MEMORIA

 

Memoria – 29 e 30 maggio 1969

 

Il Cordobazo

 

di Rodolfo Walsh (*)

 

 

Lavoratori metallurgici, del trasporto e di altri settori dichiarano lo sciopero (a Còrdoba) per i giorni 15 e 16 maggio, a causa delle “quitas zonales” (facoltà concessa ai padroni della zona da parte del governo dittatoriale del generale Onganìa di abbassare i salari sotto i minimi nazionali, n.d.t.) e del disconoscimento dell’anzianità di lavoro in caso di trasferimento di impresa. 

 

I metalmeccanici si riuniscono in assemblea e vengono repressi, ma difendono i loro diritti in una vera e propria battaglia campale nel centro della città il 14 maggio. 

 

Le sopraffazioni, l’oppressione, la cancellazione di innumerevoli diritti, la vergogna di tutti gli atti del governo, i problemi degli studenti e quelli dei centri vicini si uniscono.

 

Tutta la città si paralizza il 16 maggio. Nessuno lavora. Tutti protestano. Il governo reprime.

 

A Corrientes viene assassinato lo studente Juan José Cabral. Viene disposta la serrata dell’Università.

 

Tutte le organizzazioni studentesche protestano. Si preparano assemblee e manifestazioni. Si lavora di comune accordo con la CGT (Confederazione Generale del Lavoro, n.d.t.)

 

 

Il giorno 18 viene assassinato a Rosario lo studente Adolfo Ramòn Bello. Studenti, operai e sacerdoti “terzomondisti” fanno una marcia del silenzio in omaggio ai caduti.

 

 

 

Il 23 maggio gli studenti, appoggiati da tutto il movimento studentesco, occupano il Barrio Clìnicas (uno dei quartieri di Cordoba).

 

 

 

Il 26 maggio il movimento operaio di Cordoba decreta lo sciopero generale per 37 ore, a partire dalle 11, per il 29 maggio, con abbandono dei posti di lavoro e concentrazioni pubbliche di protesta.

 

 

 

Gli studenti aderiscono a tutte le risoluzione della CGT. Gli studenti si organizzano, e gli operai anche. Migliaia e migliaia di volantini che chiedono il ripristino dei diritti cancellati inondano la città  nei giorni successivi.

 

 

 

Fin dal primo mattino, c’è tensione il 29 maggio. I lavoratori del settore elettrico vengono attaccati con bombe a gas all’altezza delle vie Rioja e G. Paz. Ancora una volta la repressione è in marcia.

 

Le colonne di lavoratori delle fabbriche di auto giungono in città e vengono anch’esse attaccate. I negozi chiudono e la gente si riversa nelle strade. Arriva la notizia della morte di Màximo Mena, operaio meccanico. C’è uno scoppio di ira popolare, la ribellione contro tale ingiustizia, contro gli assassinii, contro la sopraffazione. La polizia retrocede. Nessuno controlla più la situazione.

 

E’ il popolo. Sono gli operai sindacalizzati e gli studenti che lottano infiammati. E’ l’appoggio totale della popolazione. E’ la presa di coscienza contro tante proibizioni. Niente tutele né usurpatori del potere, niente complici partecipazionisti.

 

 

 

Il saldo della battaglia di Còrdoba, “Il Cordobazo”, è tragico. Decine di morti, centinaia di feriti. Ma la dignità e il coraggio di un popolo fioriscono e segnano una pagina storica argentina e latinoamericana che non si cancellerà più. In quella lotta per la giustizia, per la libertà e per l’imperio della volontà del popolo abbiamo saputo unirci per costruire una società più giusta dove l’uomo non sia più lupo per l’uomo ma suo fratello.

 

 

 

Le nostre classi dominanti hanno sempre fatto sì che i lavoratori non abbiano storia, non abbiano teoria, non abbiano né eroi né martiri. Ogni lotta deve cominciare dal nulla, separata dalle lotte precedenti. L’esperienza collettiva si perde, le lezioni si dimenticano.

 

La storia appare così proprietà privata i cui padroni sono i padroni di tutte le cose.

 

Questa volta, invece, è possibile che il cerchio si spezzi…

 

(pubblicato nel febbraio 1970 su “Périodico de la CGT de los Argentinos”)

 

 

 

(*) Giornalista e scrittore argentino, fece parte del Movimento peronista dei Montoneros. Nemico feroce della dittatura dei generali, scrisse nel 1977 una celebre “lettera aperta” diretta a Videla e alla sua giunta (la Lettera aperta di uno scrittore alla Giunta Militare) in cui denunciava e chiedeva conto dei crimini commessi, dei desaparecidos, della partecipazione alle torture e alle uccisioni da parte della CIA.  Venne catturato in un’imboscata a Buenos Aires mentre diffondeva la sua Lettera, spedita anche ai giornali argentini e stranieri, che all’epoca nessuno pubblicò. Il suo nome figura tutt’oggi nelle liste dei desaparecidos.

 

 

 

(traduzione di Daniela Trollio

 

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 

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