Non è il Venezuela, è il resto dell’America Latina
di Ilka Oliva Corado (*); da: cronicasdeunainquilina.com; 15.11.2017
Mentre i mezzi di informazione corporativi ci bombardano di notizie sul Venezuela – c’è la fame ... la dittatura di Maduro ... – nel resto del continente si vive l’assalto del neo-liberismo.
Mentre noi “non vogliamo essere come il Venezuela”, nei nostri paesi si commettono malversazioni milionarie, muoiono centinaia di bambini per denutrizione, si fa della pulizia sociale, veniamo terrorizzati con la violenza comune, che in realtà è violenza istituzionale, si commettono furti di terre da parte dei governi e delle oligarchie, opprimendo così le comunità che le abitano e, se è necessario, facendole sparire.
Gli ecocidi abbondano, ma noi urbanizzati, noi delle capitali, non ce ne rendiamo conto o, per meglio dire, ci voltiamo dall’altra parte perchè è più comodo: teniamo gli occhi addosso al Venezuela perchè non vogliamo essere come loro; ci hanno detto che là si vive un inferno di dittatura in modo che non ci rendessimo conto che la dittatura, in realtà, la stiamo vivendo noi: questo è il successo del capitalismo e del modello neo-liberista che ci hanno imposto le post dittature in America Latina. Siamo quella massa amorfa che non pensa, non analizza, non mette in discussione, non agisce e soprattutto ignora l’abuso con la sua doppia morale, la sua fede e il suo maschilismo. Perchè sappiate, bei fiorellini, senza preoccuparsi di far appassire i petali il capitalismo ed il neo-liberismo sono maschilisti, misogini e soprattutto patriarcali.
Se viviamo in un modello patriarcale, i risultati sono patriarcali: per questo vediamo il genocidio di migliaia di donne in tutto il continente, l’attacco costante alla comunità LGBT, ai popoli originari, ai paria. Per questo vediamo le masse che esigono la pena di morte, non per i genocidi o i colpevoli di lesa umanità ma per i paria e, se potessero, la chiederebbero anche per i popoli originari, per le comunità LGBT, per le donne che vogliono abortire, per tutto quello che non calza in un sistema maschilista, misogino, classista, retrogrado e ingannatore.
Mentre ci lavano il cervello con notizie dell’ultima ora, nelle quali Maduro appare come il dittatore più feroce del continente, in Messico Peña Nieto ha utilizzato il genocidio dei migranti come biglietto da visita per far piacere al paese fratello del nord. Ha anche attentato contro il suo popolo con la farsa della lotta al narcotraffico.
Volete sapere della rapina delle risorse naturali? Smettete di guardare al Venezuela e volgete gli occhi ai vostri stessi paesi. Corruzione? E’ lo stesso, in casa vostra, non dovete andare tanto lontano.
Mentre noi sbraitiamo contro il Venezuela, nel triangolo nord del Centroamerica si è imposta la copia del Piano Colombia: non c’è bisogno di parlare dei massacri e delle fosse clandestine in Colombia, del numero di assassinii di leader comunitari, di difensori dei diritti umani. C’è un presidente che parla di pace mentre presta il suo territorio perchè truppe statunitensi e colombiane accerchino il Venezuela che ha detto no all’ALCA (il Trattato di Libero Commercio delle Americhe, n.d.t.).
Una volta il Sudamerica sembrava essere un giardino fiorito in una primavera eterna. Guardate un po’, invece: la Colombia ha il Piano Colombia che è una specie di dittatura spontanea, come il Piano dell’Alleanza per la Prosperità, il Piano Messico, il Piano Frontiera Sud, il Piano Maya-Chortì ... e così ogni paese dell’America Latina si accorda su un ‘Piano’ con gli Stati Uniti. Meno Cuba, il Venezuela, la Bolivia, e sa dio se succederà anche in Ecuador.
Era un lusso, guardate, quando il Brasile faceva parte dei BRICS. Era quando l’alba si riempiva di quella dolce rugiada del mattino e, mentre si schiariva, si pensava al’ingresso dell’Argentina.
Mentre noi diciamo di volere un Venezuela libero, in Brasile si porta a termine lo sviluppo della dittatura di Temer: un arretramento dei diritti umani e del lavoro e un attacco sistematico alla comunità LGBT.
In Argentina la gente capì perfettamente che “la patria è l’altro” e non volle condividerla: come impugnando una clava, dissero “tutto mio, niente da condividere”, e i risultati parlano da soli.
In Ecuador la Rivoluzione Cittadina è in pericolo e se il popolo non si sveglia in tempo gli succederà come nel resto del continente e poi piangeranno per la nostalgia dei bei tempi passati.
Nel sud, il Perù e il Cile, nei Caraibi una Repubblica Dominicana e un Portorico che stanno arrivando allo stato di calamità di Haiti. E Haiti ... nessuno si interessa di lei. E’ là sola, con la sua miseria.
Non è il Venezuela che dobbiamo salvare, dobbiamo salvare noi stessi; smettiamo di ficcare il naso in Venezuela e agiamo nei nostri paesi. E’ nei nostri paesi che ci sono le dittature del nuovo modello: quelle che portano avanti le decisioni dei giudici servi del potere del capitale. Quelle che applicano le decisioni della Corte Suprema di Giustizia, la legislazione dei congressisti. Con leggi che favoriscono le oligarchie e le cricche criminali, non certo i popoli.
Quel nuovo modello di dittatura che ci distrae da quanto è vitale per farci andare a caccia di mosche nell’inconsistente.
Come alla scuola elementare, facciamo un esercizio di tempo-spazio. Tempo e spazio, cioè: guardiamoci attorno, dove ci troviamo, riconosciamo dove ci siamo fermati, agiamo sulle cause che in realtà ci appartengono. Lasciamo in pace il Venezuela, là sapranno come gestire il loro tempo e il loro spazio.
Vogliamo liberare un paese? Bene, che sia però il nostro, che sanguina e viene perduto dai suoi peggiori figli. Perchè non è tanto il ‘gringo’ che lo compra, è il figlio che lo vende.
(*) Scrittrice e poetessa guatemalteca. Vive negli Stati Uniti.
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto San Giovanni)