2020: l’anno del naufragio di Gaza
di Gideon Levy (*); da: alencontre.org; 5.1.2020
Il tempo passa rapidamente quando si sta bene.
Otto anni fa, nel 2012, le Nazioni Unite pubblicarono un rapporto intitolato “Gaza nel 2020: un luogo abitabile?”. La risposta che emergeva dal rapporto era no. No, se non si prendevano misure per preservarla.
Non si è presa alcuna misura reale, ma le previsioni di questo rapporto, già sinistre, non sono state confermate. La situazione è molto peggio di quanto previsto.
Il 1° gennaio del 2020 - l’anno della ‘fine’ per Gaza - è cominciato. Dal 1° gennaio 2 milioni di persone vivono in un luogo che non è abitabile, nel quale non si può sopravvivere.
Ad un’ora da Tel Aviv, a Gaza c’è una Chernobyl. E Tel Aviv va avanti impassibile. E il resto del mondo anche.
Negli ultimi 10 anni, la stampa ha parlato di tutto il resto, ma non della catastrofe umanitaria nel cortile posteriore di Israele. Una catastrofe il cui primo responsabile è Israele.
Invece di riconoscere la responsabilità di averli espulsi e averli portati (i palestinesi) a Gaza nel 1948 (vedere su questo il libro di Ilan Ppappé “La pulizia etnica della Palestina”, 2008) e di cercare di compensare ed espiare quello che ha fatto con una riabilitazione e un’assistenza, Israele continua le politiche del 1948 in forma diversa: una gabbia invece dell’espulsione, la prigione invece della pulizia etnica, l’assedio (il blocco) al posto della spoliazione.
E’ poco probabile che ci siano altre regioni del mondo in cui le catastrofi siano durate senza interruzione per più di 70 anni. E tutto questo è il prodotto di atti umani malintenzionati.
La memoria di Gaza avrebbe dovuto tormentarci giorno e notte. Invece Gaza rimane nel dimenticatoio. Solo lo sparo di un razzo Qassam è capace di ricordarci che esiste.
Quando fu redatto il rapporto dell’ONU, il tasso di disoccupazione a Gaza era del 29%. Otto anni dopo, secondo la Banca Mondiale, il tasso di disoccupazione ha raggiunto un inimmaginabile 53% ed è del 67% tra i giovani.
Qualcuno riesce a capirlo? Sessantasette per cento di disoccupazione. Qualcuno può immaginare com’è una vita così,quando la gran parte dei giovani non ha né un presente né un futuro?
Il colpevole è Hamas. Hamas è colpevole di tutto. E Israele? Di niente? Quale repressione, quale lavaggio del cervello richiede questa posizione? Quali menzogne,quale inumanità e crudeltà? Un paese che ha inviato missioni di salvataggio alla fine del mondo è schifosamente indifferente davanti al disastro che ha creato alla sua frontiera e che aggrava anche la sua situazione.
Circa la metà degli abitanti della Striscia di Gaza vivono con meno di 5,5 dollari al giorno. A paragone, nella Cisgiordania occupata, solo il 9% della popolazione sopravvive con una tale cifra.
Il colpevole è Hamas! Come se fosse Hamas ad aver imposto il blocco, a ostacolare le esportazioni e le importazioni, i centri di lavoro. A sparare contro i pescatori di Gaza. A impedire che la gente che ha il cancro possa ricevere cure adeguate. A bombardare Gaza, uccidendo migliaia di civili e distruggendo innumerevoli edifici. E’ chiaro come il sole!
Il rapporto ONU del 2012 prevedeva che nel 2020 Gaza avrebbe avuto necessità di almeno 1.000 medici in più. Ma nella Striscia di Gaza, durante gli ultimi tre anni, se ne sono andati 160 medici. Chi può se ne va.
Una giovane chirurga dell’ospedale Shifa di Gaza, la dottoressa Sara al-Saqqa, ha dichiarato al quotidiano The Guardian la scorsa settimana di guadagnare 300 dollari per 40 giorni di lavoro. Se non fosse per il fatto che ha una madre anziana da curare, anche lei se ne andrebbe.
E il peggio sta per arrivare. Il 97% dell’approvvigionamento di acqua di Gaza non è adatto al consumo, come prevedeva il rapporto ONU. Ogni giorno un totale di 100.000 metri cubi di acque residuali finiscono nel Mar Mediterraneo, che è anche il nostro mare. Ascalona (città balneare al nord della Striscia di Gaza) si bagna nelle acque residuali di Gaza, ma neanche questo da fastidio a nessuno.
Tre anni dopo la pubblicazione del rapporto dell’ONU, le Nazioni Unite pubblicarono il rapporto per il 2015. La guerra israeliana del 2014 contro Gaza, l’operazione “Margine protettore”, strappò mezzo milione di persone dalle loro case e lasciò Gaza annichilita. Ma neanche questo provocò altro che uno sbadiglio.
Poi è venuto il rapporto del 2018, questa volta della Banca Mondiale: “L’economia di Gaza è in stato critico”. Che anneghino!
Israele si preoccupa per Naama Issachar, la giovane israeliana in carcerata in Russia (dall’aprile 2019 con l’accusa di “possesso di droga”; secondo The Times of Israel questo arresto è stato oggetto di negoziati al massimo livello) che è stata trasferita in un’altra prigione.
(*) Giornalista israeliano, scrive sul quotidiano Haaretz
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)