URSS

Margaret Thatcher: come ho distrutto l’URSS

di Maximo Relti (*); da: insurgente.org; 18.9.2020

 

Nel novembre 1991 l’allora ex prima ministra britannica Margaret Thatcher pronunciò un discorso nella città statunitense di Houston che, visto storicamente dalla prospettiva attuale, non perde assolutamente nulla.

Il suo discorso davanti al pubblico statunitense durò solo 45 minuti. Ma la verità è che in quei condensati tre quarti di ora l’ex premier britannica fece la più brillante sintesi di come gli Stati Uniti e i suoi alleati poterono distruggere, senza sparare una sola pallottola, la gigantesca Unione Sovietica, una enorme potenza  che non solo costituiva una seria minaccia per il sistema capitalista ma che, nei decenni precedenti, era riuscita a togliere il sonno alle classi dominanti di tutto il pianeta.

 

In quel discorso la signora Margaret Thatcher, con il tipico cinismo che l’aveva sempre caratterizzata, descrisse per filo e per segno come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’insieme dei paesi occidentali capitalisti si adoperarono per mettere fine all’esistenza dell’Unione Sovietica.

Se è vero che i suoi colleghi di allora della NATO mostrarono una per nulla disprezzabile abilità nell’affrontare l’autodistruzione dell’URSS, non per questo non poterono contare sull’inestimabile collaborazione di coloro che dirigevano i destini politici di quel paese che, senza scrupoli, procedettero a trasformare la seconda potenza mondiale in materiale da demolizione.

 

Come fu possibile che fattori interni contribuissero a questo incredibile suicidio collettivo, senza precedenti nella Storia, sarebbe motivo di un altro articolo.

 

Frammenti del “discorso di Houston” di Margaret Thatcher

“L’URSS è un paese che rappresenta una seria minaccia per il mondo occidentale. Non mi sto riferendo alla minaccia militare, in realtà questa non esiste. I nostri paesi sono sufficientemente ben armati, compreso l’armamento militare. Sto parlando della minaccia economica.

Grazie all’economia pianificata e a quella particolare combinazione di stimoli morali e materiali, l’Unione Sovietica è riuscita a raggiungere alti indicatori economici. La percentuale di crescita del PIL è praticamente il doppio di quello dei nostri paesi.

Se a questo aggiungiamo enormi risorse naturali di cui l’Unione dispone, con una gestione razionale dell’economia, sono più che reali le possibilità che essa ha di espellerci dal mercato mondiale. (…)

Per questo abbiamo sempre adottato misure atte a indebolire l’economia dell’Unione Sovietica, a creare difficoltà economiche, e il ruolo principale l’ha giocato la corsa al riarmo.

Un luogo importante nella nostra politica è stato la presa in considerazione delle debolezze della Costituzione dell’URSS. Sul piano formale essa prevede l’uscita immediata dall’URSS di qualsiasi repubblica lo voglia, tramite la decisione del Soviet Supremo e per maggioranza semplice.

E’ vero che la realizzazione di questo diritto era praticamente irrealizzabile a causa del ruolo di consolidamento del Partito Comunista e degli organi della sicurezza. Ma, nonostante tutto, in questa particolarità costituzionale avevamo potenziali possibilità per la nostra politica. Disgraziatamente, e nonostante tutti i nostri sforzi, per lungo tempo la situazione politica in URSS ha continuato ad essere stabile per molto tempo.

 

Avevamo una situazione complicata. Ma, poco dopo, ci è pervenuta un’informazione sulla prossima morte del leader sovietico (Konstantin Cernenko, n.d.t) e sulla possibilità dell’arrivo al potere, con il nostro aiuto, di una persona grazie alla quale avremmo potuto realizzare i nostri progetti in questa sfera.

Questa è stata  la valutazione dei miei esperti.  (Ho sempre sostenuto la formazione di un gruppo qualificato di esperti sull’Unione Sovietica  e quando la situazione lo richiedeva favorivo l’emigrazione dall’URSS degli specialisti necessari). Questa persona era Michail Gorbaciov, che i nostri esperti giudicavano come persona imprudente, suggestionabile e molto ambiziosa. Egli aveva buone relazioni con la maggioranza dell’élite politica sovietica e per questo, con il nostro aiuto, è stato possibile il suo arrivo al potere (…).

 

L’attività del “fronte popolare” (di Boris Yeltsin) non richiedeva grandi investimenti: parliamo di spese per volantini e di sostegno economico a funzionari. Ma quello che aveva bisogno di fondi era l’appoggio ai prolungati scioperi dei minatori.

Tra i nostri esperti suscitava grandi controversie la questione sulla candidatura di Boris Yeltsin come leader di questo “fronte popolare”, con la prospettiva della sua conseguente elezione al Soviet Supremo della Federazione Russa, contrapposto al ruolo di Gorbaciov. La maggioranza di essi si pronunciava contro la candidatura di Yeltsin a causa delle particolarità del suo carattere e al suo passato. Ma successivamente sono avvenuti dei contatti, degli accordi e la decisione di forzare la candidatura di Yeltsin, questa è stata la decisione che abbiano preso. Anche se con grandi difficoltà, Yeltsin è stato eletto Presidente del Soviet Supremo di Russia e, immediatamente dopo, è stata adottata la dichiarazione di sovranità della Russia. La questione era: da chi? se l’URSS era stata creata, a suo tempo, attorno alla Russia….

 

Questa è stata, senza dubbi, l’inizio della disintegrazione dell’URSS. A Yeltsin è stato dato un aiuto determinante durante i fatti dell’agosto 1991, quando la cupola che governava l’URSS ha bloccato Gorbaciov e ha cercato di restaurare l’integrità territoriale dell’URSS. I partigiani di Yeltsin hanno resistito ed egli ha acquisito un potere reale, significativo, anche se non completo, sugli organi di sicurezza.

Tutte le repubbliche dell’Unione hanno approfittato della congiuntura per dichiarare la loro sovranità, anche se alcune lo hanno fatto un po’ sui generis, senza scartare la possibilità della loro permanenza nell’Unione.

Così si è prodotta la dissoluzione de facto dell’Unione Sovietica, anche se de jure continua ad esistere. Ma vi assicuro che nei prossimi mesi riceverete la notizia della formulazione giuridica della dissoluzione dell’Unione Sovietica.”.

 

Quel memorabile discorso di Margaret Thatcher non era per nulla segreto. Il discorso venne diffuso anche se, bisogna dirlo, venne fatto con una certa discrezione. Lei stessa ne fece ampi riferimenti nelle sue ‘Memorie’, cercando di mettere in rilievo il ruolo che aveva personalmente giocato e, anche, il valore della sua abilità politica.

 

La ragione di questa discrezione è ovvia. Il discorso della Thatcher era davvero sovversivo, visto che metteva allo scoperto, agli occhi di tutti, non solo i procedimenti usati dai nemici dell’URSS per mettere fine a quella esperienza socio-politica che tanto li inquietava e che venne sempre minacciata, ma anche perché metteva in chiaro fino a che punto gli autentici e più pericolosi nemici di quell’esperimento politico-sociale non sempre stessero la di là del muro del sistema politico ma che, in non poche occasioni, si trovavano nelle sue alte gerarchie. E il fatto che quella implosione suicida, parallelamente, apriva loro sostanziosi redditi economici.

 

(*) Giornalista della rivista spagnola “Tercera Informaciòn”

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni) 

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