Europa: aspettando la catastrofe?
di Higinio Polo (*); da: elviejotopo.com; 12.2.2018
Sabato 11 novembre 2017 decine di migliaia di fascisti polacchi hanno sfilato per le strade di Varsavia.
Davanti al Palazzo della Cultura e della Scienza – che l’Unione Sovietica regalò alla Polonia socialista – marciavano migliaia di persone con bengala accesi e sotto un denso fumo che avvolgeva le bandiere e nel bagliore del fuoco che bucava la notte; gli ultranazionalisti gridavano “Vogliamo Dio”, chiedendo una Polonia bianca, l’espulsione dei rifugiati fuggiti dalle guerre e la persecuzione dei comunisti: “A colpi di martello, a colpi di falce, finiamola con la feccia rossa”.
Quel discorso xenofobo e razzista ha trovato riparo, e silenzio complice, nella Chiesa cattolica polacca e la comprensione e la tolleranza del PiS (Legge e Giustizia), il partito ultranazionalista che si è trasformato nell’organizzazione politica con maggior influenza tra i giovani polacchi.
Come in altre occasioni, la manifestazione è stata vista con simpatia dal governo polacco, di cui fa parte il PiS, un’organizzazione nazionalista di estrema destra che ha vinto le elezioni nel 2015.
Nella notte triste di Varsavia (la città che resistette al nazismo, quella della rivolta del Ghetto, quella liberata dall’Esercito Rosso), la religione cattolica, la xenofobia, il nazionalismo e l’odio per i comunisti hanno unito, in un inquietante serpente di fuoco, sessantamila polacchi che hanno attraversato la città lanciando un serio avviso a tutto il continente europeo.
La sparizione della sinistra in Polonia (a causa della persecuzione dei comunisti nell’ultimo quarto di secolo e degli errori della sinistra moderata), come in altri paesi del continente, è una delle ragioni che spiegano il rafforzamento del fascismo e dell’estrema destra in quasi tutta l’Europa: il vuoto che la sinistra lascia si riempie con proposte demagogiche, populiste, xenofobe, di estrema destra e, a volte, direttamente fasciste che, oltretutto, non esitano a fare discorsi di una presunta protezione per i lavoratori, come ha fatto il Fronte Nazionale in Francia e lo stesso PiS polacco.
Il culto della “identità nazionale” così
presente, ad esempio, nell’organizzazione giovanile del PiS di Kaczyński, sta al centro delle proposte della nuova destra
estrema, insieme all’euroscetticismo.
Questa marcia di fuoco a Varsavia è stata
l’ultima manifestazione fascista in Europa in ordine di tempo, ma i precedenti sono numerosi e si estendono a tutti i paesi europei. La politica estera delle principali potenze europee, che
appoggiarono il fanatismo religioso (come in Medio Oriente) e qualsiasi manifestazione conservatrice o nazionalista con l’obiettivo di lottare contro il comunismo, sta all’origine di molti dei
problemi di oggi. Margaret Thatcher, aiutando nel 1988 il sindacato polaco anticomunista Solidarność -
come fecero anche Reagan e il Vaticano e come continuarono a fare in seguito i due Bush, Clinton e anche Obama con altre organizzazioni reazionarie - alimentarono il risorgere della
destra estrema e del fascismo: a volte per calcolo politico, in altre occasioni con una delirante irresponsabilità come si è visto nel 2014 con il colpo di Stato in Ucraina, che ha portato un
paese europeo a basarsi su ministri fascisti. Kaczyński fece parte di quel sindacato di destra, Solidarność, appoggiato dagli USA e non è casuale che oggi le organizzazioni giovanili del
suo partito, il PiS, diffondano idee ultranazionaliste e di estrema destra. Anche Janusz Ryszard Korwin-Mikke, quell’eurodeputato che condidera inferiori le donne e che è tanto comprensivo
con Hitler, ha fatto parte di Solidarność. E gli esempi sono numerosi.
Così il paesaggio europeo è macchiato dai seguaci delle camicie brune che hanno fatto un opportuno aggiornamento, e da una nuova destra estrema che è riuscita a connettersi con importanti gruppi di popolazione.
Dal Fronte Nazionale francese passando per la Lega Nord italiana, al Vlaams Belang belga, al Partij voor de Vrijheid olandese (di Geert Wilders, che si è trasformato nel secondo partito più votato alle elezioni del marzo 2017), al FPO austriaco, alla AfD tedesca, al UKIP britannico, ai Perussuomalaisiet (Autentici finlandesi, che fanno parte del governo di Juha Sipila), al Dansk Folkeparti di Danimarca (Partito Popolare, che appoggia il governo del liberale Venstre di Lars Løkke Rasmussen), al Sverigedemokraterna, SD (Democratici di Svezia, che ha ottenuto il 13% dei voti nelle elezioni del settembre 2014), così come il partito al governo ungherese Fidesz di Viktor Orban (anche se formalmente appartiene al Partito Popolare Europeo) e al sempre ungherese Jobbik (che ha ottenuto il 2º% dei voti nelle ultime elezioni) o il PiS polacco Jarosław Kaczyński y Beata Szydło (che fa gruppo con il Partito Conservatore britannico), tutti questi configurano un minaccioso blocco politico, che si aggiunge al fascismo ucraino e ai movimenti di ultra destra degli USA; anche in Brasile riappare l’estema destra, sempre sputando abominio contro il comunismo.
Nel Parlamento
europeo l’ultra-destra forma un gruppo (Europa delle nazioni e delle libertà) che conta su 37 deputati (del FN francese, FPÖ, Vlaams Belang ,
AfD, Lega Nord, Partij voor de Vrijheid olandese, KNP polacco, un conservatore rumeno ed un membro dell’UKIP britannico).
Nel dicembre 2016 Norbert Hofer, candiato del FPO austriaco (Partito della Libertà, di estrema destra), ottenne quasi il 50 per cento dei voti alle elezioni presidenziali. Non fu una sorpresa: da quasi 20 anni Jorg Haider era già riuscito a fare del FPO il secondo partito più votato del paese.
Per non parlare, al di fuori dell’Unione
Europea, della UDC svizzera, di estrema destra xenofoba, prino partito del paese che ottenne il 30% dei voti nelle elezioni federali del 2015 e che fa parte del governo; e dell’arrivo
dell’estrema destra al potere in Ucraina dopo il colpo di Stato del 2014, con ministri neonazisti, e dell’inquietante rafforzamento del partito di Erdogan in Turchia. I fascisti hanno meno
influenza in Spagna e Portogallo, dove l’estrema destra continua ad essere marginale.
In Germania, a partire dal 2014, il movimento
PEGIDA (Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente) ha unito la xenofobia e l’islamofobia, per dare seguito poi alla Alternativa per la Germania, AfD, che nelle elezioni del settembre 2017 ha ottenuto quasi 6 milioni di voti, 94 seggi al Bundestag e quasi il 13% dei voti,
trasformando l’estrema destra nella terza forza della Germania: se confrontiamo questi risultati con i 9 milioni e mezzo della SPD o i 15 milioni della CDU di Merkel, ne vediamo la
rilevanza.
Nelle elezioni presidenziali francesi del maggio
2017, la forza della destra estrema è stata tale che la destra ed una parte della sinistra chiamarono, nel secondo turno, a votare per Macron, un neoliberista; nonostante questo Le Pen raccolse
il 34% dei voti.
Un tratto del rafforzamento dell’estrema destra è che è passata dalla marginalità all’avere un importante radicamento locale, come mostra il Fronte Nazionale in Francia, capace persino di organizzare manifestazioni in occasione del 1° Maggio per lanciare le sue proposte ai lavoratori, ed avere grande influenza tra i giovani, al punto che circa il 35 per cento dei francesi tra i 18 e i 24 anni di solito lo vota.
Insieme a questo sono stati capaci di utilizzare
qualsiasi tipo di insoddisfazione sociale per darvi una spiegazione ed una soluzione reazionaria, xenofoba, nazionalista che affonda le sue radici nella ricerca di un passato idealizzato di una
nazione che non è mai esistita, senza per questo rinunciare a presentarsi come una forza sensata, capace persino di governare, come ha fatto Marine Le Pen. Allo stesso tempo, questo viaggio nella
moderazione e nel centro politico, con l’obiettivo di conquistare spazi di potere, convive con proposte aggressive come quelle lanciate dal Dansk
Folkeparti danese perchè il parlamento approvi la confisca dei beni dei rifugiati arrivati nel paese per compensare così le spese sostenute dalla Danimarca.
I fattori che riuniscono la nuova estrema destra
sono il nazionalismo e la xenofobia, ma anche il rifiuto dell’Unione Europea, intesa come un ente estraneo alla nazione su cui si basa il suo discorso,
un’Unione trasformata in un organismo dissolvente, incapace di bloccare gli immigranti percepiti come un pericolo; insieme a questo una nuova forma di azione politica, che alcuni hanno definito
‘populismo’ (nonostante l’equivoca concretezza del termine e la sua applicazione a formazioni di sinistra moderata che sono sorte negli ultimi anni) e che non ha paura di utilizzare alcune delle
richieste tradizionali della sinistra socialista e comunista, che ricorre alla denuncia della corruzione e al definire se stessa demagogicamente “difensore dei lavoratori”: non contesta il
capitalismo ma combatte l’euro e le istituzioni europee trasformate dal neoliberismo in una ‘galera’ per il ‘risorgimento nazionale’. Questa nuova estrema destra non ha problemi, persino, a
ricorrere ad un certo linguaggio “antisistema”.
Ma i suoi attacchi alla globalizzazione, alle vecchie élites politiche (conservatrici o socialdemocratiche), i suoi proclami contro la corruzione di governi, istituzioni e partiti, vanno di pari passo con i suoi attacchi alla sinistra, senza dimenticare quello contro l’aborto, la sua difesa della famiglia tradizionale e la sua omofobia, il suo viscerale rifiuto verso i sindacati e la sua militanza verso la religione, che convivono con la sua affermazione del ruolo secondario delle donne (nonostante che lo siano alcune delle dirigenti come Marine Le Pen o Frauke Petry!), il cui caso paradigmatico incontriamo, ancora una volta, in Polonia dove un personaggio come l’eurodeputato Janusz Ryszard Korwin-Mikke, del KORWIN, è arrivato a difendere la cancellazione del diritto di voto alle donne perchè, secondo lui, “hanno meno intelligenza e meno formazione politica degli uomini”.
Rafforzata anche dalla vittoria di Trump negli USA (che ha mostrato al mondo, senza alcuna vergogna, il suo pessimo concetto della donna), l’estrema destra europea attacca la globalizzazione, come fa la sinistra, anche se partendo da presupposti completamente diversi. La sua influenza, oltretutto, va al di là dei suoi risultati elettorali perchè spesso questo fascismo rinnovato è capace di imporre alcune delle sue proposte ai partiti conservatori, e anche di contaminare il linguaggio della socialdemocrazia.
In Gran Bretagna, Francia o Austria, l’estrema destra è stata capace di indirizzare i governi sulle leggi migratorie. In altri paesi è andata più lontano: in Bulgaria l’ultra-destra ha organizzato gruppi di teppisti per catturare i rifugiati che arrivano nel paese, fenomeno apparso anche in Finlandia e Svezia, accompagnato da proclami nazisti come quelli di Martin Strid, dirigente del Sverigedemokraterna svedese (di estrema destra, che conta su 49 deputati al parlamento) che recentemente è arrivato a dichiarare che i musulmani “non sono completamente umani”.
L’arrivo dei rifugiati, soprattutto dal Medio Oriente a causa delle guerre imposte dagli USA a quella regione, ha rafforzato l’estrema destra: in Olanda Geert Wilders, ad esempio, basa la sua azione quasi esclusivamente nell’attizzare la paura degli immigranti, soprattutto di quelli di religione musulmana, legando la loro presenza alla criminalità, come lo ha fatto anche Nigel Farange dell’UKIP britannico.
Senza dubbio la presenza di immigranti in Europa è stata utilizzata come lievito per la crescita della nuova destra estrema, ma ci sono altre cause: dall’insoddisfazione per la realtà dell’Unione Europea alla durezza della crisi e all’aumento della disoccupazione per i lavoratori, una parte dei quali ha creduto di vedere in questi partiti di ultra-destra uno strumento per opporsi all’immigrazione, percepita ingiustamente come in competizione sul mercato del lavoro e come ricevente di risorse negate ai lavoratori autoctoni.
E, anche per l’impatto emozionale degli
attentati terroristici che sono succesi negli ultimi anni a Parigi, Tolosa, Nizza, Madrid, Barcellona, Londra, Manchester, Berlino, Stoccolma, Oslo o Bruxelles, il nuovo fascismo lega, in
un’interessata e assurda mescolanza, i musulmani, i rifugiati e l’immigrazione, nascondendo la complicità europea nelle guerre imperiali nordamericane, nell’incendio del Medio Oriente e del nord
Africa, e le loro conseguenze.
Insieme alla difesa della “identità nazionale” che si è radicata più fortemenete in alcuni paesi rispetto ad altri, ma che mette in guardia su un presunto arreramento europeo (francese o ungherese, danese o polacco) a fronte di una “invasione” ben lontana dall’essere reale, la presenza di stranieri, di musulmani, magrebini, turchi ecc. viene utilizzata come prova (che, pur essendo falsa e anti-storica, non è meno minacciosa per coloro che danno credito alla destra estrema) che la presunta nazione omogenea corre un pericolo e che la sua difesa può essere messa solo nelle mani dei patrioti dell’estrema destra: la nazione si avvolge nella sua bandiera e i suoi devoti si proclamano “autentici” francesi, tedeschi o finlandesi.
Così l’articolazione di un discorso xenofobo,
razzista, contrario all’Unione Europea e alla globalizzazione, con elementi populistici, si è trasformato in un agglutinante dell’insicurezza, dello sfruttamento e della paura con cui il nuovo
capitalismo ha catturato molti giovani e lavoratori poveri, e il rifiuto degli immigranti si è “normalizzato”: sono quasi sparite le notizie stampa su aggressioni ad immigrati o musulmani
nonostante siano notevolmente aumentate in Polonia, Germania, Francia e altri paesi.
Intanto la crisi dei rifugiati ha portato allo scontro e alla divisione delle istituzioni europee, lasciando la gestione del dramma umano dei barconi nel Mediterraneo ai governi più colpiti, come Italia e Grecia, senza che sia stata elaborata una politica dell’Unione per farvi fronte. I rifugiati, trasformati in oggetto di agitazione per l’estrema destra, sono moneta per rimproveri tra i governi europei che oscillano tra il rifiuto di accettare rifugiati come Polonia, Ungheria, Romania, Repubblica ceca o Slovacchia, e la passività di paesi che, come la Spagna, anche se accettano la loro quota, non rispettano i loro impegni.
La denuncia di Ungheria e Slovacchia al
Tribunale di Giustizia dell’Unione Europea è finita con l’avallo al programma di distribuzione di 120.000 rifugiati che, tuttavia, non garantisce il suo compimento: la Repubblica Ceca ha già
annunciato che preferisce perdere i fondi europei che le spettano piuttosto che ammettere dei rifugiati; la Polonia ha detto che non li accettrà in alcun caso e sia il governo ungherese che
quello slovacco – che hanno definito vergognosa la decisione del Tribunale europeo – hanno annunciato che anch’essi non la rispetteranno. La Spagna ha accolto solo un quarto dei rifugiati che le
“spettano”.
Al pericoloso attacco dell’estrema destra
all’idea di un’Europa federale si unisce la persistenza della crisi economica che ha impoverito, soprattutto, il sud del continente, e che è stata combattuta con riduzione dei salari e
precarizzazione del lavoro in molti paesi europei, mentre sono state abbassate le tasse per le imprese, decisione difesa dai governi con l’argomento illusorio che questa misura servirà per
ottenere nuovi investimenti e per creare posti di lavoro ... che, quando sono stati creati, lo sono stati con bassi salari che stanno creando eserciti di lavoratori schiavi della povertà. Questa
politica imposta dai governi conservatori e socialdemocratici è stata appoggiata e ispirata dall’Unione Europea e ha portato come conseguenza una crescente ostilità verso l’unione
politica.
Il rischio della frammentazione dell’Europa,
cominciata con il Brexit, o anche la frammentazione di alcuni dei più grandi paesi del continente per le proprie crisi nazionali, convive con l’impoverimento del sud (in Grecia, Italia, Spagna,
Portogallo, e anche in Francia) e contrasta con il rafforzamento della Germania, di cui sta approfittando l’estrema destra (e che ha conquistato anche una parte della sinistra) per rifiutare
l’Unione. Perchè l’evidenza che la politica dell’Unione Europea, la gestione dell’euro e il mercato unico ha favorito la Germania e l’Europa del nord (Olanda, Austria) a danno del sud è un
potente argomento che mina i fondamenti dell’attuale Unione, rafforza i nazionalismi e l’estrema destra, e crea rotture e disaccordi nella sinistra, in cui alcune forze (al di là dell’evidenza
del grave deficit di democrazia nell’Unione Europea, che si può combattere e superare) propugnano la loro visione di una Unione Europea, del mercato e della moneta unica.
La confusa Europa, incapace di preparare un
nuovo progetto collettivo, guarda alla Germania o alla Francia mentre si congeda dalla Gran Bretagna. Macron, il presidente francese, ha presentato un piano di riforma dell’Unione Europea, di 6
anni, che dovrebbe terminare nel 2024 con una nuova struttura politica, federale. Ma la Francia è stanca di battaglie, e la Germania non è nel suo momento migliore, così che la proposta di Macron
può finire come quella di Sarkozy che, nel momento più difficile della cisi economica dopo la crisi delle ipoteche sub-prime in USA nel 2007, propose la “riforma del capitalismo”, proposta di
facciata presentata da un presidente avventurista e corrotto, capace di ricevere milioni di euro da Gheddafi e di organizzare poi il suo rovesciamento, il suo assassinio feroce e di portare la
guerra e il caos in Libia.
Il fronte democratico che si oppose al fascismo e al nazismo al loro arrivo al potere nell’Europa degli anni ’30 era articolato principalmente dai partiti comunisti, e la sconfitta del fascismo nella 2° Guerra Mondiale venne dalle mani dell’Unione Sovietica, le cui bandiere rosse schiacciarono i nazisti a Berlino.
Non si devono fare facili analogie tra la situazione attuale e gli anni dell’ascesa del fascismo, ma conviene sottolineare un elemento di differenza: oggi la lotta e l’opposizione al nuovo fascismo e alla destra estrema soffre dell’attuale fragilità dell’antifascismo che costruì l’Europa del dopoguerra e della debolezza delle forze democratiche di sinistra. Alla deriva della socialdemocrazia, prigioniera del discorso neoliberista, si unisce la debolezza dei partiti comunisti (frutto della sparizione dell’Unione Sovietica e del blocco socialista europeo, ma anche dei propri errori e del livore con cui le loro proposte sono ignorate e perseguitate dai laboratori ideologici del capitalismo). Così non sorprende la normalizzazione di molte delle idee e proposte dell’estrema destra e del nuovo fascismo, condivise oggi da partiti conservatori e liberisti che obbediscono ad un calcolo politico ed elettorale che contribuisce a mettere al margine le proposte progressiste e di sinistra, che hanno sempre più difficiotà a far giungere il loro discorso alla popolazione.
Fermare il nuovo fascismo è imprescindibile per intraprendere poi la demolizione, l’assolutamente necessario smantellamento di un sistema capitalista che porta il pianeta alla distruzione e che mantiene ipnotizzati i pazienti spettatori della modernità, paralizzati in attesa dell’ecatombe.
Una letale combinazione di nazionalismo,
xenofobia, precarietà, crisi e paura del futuro minaccia l’Unione Europea, prigioniera di un deficit di democrazia che l’ha trasformata in uno strumento delle grandi società e delle borghesie del
nord e centro Europa, una Europa ostaggio di istituzioni incapaci di articolare un futuro effettivo per le diverse comunità nazionali e di una Commissione dipendente dai governi più potenti, in
particolare della Germania; un’Europa allarmata per l’arrivo dei rifugiati che fuggono dalle guerre imperiali nordamericane di cui essa è stata complice; legata al vassallaggio del potere
nucleare di Washington che continua ad ammassare bombe atomiche sul territorio dei suoi alleati europei; un’Europa incapace di parlare al mondo come
una potenza, sul piano di eguaglianza con Cina, USA e Russia, spaventata dal rafforzamento dell’estrema destra e dagli inquietanti rigurgiti fascisti; allarmata dal veleno del nazionalismo che ha
sempre insanguinato il continente e che si impadronisce, in questi anni, delle strade; quell’Unione che, guardando il risplendere dei fuochi fascisti di Varsavia, sembra stia aspettando la
catastrofe.
(*) Scrittore, giornalista e ricercatore spagnolo, specializzato in storia dell’Europa dell’Est
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto San Giovanni)