Sul golpe e sul nostro apprendistato
di Sara Rosemberg (*); da: insurgente.org; 19.11.2019
La confusione mediatica è un’arma di guerra del nemico per spezzare, disorganizzare e distruggere le risposte rapide ed effettive contro la barbarie imposta dal fascismo.
Ma, anche, vi si aggiungono discorsi – e silenzi rumorosissimi – dei cosiddetti “progressisti” che rapidamente, e ogni volta che nella battagliac’è un arretramento, tirano fuori inopportunamente l’arma filosofica della critica superficiale, a volte più distruttiva di quella dei media egemonici perchè, di fronte ad un attacco bestiale come sta succedendo in Bolivia e Cile, è più necessario che mai serrare le file.
Una cosa è analizzare le debolezze, la forza e le difficoltà di questo lungo processo di guerra antimperialista, e altra usare la “critica” che puzza di colonialismo per demoralizzare e aiutare così il nemico.
E’ piùttosto complice il silenzio dei cosiddetti “intellettuali” della Spagna e dell’Europa. Non mi riferisco a quelli che sono soliti gridare e pronunciarsi, e anche cantare contro il Venezuela, Cuba e ogni processo di liberazione con altrettanta passione che ignoranza o aperta complicità. Altri cantano basso e parlano di uguaglianze astratte verdi, femin-liberali, viola, demo-capitaliste, bambine climatiche e un lungo eccetera – che mai analizzaranno le cause di fondo di un sistema sociale perverso, basato sulla rapina e sul crimine organizzato mentre non si stancano di nominare la tanto famosa e tanto prostituita “democrazia occidentale”.
Non è casuale che sorgano queste voci di assennati commentatori “progre” che danno lezioni sull’acqua calda; è una tecnica di propaganda altamente efficace, soprattutto in società dove la sconfitta del progetto umanista è quasi totale, dove l’individualismo ha sostituito il senso e la necessita di una trasformazione sociale, collettiva; anche la parola ‘fraternità’ – tanto antica – si usa solo per coltivare funghi in modo da fare un buon affare.
Il totalitarismo del mercato si è installato nelle vene di una società che non vede se stessa e avanza contro la propria storia.
E’ quello che fa l’Unione Europea con l’appoggio al colpo di Stato in Bolivia. L’Europa si inginocchia una volta ancora davanti all’impero in decadenza, anche a costo di trasformarsi in una colonia che affonderà insieme al suo padrone.
Non è solo un tema morale, è un tema che mette in discussione il concetto stesso di quello che chiamano ‘democrazia’ e che evidenzia che chi detiene il potere è la grande impresa, il grande capitale e la sua necessità di distruggere ogni tessuto statale, anche quello della stato moderno, in modo da poter mantenere la capacità di accumulazione e di rapina intatte.
Il caso della Bolivia è importante per analizzare quanto sopra, perche Evo Morales non ha i requisiti che sono stati usati per distruggere la Libia, attaccare il Venezuela e Cuba, o distruggere la Jugoslavia, l’Iraq, la Siria, la Palestina, o demonizzare la Russia e la Cina. Non hanno creato il ‘mostro’ di cui hanno sempre bisogno per giustificare la rapina e la morte perchè non hanno potuto inventarlo. Hanno inventato una “frode” che persino il ministero delle colonie – la OEA (Organizzazione degli Stati Americani, n.d.t.) – è stato costretto a smentire.
Evo Morales ha svilupato enormemente il suo paese, in tutti i sensi (1), è onesto, è una figura impossibile da demonizzare e la verità è che le “voci democratiche” appoggiano direttamente la barbarie e il crimine nell’appoggiare i fascisti boliviani organizzati attorno all’esercito, alla polizia, alle sette e, certo, all’oligarchia e al narcotraffico. Hanno dato milioni di dollari per potenziare un golpe sanguinoso appoggiato da orde fasciste. Un generale gli costa più o meno alcune migliaia di dollari e l’inestimento è redditizio.
Certo, mi diranno, ... il litio, gli Stati Uniti hanno bisogno del litio come hanno bisogno della coca e delle immense riserve naturali della regione.
Ed è vero, ma se di qualcosa hanno bisogno gli Stati Uniti – voce delle grandi corporations – è lo sterminio dell’umanità stessa.
E questo non rimane confinato in America Latina.
E’ da qui che il passo fatto è così grave, perchè implica quello che l’impero sta dimostrando da molto tempo: si sono rotti tutti i limiti legali e giuridici per commettere questo sterminio, da cui nemmeno l’Europa si libererà. E’ un progetto imperialista molto chiaro ed esplicito, che usa la maschera della democrazia – e gli organismi e le istituzioni internazionali – solo in funzione dei suoi interessi.
Lo stato di diritto come tale è un guscio facile da rompere ed è quello che il capitalismo attuale sta facendo.
Lo diceva già Brecht: prima vennero per loro e io non dissi niente, fino a che vennero per me ma era già tardi.
E il golpe in Bolivia evidenzia quanto Lenin disse molto tempo fa sulla necessità di un esercito del popolo capace di difendere i popoli (2), e apre una tappa in cui l’America Latina intera – e magari il mondo – si prepara a rispondere all’impero con altre armi, dopo aver cercato di consolidare le democrazie partecipative e l’unità continentale come strada verso il socialismo.
L’impero ha fretta, accelera nella sua sete di morte per poter sopravvivere e si fa scudo dei governi e dei pagliacci autoproclamati, con una violenza bestiale sullo Stato sovrano per distruggerlo e controllarlo, se c’è bisogno, più efficacemente che con i golpes militari degli anni di piombo dei ’70.
La mascherina democratica è ammuffita, la OEA, il Gruppo di Lima, i discorsi di Bachelet all’ONU ecc. sono patetici, non riescono più a coprire un tale assassino impune.
Tuttavia si sbagliano su un aspetto molto importante: i popoli dell’America Latina, come dicono in Cile, si sono svegliati e la guerra che l’impero impone e di cui ha bisogno sarà la sua tomba
E’ chiaro che i popoli devono essere armati per difendere la loro sovranità e che si trionfa solo quando si ha un esercito del popolo. Ma la difficoltà di crearlo, o il credere che gli alti comandi militari possono essere modificati dall’interno porta, a volte, a strade senza uscite o con soluzioni molto costose.
Quindi la critica deve essere molto profonda e deve essere fatta per avanzare, non per smobilitare e giustificare il silenzio complice che oggi è assordante, sia in relazione alla barbarie del governo del Cile come al golpe fascista in Bolivia, che sono parte della stessa strategia imperiale di rottura di ogni legalità o limite alla violenza.
L’esperienza storica delle rivoluzioni che hanno trionfato e sono sopravvissute nel mezzo della feroce aggressione imperialista ci insegna qual’è la strada; ora c’è bisogno di organizzare le forze e continuare a lottare contro la bestia fascista, appoggiando il popolo della Bolivia e tutti i popoli ribelli che, prima o poi, vinceranno il mostro.
Come ha detto poco tempo fa un contadino boliviano, “stanno usando la democrazia per massacrarci e noi non lo permetteremo”.
Viva la resistenza dei popoli dell’America Latina e del mondo.
La lotta sarà lunga, ma la vittoria è nostra.
Note
(1) www.telesurtv.net/news/evo-morales-bolivia-logros-sociales-economia-20191111-0032.html
(2) “...nel giungere ad un certo grado di sviluppo della democrazia, questa, in primo luogo, coesiona il proletariato, la classe rivoluzionaria, di fronte all’imperialismo, e le dà la possibilità di distruggere, di fare in pezzi, di far sparire dalla faccia della terra la macchina dello Stato borghese, anche quella dello Stato borghese repubblicano, l’esercito permanente, la polizia e la burocrazia, e di sostituirli con una macchina più democratica ma ancora statale, sotto forma delle masse operaie armate come passo verso la partecipazione di tutto il popolo nelle milizie”. (Stato e Rivoluzione – V.I. Lenin).
(*) Scrittrice e saggista argentina, esiliata per motivi politici vive in Spagna
(traduzione di Daniela Trollio Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)