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Non visitate più i vecchi campi di Auschwitz o di Treblinka: è meglio visitare Gaza!
Di Daniel Vanhove (*)
Il governo della colonia terroristica israeliana sta accusando i responsabili politici della Polonia di voler negare la responsabilità polacca nel genocidio degli ebrei durante la 2° Guerra Mondiale.
In effetti lo scorso 6 febbraio il presidente polacco Andrzej Duda ha firmato una legge che
condanna fino a 3 anni di prigione, compresi gli stranieri, chi fa uso dell’espressione “campi di sterminio polacchi” riferendosi a quelli che i
nazisti tedeschi avevano costruito nel paese.
A fine gennaio, con le violente parole che siamo abituati a sentire, il primo ministro Netanyahu ha dichiarato
che Israele “non tollererà che si deformi la verità e si riscriva la storia, né che si neghi l’Olocausto” (definizione erronea visto che la parola
“olocausto” viene dal greco e significa il sacrificio, mediante il fuoco, di un animale che si offre intero a Dio invece che offrirgli solo una parte e
mangiarsi il resto. Sarebbe quasi lo stesso dell’immolazione. Dove è avvenuto tale sacrificio, un’immolazione degli ebrei davanti a Dio nel genocidio di cui furono oggetto per i nazi dell’epoca?
E’ una terminologia inappropriata, e quando la si sottolinea con una maiuscola è ancora più inappropriata). Una dichiarazione – quella di Netanyahu, che ha contato sull’immediato appoggio dello
Stato terrorista principale: gli Stati Uniti.
Riassumendo, sempre in agguato rispetto alla più piccola parola male intesa rispetto alla sua versione ufficiale del passato, molte organizzazioni ebree internazionali si sono aggiunte alle posizioni del primo ministro israeliano, vedendo nella manovra del governo polacco un tentativo di negare la partecipazione di determinati cittadini polacchi nei crimini nazisti. Ma, per il governo polacco, l’espressione “campi di sterminio polacchi” dava l’impressione erronea che fosse stata la Polonia a prendere l’iniziativa nei crimini commessi dai nazisti tedeschi quando il paese fu occupato ed i cittadini dell’epoca furono obbligati e forzati a piegarsi davanti alle decisioni nazista pena l’esecuzione immediata.
Ci continua a sorprendere vedere la velocità con cui i partigiani dell’ideologia sionista balzano in piedi per denunciare in altri quello che loro stessi praticano (riscrivere la storia sulla base della Toràh, la vecchia letteratura giudaica) con uno zelo tanto criminale quanto quello dei nazisti dell’epoca.
E, invece di piombare su questa sterile polemica relativa al passato, invece di fare tanta informazione sulle
condizioni di sopravvivenza in quei campi di concentrazione nazisti ora deserti, sarebbe più appropriato che coloro ai quali interessa il tema andassero in un campo di sterminio in pieno apogeo
come è quello di Gaza, dove i criminali israeliani si impegnano a fondo per moltiplicare gli abusi di ogni tipo e a sterminare lentamente, ma con totale sicurezza, una popolazione che agonizza
dopo dieci anni di blocco.
Senza dubbio irritati nel vedere che questa maledetta popolazione palestinese resiste - bene o male - alla propria vita ingabbiata, ai regolari bombardamenti e alle innumerevoli privazioni, la colonia terroristica israeliana ha indurito ancor più, in queste ultime settimane, le condizioni di sopravvivenza di quei due milioni di persone, privandole assolutamente di tutto, facendo sì che i centri di salute e gli ospedali si siano visti obbligati a chiudere, compresi i servizi di urgenza, per mancanza di carburante per alimentare i loro generatori elettrici. I pazienti agonizzano senza poter ricevere alcun soccorso. E tutto questo nel silenzio e nell’indifferenza generale, perché tutto il mondo conosce questa situazione.
Dopo questo, come stupirsi che sempre più cittadini di tutto il mondo non credano più in quella giustizia tanto sbandierata dai nostri “Stati di Diritto” che si proclamano esemplari, e che rifiutino le arene politiche?
Così, è meglio che non perdano il loro tempo sugli scenari sgangherati – anche se curati – dei vecchi campi nazisti. E’ meglio che visitino Gaza dal “vivo”.
Al momento delle foto e dei selfies, potranno vedere e toccare una realtà negata dai responsabili israeliani e inviare le loro istantanee attraverso i loro cellulari con uno “smiley”: “Io ero lì!”.
Si godranno le cene ogni sera alla luce delle candele perché praticamente non c’è elettricità. E per apprezzare tutto il loro sapore, arrostiranno i loro hamburgers su un braciere. Rimarranno incantati da quelle spiagge dove sboccano le acque nere non trattate delle colonie. Potranno percorrere la Striscia su un carretto perché non c’è più benzina per le auto. Potranno anche restare lì (forse) per assistere in prima fila ad alcuni dei grandi fuochi artificiali che l’esercito israeliano organizza regolarmente, sia di giorno che di notte. E, ciliegina sulla torta, forse saranno obbligati a prolungare il loro soggiorno prima di tornare al lavoro perché gli ordini dell’esercito impediranno loro di abbandonare l’enclave per un tempo indefinito. Vero che è più eccitante?! Sempre a patto che non si ammalino, evidentemente, perché i centri di salute hanno dovuto chiudere, uno dopo l’altro.
Però, via…. avranno ricordi unici, oltre che reali!
Hmmm, non fatemi dire quello che non ho detto, eh?! Non dico che Auschwitz = Gaza… ma sarà necessario aspettare che Gaza = Auschwitz per dire che è il momento di agire e di esigere che cessi immediatamente questa odiosa guerra coloniale propiziata da quell’abbietta ideologia sionista?
(*) Scrittore e osservatore civile francese, autore di due libri sulla Palestina;
da: mondializationdialisation.ca;
12.2.2018
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)