Cuba

Golpe morbido a Cuba

di Rosa Miriam Elizalde (*); da: cubadebate.cu; 10.12.2020

 

L’invasione ha ormai una cattiva fama: quei primi piani di stivali stranieri che calpestano una spiaggia o le strade di un quartiere, come El Chorrillo a Panama, che ancor oggi non conosce la cifra dei suoi morti (20.12.1989/3.1.1990 governo Bush padre, intervento per catturare Noriega:  26.000 militari USA che durante l’invasione bombardano e spianano il quartiere  dove vivevano solo operai e poveri. Si parla di 3.500 morti; n.d.t.). 

 

Dopo più di un secolo di implacabile pratica, gli interventi militari degli USA in America Latina sono screditati, hanno perso il ‘glamour’, sono passati di moda. Adesso si attaccano ai colpi di stato morbidi.

 

Il golpe morbido consiste nel travestire una minoranza in maggioranza, nel dare voce alle sue richieste, nell’acutizzare polemiche e confronti ed nell’erodere la vera maggioranza che governa, fino a farla cadere attraverso qualche farsa giudiziaria come in Honduras, parlamentare come in Brasile o elettorale, come in Bolivia; oppure imporre un intervento straniero come si vuol fare in Venezuela e qualcuno sogna di fare a Cuba.  

E’ più complicato dei colpi di Stato ‘duri’ dei marines ma, a differenza di questi, il golpe morbido ha il colore di questi tempi, con gli archetipi dei dittatori dalla parte dei cattivi, e una parte dei buoni con quelli di “combattenti per la libertà ”, con i suoi simulacri di leggende rimasterizzate e i loro falsi discorsi di eroismo cittadino; tutti, buoni e cattivi, concepiti come i protagonisti di un film d’azione di serie Z dai grandi strumenti del dominio: le corporations mediatiche e le piattaforme sociali.

 

Ebbene, è quello che stiamo vedendo a Cuba in questi giorni. Abbiamo falsi artisti che si sono barricati in una casa del quartiere San Isidro dell’Avana Vecchia, e un contesto in cui si confondono legittimi bisogni di dialogo con le autorità culturali, confusione, opportunismi politici, pandemia e tensioni economiche aggravate da un carosello di misure del regime di Trump: taglio delle rimesse, persecuzione delle petroliere, sanzioni finanziarie…

 

L’operazione degli “artisti” è stata disattivata in poche ore senza che venisse documentato un solo graffio. Da lì è partito l’altro film ben noto: l’Incaricato d’Affari dell’ambasciata degli Stati Uniti all’Avana (ambasciatore facente funzione) che trasporta  nella propria auto gli occupanti mentre alti funzionari del Dipartimento di Stato chiamano pubblicamente “colleghi” questi dipendenti locali del golpe morbido. Alcuni dei partecipanti ostentano la loro simpatia per Donald Trump, che riconoscono come loro presidente, e il fatto di ricevere finanziamenti dai fondi del governo federale per la “promozione della democrazia”.

 

Come ha documentato il  ricercatore Tracey Eaton, il governo degli Stati Uniti ha speso dai 20 ai 45 milioni di dollari all’anno dal 1996, quando fu data carta bianca al sostegno finanziario per i gruppi locali e per gli osservatori internazionali al fine di provocare  un“cambio di regime a Cuba”, in base alla Sezione 109 della legge Helms-Burton.

In tal modo sono stati stanziati più di 500 milioni di dollari per queste operazioni, anche se esse non rappresentano l’unica strada presa del denaro , né la più comune,  per promuovere il grande affare della “dissidenza” cubana. Nessuno sa con certezza quanto si stanzi per le operazioni segrete, o quanto sia l’importo totale che è arrivato a San Isidro per questo tentativo di accostare un fiammifero alla polveriera.

 

Una buona fetta di questa cifra raggiunge anche un insieme di media digitali creati dal governo statunitense per disinformare sulle questioni cubane. In Florida, a partire dal 2017, sono apparse centinaia di pubblicazioni che hanno la parola “Cuba” nel nome con cui  sono online. L’obiettivo è quello di dare volume alle informazioni tossiche sull’Isola, riconfezionando un unico programma per pubblici diversi e proiettando l’agenda degli Stati Uniti come fosse quella dei  cubani.

A differenza di altri momenti della cosiddetta Guerra di Quarta Generazione o Guerra Non Convenzionale, i nuovi laboratori del Golpe Morbido operano simultaneamente nel mondo fisico, psicologico, percettivo e virtuale così che - dopo la confusione - in termini culturali resta solo la terra bruciata.

 

The Guardian ha intervistato pochi giorni fa il corrispondente di uno di questi media digitali della Florida che a settembre ha ricevuto un finanziamento di 410.710 dollari dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID). Il giornalista di ADN Cuba  ha detto al quotidiano britannico che le misure prese dalla Casa Bianca il mese scorso per vietare le rimesse inviate ai cubani dai loro familiari negli Stati Uniti sono “perfette”, perché la maggior parte del denaro finisce nelle casse della Stato, una bugia scandalosa. “Se fossi stato negli Stati Uniti, avrei votato per Trump”, ha aggiunto questo “giornalista imparziale” che, come altri, da settimane aggiunge legna al fuoco di San Isidro.

Non è come invadere un paese, ma è pur sempre un bel  tentativo di mascherare da maggioranza libertaria le minoranze violente.

 

Così hanno nascosto al povero pubblico disinformato di questo mondo ciò che sta realmente accadendo in termini culturali sull’Isola. In questo momento più di 1.800 film e più di 800 copioni inediti sono stati iscritti al Festival Internazionale del Nuovo Cinema Latinoamericano all’Avana.

Ci stiamo preparando a questa festa annuale, che è una scommessa per di mantenere viva la cultura senza che echeggino, oltre all’ammasso vischioso della disinformazione, gli effetti del golpe  morbido.

 

“L’odio è una lunga attesa”  ha detto lo scrittore franco-africano René Maran.

E, quasi sempre, anche un grande fallimento.

 

(*) Giornalista e scrittrice cubana, co-fondatrice del portale CUBADEBATE. Scrive anche  sul quotidiano messicano La Jornada.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)

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