Karl Marx, vecchio filosofo del domani, compie 200 anni
di Chris Gilbert (*)
Si spengono le luci e il proiettore comincia a girare. Sullo schermo sfarfallante vediamo il giovane protagonista che scopre un vecchio anello, o una spada lucente, che cambierà il suo destino. L’oggetto, nonostante sia molto vecchio, dà poteri speciali a chi lo raccoglie, dandogli accesso alla conoscenza accumulata da molte generazioni e aprendogli la strada, con i suoi poteri speciali, al futuro ...Senza molte correzioni a questo copione di fantasia, così concepiamo il ruolo del pensiero di Marx nel nostro presente.
Non è casuale che in queste opere di fantasia il mondo degli adulti sia di solito segnato da una meschinità ed una vacuità che lo trasformano nel fedele riflesso del nostro. Nonostante
fin dall’inizio il giovane protagonista intuisca che non appartiene ad un ambito così grigio e monotono, è l’incontro con il “vecchio” – con la generazione dei nonni, dei bis o dei trisnonni –
quello che afferma la sua appartenenza ad un mondo superiore che lo chiama a lottare senza tregua per la sua realizzazione.
Va detto che se avessimo la capacità di assumere la vita reale con lo stesso impegno emozionale che applichiamo alle fantasie di Hollywood, ci renderemmo conto che questo mondo superiore è il socialismo e che la critica marxista della società attuale, insieme alla lotta degli oppressi, è ciò che apre la strada al suo emergere. Ma oggi il pensiero di Marx è come un anello magico e potente gettato nel fango al bordo della strada. Ben pochi si fermano a raccoglierlo, ma il gioiello non ha perso la sua brillantezza nonostante l’abbandono generalizzato che patisce.
La sua persistente brillantezza è empiricamente comprovabile, visto che il pensiero di Marx ha dimostrato la sua validità in tante occasioni, smentendo così i suoi detrattori che – quasi ogni decennio da quando sorse il marxismo – si sono dati al vuoto rito di annunciare la sua morte.
Ricordiamo, ad esempio, la tesi che afferma che l’importanza del marxismo, dato che si è sviluppato nel secolo diciannovesimo, sarebbe svanita con il progresso del mondo, con l’emergere di una nuova classe media, con la prosperità generalizzata o con l’invenzione dei controlli macroeconomici keynesiani ... Non è successo così! Tutti questi sviluppi, e tanti altri che avrebbero fatto avvizzire il marxismo, sono avvizziti con il tempo. Invece il pensiero di Marx si è mantenuto florido e vigoroso.
Così, rileggere le pagine brillanti e quasi magiche di Marx, nonostante siano state scritte più di un secolo fa, continua a produrre realizioni elettrizzanti e inpreviste nei lettori più diversi. Potremmo dire che la freschezza e la vitalità delle sue parole si condensano nell’impostazione marxista sul fatto che viviamo nella preistoria dell’umanità, mentre la vera storia deve ancora cominciare. Questa storia che deve cominciare, secondo il vecchio filosofo del domani, si svilupperà in un mondo di produttori dove “il libero sviluppo di ognuno sarà la condizione del libero sviluppo di tutti”. Questa è una formula che dobbiamo impugnare come un Excalibur contro le mete meschine degli economisti e dei politici di oggi che sono proprio i nuovi filosofi del passato.
Tempi folli
Sia nelle opere di fantasia che nel discorso di Marx si afferma che il mondo è fuori di senno, segnato dall’usurpazione e da una profonda rottura dell’ordine giusto. Su questo sia Marx che la fantasia hanno più ragione che tutti i discorsi che cercano di addolcire o presentare come naturale il nostro presente capistalista.
Marx scrisse che nel capitalismo “tutto quanto è solido svanisce nell’aria”. Non è così?
Nel secolo ventunesimo l’economia mondiale si è rarefatta, è diventata esotica, eterea e persino spettrale. Basta visitare un portale finanziario per verificare questo fatto. Là i sacerdoti dell’economia irreale puntano a numeri irrazionali e a grafici contorti mentre parlano di prodotti e derivati che fanno sì che una facciata barocca sembri un esercizio di moderazione. Di fronte a questo mondo rarefatto e surrealista, le idee di Marx si rivelano robuste e umane, con i piedi fermamente piantati sulla terra.
In questo senso, e nonostante ciò che si dice, non vi è nulla di più umano e robusto che la scommessa marxista su una società descritta, alla fine del primo volume de “Il Capitale” come la negazione della negazione.
A questa riflessione è seguita una ingente quantità di critiche sul suo presunto carattere hegeliano e metafisico. Ma la tesi non è in assoluto metafisica quando si considera che il mondo in cui viviamo è così chiaramente terribile – “negativo” – per le grandi masse. Basta solo vedere come vive la maggior parte dell’umanità – soprattutto i bambini e le donne – nei paesi della periferia.
E’ questa la faccia principale, la faccia più comune e diffusa del capitalismo: un inferno terreno nel quale affogano i pochi bagliori positivi del sistema. Stando così le cose, bisogna negare il sistema, bisogna superarlo! Questo è, alla fine, “la negazione della negazione” di cui scrive Marx e che non ha neanche un briciolo di misticismo.
Lo stesso si può dire del progetto marxista della critica spietata di tutto l’esistente.
Astratto? Stravagante? Esagerato? In realtà questo progetto è molto meno stravagante del suo contrario. La proposta marxista consiste essenzialmente nel dimostrare che le categorie che reggono la società attuale (una società che è ovviamente insostenibile per un altro secolo) sono prodotti storici, e quindi superabili. Questa proposta pratica e teorica, che supera il volgare progetto di umanizzare o riformare l’esistente, continua ad essere oggi l’unica base solida di una proposta civilizzatrice. Invece, la proposta più “normale” di preservare la società con le forme e le relazioni attuali ci porta ad un cammino di infinite deviazioni e mistificazioni.
Questo mondo fuori di senno è registrato nel discorso marxista come una realtà dominata dai feticci del capitalismo: la merce, il denaro e il capitale. A fronte di questa stranezza, che
è inseparabile dalla modernità nella sua incarnazione capitalistica, Marx propose di spazzar via la nebbia e l’incantesimo del capitalismo, proponendo la necessità di restituire all’essere umano
– soppiantato dal pseudo-soggetto che è il capitale, il vero mostro di Frankenstein dei nostri tempi – il centro della società e il comando della produzione. Solo così l’essere umano può
recuperare la sua capacità di scegliere nel momento in cui affronta dilemmi improrogabili sull’ambiente, lo sviluppo sostenibile e la pace.
Le forze oscure che attaccano la vita
Non c’è discorso potente (né un dispositivo magico!) che non possa cadere nelle mani dell’avversario, e la grandezza dell’evento marxista si può misurare dalla diffusione delle sue idee e dei suoi metodi nel campo nemico.
In effetti, certi elementi della visione marxista sono entrati tanto in profondità che a volte sembrerebbe che la destra sia chi meglio ha capito Marx nel nostro tempo. La destra ha interiorizzato, per esempio, il fatto che l’economia è la colonna vertebrale della società. Parola più parola meno, questa fu la lezione che Marx diede al suo amico Kugelmann, sottolineando che qualsiasi formazione sociale che non assicuri la sua riproduzione si estinguerà nel giro di mesi, e oggi questo è assiomatico per tutti i think tanks del sistema.
Stando così le cose i governi di destra, ora più “materialisti” di quelli di sinistra, cercano di controllare le redini dell’economia attraverso il FMI, la Banca Mondiale, la Banca Interamericana di Sviluppo, ecc.
Si organizzano anche per asfissiare i progetti alternativi attraverso attacchi economici, embarghi e sanzioni. L’economia, per loro, è la cosa primordiale. Il resto, pensano, sono chiacchiere di corridoio...
Si basano anche sul concetto marxista dello Stato, come dimostrava quel funzionario yankee che prendeva in giro Salvador Allende nel documentario di Patricio Guzmàn per non aver capito gli insegnamenti di Lenin e aver immaginato che “la borghesia si sarebbe suicidata senza fiatare”.
La natura della lotta contro questo tipo di nemico, come quella della lotta nelle opere di fantasia, è epica e radicalmente diversa dalle meschine contese e guerre che conosciamo. Così che, nonostante Marx – come lui stesso sottolineava – non avrebbe descritto i capitalisti “color di rosa”, egli rifiutava anche di responsabilizzare l’individuo di “alcune relazioni delle quali è socialmente un prodotto”. Il suo metodo – parallelo a quello di Balzac che tanto ammirava – era dimostrare che gli attori capitalisti sono personificazioni di categorie economiche. Quanto è necessario riprendere questo lavoro anti-egemonico oggi, quando si celebrano sfrenatamente e senza criterio i personaggi del jet set imprenditoriale che si sono elevati crudelmente sulla sofferenza di milioni di persone!
Il nemico in questa battaglia epica non è meramente un altro individuo o gruppo umano - veramente è appena umano, è più che altro la negazione dell’umanità. Come gli zombies dei film,
il nemico consiste in una mostruosità moderna di confezione capitalista, e non è accidentale che la vita e l’opera di Marx si sviluppassero in parallelo con il sorgere dei vampiri nella
letteratura, forma narrativa con la quale Marx condivise molto del suo contenuto e tutta la sua passione. The Vampyre di John William Polidori, la
prima opera del genere, venne scritta nel 1819 quando Marx aveva solo un anno. Molti anni dopo, il secolo di Marx finì con la pubblicazione del Dracula
di Bram Stoker. E’ significativo e fa pensare il fatto che dalla fantasia sui vampiri e dalla scienza marxista venne affrontato lo stesso problema: il dissanguamento del mondo da parte di una
forza misteriosa, pericolosa e aliena all’essere umano ...
Non c’è finale felice senza felice inizio
Quanto tempo durerà questo dissanguamento capitalista, questo parassitismo del capitale (lavoro morto) sull’essere umano (forza viva)? Marx affermò che nessuna forma sociale sparisce prima che si liberino tutte le forze produttive che ci sono al suo interno. La nostra realtà, per la sua condizione critica ed estrema, rende molto semplice decifrare questa frase epigrammatica, perchè oggi la forza produttiva fondamentale, l’umanità stessa, non entra davvero in un mondo capitalisa. Tragicamente la “forza produttiva scatenata” che è l’umanità non è adatta a questo mondo di relazioni capitaliste perchè non può darci da mangiare, garantire l’ossigeno che respiriamo o l’acqua che beviamo.
Nonostante il modo di produzione capitalista si sia esaurito - in base a questo criterio da tempo, confermando così la sentenza di Marx - questo non è sufficiente. Come è il caso di ogni sentenza, qualcuno deve portarla a termine, e anche su questo Marx ci ha lasciato alcune piste.
Nel questionario che gli diede sua figlia, Marx affermava che la sua virtù favorita era la forza, che la sua idea di felicità era la lotta e che i suoi eroi erano Spartaco (ribelle organizzatore) e Keplero (la scienza e il coraggio). Ma l’eroismo di Marx non era quello dell’individuo ma quello del quotidiano e del collettivo e il suo compito non era semplicemente rovesciare un avversario ma sradicare tutto un sistema.
La lotta del proletariato, o di coloro che sono ignorati dal sistema capitalisa, è una lotta a morte ma anche contro la morte. Il penultimo capitolo de “Il Capitale” mostra, ad esempio contrapposto, cos’è il socialismo. Posto che l’essenza del capitalismo è separare l’operaio dalle sue condizioni di lavoro e di vita, una separazione che arriva, con le parole di Marx, “grondando sangue e fango”, nel socialismo i lavoratori saranno ri-associati, con il pieno uso delle loro facoltà razionali e creative, con queste stesse condizioni di vita.
Finirà così la storia? No, quello che Marx ci insegna, come abbiamo già sottolineato, è che con questo piccolo passo la storia umana comincia. Accendiamo le luci, scendiamo in piazza ora con forza e decisione, per lanciarci verso una realtà re-incantata.
(*) Professore di Studi Politici dell’Università Bolivariana del Venezuela; da: lahaine.org; 8.5.2018
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto San Giovanni)