In questo contesto i
presidenti di regione - compresi quelli che vogliono l'autonomia (in particolare targati Lega), salvo invocare l'intervento dello Stato nei momenti di necessità - si sono resi
conto delle carenze? Chi ha preso le decisioni? Chi ha nominato quei manager e quei dirigenti che negli ultimi anni hanno operato materialmente i tagli alla sanità pubblica? In
Toscana, ad esempio, lo stesso Rossi si era vantato di aver ridotto il personale sanitario con l’obiettivo di risparmiare 100 milioni di euro, che sono andati a finanziare il
bonus degli 80 euro di Renzi. A Firenze l'annunciato screening dei tamponi orofaringei si è arenato per la mancanza di reagenti e si ricorre ai laboratori privati, invece di
confiscarli, stabilendo una convenzione per non superare il tetto di 25 euro a tampone. Come dire: chi ha i soldi se lo paghi.
Gli operatori sanitari sottovalutati e indifesi anche quando gli utenti scaricano le colpe dei disservizi non certo imputabili a loro, anziché sulle direzioni. Infermieri
lasciati senza contratto per 10 anni - l'ultimo firmato lo scorso anno copriva il triennio 2016-2018, quindi è già scaduto -, con carichi di lavoro insopportabili, con
salari sempre più bassi, costretti a orari e turni devastanti già in condizioni pre Covid 19 e sottoposti alla famigerata legge Brunetta del taglio sulla busta paga nei primi
dieci giorni di assenza, "assunti" con partita IVA, sono diventati eroi e... sono morti.
Non sono incidenti di percorso, ci sono precise cause che vanno addebitate alle scelte che hanno mercificato e smantellato la sanità e che vanno ad alimentare il già pesante
numero dei morti di e da lavoro, sempre per mancanza di sicurezza. I pochi lavoratori che coraggiosamente hanno denunciato la mancanza di DPI - all'ArcelorMittal, a Malpensa, a
Scarperia, a Livorno, in una Rsa di Milano - alla Coop. Ampast che lavorano all’Istituto Palazzolo della Fondazione don Gnocchi (forse reintegrati) sono stati
licenziati perché, come si sa, non è permesso che venga meno il rapporto di fiducia tra azienda e lavoratore neppure quando è a rischio la salute!
Le aziende agricole lamentano le perdite perché non possono avvalersi dei braccianti provenienti dall'estero, immigrati disprezzati e sottopagati, ma braccia utili che servono al
padrone. Si potrebbero impiegare gli immigrati presenti in Italia se venissero regolarizzati, assunti con contratto, eliminando il caporalato, ma sono troppe le pressioni della
destra, meglio lasciarli in sovraffollamento negli inumani centri in attesa di documenti che non arrivano mai o in vergognosi accampamenti.
La chiusura delle scuole con lezioni on line ha obbligato le famiglie ad aumentare i costi telefonici per la connessione e ha tagliato fuori dalle attività educative quasi 2
milioni di alunni e studenti privi di strumenti tecnologici.
Ancora una volta l'incapacità di affrontare un problema serio è stata scaricata sui cittadini, prestando il fianco alle imprese che già avevano deciso la riduzione del personale
con la restaurazione del famigerato lavoro a domicilio degli anni '70 nella versione moderna smart working. Secondo le statistiche lavorare a casa piace al 56% degli interessati,
ma si accorgeranno presto dei suoi limiti.
Il Governo, avvezzo ai compromessi, ha dovuto mediare tra il terrorismo creato con l'adozione di misure repressive e le pressioni di istituzioni, imprenditori del Nord,
Confindustria ecc. per la riapertura delle attività produttive e commerciali.
Dopo aver impedito di celebrare l'8 Marzo e il 25 Aprile in pochi giorni ha deciso la Fase 2 con partenza 4 maggio, sacrificando pure il 1° Maggio. Immediatamente sono calati i
ricoveri (inutili gli ospedali da campo e quello da 21 milioni montato alla Fiera di Milano...), diminuiti i contagiati, aumentati i guariti. Si può uscire ma con la mascherina,
che si deve pagare perché anche queste fanno business (e anche molti rifiuti!).
Per liberalizzare il commercio e l'industria che, comunque, è andata avanti in particolare in Lombardia e nelle zone di maggiore contagio per il 73%, si è dato via libera alla
produzione mettendo in serio pericolo gli operai in fabbrica. Ritorno al lavoro 7 giorni su 7 per 4,4 milioni di lavoratori (2,7 milioni rimangono a casa) soprattutto over 50
rispetto ai giovani, cioè i più vulnerabili mentre le donne sono le più penalizzate perché devono rimanere a casa con i bambini che non vanno a scuola, aspettando il bonus baby
sitter. Ridicola proposta quando nel paese sono i nonni a coprire questo ruolo e gli viene vietato come se le baby sitter (si trovano on line e tramite cooperative) fossero esenti
dal rischio contagio.
Per la borghesia - che storicamente ha sempre utilizzato le epidemie a proprio vantaggio - anche Covid 19 sarà molto utile per mascherare la vera natura della crisi e accelerare
il processo in corso da tempo di ristrutturazione della produzione e di limitazione dei diritti sociali in caso di ribellioni: da quello dello sciopero, di organizzazione, di
riunione e di manifestazione - a vantaggio dell'economia e della politica.
Non siamo tutti nella stessa barca, non siamo in guerra - la guerra comporta un nemico armato –, con la metafora bellica il potere vuole giustificare le misure di segregazione e
isolamento, assuefare ad una eventuale guerra batteriologica e legittimare derive autoritarie.
Non dobbiamo essere uniti come ci stanno martellando con melensi spot pubblicitari e messaggi governativi, con i discorsi di Mattarella che si affida al "senso di responsabilità
dei nostri concittadini", esalta il valore del lavoro ma accetta che la pandemia metta a rischio milioni di posti. Con i miserevoli interventi dei sindacati confederali, dei
dirigenti dei partiti.
E non dobbiamo neppure essere disciplinati e responsabili in nome dell'unità nazionale e del patto sociale "per ripensare il lavoro", invocato dai vertici di Cgil-Cisl-Uil perché
il paese riparta, che non si muovono neppure sui ritardi della Cig. Per "riprogettare" l'Italia magari rendendo permanenti le limitazioni liberticide aggravate dall'impiego delle
forze di polizia, dall'uso di droni e dal controllo sociale con nuove tecnologie (peraltro provenienti da Israele) con tutto quello che ne consegue. Tutti richiami orientati a
gestire meglio i "sudditi" e il governo Conte ha già dato dimostrazione di concentrazione del potere con l'uso indiscriminato dei DPCM scavalcando il parlamento (per quel che
conta...) motivo che ha sollevato la reazione della destra che, attraverso la demagogia e il populismo (l’unica cui è permesso scendere in piazza), prepara un futuro
ancora più reazionario.
È davvero incredibile come l'epidemia e due mesi di segregazione siano bastati per fare emergere teorie - scontate per chi lotta contro il sistema capitalista - sulla devastazione
dell'ambiente, sulla carenza dei servizi pubblici, sulla necessità di cambiare gli stili di vita, apprezzare la natura, vivere in tranquillità e lentezza... Ben vengano purché non
si tratti di temporanee filosofie basate sull'individualismo e pertanto destinate a crollare.
Sicuramente la situazione generale, economica e sociale post emergenza, non ci porterà alla tanto decantata "normalità". Sarà diversa dalla precedente e non si può affrontare con
soluzioni individualiste. Rincari dei servizi e dei trasporti, dei generi alimentari (già in atto in molti prodotti) per fare recuperare le perdite degli agricoltori, l'aumento
della disoccupazione, in particolare nel settore turismo-ristorazione (riemergeranno i navigator?) e dei ritmi di lavoro per salvaguardare i profitti degli industriali (già
ampiamente sostenuti dallo Stato), aumento di tasse per il recupero del debito pubblico, peggioreranno le condizioni di vita dei lavoratori e delle masse popolari ed
evidenzieranno ulteriormente la contraddizione insanabile tra l'esigenza della classe lavoratrice e del proletariato e l'esigenza della borghesia e della sua continua ricerca del
massimo profitto. Covid 19 non ci porta al capolinea del seppure
fallimentare capitalismo, siamo ad una nuova fase di dominio del capitalismo monopolista e finanziario, di spartizione delle sfere d'influenza che preparano le condizioni anche
per scontri maggiori e cruenti come la guerra. Non è un caso che tutti gli Stati aumentino le spese per il riarmo e il sostegno della Nato.
Questo periodo ha dimostrato la fragilità del capitalismo e il fatto che i lavoratori, a partire dalla sanità, sono indispensabili per questo è il momento per far valere la
propria forza contrattuale e non farsi condizionare dai grilli parlanti.
Ci sono segnali di ribellione che vanno colti come alla Piaggio di Pontedera, alla Scai finance di Torino dove i lavoratori hanno reagito e scioperato contro la discriminazione
per estendere a tutti 160 la Cig richiesta solo per 24 di loro. O alla Fruttital di Peschiera dove gli operai hanno lavorato e si sono ammalati prima della Fase 2 e ora, di fronte
all'annuncio della chiusura, 66 interinali hanno risposto con un'assemblea (repressa dalla polizia) davanti ai cancelli e hanno occupato la fabbrica.
Non devono rimanere gli unici esempi. La classe lavoratrice non può cogestire i costi della crisi e può giocare un ruolo fondamentale. Tutto andrà bene solo se la classe operaia e
le masse popolari riusciranno a unirsi su posizioni di classe per ottenere assunzioni e aumenti salariali, per abolire il precariato (che non dà neppure diritto alla Cig),
respingere nuove forme di sfruttamento, e per salvaguardare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. E se si organizza contro le politiche imposte dalla borghesia e dai suoi
governi che la sostengono e dallo Stato, identificando e riconoscendo i veri e comuni nemici di classe respingendo la risposta alla crisi del capitalismo e imponendo, invece, i
propri bisogni e le proprie necessità.
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