anniversari

Ricordando Camilo: fiori per il Signore dell’Avanguardia

di Paco Azanza Telletxiki (*); da: insurgente.org; 28.10.2020

 

Durante il primo anno della Rivoluzione, il popolo cubano soffrì la dolorosa perdita di colui che – insieme al Che, a Raùl, a Fidel e al recentemente scomparso Almeida – sarebbe diventato per meriti propri una delle persone più amate e importanti all’interno di essa. Mi sto riferendo, naturalmente, al comandante guerrigliero Camilo Cienfuegos Gorriaràn.  Conosciuto anche come il “Signore dell’Avanguardia”, “Comandante del Popolo” o “Eroe di Yaguajay”, Camilo sparì fisicamente il 28 ottobre 1959 dopo aver contribuito a far abortire una manovra controrivoluzionaria; ma oggi, cinquant’anni dopo, continua a vivere nella memoria del suo popolo.

 

IL 19 ottobre 1959, proprio lo stesso giorno in cui Raùl Castro si insediava come ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie-FAR, Fidel ricevette una lettera del comandante Hugo Matos in cui egli annunciava la sua rinuncia al Comando Militare di Camaguey e chiedeva il suo licenziamento.

La lettera, presunta privata e segreta, non era portatrice di questi due aggettivi quando arrivò, visto che il suo autore, invece di aspettare disciplinatamente la risposta del Comandante in Capo, aveva stampato numerose copie e le aveva ampiamente distribuite. Con l’aiuto dei suoi amici il contenuto anticomunista della missiva giunse in mano a gente la cui ideologia era confusa, se non reazionaria; arrivò anche agli ufficiali del Reggimento, alle associazioni studentesche e contadine, alle direzioni provinciali della Centrale dei Lavoratori di Cuba (CTC Rivoluzionaria) e del Movimento Rivoluzionario 26 luglio.

Il proposito di Hubert Matos era quello di, tramite l’inganno, accumulare forze per trasformare la situazione del movimento politico, naturalmente con lui alla guida. E in parte ci riuscì visto che inizialmente Matos riuscì a ottenere una mobilitazione politica e sociale di solidarietà abbastanza importante anche se, fortunatamente, questa non ci mise molto a svanire completamente.

Il fatto era molto grave. Solo il rapido e intelligente intervento di Fidel alla testa dell’avanguardia, dove si trovava ovviamente Camilo, così come il coraggioso atteggiamento del popolo di Camaguey di appoggio alla rivoluzione potè evitare che il tentativo di cospirazione continuasse.

Matos non rinunciava, come assicurava di ritirarsi a vita privata nella sua lettera ma, mascherato da vittima e con l’immagine dei  suoi “meriti enormi” diffusa, cercava di assestare un colpo al nascente processo rivoluzionario.

 

Il tradimento di Hugo Matos, che contava sull’appoggio della borghesia nazionale e del governo degli Stati Uniti, cominciò a sfaldarsi la notte tra il 20 e il 21 ottobre 1959. Lo stesso giorno 20 Fidel redasse una lettera di risposta al traditore e ordinò a Camilo che, alla guida di una compagnia di sicurezza dello Stato Maggiore dell’Esercito Ribelle, andasse a Camaguey, dove arrivò nelle prime ore del giorno 21.

Localizzato Matos, il Signore dell’Avanguardia gli consegnò la risposta di Fidel e gli comunicò che, a partire da quel momento, assumeva il comando militare della provincia; il traditore fu arrestato.

Poche ore dopo, e senza che nessuno lo aspettasse, Fidel arrivò nella città per poi dirigersi a piedi verso i locali di Radio Legendario e convocare il popolo. Non lo fece da solo visto che una moltitudine di persone, che aumentava come la spuma del mare, lo seguì per tutto il tragitto. Là Camilo si unì a Fidel, informandolo della gravità della situazione politica nel reggimento che, anche se sotto controllo, persisteva data la confusione regnante. Di nuovo a piedi e disarmati Fidel e Camilo, accompagnati da una moltitudine, arrivarono alla sede del comando del distretto militare ‘Ignacio Agramonte’. Affacciati al balcone i dirigenti rivoluzionari informarono il popolo di Camaguey e i soldati dell’Esercito Ribelle del tradimento che si stava neutralizzando in quei momenti. Denunciando la cospirazione reazionaria, Fidel rispose pubblicamente alla lettera che Matos gli aveva inviato per giustificare la sua condotta e sviare l’attenzione dai suoi veri propositi. Confidando come sempre nel suo popolo, il leader della Rivoluzione disse nel suo discorso: “C’era una congiura in una grande caserma e cosa è successo? Noi avevamo numerosi soldati: cosa abbiamo fatto? Siamo venuti a Camaguey e io vengo nella mia caserma che è la pubblica piazza, vengo nella mia caserma che è la città. Mi sostengo sul popolo, perché io sì credo nel popolo… I traditori si sono sbagliati perchè non hanno contato sul popolo. Lo hanno creduto tanto ingrato come loro, e hanno perso. Si confondono, credono di essere loro il popolo  e per questo loro hanno fallito e noi abbiamo trionfato … Ci possono essere uomini traditori, ma non i popoli”.

Nel tardo pomeriggio il Comandante in Capo partì per l’Avana e Camilo prolungò la sua visita a Camaguey per occuparsi di ristrutturare i comandi militari, capire le responsabilità e chiarire i fatti accaduti.

 

Quello stesso giorno e a bordo di un aereo B-25 Pedro Luis Dìaz Lanz, un altro traditore che era stato capo della Forza Aerea, gettò dei volantini sull’Avana con messaggi controrivoluzionari: mitragliò strade affollate della città e lanciò delle granate. Il risultato furono 2 persone morte e 47 ferite. Oltre che criminale, Dìaz Lanz dimostrò di essere poco intelligente perché, se cercava appoggi all’azione di Hubert Matos, l’effetto causato fu proprio il contrario, visto che ottenne solo di creare un’enorme indignazione popolare per nulla favorevole ai piani del traditore.

 

IL 22 ottobre Camilo apparve sul canale 11 della tv camagueyana e informò dei fatti, spiegando che esisteva un accordo tra Matos, Dìaz Lanz e l’ex presidente provvisorio Manuel Urrutia Leo con l’intenzione di tradire lo sviluppo della Rivoluzione. Rispose anche chiaramente alla domanda fatta da Matos a Fidel su fino a dove sarebbe arrivata la Rivoluzione: “Ci chiedono fino a dove andremo, e noi diciamo che andremo con questa Rivoluzione fino alla fine. Realizzeremo una vera giustizia sociale, toglieremo contadini e operai dalla miseria in cui vengono mantenuti dagli interessi che oggi muovono le forze della controrivoluzione…”.

L’attività di Camilo e dei suoi compagni fu frenetica per giorni, apportando cambiamenti nei comandi militari della provincia, nella direzione del governo territoriale e in quella del Movimento Rivoluzionario26 luglio.

Il 23 ottobre Camilo affidò gli edifici del distretto militare Agramonte al Ministero dell’Educazione: il primo passo per, come quello di Columbia, del Moncada e di altre caserme, trasformarlo in città scolastica.

 

Tornato all’Avana il 25 ottobre partecipò ad una riunione diretta da Fidel in cui si decise di convocare il popolo di fronte al Palazzo Presidenziale. Si trattava di dare una risposta alle aggressioni aeree che venivano dall’estero e mostrare all’impero minaccioso e a tutto il mondo l’enorme sostegno popolare su cui contava la Rivoluzione. La manifestazione avvenne il 26; durante essa e davanti a più di un milione di persone, intervennero vari dirigenti rivoluzionari, tra cui Camilo. Sarebbe stato il suo ultimo discorso, le ultime parole pronunciate davanti al popolo che lo applaudiva numerose volte: “.. oggi si dimostra che, come ventimila cubani hanno saputo morire per ottenere questa libertà e questa sovranità, c’è un popolo intero disposto a morire, se necessario, per non vivere in ginocchio. Perché per fermare questa cubanissima Rivoluzione deve morire un intero popolo, e se questo dovesse succedere, diventerebbero realtà i versi di Bonifacio Byrne                   

Se fatta in minuscoli pezzi

Arriverà ad essere la mia bandiera un giorno

I nostri morti alzando le braccia

La sapranno ancora difendere!”

 

Il 27 ottobre il Signore dell’Avanguardia lo passò all’Avana. Il giorno 28, nelle prime ore del mattino e a bordo di un bimotore Cessna 310, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Ribelle tornò a Camaguey. Il pilota era il primo tenente Luciano Fariñas, e completavano l’equipaggio la scorta di Camilo,  Félix Rodríguez, e il capitano  Senén Casas Regueiro. L’obiettivo del viaggio – Camilo pensava di tornare all’Avana lo stesso giorno – era concludere quanto iniziato e terminare di definire le responsabilità. Cose che fece prima di iniziare il ritorno verso la capitale. Camilo cominciò il volo alle 6.5 del pomeriggio con gli stessi compagni, eccetto Senén Casas Regueiro, che in mattinata aveva proseguito per Santiago, ma né l’aereo né i suoi occupanti arrivarono a destinazione. Nel partire da Camaguey, Camilo disse al capo della sua scorta all’Avana, il capitano guerrigliero Manuel Espinosa, “Cabeza”,di aspettarlo all’aeroporto di Ciudad Libertad, dove sarebbe arrivato verso le 19, 19.30 della sera. Passate le ore 20 e preoccupato per il ritardo, Cabeza informò del fatto Osmany Cienfuegos, fratello di Camilo. A partire da quel momento montò in tutto il paese un’enorme agitazione.

 

Diretta personalmente da Fidel si organizzò subito la ricerca per mare e per terra, con la partecipazione praticamente di tutto il popolo. Nonostante questo lo stesso Fidel finì per dire che si era fatto tutto l’umano e l’inumano per trovare Camilo – dodici giorni dopo non si aveva alcuna notizia né dell’aereo né dell’equipaggio. L’11 novembre il Comandante in Capo, via radio e tv, informò di quanto era ormai più che evidente: il Signore dell’Avanguardia era definitivamente sparito.

Per la morte fisica di Camilo furono decretati 7 giorni di lutto ufficiale. Il comando dello Stato Maggiore dell’Esercito Ribelle venne affidato al comandante Juan Almeida Bosque e il comando della Forza Aerea occupata da Almeida venne assunto dal comandante Sergio del Valle Jimènez. Così venne colmato il vuoto lasciato dalla sparizione di Camilo.

 

Come c’era da aspettarsi, non mancarono le speculazioni sulla sparizione di Camilo da parte della controrivoluzione. Con l’obiettivo di dividere i rivoluzionari vennero inventate molte calunnie, tra cui quella che Raùl e Fidel avevano ordinato di assassinare l’Eroe di Yaguajay perché, secondo i calunniatori, non era d’accordo sul cammino della Rivoluzione.

Per smontare tali infami accuse ci sono miriadi di argomenti. Ma citerò le parole di un individuo per nulla sospettato di essere amico del processo rivoluzionario. Mi riferisco a Andrés Nazario Sargén, segretario generale de Alpha 66, un’organizzazione terroristica che si è assunta la responsabilità degli attentati più dannosi contro Cuba: “Sarò sincero. Castro è mio nemico ma sono sicuro che non ha niente a che vedere con la morte del comandante Camilo Cienfuegos. Camilo, che io ammiravo enormemente, è sparito in mare. Io ho aiutato a cercare l’aereo per vari giorni. E niente. Cosa è successo? Quel giorno il tempo non era buono. E quasi tutti i piloti su cui contava la Rivoluzione erano apprendisti. Per me la responsabilità è stata del maltempo e dell’inesperienza dei piloti”.

 

Huber Matos fu giudicato e condannato a 20 anni di prigione, scontati integralmente. Dopo essere stato messo in libertà abbandonò Cuba per, dagli Stati Uniti e da altri paesi sudamericani, organizzare diverse campagne contro la Rivoluzione. Mentre era in carcere Matos non perse la sua vena egocentrica e ambiziosa, anzi, fino al punto che parecchi dei suoi seguaci più leali finirono per abbandonarlo.

 

Dato che era così fortemente carismatico, la popolazione rivoluzionaria di Cuba e di tutto il mondo patì grandemente la sparizione fisica di Camilo. Fidel disse che “la consolazione che il nostro popolo deve avere è che nel popolo ci sono molti Camilo e che Camilo continuerà a vivere negli uomini che si ispireranno a lui, perché l’unica cosa che noi possiamo chiedere al nostro popolo  è che , ogni volta che la patria è in una situazione difficile, ogni volta che la patria è in un momento di pericolo, si ricordi di Camilo…”.  E il Che disse del suo compagno ed amico che “la vita degli uomini come lui ha il suo aldilà nel popolo, non finisce finchè questo non lo vuole”.

 

Tutti i 28 ottobre, i bambini e le bambine di Cuba lasciano momentaneamente le loro scuole per andare sulle rive del mare e dei fiumi per gettare fiori nelle loro acque in ricordo del comandante guerrigliero. Quest’anno non potranno farlo a causa del covid-19.

 

Ma Camilo, che compie 61 anni di sparizione (solo fisica, naturalmente, perché vive nella memoria del suo popolo) sarà ugualmente ricordato: un po’ di più che tutti i giorni.

 

(*) Giornalista di Cubainformaciòn

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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