IL VOTO E LA LOTTA

 

Anteprima di nuova unità

 

 

IL VOTO E LA LOTTA

 

Le elezioni amministrative svoltesi a giugno 2017 che hanno interessato oltre 9 milioni di elettori al di la delle chiacchiere sanciscono una sempre più netta distanza fra la politica e i bisogni delle persone e una sconfitta della democrazia borghese delegata. 

 

Il numero dei votanti alle elezioni comunali 2017 è stato ovunque in calo. L’11 giugno  l’affluenza alle urne a livello nazionale è stata del 60, 07%, in calo rispetto alla tornata precedente (68%), mentre c’è stato un crollo più grande dell’affluenza nei 139 Comuni della Lombardia dove ha votato solo il 55% degli aventi diritto.

 

Il crollo dei votanti è stato ancora più massiccio ai ballottaggi, dove la percentuale degli elettori che si è recata ai seggi domenica 25 giugno è stata del 46,03%. 

 

Il primo dato DA RILEVARE e’ l’altissima percentuale di astensioni, MA AI PARTITI come sempre INTERESSA DI PIù PARLARE DI CHI hA VINTO E DI CHI HA PERSO LE POLTRONE CHE DEL vero risultato della competitizione: cioè la vittoria dell’astensionismo.

 

Dai risultati elettorali dei ballottaggi emerge con chiarezza un dato che non può e non deve essere nascosto:

 

Se il centrosinistra (anche coalizzato con i suoi satelliti) ha subito una sonora  sconfitta e il centrodestra canta vittoria avendo “conquistato poltrone” in città storicamente amministrati dal centrosinistra, non si può nascondere che questi partiti - che pretendono di rappresentare tutte le classi sociali trasformate in “cittadini” - sono stati votati da una minoranza della minoranza: questo è il dato reale e storico.  

 

Le politiche a sostegno del capitalismo e dell’imperialismo hanno bisogno di un sistema di democrazia borghese in cui i partiti a sostegno del potere locale o centrale sono interscambiabili. Il centro sinistra ha perso in quasi tutti i capoluoghi di provincia e soprattutto in quelli delle città “simbolo”, che storicamente rappresentavano centri di resistenza del movimento operaio: Genova, Pistoia, Sesto San Giovanni.

 

Molti giovani, disoccupati o precari, lavoratori, pensionati, donne e uomini che si arrabattano ogni giorno con fatica per mettere insieme il pranzo con la cena per le loro famiglie, che faticano sempre più a trovare lavoro, a mantenere i figli a scuola, a curarsi, , che hanno pagato e pagano sulla loro pelle le conseguenze delle politiche dei governi, anche se da sempre elettori della sinistra, questa volta hanno manifestato la loro protesta disertando le urne.

 

Molti lavoratori e proletari cominciano a chiedersi come mai il governo trova 80 milioni di euro al giorno per mantenere le basi Nato, altri miliardi di euro per fare guerre “umanitarie” in decine paesi del mondo o per salvare le banche e le grandi multinazionali che licenziano, e mai per risolvere i problemi delle masse popolari e proletarie.

 

Nella democrazia borghese gli operai, perché schiavi salariati, sono all’ultimo posto della gerarchia e non contano niente, a maggior ragione senza una propria organizzazione politica di classe. Al gioco “io ti delego a rappresentarmi” molti non credono più, alcuni per istinto di classe, altri perché cominciano a prendere coscienza dei diversi interessi di classe che difendono questi partiti e queste alleanze.  

 

Prima delle elezioni dell’11 giugno, nei comuni con più di 15mila abitanti il centrosinistra amministrava 81 comuni, il centrodestra 42 e il Movimento 5 stelle 3; ora, dopo le elezioni e i ballottaggi, il centrosinistra amministrerà 50 comuni (-31), il centrodestra 54 (+12) e il M5S 8 (+5).

 

Il centrosinistra tuttavia, nonostante la sonora sconfitta nel segno dell’alternanza, ai ballottaggi ha strappato al centrodestra destra Comuni importanti come  Lecce e Padova. 

 

Significativa è la situazione di Sesto San Giovanni, di Genova e di Pistoia.

 

A Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, città simbolo che la sinistra amministrava interrottamente da 72 anni  al primo turno ha votato il 1 elettore su due (l’affluenza è stata del 50,92% e al ballottaggio l’affluenza definitiva degli aventi diritto si è fermata al 45,61%..

 

Del resto i partiti che hanno retto il Comune sono stati complici della chiusura di tutte le grandi fabbriche sestesi, permettendo che le aree industriali andassero ai palazzinari di turno e contribuendo così alla scomposizione dello “zoccolo duro” del movimento operaio

 

Genova, storica roccaforte della “sinistra”,  una realtà industriale e operaia, ha subito la stessa sorte di Sesto S.Giovanni, con la chiusura di molte fabbriche e il ridimensionamento di altri luoghi storici di lavoro: così laffluenza l’11 giugno è stata del 48,39%, cioè ha votato meno della metà, dato che si è ridotto ulteriormente ai ballottaggi: 42,67% di votanti.

 

I voti di questa minoranza che governa la maggioranza sono stati: Centro destra 55,24%; Centro sinistra 44,76

 

Pistoia

 

Anche Pistoia, città che dal dopoguerra è stata sempre amministrata da un sindaco di sinistra o di centrosinistra, è passata anch’essa al centrodestra Qui la percentuale degli elettori che si è recata ai seggi per il turno di ballottaggio di domenica 25 giugno è stata del 46,03%.

 

Ai proletari, alle classi sottomesse interessa la soluzione dei problemi concreti che vivono ogni giorno sulla loro pelle e poco importa se chi si avvicenda al governo delle città e del paese è uno schieramento o l’altro,  se le politiche applicate sono le stesse e essi devono sempre rimetterci.

 

Le elezioni politiche o amministrative servono semplicemente a stabilire quale frazione o membro della classe dominante debba amministrare le città o il paese nel loro interesse e non hanno mai cambiato le condizioni economiche, politiche e sociali degli operai, che continuano a essere sfruttati come prima delle elezioni o ancora più di prima. 

 

A dimostrazione di quanto sopra, questa campagna è stata caratterizzata, da parte di entrambi gli schieramenti – dalla stessa retorica sulla sicurezza, contro gli immigrati, campagna che ha coinvolto spesso anche i proletari che lottano contro i padroni per difendere i loro interessi. In mancanza di una loro organizzazione,  influenzati dalla propaganda borghese reazionaria vedono nell’immigrato, nel rifugiato, nel “negro” un pericoloso concorrente, e non si accorgono che in realtà il nemico che hanno in casa non è lo straniero ma il loro padrone che sfrutta entrambi alimentando la guerra fra poveri per i suoi interessi, sostenuto attivamente dai partiti che lo rappresentano di volta in volta.

Le illusioni di chi crede che si possa cambiare con il voto e non con la lotta, la sua condizione per emanciparsi lo legano mani e piedi al sistema di sfruttamento come le catene che legano lo schiavo al suo padrone. 

 

Da sempre il movimento operaio, il proletariato conduce la sua lotta di classe senza aspettare le elezioni. Questo non significa che noi comunisti siamo astensionisti di principio: in alcune momenti, in presenza di un forte movimento operaio, potremmo anche decidere di parteciparvi, ma solo per denunciare il sistema capitalista  e non certo i poter cambiare per via elettorale la nostra condizione di sfruttati.

 

 

In poche parole, sono sempre più vere le parole di Lenin che seguono.

 

“La realtà viva, la storia delle vere rivoluzioni mostrano che assai spesso "la simpatia della maggioranza dei lavoratori" non può essere dimostrata da nessuna votazione (per non parlare delle elezioni organizzate dagli sfruttatori, con l'"eguaglianza" tra sfruttatore e sfruttato!). Assai spesso "la simpatia della maggioranza dei lavoratori" è dimostrata non da votazioni, ma dallo sviluppo di un partito, o dall'aumento del numero dei suoi membri nei soviet, o dal successo di uno sciopero che, per un qualche motivo, abbia acquistato grandissima importanza, o dal successo della guerra civile, ecc. ecc. (...).

 

La rivoluzione proletaria è impossibile senza la simpatia e l'appoggio dell'immensa maggioranza dei lavoratori per la loro avanguardia, il proletariato. Ma questa simpatia, questo appoggio non si ottengono di colpo, non sono le elezioni a deciderli, ma si conquistano con una lunga, difficile, dura lotta di classe. La lotta di classe del proletariato per la simpatia, per l'appoggio della maggioranza dei lavoratori non si esaurisce con la conquista del potere politico da parte del proletariato. Dopo la conquista del potere questa lotta continua, ma in altre forme”.

 

(Lenin, Saluto ai comunisti italiani, francesi e tedeschi, 10 ottobre 1919 - Opere complete, vol. 30, pp. 46-47)

 

Michele Michelino, (Cento di Iniziativa Proletaria "G. Tagarelli") 

 

 

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