Libano

Chi ha dato fuoco al porto di Beirut?

di Nazanin Armanian (*); da: publico.es; 9.8.2020

 

Mi sono riunito con alcuni dei nostri grandi generali e loro sembrano ritenere che si sia trattato di un attacco” rivela Donald Trump riguardo all’esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto, che ha distrutto parte della città, ha ucciso centinaia di persone, ne ha ferite a migliaia e ha lasciato senza casa non si sa quante.

In tutta la città si vedono gruppi di aiuto cittadini che offrono cibo, vestiti e persino le loro case – nonostante la pandemia – alle famiglie danneggiate. Persino gli amanti degli animali raccolgono quelli feriti e quelli che hanno perduto i loro padroni.

 

La teoria ufficiale del governo libanese punta ad una criminale negligenza: un focolaio iniziale in un magazzino o una saldatura durante un lavoro hanno raggiunto un deposito di tonnellate di nitrato di ammonio che ha prodotto un terribile ‘fungo’, anche se in questo caso si tratta della “nube di Wilson”, nome del gas di scarsa densità. Questo ‘fungo’ non si produsse quando, il 18 febbraio 2004, un treno iraniano che trasportava lo stesso prodotto  e del petrolio esplose nella stazione di Omar Kayyam , vicino a Neishabur, e causò 300 morti e 250 feriti, distruggendo anche centinaia di case.

 

Una seconda ipotesi segnala Hezbollah come autore delle esplosioni per sviare l’attenzione dal prossimo annuncio – il 7 agosto (spostato poi al prossimo 18 agosto, n.d.t.)– del Tribunale Speciale per il Libano (legato all’ONU), che stava per accusare 4 agenti di Hezbollah dell’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri avvenuto il 21 febbraio 2005.

 

Se vuoi conoscere la verità, ascolta i bambini, gli ubriachi e i pazzi” raccomanda la saggezza popolare, invitandoci a riflettere sulle parole di Trump.

Dopo aver distrutto la Siria, l’Iraq, la Libia nel Vicino Oriente e bloccato l’Iran – attraverso le sanzioni economiche, con l’assassinio dei suoi scienziati e militari e ora con attentati direttamente nel paese – il duo Usa-Israele continua con la riconfigurazione della mappa della regione in base ai propri interessi, con due obiettivi: 1) espellere l’Iran dal Libano (come dall’Iraq e dalla Siria) e disarmare Hezbollah e 2) distruggere l’Iran da dentro, ricorrendo alla “dottrina del polipo” inventata dall’ex ministro della difesa israeliano Naftali Bennett che afferma che, per uccidere il polipo, non è sufficiente tagliargli i tentacoli ma bisogna colpirgli anche la testa. Da mesi Israele sta portando avanti entrambe le politiche parallelamente: sia attaccando gli alleati della Repubblica Islamica (RI) sia colpendo obiettivi militari dell’Iran nel paese stesso.

 

Verso l’apocalisse

2 aprile: Il Mossad assassina Ali Mohammed Younis, comandante di Hezbollah e responsabile di “aver perseguito spie, talpe e collaboratori” di Israele nel sud del Libano.

23 aprile: Israele accusa l’Iran di un ciber-attacco ad un impianto di acqua potabile, alterando i livelli di cloro e di particelle chimiche.

9 maggio: un ciber-attacco di Israele – secondo il Washington Post – provoca il caos nel sistema informatico del porto iraniano di Sahid Rajaee, nel Golfo Persico, dove passa il 55% delle esportazioni e delle importazioni del paese, fermandone il traffico commerciale.

 

26 giugno: esplosione in un deposito di gas della base militare iraniana di Parchìn, vicino a Teheran. Secondo il quotidiano kuwaitiano Al Jareeda, aerei F35 israeliani erano entrati nello spazio aereo iraniano attraversando l’Iraq per portare a termine l’operazione e tornare a casa. 

4 luglio: incendio nella raffineria petrolchimica di Bandar Imam Komeini. Non viene scartato né l’incidente né un attentato.

6 luglio: incendio nell’installazione nucleare iraniana di Natanz. La versione ufficiale lo definisce prima “un incidente” e poi “un sabotaggio”, anche se non chiarisce se si è trattato di una bomba o di un ciber-attacco. Nel 2009 gli USA e Israele – nel primo ciber-attacco della storia – avevano distrutto parte di questa centrale nucleare tramite il virus Stuxnet, che causò l’autodistruzione di centinaia di apparati. Anni prima Israele aveva bombardato, con totale impunità, il reattore di Uzirak dell’Iraq (1980) e una installazione nucleare della Siria (2007).

8 luglio: il Fondo Monetario Internazionale (ovvero gli USA) rifiuta di trasferire un credito di 11.000 milioni di dollari al Libano - vitali per rimettere in piedi le infrastrutture paralizzate o fatiscenti del paese – se non vengono realizzate “riforme politiche”, espellendo Hamas dal gabinetto di governo (un debito di 86.200 milioni di dollari, l’inflazione, un’alta disoccupazione e la crescita della povertà mettono in crisi il regime teocratico del Libano).

9 luglio: due installazioni di distribuzione dell’acqua israeliane in Alta Galilea e a Mateh Yehuda sono colpite da un ciber-attacco, attribuito all’Iran.

13 luglio: incendio nell’impianto energetico di Zargan, in Iran.

23 luglio: il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, si riunisce a Beirut con il primo ministro libanese Hassan Diab, che governa con Hezbollah, per dargli un ultimatum: lascerà morire di fame i libanesi e getterà il paese nel caos se questo non ritorna nell’orbita dell’Occidente; è curioso che tra i luoghi distrutti il 4 agosto si trovi il silos più grande del paese che ospitava l’80% del grano importato, e un magazzino ricolmo di medicinali.

23 luglio: un caccia USA si avvicina ad un aereo passeggeri iraniano che andava in Libano, obbligandolo ad atterrare in Siria, provocando numerosi feriti. Voleva abbatterlo e trascinare così l’Iran in una guerra aperta? Gli USA avevano questo obiettivo quando, nel 1988, abbatterono nel Golfo Persico un Airbus iraniano uccidendo i suoi 290 passeggeri, tra i quali 66 bambini. Anche allora Komeini non applicò l’ “Occhio per occhio” alla superpotenza.

24 luglio: Il capo di Stato Maggiore Congiunto dell’Esercito USA, il generale Mike Milley, si riunisce in Israele con il capo di Stato Maggiore del paese, generale Aviv Kochavi, con il capo del Mossad Yossi Cohen e con altri alti funzionari della sicurezza israeliana. Il tema centrale è l’Iran. Kochavi afferma poi che stanno “preparandosi per una varietà di scenari” e  che “agiranno nella misura necessaria per eliminare qualsiasi minaccia per Israele ed evitare la sua violazione da parte dell’Iran o di suoi rappresentanti”.

27 luglio: Israele attacca con carri armati e cannoni la città di frontiera di Kafr Shuba e la fattoria Shanuh, accusando Hezbollah di tentativo di infiltrazione, mentre migliaia di agenti israeliani girano a loro piacimento per il Libano (e per tutta la regione).

28 luglio: il Libano annuncia che presenterà una protesta all’ONU per la “pericolosa scalata militare di Israele”. E’ di dominio pubblico che Netanyahu sta preparando un attacco pesante al Libano per l’estate.

30 luglio: Zohar Palti, capo del Tavolo Politico-militare del Ministero della Difesa ed ex capo del Mossad partecipa alla riunione del Gruppo dei Consiglieri della Difesa statunitense/israeliano (DPAG) per discutere con il rappresentante USA James Anderson e alti gradi militari di entrambi i paesi le “sfide alla sicurezza strategiche e regionali”, centrate sull’Iran, sulla sua attività regionale e sul suo progetto nucleare. Questo mese Israele dispiega lo scudo lancia-missili/antimissili chiamato “la Cupola di Ferro” alla frontiera con il Libano e aumenta il numero delle truppe di stanza lì. Mesi prima aveva messo in moto una infrastruttura con “sensori” per scoprire opere sotterranee lungo la frontiera libanese.

2 agosto: Israele uccide 4 membri di Hezbollah vicino al muro di sicurezza tra Israele e Siria, sulle Alture del Golan occupate, aggravando la tensione lungo la frontiera comune. L’esercito israeliano annuncia di essere preparato a qualsiasi scenario.

3 agosto: si dimette il ministro degli Esteri libanese, Nassif Hitti, che accusa il governo di Hassan Diab di condurre il paese a diventare “uno Stato fallito”.

4 agosto:inferno di zolfo e dolore in Libano mentre in Israele si celebra il festival Tu B’Av “Incontra l’anima gemella”. Per l’ex deputato Moshe Feiglin la morte dei libanesi è un “regalo” di Dio nel giorno dell’amore ebraico. Egli, esperto di esplosivi, afferma che quanto è successo nel porto di Beirut non è stato un incidente: prima che il contenuto dei magazzini cadesse “su di noi come una pioggia di missili”, il suo paese si è prevenuto. Come fa un paese a sentirsi sicuro e felice vivendo attorniato da inferni di guerra, di macerie e dolore?

Nel 2018 Netanyahu portò una mappa del porto di Beirut all’Assemblea generale dell’ONU, con evidenziati presunti depositi di armi di Hezbollah; quindi conosceva lo stoccaggio di questi depositi nel porto di Beirut. E due anni dopo, uno di questi luoghi viene distrutto. Casualità? La stampa occidentale e araba da allora insistono sul “deposito di armi di Hezbollah” nascosto là e, non essendo state trovate queste armi, hanno cominciato a dire che, nel parlare di armi, si riferivano al nitrato di ammonio.  All’improvviso vengono trovati vari deposito di questo prodotto in Bulgaria, a Cipro, nel Regno Unito e in Germania.

 

5 agosto: si dimette Brian Hook, l’inviato speciale USA per l’Iran, collaboratore di Rex Tillerson, l’ultimo diplomatico USA a difendere la vigenza dell’accordo su nucleare con l’Iran; verrà sostituito da un falco, Elliot Abrams.  Così si mette fine a ogni tentazione di Trump di arrivare ad un accordo nucleare tra i due paesi prima delle elezioni presidenziali USA nel prossimo novembre.

6 agosto: a Beirut appare un ‘Salvatore’ a consolare il popolo vittima, e non è né un leader “musulmano” né “arabo”, bensì il presidente laico di un paese europeo: Emmanuel Macron, che calpesterà le macerie della vecchia Beirut, abbraccerà i suoi abitanti e prometterà “un nuovo patto politico nel Libano”, minacciando di tornare in settembre per assumere “la mia responsabilità politica”, dice. A cosa si riferisce? Non vorrà dichiarare il Libano provincia della Francia!?. Quale organismo internazionale gli ha dato l’autorità di intervenire negli affari interni di un altro Stato sovrano?

7 agosto: il presidente del Libano, Michel Aoun, già considera la possibilità che un missile o una bomba abbia provocato le esplosioni a Beirut. E’ possibile che il fumo della prima esplosione abbia nascosto un missile israeliano diretto contro il deposito di esplosivi? E’ possibile un ciber-attacco del Mossad contro l’edificio?

 

Ovviamente l’ipotesi di un intervento israeliano non discolpa le autorità libanesi, incompetenti e corrotte, almeno per la loro negligenza nell’evitare la catastrofe.

 

Perché si nega l’attentato?

Sia il governo dell’Iran che quello del Libano, compreso anche il segretario alla Difesa USA Mark Esper e lo stesso governo israeliano, stanno insistendo sulla versione dell’  “incidente”. Sulla stampa iraniana vi è un acceso dibattito sull’ “attentato israeliano”, ma un riconoscimento ufficiale di questa versione metterebbe sia Teheran che Hezbollah in una situazione imbarazzante: l’opinione pubblica , condizionata da essi stessi, reclamerebbe delle rappresaglie. Ma nessuno è in grado di applicare la legge del taglione.

Da parte loro, Trump e Natanyahu, mentre continuano a cambiare la mappa del Vicino Oriente in forma discreta in base ai loro interessi, non vogliono per ora far scoppiare contro l’Iran una guerra totale di dimensioni difficili da controllare: la fanno invece poco a poco.

 

Il Vicino Oriente, che ospita ben sei guerre aperte in cui hanno perduto la vita milioni di esseri umani e che è stato testimone di come circa 100 milioni dei suoi vicini hanno sofferto la stessa calamità negli ultimi 30 anni, non può sopportare altri conflitti armati.

La “guerra mondiale” per impadronirsi del Vicino Oriente si fonde con i tentativi delle potenze regionali – Israele, Turchia, Iran e Arabia Saudita – che cercano da un lato di garantire la propria sicurezza e dall’altra di mangiarsi una fetta della torta, se ci riescono. Forzare le dimissioni di Diab e portare al potere Saad Hariri, l’uomo dell’Arabia Saudita e della Francia, vorrà dire soltanto aprire un nuovo ciclo nel già ferito Libano.

 

Perché non c’è un movimento anti-militarista a livello regionale e mondiale??

 

(*) Giornalista iraniano-spagnola

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

News