Il Mediterraneo, cimitero di poveri
di Marcos Roitman Rosenmann (*); da: jornada.com.mw; 29.8.2019
Mentre la colta Europa guarda da un’altra parte, migliaia di subsahariani muoiono affogati nelle acque di un mare la cui storia è carica di eventi. Tre civiltà, direbbe Braudel, sono confluite nella sua articolazione politica, dando vita a personaggi, progetti di dominazione e mancati incontri. E’ stato un campo di battaglia, di controllo imperiale. Ha affrontato l’Occidente, Roma e la Grecia; cristiani, ortodossi e musulmani.
Oggi è un cimitero di poveri. L’aporofobia – la paura, il rifiuto, l’avversione ai poveri – si impossessa delle classi dominanti dell’Europa mediterranea. Migliaia di migranti vivono una tragedia, fuggono dalla fame, dalla tortura, dalle guerre civili, dalle canagliesche ‘operazioni umanitarie’ organizzate dalla NATO e dai paesi civilizzati …. la Libia per non andare troppo lontano.
Ingenui… pensano di essere accolti a braccia aperti, come dice il nome di una delle navi che li hanno raccolti in alto mare – la OpenArms.
Invece non sono benvenuti da governi e autorità. Vengono da zattere, non da yachts o navi da crociera che fanno la rotta di un Mediterraneo dove tutto è meraviglioso. Se capitasse a chi ci viaggia sopra di essere dei naufraghi nessuno avrebbe da ridire sul loro salvataggio.
Ma i sopravvissuti sono poveri, le loro storie sono irrilevanti. Non appartengono al ‘beautiful people’, non bevono champagne né posseggono forniti conti bancari. Dovrebbero essere morti, non hanno diritto ad una vita degna. Costituiscono un problema. Lo stesso che ha affrontato l’Ocean Viking, la nave noleggiata da Medici senza Frontiere e SOS Méditerranée, con 356 persone salvate a bordo, che non aveva un porto dove attraccare.
I suoi occupanti sono appestati. Per giustificare il loro rifiuto, li si stigmatizza: se li si accoglie altri ne verranno in seguito, producendo un effetto a cascata. Bisogna essere inflessibili. Il loro destino è affogare o essere rimpatriati.
Questa Europa culla del Rinascimento, orgogliosa di praticare i diritti civili e le libertà pubbliche, con Parlamento e tribunali che vegliano sul mantenimento ed il rispetto dei diritti umani, discrimina fra naufraghi ricchi e immigranti poveri. Le sue fregate vigilano per evitare l’arrivo di indesiderati: dicono di difendere il diritto internazionale e l’Occidente. Non c’è lavoro, prima di tutto il nostro. Alimentano la paura ed il razzismo.
I salvati sono poveri, costituiscono un pericolo. Si trasformano in immigrati clandestini, potenziali assassini, ladri, agenti dell’Islam. Se, per caso, raggiungono le coste, vengono confinati in centri di accoglienza, vere e proprie carceri. Li si insulta, li si disprezza, li si accusa di mentire. Vengono a turbare la pace, neri e musulmani.
L’ex vicepresidente mondiale della Coca Cola - prima direttore in Spagna, deputato e membro dell’esecutivo di Ciudadanos (partito politico spagnolo liberale, n.d.t.), il più ricco dei 350 legislatori, Marcos de Quinto – si è riferito ai naufraghi salvati dalla Open Arms come a ‘ben pasciuti passeggeri’. Vox (partito politico di ultra-destra spagnolo, n.d.t.) chiede il sequestro della nave e accusa la ONG Proattiva di favorire l’immigrazione illegale, l’uso fraudolento delle leggi del mare e di essere complici delle mafie internazionali del traffico di esseri umani. Il Partito Popolare (altro partito politico di destra spagnolo, n.d.t.) accusa il governo di improvvisazione, di favorire l’effetto a catena e di sostenere le mafie. Non è il solo. In Italia Matteo Salvini, in Francia Marine le Pen, utilizzano gli stessi argomenti. Sono d’accordo, praticano l’aporofobia.
Hanno distrutto paesi con guerre canagliesche ma eludono le responsabilità. La crisi della nave Open Arms, come quella dell’Aquarius nel 2018 e ora dell’Ocean Viking, dimostrano come le vite umane e il salvataggio in alto mare passano in secondo piano. Tutti si passano la patata bollente. All’Italia vanno bene le sparate xenofobe e razziste dell’ (ex) ministro dell’Interno Matteo Salvini. La nave avrebbe potuto attraccare ma ha dovuto aspettare 19 giorni. Si è giocato sulla disperazione dei sopravvissuti. Intanto la Spagna sfogliava la margherita. Tutti criticano il governo (spagnolo, n.d.t.) e il governo critica l’Italia. L’Italia denuncia l’Unione Europea e la destra se ne approfitta. Poco importa la sofferenza di persone che sono state torturate, violentate, con famiglie assassinate e bruciate davanti a loro.
Solo nel 2017 annegarono 2.835 persone mentre cercavano di attraversare il mare dalla Libia, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
Dalla Libia o dal Sudan, la storia è ricorrente. Così un giovane di 16 anni racconta a Medici senza Frontiere la sua esperienza prima di essere tratto in salvo: “Sono scappato dal Sudan dopo che un gruppo armato ha ucciso mio padre (…) Ci ho messo 7 giorni per attraversare il Sahara (…) Ho cercato di attraversare il mare due volte ma sono stato catturato dalla Guardia Costiera libica (…) Ero a Tayura quando il centro di detenzione è stato bombardato. E’ morta molta gente. Sono riuscito a scappare, guardate le cicatrici sui miei piedi. Sono corso scalzo tra le fiamme (…): voglio andare in Europa, dove si rispettano i diritti umani, dove mi trattino come un essere umano e dove possa trovare lavoro”. E Yuka Crickmar, esperta di problemi umanitari di MsF, sottolinea: “Ogni persona con cui ho parlato è stata incarcerata, ha patito estorsioni, è stata obbligata a lavorare in condizioni di schiavitù e tortura. Ho anche visto le cicatrici (…) quando li guardo negli occhi è chiaro quello che hanno passato. Mi dicevano che erano pronti a morire in mare piuttosto che passare un altro giorno soffrendo in Libia”.
Sono poveri, esistono per essere sfruttati ed estradati all’inferno. Non hanno guadagnato il primo milione di euro su YouTube, e non sono ‘influencers’. Perché salvarli?
Questa è la vera Europa umanitaria. Non inganniamoci.
(Sociologo, analista politico e saggista cileno. Esiliato durante la dittatura di Pinochet, vive in Spagna)
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.tagarelli
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)