La necropolitica, le varie pandemie e quello che verrà
di Aram Aharonian (*); da: lahaine.org; 28.7.2020
Tutta la stampa egemonica specula sul vaccino per il Covid-19, la pillola (o la pozione) miracolosa che, ipso facto, metterà fine alla pandemia. Pochi hanno cominciato a pensare alla post-pandemia, a come sarà l’America Latina e i Caraibi quando il pronostico ottimista è di una disoccupazione di 50 milioni di persone per fine anno e la povertà che raggiungerà 230 milioni, il 37 per cento della popolazione regionale.
La situazione economica sarà simile a quella di un decennio fa: la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) parla di un decennio perduto. Ma, ad essere sinceri, ci sono altre pandemie che ci trasciniamo dietro dal 1492 e per le quali sembra non ci sia una cura.
Oggi 96 milioni di latinoamericani e caraibici mancano di un’entrata.
Siamo ipersensibilizzati sulle conseguenze per gli umani del Covid-19 e la stampa egemonica – radio, quotidiani, riviste, televisioni, reti sociali – segue ogni giorno la corsa delle società farmaceutiche multinazionali a chi per primo metterà la patente sul vaccina contro il coronavirus.
La povertà o la denutrizione non si combattono, perché questo non è un affare.
Per questo mettiamoci a pensare alla post-pandemia, quando la disoccupazione e la necessità di dar da mangiare a milioni di cittadini, senza accesso al lavoro (e quindi al cibo), quando dovranno scegliere tra un pezzo di pane e la quota di internet…..
L’analista cileno Marcos Roitman si chiede se c’è un vaccino per la povertà o per l’evasione dei capitali.
Si può lottare contro la fame? Sono praticabili le rivendicazioni su una abitazione degna e un’educazione di qualità? Nella nostra regione i poveri muoiono giornalmente per malattie che fanno molto meno notizia - come il morbillo, la dengue, la difterite, la tripanosomiasi - ma che hanno la stessa mortalità del covid.
La fame, la mancanza di condizioni igieniche, lo sfruttamento minorile, la disoccupazione, la tratta delle donne non sono considerati pandemia e morire per queste cause è qualcosa di naturale. Così la necropolitica fa la sua apparizione come forma di organizzazione sociale del capitalismo.
E’ praticabile avere una sanità pubblica per tutti? Ovviamente questo sarebbe un attentato alla sanità privata, ai medici tassametro, alle cliniche private e alle società farmaceutiche, tra altri. Le cifre ci mostrano che il 22% della popolazione mondiale (600 milioni di persone) non riceve alcuna cura medica, mentre 115 milioni di minori di 5 anni soffrono di denutrizione cronica e 700 bambini muoiono ogni giorno per diarrea.
Le foto e i video ci mostrano le nostre nuove realtà che, in nome del dio Mercato – come la privatizzazione della salute mettendola in mano agli avvoltoi delle società a capitale di rischio – sono un attentato alla dignità umana. Cadaveri abbandonati nelle strade di Lima, di Santiago, di Bogotà, di Quito, Barcellona, Rio de Janeiro o San Paolo. Morti di covid-19 o per una qualsiasi delle altre pandemie, soprattutto quella della fame.
La morte, per questi governi neoliberisti, è la loro arma di guerra, e cittadini, uomini, donne e bambini continueranno a morire anche se apparisse il vaccino anti covid-19. Perché, per il capitalismo, le cure per le malattie e le pandemie sono proprietà di qualche società, nazionale o multinazionale.
Necropolitica, necroeconomia
Achille Mbembe, teorico camerunense che coniò il concetto di ‘necropolitica’, segnala che si tratta della politica della morte, spiega i diversi mezzi con cui si dispiegano le armi al fine della distruzione massiva delle persone e della creazione di mondi di morte, forme uniche e nuove di esistenza sociale in cui numerose popolazioni sono sottoposte a condizioni che conferiscono loro lo status di morti viventi.
La necropolitica di Mbembe è connessa al concetto di necroeconomia. Una delle funzioni del capitalismo attuale è produrre su grande scala una popolazione superflua, che il capitalismo non ha più necessità di sfruttare ma che bisogna gestire in qualche modo. Un modo per disporre di questi ‘eccedenti’ di popolazione è esporli ad ogni tipo di pericolo e rischio, spesso mortali. Un’altra tecnica consiste nell’isolarli e richiuderli in zone controllate. E’ la pratica della “zonizzazione”.
Mbembe segnala che il capitalismo ha, come funzione ‘genetica’, la produzione di razze che sono classi allo stesso tempo. La razza non è solo un supplemento del capitalismo, ma qualcosa inscritto nel suo sviluppo genetico. Nel periodo primitivo del capitalismo, che va dal secolo XV fino alla Rivoluzione Industriale, la schiavizzazione dei neri costituì il più grande esempio del vincolo tra la classe e la razza.
Nelle condizioni contemporanee, la forma in cui i neri furono trattati in quel primo periodo si è estesa al di là dei neri stessi. Il “diventare nero del mondo” è quel momento in cui la distinzione tra l’essere umano, la cosa e la merce tende a sparire e a cancellarsi senza che nessuno – neri, bianchi, donne, uomini – possa sfuggirvi, segnala.
Mbembe afferma che è proprio a partire dalla necropolitica e dalla necroeconomia che possiamo capire la “crisi dei rifugiati”, risultato diretto di due forme di catastrofe: le guerre e le devastazioni ecologiche, che si affermano reciprocamente. Le guerre sono fattori di crisi ecologiche e una delle conseguenze di questo tipo di crisi è fomentare le guerre.
La “crisi dei rifugiati” ha anche a che vedere con la “ripopolazione del mondo”; nella misura in cui le società del nord invecchiano, aumenta la loro necessità di ripopolarsi e la migrazione illegale è una parte essenziale di questo processo, che sicuramente si accentuerà nei prossimi anni. La reazione dell’Europa è schizofrenica: alza muri attorno al continente ma ha bisogno dell’immigrazione per ringiovanirsi.
Il governo privato indiretto a livello mondiale è un movimento storico delle élites che aspirano, in ultima istanza, ad abolire la “politica”. Distruggere ogni spazio e ogni risorsa – simbolica e materiale – dove sia possibile pensare e immaginare ‘che fare’, con il legame che ci unisce agli altri e alle generazioni future.
Per questo si procede attraverso logiche di isolamento – separazioni tra paesi, classi, individui – e di concentrazione di capitale là dove si può sfuggire ad ogni controllo democratico – espatrio delle ricchezze e dei capitali nei paradisi fiscali deregolati, tra altro.
Questo movimento non può prescindere dal potere militare per assicurare il proprio successo: la protezione della proprietà privata e la militarizzazione sono correlativi, oggigiorno, e vanno intesi come due ambiti dello stesso fenomeno.
La crisi umanitaria come affare
La biopolitica necessaria al capitalismo (preservare vita e salute per garantire la normalità dell’accumulazione) ha dovuto combinarsi con la necropolitica (far morire quelli che sono ormai sacrificabili). Colpiscono le dichiarazione del vice-governatore del Texas, Dan Patrick, che ha detto che chi ha più di 70 anni dovrebbe lasciarsi morire per salvare l’economia statunitense.
La pandemia lascerà dietro di sé milioni di cittadini morti, ma anche alcuni, pochi, capitalisti con le tasche piene, come i proprietari dei sistemi di comunicazione o alcune società farmaceutiche, con il sogno di vendere duemila milioni di dosi di vaccino per equilibrare l’immunità del gregge.
Ma neanche questo, anche se immorale, è nuovo: il costo della cura per l’epatite C è di 1,5 euro, ma la dose si vende a 1.000 euro. Medici senza Frontiere ha segnalato che in un paese povero un vaccino o una medicina costa 68 volte in più rispetto ad un paese sviluppato.
Quello che è certo è che decine di milioni dei 630 milioni di latinoamericani e caraibici stanno sopportando il distanziamento sociale e il confinamento sotto la fame: pochi governi hanno creato piani per aiutare la sussistenza dei loro cittadini che, in vari paesi, ricorrono alle ‘pentole popolari’ o comuni e alla solidarietà di classe per far fronte alla pandemia.
Sarà l’auge del “capitalismo del disastro” quello che ci avverrà dopo la pandemia?
La crisi umanitaria non è solo la pandemia del covid-19. Sta nella maggior parte dei nostri paesi dove la fame, la povertà, la disuguaglianza, la miseria, la disoccupazione, la mancanza di lavoro convivono con l’evasione delle tasse, la fuga dei capitali, lo sfruttamento delle ricchezze materiali da parte delle multinazionali contro la natura e la sovranità.
Contro queste pandemie non si cerca un vaccino: il capitalismo, nella sua corsa necropolitica, non le combatte. Le incentiva.
(*) Giornalista uruguayano. Ha soggiornato in vari paesi latinoamericani per sfuggire alle dittature degli anni ’70. Tra i suoi libri ricordiamo “L’Internazionale del terrore mediatico”.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaruia “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)