HONG KONG: dove il ranocchio Pepe è democratico e il Che Guevara anticomunista

Hong Kong: dove il ranocchio Pepe è democratico e il Che Guevara anticomunista

 

di José Manzaneda (*); da: cubadebate.cu; 5.9.2019

 

Per la stampa occidentale coloro che manifestano a Hong Kong contro il governo cinese sono “attivisti”. Quelli che l’hanno fatto contro la riunione del G7 a Biarritz sono “radicali”.

A Hong Kong ci sono “proteste”, a Biarritz ci sono stati “scontri” o “sommosse”.

L’estrema violenza e le bandiere degli USA e del Regno Unito agitate nelle manifestazioni di Hong Kong sono elementi nascosti con grande cura dalla stampa, che insiste sul controllo delle informazioni da parte del governo cinese mentre giustifica – ad esempio – la chiusura di più di 200 siti su Youtube che difendono Pechino.

E’ la stampa “fluida” che trasforma nel “Che Guevara di Hong Kong” un leader anticomunista e “il ranocchio Pepe” (un meme di internet; un'idea, stile o azione che si propaga attraverso Internet, spesso per imitazione, diventando improvvisamente famosa., n.d.t.), un’icona dell’estrema destra degli USA, nel nuovo simbolo pro-democrazia.

 

Ma la guerra commerciale su grande scala della Casa Bianca contro la Cina .... non ha nulla a che vedere con questo, vero?!

 

Quando leggiamo qualcosa sulla letteratura cubana, automaticamente appare la presunta “censura”. Ma che Donald Trump approvi nuove proibizioni per evitare accordi tra editori statunitensi e Cuba non è censura .... né è una notizia. 

Nils Melzer, relatore speciale dell’ONU sulla Tortura, ha denunciato che la BBC e Sky News hanno deciso di non trasmettere un’intervista che gli hanno fatto sul caso di Julian Assange. E che nessun giornale occidentale ha voluto pubblicare un articolo in cui egli denuncia la tortuta a cui è sottoposto il giornalista australiano. Così è “la stampa pluralista e indipendente” che tante lezioni dà a Cuba.

 

Il Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie dell’ONU ha chiesto alla Spagna la “libertà immediata” per i prigionieri politici catalani, che patiscono una “detenzione arbitraria”. I grandi media spagnoli, con voce unanime, hanno derubricato questa richiesta a semplice “opinione” di “un gruppo di lavoro” dell’ONU.

 Ma quando si tratta del Venezuela, la cosa cambia: “Le Nazioni Unite confermano – si legge – che là ci sono ‘persecuzioni’ e ‘prigionieri politici’”.

Per questo giornali spagnoli come El Paìs applaudono il fatto che il Governo degli USA svii fondi per gli aiuti al Centroamerica per appoggiare l’opposizione venezuelana. E così – ci dicono – investire su “un buon governo e sui diritti umani” per “restaurare la democrazia in Venezuela”.

 

Che direbbe la stampa corporativa se a Cuba arrestassero 70 tra suore e preti cattolici?

Ma, dato che è successo a Washington, non abbiamo letto nulla in proposito. E’ accaduto durante un sit-in davanti al Congresso, contro i campi di concentramento per gli immigrati istituiti dal governo di Donald Trump.

 

Giorni fa è morto Richard Driscoll, pompiere di New York che lavorò ai salvataggi durante l’11 settembre.

HBO o Netflix preparerà una serie di telefilm, come quelli su Chernobyl, per spiegarci come i “soccorritori delle Torri Gemelle” sono stati ingannati .... dal capitalismo?

 

(*) Giornalista basco, direttore della webtv Cuba Informaciòn.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

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