Sabato 23 febbraio 2019 a Milano, in Largo dei Bersaglieri (corso Europa),
presidio dalle 15.30 alle 18.00 contro l’aggressione al Venezuela.
Ci saremo anche noi
Venezuela, una dichiarazione di guerra. Brevi note
di Daniela Trollio (*)
Cosa sta succedendo in Venezuela è noto a tutti i lettori di Nuova Unità e vi invitiamo a leggere l’intervista al 2° console del Venezuela a Milano pubblicata in questa pagina, anche perché – come sempre – nessun rappresentante della nostra tanto decantata stampa “libera e democratica” (le maggiori testate italiane appartengono a De Benedetti, Berlusconi, Confindustria e Mediobanca, alla faccia della “pluralità” …) ha ritenuto di far sentire la voce del governo bolivariano legittimamente eletto (attraverso un sistema elettorale definito da anni come il più sicuro del mondo) e del suo popolo. Del resto è noto che la prima vittima delle guerre è sempre la verità.
Ci limitiamo quindi a poche, brevi note. Brevi perché si tratta di un copione già visto, che viene comunque ripetuto contando sulla nostra deplorevole mancanza di memoria.
Uno dei primi atti del governo statunitense nella crisi venezuelana è stato il blocco dei conti e dei pagamenti della Citgo, la filiale statunitense della PDVSA venezuelana che raffina il petrolio (venezuelano) negli Stati Uniti e dei depositi bancari dello Stato venezuelano negli USA, il cui titolare diventa, per grazia di Trump, il presidente-autonominato Juan Guaidò.
Ricordate il cosiddetto “oro di Gheddafi”? Si trattava di 143 tonnellate di oro e di circa 130 miliardi in valuta della Banca Centrale Libica, quindi dello stato libico, letteralmente spariti dalla faccia della terra… e dall’informazione “libera e democratica”.
Le riserve naturali: il Venezuela è un paese ricchissimo di risorse naturali, tra cui quelle di petrolio che rappresentano il 24% della produzione dell’OPEC (l’Arabia Saudita ne possiede il 21%). Oggi gli USA sono alla ricerca disperata di petrolio: la loro produzione interna sta diminuendo e, nonostante per questo abbiano incendiato il Medio Oriente, il loro problema si fa sempre più grave.
Il Venezuela ha la più grande riserva di acqua dolce dell’America Latina. Da anni scienziati e analisti avvertono che le prossime guerre – grazie al dissennato sfruttamento imperialistico delle risorse del pianeta – avranno per oggetto proprio l’acqua, “l’oro blu”.
Il Medio Oriente, dicevamo. Nonostante le devastanti aggressioni militari dell’imperialismo USA e dei suoi alleati (Europa in prima fila, non dimentichiamocene) che hanno distrutto negli anni la vita di circa 100 milioni di persone, non sono riusciti a controllare Iraq, Afganistan, Libia, Sudan e – ultima ma importantissima – la Siria, che ha resistito e contrattaccato. Bisogna quindi recuperare terreno: e allora ritornano al cortile di casa, l’America Latina, con tutti i mezzi, dalle elezioni fraudolente alle minacce militari.
Oggi stanno cercando di sganciarsi anche dall’Afganistan, dove stanno attivamente trattando con i talebani: dove andranno tutti i militari statunitensi “ritirati”? Un indizio ce l’abbiamo. Pochi giorni fa, durante un’intervista televisiva, John Bolton – il consigliere alla Sicurezza Nazionale di Trump – si è presentato con un bloc notes sotto il braccio su cui era scritta la seguente frase “5.000 uomini in Colombia?”. Forse un po’ incautamente, l’auto-nominato Guaidò gli ha fatto subito eco annunciando il seguente progetto: “Annunciamo una coalizione mondiale per gli aiuti umanitari e la libertà in Venezuela. Abbiamo già tre punti di raccolta per gli aiuti: Cucutà (Colombia) è il primo. Un altro sarà in Brasile e un altro in un’isola dei Caraibi”. La Colombia, stato narco-trafficante e terra promessa delle bande paramilitari. Già, perché prima di utilizzare i propri soldati quando la guerra non viene fatta dall’aria ma direttamente sul terreno, gli USA - evidentemente il Vietnam brucia ancora - preferiscono che siano altri a sporcarsi le mani, loro consigliano, addestrano e forniscono soldi, armamenti e logistica. Non per niente l’organizzatore della “transizione democratica” in Venezuela nominato da Trump è Elliot Abrams, il venditore di armi dello scandalo Iran-Contra, condannato ma amnistiato da Bush padre, organizzatore degli Squadroni della morte in Salvador, Honduras, Nicaragua e Guatemala,
Dall’altra abbiamo il legittimo presidente del Venezuela bolivariano, Nicolàs Maduro, che dice al suo popolo: “Se vogliamo la pace, prepariamoci a difenderla!”, annunciando che le 50.000 “unità popolari di difesa” - le milizie popolari che assommeranno a circa due milioni di miliziani, “in tutti i quartieri, paesi, città e villaggi”- saranno incorporate alla Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB).
Ci sono altri obiettivi: far fuori il Mercosur, il progetto di integrazione economica latino-americana e l’ALBA, il Trattato di Commerci dei Popoli, alternativa all’ALCA, il trattato di “libero” commercio promosso dagli USA; smantellare Petrocaribe, che fornisce petrolio ai paesi della regione (come Cuba e Nicaragua) a condizioni più favorevoli del mercato internazionale; bloccare i crescenti investimenti in Venezuela di Cina e Russia….
Non si tratta, comunque, solo di economia e geopolitica.
L’imperialismo non può più tollerare che ci siano popoli – e governi – ribelli che vogliono liberarsi dalla sua morsa e decidere in prima persona del proprio destino. Il Venezuela, come già Cuba, Bolivia e altri paesi, rappresenta un pericoloso esempio che è possibile farlo, e perciò va cancellato perché altri non lo raccolgano.
Ed è questo che interessa anche noi, questo che fa della battaglia del Venezuela bolivariano e antimperialista oggi – e di altri paesi ieri e domani – la nostra stessa lotta. E’ interesse della classe operaia internazionale sostenere le lotte antimperialiste e dei popoli oppressi perché ogni sconfitta dell’imperialismo significa un rafforzamento della lotta di classe per la liberazione dallo sfruttamento capitalista e dall’oppressione all’interno dei singoli paesi.
Poche parole ancora, rivolte a tutti quei “rivoluzionari” nostrani che in questi anni hanno scelto la via della … non scelta. Né con l’imperialismo né con Gheddafi, né con gli USA né con Assad … e adesso né con l’imperialismo né con Maduro (= né con il popolo venezuelano). Sono le parole di qualcuno che di anti-imperialismo e di lotte dei popoli oppressi e sfruttati se ne intendeva parecchio e che per questo ha dato la vita. Sono le parole di Ernesto Che Guevara ad Algeri, il 24 febbraio 1965:
“E ogni volta che un paese si stacca dal tronco imperialista non solo si vince una parziale battaglia contro il nemico fondamentale, ma si contribuisce anche al suo reale indebolimento e si fa un passo avanti verso la vittoria definitiva”.
(Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)