all’esodo e la reintegrazione dei lavoratori; il mancato pagamento dei contributi previdenziali da parte della cooperativa che lavorava per l’azienda, circostanza che ha negato la possibilità di accedere alla Naspi per i licenziati. «Milani – precisa il SI Cobas – aveva chiesto che Levoni saldasse quest’ammanco, ovviamente non certo consegnando del denaro liquido bensì versando le somme contributive mancanti attraverso le modalità previste dalla legge così come risultanti dai modelli F24».

Nell’udienza la difesa di Milani, sostenuta dall’avvocatessa Marina Prosperi, ha dimostrato l’estraneità di Piccini al SI Cobas. «Il giudice ha accertato la diversità delle posizioni – afferma Prosperi – Piccinini si è accreditato con Levoni come persona che poteva facilitare il rapporto con il SI Cobas e con il SI Cobas si è accreditato come consulente dell’azienda come risulta da una mail che abbiamo depositato agli atti. Dalle carte emerge che Piccinini ha ricevuto un pagamento di 5 mila euro. In questa circostanza Aldo Milani non ha alcun ruolo, né lo ha il SI Cobas. Penso che andremo a processo. L’operazione che stata fatta è mediatica, obiettivamente. Hanno usato una situazione che doveva essere chiarita su Milani, ma non in queste forme».

Due giorni fa la procura di Modena ha lanciato l’appello agli imprenditori per denunciare estorsioni. «Mi associo all’appello – afferma Prosperi – se altre imprese hanno ricevuto richieste di questo genere che lo denuncino».

«Col passare delle ore è evidente l’infondatezza del castello accusatorio ordito dalla Questura di Modena – sostiene il SI Cobas – soprattutto il disegno politico che si cela dietro questa vicenda, teso a screditare la lotta contro lo sfruttamento nei luoghi di lavoro». Il sindacato respinge l’idea per cui chi sciopera non lotta per i suoi diritti e per ottenere ciò che gli è dovuto, ad esempio i contributi, ma «estorce» somme di denaro agli imprenditori. «Questo è un attacco al diritto di sciopero, già pesantemente ridotto dalla miriade di riforme del mercato del lavoro come il Jobs Act».

 

 

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