USA

Fatti senza precedenti nella storia degli Stati Uniti

Una crisi di lunga gestazione

di Atilio Boron (*); da: pagina12.com.ar; 7.1.2021

 

Nei gravissimi fatti di mercoledì, propri delle “anarchie populiste” che Washington vede – e censura – dappertutto nei paesi della periferia, c’è una indubbia corresponsabilità dei due partiti.

 

Quanto è successo non ha precedenti nella storia degli Stati Uniti. Tutta una vetusta ed enorme impalcatura istituzionale concepita dai ‘padri fondatori’ per evitare i rischi della oclocrazia – il temuto governo del popolaccio – si è sgretolata come un castello di sabbia quando, rispondendo alle incessanti arringhe di Donald Trump, una turba di ‘trumpisti’ ha investito le forze di sicurezza e assaltato il palazzo del Congresso.

Risultato: il Senato ha dovuto interrompere i lavori mentre il vice-presidente Mike Pence veniva velocemente evacuato dai Servizi Segreti, intanto che una banda di facinorosi, alcuni dei quali armati, occupavano le sale del Senato e della Camera dei Rappresentanti. L’obiettivo: impedire che il Congresso certificasse la vittoria di Joe Biden nelle elezioni presidenziali del 3 novembre.

 

La responsabilità di Trump in questi incidenti è indiscutibile. Una parte dei repubblicani ci ha messo del suo. Più di cento di loro erano disposti a proporre l’annullamento della vittoria di Biden, e anch’essi devono essere considerati promotori della rivolta. Ma sarebbe un errore credere che quanto è successo sia responsabilità esclusiva di Trump e dei suoi seguaci.

 

Questo episodio segna la gravità di una crisi di legittimità che da molto tempo sta erodendo il sistema politico nordamericano. L’assenteismo elettorale è un fardello cronico per un sistema che si autoproclama ‘democrazia’ quando non lo è. Abraham Lincoln la definì come “governo del popolo, attraverso il popolo e per il popolo”.

Oggi, non solo intellettuali di sinistra come Noam Chomsky ma persino accademici del mainstream (tradizionalisti, n.d.t.) come Jeffrey Sachs, e prima di lui Sheldon Wolin, sostengono nei loro discorsi e articoli che il sistema politico degli Stati Uniti è una plutocrazia e non una democrazia nella misura in cui è il governo dei ricchi, da parte dei ricchi e per i ricchi.

Questo è quanto afferma la lamentosa riflessione fatta, mesi fa, da un editoriale collettivo di The New York Times nel constatare che l’1% più ricco accumula più ricchezze dell’80% più povero del paese.

Cioè una pseudo-democrazia che, applicando le politiche neoliberiste, ha decretato le esequie del “sogno americano” e trasformato il paese in quello più diseguale del mondo sviluppato.

 

Le uscite di Trump e le sue politiche criminali, all’interno e all’esterno degli Stati Uniti, si sono nutrite per quattro anni della mancanza di volontà dei democratici a porre fine alle politiche che beneficiano il 10% più ricco (e soprattutto l’1% dei supermilionari) del paese, e per non aver fatto neppure il minimo sforzo per democratizzare davvero il sistema politico.

 

Non è inutile ricordare, davanti ai violenti incidenti di questo mercoledì, che mai i padri fondatori ebbero in mente di creare un sistema democratico: l’elezione indiretta tramite i collegi elettorali, il carattere facoltativo del voto, il suffragio in giorni lavorativi sono le remore di un sistema che si è costituito come una repubblica, ma non una democrazia.

 

Non è a caso che la Costituzione stessa degli Stati Uniti non menzioni in un solo posto la parola magica: “democrazia”. E a fronte di una società che è cambiata tanto come gli Stati Uniti negli ultimi cinquant’anni, passando dall’essere una società abbastanza omogenea ad una multiculturale e disuguale, e davanti alla stupidità di un sistema partitico che non riflette per nulla questi cambiamenti, l’apparizione di un demagogo come Trump e della sua incendiaria retorica poteva finire con l’aprire le porte dell’inferno e scatenare tutti i demoni.

E’ questo che è successo ora. E andrà per il lungo e non si risolverà senza riforme sociali, economiche e politiche di fondo, cosa che difficilmente Joe Biden sarà disposto a fare.

 

(*) Politologo argentino

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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