PER UNA NUOVA RESISTENZA

Per una nuova RESISTENZA,

Fino all’abolizione dello sfruttamento capitalistico!

 

Ancora, in occasione della Festa della Liberazione – il 25 Aprile – assisteremo a vuoti discorsi retorici, conditi da concerti e deposizioni di fiori. Uno stanco rituale che nasce da un lungo processo di revisionismo storico sulla Resistenza. I borghesi di qualunque colore politico in questo giorno festeggiano la ritrovata collaborazione e la presunta pacificazione tra sfruttati e sfruttatori.

 

Così, come succede con le rivoluzioni e con i grandi rivoluzionari che, una volta morti, sono trasformati in icone inoffensive, si cerca di reinterpretare la Resistenza snaturando il suo lato rivoluzionario e di classe, negando il progetto di chi si batteva contro il capitalismo e l'imperialismo cosciente degli antagonismi inconciliabili di classe.

L’esperienza resistenziale ha fatto veramente “tremare” di paura, prima nei lunghi mesi della lotta armata sui monti e nelle città, poi nelle convulse fasi dell’immediato dopoguerra, la borghesia italiana e il suo sistema di potere economico e sociale. Ed è ancor oggi un pericolo da esorcizzare.

 

La Resistenza non fu solo “lotta di Liberazione nazionale” contro l’invasore tedesco. La Resistenza fu molto di più. La Resistenza fu manifestazione, in questo caso armata, dello scontro di classe; cioè della lotta irriducibile tra due classi in totale contrapposizione tra loro: la borghesia capitalista e il proletariato.

La Resistenza fu, quindi, “guerra di classe”: un vasto moto di riscossa popolare e patriottica che ebbe il suo fulcro nel movimento dei lavoratori e della classe operaia in particolare, sotto la guida dei partiti conseguentemente antifascisti, ma soprattutto del Partito Comunista che, più di ogni altro, seppe dare al movimento resistenziale direzione politica, consistenza organizzativa, preparazione militare, forza ideologica, profondi valori etici.

Non ci sarebbe stata, infatti, la lotta di Liberazione dal nazifascismo senza l'unità antifascista con la combinazione fra lotta armata in città, in montagna e in campagna, e la lotta di massa della classe operaia e del proletariato, che subivano sulla loro pelle l'orrore del nazi-fascismo e pagavano a caro prezzo la loro opposizione, sia in fabbrica che sul territorio.

Oltre al pane, alla pace, al lavoro, all'abbattimento del regime nazifascista rivendicato dalle masse proletarie popolari e dagli antifascisti di altre classi sociali, i comunisti - da partigiani in montagna e sul territorio, nelle cellule clandestine di fabbriche grandi e piccole - lottavano per costruire una società socialista di liberi e uguali, in cui lo sfruttamento degli esseri umani fosse considerato, al pari del nazi-fascismo, un crimine contro l'umanità.

 

Per questo il 25 Aprile è in realtà una data da rimuovere, da dimenticare e far dimenticare - e voci che chiedevano la soppressione di questa ricorrenza non sono mancate negli ultimi anni; la Resistenza è solo una pagina lontana della nostra storia da girare una volta per tutte.

Ma il fascismo non è un incidente di percorso. È lo strumento che la borghesia capitalista ha usato, usa e userà, per opprimere e schiacciare la classe operaia e le masse popolari quando non è più in grado di mantenere il proprio potere col sistema democratico-borghese.

L'Italia, membro della Nato, è costellata dalla presenza sul proprio territorio delle basi Usa e Nato, centrali di addestramento per l'eversione fascista, supporto dei servizi di sicurezza e spionaggio, basi logistiche per le guerre e depositi di micidiali armi di distruzione di massa.

La Resistenza continua contro tutte le guerre imperialiste, contro le basi Usa e Nato, per il ritiro delle truppe straniere dall'Iraq, dall'Afghanistan e da tutti gli scenari di guerra. La Resistenza continua contro tutti gli imperialismi compreso quello italiano e il nuovo polo imperialista europeo.

La classe operaia non si libererà dalle catene, finché altri lavoratori rimarranno schiavi e un "popolo" non potrà mai essere libero se opprime altri popoli.

Per i rivoluzionari, per noi comunisti, per chi lotta oggi, ricordare la Resistenza significa ricordare gli scioperi operai del marzo ’43, le deportazioni, la lotta armata dei partigiani che si sono sacrificati per liberare l'Italia dalla dittatura di Mussolini e dall'aggressore nazista, con l'aspirazione di liberarsi da ogni forma di sfruttamento ed oppressione.

 

Oggi l'antifascismo va difeso combattendo anche il revisionismo di quella cosiddetta "sinistra" che, per dimostrare di essere nuova e buona, equipara e mette sullo stesso piano nazismo e comunismo, dimenticando e rovesciando la verità storica: sono stati i paesi come l'Urss che - con l'Armata Rossa e pagando con le vite di 20 milioni dei suoi cittadini - hanno determinato la caduta del nazismo.

 

La Resistenza continua quindi oggi - più che mai - per il compimento delle aspirazioni di classe che l'hanno animata nella lotta contro il capitalismo e i suoi governi.

Per noi il 25 Aprile significa rendere onore ai caduti dell’antifascismo e della Resistenza, a tutti gli operai, i lavoratori, gli uomini e le donne, che misero in gioco la propria vita combattendo nelle brigate partigiane o nei Gap (gruppi di partigiani di azione patriottica), che scioperarono nelle fabbriche e che finirono a migliaia uccisi, torturati e deportati nei campi di sterminio nazi-fascista.

Esseri umani, deportati dai nazifascisti che anteposero la loro dignità di esseri umani e di lavoratori alla naturale paura della sofferenza e della morte; che compresero l’inscindibile nesso che legava il fascismo guerrafondaio al sistema capitalistico.

 

Ricordare questi uomini e donne che lottarono, non solo per la sconfitta del primo, ma anche per l’abbattimento del secondo significa far capire ai giovani - defraudati della memoria storica, schiacciati tra il “contare” nella vita di ogni giorno solo in quanto passivi consumatori di ogni genere di merce, ed una precarietà esistenziale e lavorativa fatta di disoccupazione, di spietato sfruttamento in un mercato del lavoro quasi senza più regole, che vivono un presente senza futuro - che è possibile costruire una società diversa da quella attuale, dominata dalla barbarie capitalista capace di generare solo oppressione, povertà, emarginazione, distruzione ambientale e, soprattutto, guerra.

Una società che ha un solo nome: SOCIALISMO.

 

 

Aprile 2017

 


Centro di Iniziativa Proletaria "G. Tagarelli" - Sesto San Giovanni (Mi)

Red Militant – Catania/Bologna/Latina

 

Coordinamento comunista toscano

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