Chi ci guadagna con il COVID-19?
di Linda Merino e Alfio Finola (*); da: estrategia.la; 14.4.2020
Attualmente l’unica cosa di cui si parla, praticamente, è il Covid-19. Come si previene? Come ci si contagia? E’ necessario l’isolamento? Ci sono abbastanza respiratori e materiale sanitario? Si fanno anche i numeri sulle perdite a livello economico e sulle trasformazioni a livello sociale che questa crisi causerà.
Sappiamo chi saranno i perdenti, ma chi ne uscirà guadagnandoci in questo contesto? Dov’è finita e cosa sta risolvendo la mano invisibile del mercato?
I settori della tecnologia e della farmacologia sono terreni che, in questo contesto, vale la pena osservare.
Per quanto abbiamo detto sopra è necessario pensare agli scenari e alle battaglie che sarà necessario fare.
Al di là del bombardamento di informazioni su quello che, minuto per minuto, sta succedendo in ogni paese rispetto al Covid-19, possiamo osservare che:
. Il mondo non è mai stato statico. Si trova sempre in un processo di cambiamento continuo dove le società smettono di essere, avere o consumare qualcosa per passare ad essere, avere o consumare qualcos’altro. E la pandemia ha accelerato questo processi in un mondo che già stava riconfigurandosi al calore della cosiddetta 4° rivoluzione industriale.
. Mentre un importante numero di compagnie petrolifere, compagnie di trasporto aereo e settori industriali affrontano possibili bancarotte (e certo vanno verso una maggiore concentrazione dei settori), le economie di piattaforma (insieme di pratiche e modelli che utilizzano le tecnologie digitali per facilitare contatti, scambi e collaborazioni, n.d.t.), i servizi di telecomunicazioni gestiti dalle Big Tech hanno avuto una notevolissima crescita insieme alle grandi corporations della biotecnologia e dello sviluppo farmaceutico.
. Questa nuova crisi non necessariamente indica un collasso del sistema capitalista, ma una titanica lotta per il cambio delle mani che lo portano avanti.
. Principalmente, due settori dell’economia stanno avendo una crescita accelerata, e sono quelli che utilizzano l’avanguardia delle cybertecnologie: il settore delle telecomunicazioni e quello biotecnologico/ farmaceutico.
Le dispute tecnologiche e farmaceutiche dietro la pandemia
Nella pandemia si è riusciti ad aumentare forzosamente l’uso massivo del telelavoro, degli accessi remoti e dei portali on line. Le statistiche dicono che, dall’inizio della quarantena, si sono registrati aumenti di traffico dei dati vicini al 40%, il che si deve principalmente al consumo di videoconferenze e chiamate da WhatsApp, Skype e altre piattaforme.
In più c’è una lotta per il controllo di questo settore. In questo senso si può segnalare il caso della cosiddetta “guerra commerciale” cino-statunitense per lo svilupo e la gestione delle nuove tecnologie (5G, Internet delle Cose, Intelligenza Artificiale e Big Data).
Con questi strumenti non solo gli individui sono subordinati ma lo è anche tutto il tessuto produttivo. Chi avrà la capacità di imporre interessi e livelli di consumo, guiderà non solo i consumatori ma anche il destino di quelli che devono produrre quelle merci e quei servizi e i loro meccanismi di commercializzazione (realizzazione del plusvalore).
E’ stato dimostrato che gran parte dei lavori non richiedono come condizione indispensabile la presenza fisica di un gran numero di persone e possono essere mediate tramite le telecomunicazioni.
Questi nuovi modi di produzione, basati sull’isolamento, spianano il cammino ad una alienazione e ad un approfondimento dell’individualismo sul piano sociale e politico e rendono più profondi i cambi nella struttura economica, con una più profonda dipendenza dalle grandi società robotiche e di telecomunicazioni.
La possibile cura del Covid-19
L’altro grande insieme di conoscenza scientifica che riteniamo centrale nella lotta strategica di questo nuovo momento della società è quello biotecnologico-farmaceutico. Si tratta di un complesso di sviluppo tecnologico che, oltre a controllare la “salute” umana, contempla anche la produzione di alimenti (vegetali e animali).
Negli ultimi giorni sono stati pubblicati una serie di potenziali trattamenti per il nuovo Covid-19, in una corsa contro il tempo non solo per frenare il virus che ogni giorno devasta sempre più l’economia globale, ma per dimostrare chi è all’avanguardia nello sviluppo scientifico.
Tra questi tratamenti ci sono: l’antiparassitario Ivermectin che, assicurano, uccide il Covid-19 in 48 ore (pubblicato su Antiviral Research); l’Interferone Alfa 2b ricombinante, con tecnologia cubana, prodotto dall’impresa mista Chang Heber, utilizzato in Cina per il trattamento contro il Covid-19, e altri 70 farmaci che si propongono come candidati pre frenare questo tipo di coronavirus, nell’insieme dei quali esistono circa 20 vaccini allo studio.
Se questo panorama sembra essere promettente, lo sviluppo della cura può durare vari mesi e l’accessibilità alla stessa per l’insieme della popolazione corre il rischio di restare intrappolata nelle logiche commerciali.
Cioè, la disputa avverrà tra la speculazione per fare profitti sulla cura o metterla a disposizione in forma accessibile per tutta l’umanità.
Un dato esemplificativo di questo problema è che l’Amministrazione sulle Droghe e gli Alimenti (FDA la sigla in inglese) ha concesso lo status di medicinale “orfano” al rendesivir, uno dei tanti che si stanno provando come trattamento potenziale del coronavirus. Questo status di “orfano” significa la concessione del monopolio della sua produzione, compresi gli sgravi fiscali, per 7 anni.
La compagnia produttrice del rendesivir, beneficiata dalle decisioni dell’Amministrazione Trump, è la società farmaceutica Gilead Sciences, una holding dove finiscono gli investimenti dei giganti finanziari globali Blackrock PLC, Vanguard Group e Capital Research Global Investors, che sono le società che controllano la composizione azionaria della compagnia. Qualche giorno dopo la denuncia della situazione da parte del democratico Bernie Sander, Gilead Sciences ha dovuto rifiutare la classificazione del medicinale “orfano”, rinunciando all’esclusività per quel che riguarda la produzione e la commercializzazione del rendesivir.
Non si tratta di un dibattito di poco conto. Quello che si sta discutendo è chi riuscirà a sviluppare la cura e chi saranno i beneficiari della cura e del suo rendimento economico. Cioè chi “vincerà” questa corsa.
In questo quadro la battaglia per lo sviluppo scientifico tecnologico si combatte fra due poli: tra quelli che vogliono fare della salute un affare (e ci sono lotte all’interno per chi deve vincere) e quelli che ritengono la salute un diritto, come noi.
Per questo, per non cadere in una neutralità strumentale e rivendicare la scienza per se stessa, dobbiamo prenderci la responsabilità di affrontare la realtà che stiamo attraversando. In questo senso il controllo o la guida sullo sviluppo delle telecomunicazioni e della produzione di farmaci e biotecnologia, così come di tutto lo spettro della produzione della conoscenza, sono condizioni indispensabili per restare popoli sovrani.
(*) LM è biotecnologa e biologa molecolare, insegna all’Università Nazionale di Hurlingham, Buenos Aires. AF è professore di Geografia e docente all’Università nazionale di Rìo Cuarto. Entrambi sono ricercatori dell’Osservatorio di Scienza e Tecnologia del Centro Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE).
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)