Brasile, l’età delle tenebre
di Jorge Montero (*)
“Signori, non siate tanto contenti della sconfitta (di Hitler). Perché anche se il mondo si è levato e ha fermato il bastardo, la puttana che l’ha partorito è ancora viva”
Bertold Brecht
Jair “Messias” Bolsonaro è presidente del Brasile dopo essere riuscito, domenica scorsa, ad ottenere 57 milioni di voti. Anche se era prevedibile, il suo trionfo nella seconda tornata delle elezioni del paese più influente della regione non è meno allarmante. Il fascismo è arrivato per mezzo delle urne, e viene per restare. Un segnale di allerta continentale.
“Non volevamo continuare a flirtare con il comunismo e il socialismo, e con l’estremismo di sinistra” ha detto Bolsonaro appena il Tribunale Supremo Elettorale ha confermato che era stato eletto presidente del Brasile. Immediatamente ha ricevuto i saluti entusiasti del presidente argentino Mauricio Macri, il primo governante a festeggiare il trionfo del grottesco fascista: “Felicitazioni a Jair Bolsonaro per il trionfo in Brasile! Desidero che presto lavoriamo insieme per la relazione tra i nostri paesi e per il benessere di argentini e brasiliani”.
Quella del Brasile non è semplicemente un’altra crisi politica. Per l’ampiezza della degradazione politica espressa dall'ingresso di Jair Bolsonaro nel Palacio do Planalto; per il peso specifico del Brasile nella regione; per il fatto di essere il primo paese che, dopo l’ondata delle dittature che devastò l’emisfero, ricompose un sistema di partiti nuovi – il Partito dei Lavoratori (PT) e il Partito della Socialdemocrazia Brasiliana (PSDB) affiancati a distanza da quelli tradizionali - ora demoliti; per la destabilizzazione provocata con il giudizio politico e la destituzione di Dilma Rousseff, la successiva incarcerazione di Lula da Silva, per finire con elezioni presidenziali manipolate; dà il via ad un periodo di destabilizzazione cronica, la cui espansione colpisce tutta l’America Latina e si fa sentire anche nel processo di costituzione dei blocchi protagonisti del nuovo mondo multipolare.
E’ nota la frase su cui l’ex segretario di Stato statunitense Henry Kissinger fondava la sua linea di azione verso l’alleanza con il gigante del sud: “Dove andrà il Brasile, andrà l’America Latina”. Bene: il Brasile va verso il fascismo e l’instabilità permanente.
Il trionfo di Bolsonaro mostra che la crisi economica mondiale del 2008, con centro nelle metropoli imperialiste, e i suoi violenti effetti sociali non sono stati risolti. Soprattutto dimostra che le classi dominanti mancano degli strumenti tradizionali per controllare il potere (partiti politici, sindacati, grande stampa, la chiesa), che non gestiscono – come per quasi 200 anni hanno fatto – il corso del paese e non hanno strumenti per condurre stabilmente le grandi maggioranze.
Tutte queste istituzioni sono state rifiutate dalle masse e non torneranno ad essere quello che erano.
La prospettiva fascista è quindi, per il capitale, fino ad un certo punto inevitabile. Da Trump a Netanyahu, da Rodrigo Duterte (presidente delle Filippine,n.d.t.) a Recep Erdogan, da Vladimir Putin a Viktor Orbàn … E la sua onda espansiva lancia le borghesie della regione in un mare in tempesta, senza bussola né timoniere. Un futuro già presente.
Il sistema politico brasiliano viene da anni di crescente ignominia. Si sono equivocati fino all'estremo le nozioni di Partiti, divisione dei poteri, funzione legislativa, potere giudiziario … Quelli che in questi giorni cantano le lodi dei giudici per la loro funzione punitivo, o non conoscevano la realtà o hanno semplicemente riversato il loro odio contro il Partito dei Lavoratori, per loro un intruso nell’istituzionalità capitalista.
Questa degradazione sistematica – non c’è nulla di nuovo nell'insostenibile corruzione di cui tanto si parla – è venuta a completarsi con l’abbandono di principi, programmi e strategia da parte del PT: l’inesorabile conclusione di una politica di alleanze con il suo nemico storico, il Partido do Movimento Democràtico Brasileiro (PMDB) dove, tra gli altri, milita Michel Temer (attuale presidente del Brasile,n.d.t.).
Questo agire della dirigenza del Partito dei Lavoratori non è stato un errore, nella sua impazienza di arrivare al governo è stato l’abbandono di una politica di classe per una strategia di subordinazione alla borghesia. Il PT si è trasformato in un altro partito del sistema capitalista, abbandonando il suo programma fondativo in cui proponeva di abolire il capitalismo e costruire una società socialista.
La somma delle deviazioni, alla fine, ha prodotto due fatti più importanti dell’ascesa di Bolsonaro: la completa mancanza di reazione delle masse al golpe che ha destituito Dilma Rousseff e la totale assenza di risposta proletaria quando hanno incarcerato Lula da Silva. I movimenti sociali che portarono il suo massimo dirigente e il PT al governo erano stati ormai disarmati e, in grande misura, cooptati dallo Stato.
Le allora potenti centrali sindacali, il Movimento dei Lavoratori senza Terra (MST), quello dei Senza Tetto (MTST) – tra altri – avevano abbandonato le strade. Tutto veniva riassunto dalla figura di Lula. E qui stanno i risultati.
Ora, durante il periodo tra la prima e la seconda tornata, il PT è ricaduto nell'uso delle sue spuntate armi politiche. Fernando Haddad, il suo candidato, si è nuovamente piegato al PMDB di Henrique Meirelles, al PSDB di Geraldo Alckmin, al PDT (Partito Democratico Lavoratore) di Ciro Gomes, tutti stracciati nelle elezioni, e ai settori del grande capitale allarmati dalla deriva di un governo di ultra-destra; in una caricatura di Fronte Popolare, come quelli concepiti dallo stalinismo nel secolo scorso: subordinazione delle forze proletarie alle borghesie apparentemente democratiche, riducendo la propria azione alla denuncia continua, generalmente ignorata e resa invisibile. Non solo non ha guadagnato nella seconda tornata. Peggio ancora, ha lasciato senza direzione le masse operaie e contadine del paese di maggiore importanza della regione.
La possibilità di frenare la marcia di Jair Bolsonaro - candidato del grande capitale, dei proprietari terrieri, dei comandi dell’esercito e delle chiese evangeliche (in sintesi il branco dei buoi, delle pallottole, della bibbia e della borsa) – stava nel recuperare i milioni di volontà che avevano creduto nella proposta socialista del PT dal 1980 e che poi, dopo la frustrazione di tre governi PT apertamente compromessi con il capitale, hanno invertito il senso di marcia.
L’appoggio ad un personaggio che si vanta di essere razzista, in un paese con una forte maggioranza di popolazione nera, mulatta e indigena, repressore e anticomunista viscerale, misogino patologico e, soprattutto, un perfetto ignorante dei grandi problemi del Brasile e del come risolverli, è basato sul vulcanico spostamento elettorale di questi uomini e di queste donne poveri, sfruttati e oppressi, delle campagne e delle città. Non hanno avuto le risposte che si aspettavano dal PT. Quindi hanno risposto in questo modo.
Con caratteristiche differenti è già visibile, nella maggioranza dei paesi latinoamericani, la prolungata fase di instabilità aperta con la situazione brasiliana. In alcuni, come nell'Argentina di Mauricio Macri, si sono installati governi del grande capitale senza maschera, che cercano di andare avanti senza riguardi con politiche di “sanificazione” profonda del capitalismo in crisi, utilizzando tutte le loro armi in questa battaglia. I rischi di una deriva fascista sono ovvii.
In questo quadro così complesso inizierà sicuramente una formidabile battaglia ideologica e politica.
I governanti eletti di oggi sono le forze stesse che gestiscono la negazione della democrazia, la fame, lo sfruttamento e la violenza per un gran numero dei loro elettori. E’ lì che è in lotta il cuore e la coscienza delle grandi maggioranze.
“Le idee rimarranno” disse Fidel Castro nel suo ultimo discorso, in chiusura del VII Congresso del Partito Comunista cubano nell'aprile 2016, quando tutti compresero che preannunciava la sua uscita. Quelle idee hanno un peso. Al centro stanno i concetti di rivoluzione, di abolizione del capitalismo, di emancipazione umana. Pochi come lui sapevano che “una forza materiale può essere vinta solo da un’altra forza materiale”. Nutrito dalla teoria marxista, sapeva oltretutto che “quando penetrano tra le masse, le idee sono una forza materiale”.
Basta guardare ai rappresentanti delle classi dominanti – Bolsonaro, Macri, Piñera, Duque – in questa battaglia e paragonarli alle figure rappresentanti delle idee di emancipazione – Fidel, Chàvez, Guevara – per misurare la grandezza dello scontro in atto ed avere fiducia nel futuro.
Le idee del socialismo, incarnate nella società, devono prevalere sull'ignoranza brutale del capitalismo.
(*) Giornalista argentino; da: elfurgon.com.ar; 31.10.2018
traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
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