Covid 19

Virus internazionalista ma vaccini privati e nazionalisti

di Jorge Marchini (*); da: rebelion.org; 5.2.2021

 

L’enorme risultato della scienza dell’aver ottenuto in tempo record dei vaccini contro il Covid-19 si contrappone, come crudo paradosso, alla mercificazione della salute. Questa non solo mette in evidenza le distanze economiche e sociali abissali nelle cure mediche ma, e in modo immediato, mette a rischio l’eventuale possibilità di porre fine nel prossimo periodo alla pandemia mondiale attraverso la vaccinazione universale.

 

Nonostante le lunghe dichiarazioni di leaders mondiali che avvertono che si tratta di una “crisi di tutta l’umanità”, la fornitura dei vaccini si sta sviluppando come un eccezionale affare privato.

La possibilità e la necessità di una vaccinazione di massa per il superamento della crisi sanitaria ha come freno evidente il fatto che si tratta il vaccino come un prodotto di mercato – “chi paga accede” o, come già si vede nell’immediato, “il paese più ricco vaccina per primo” – nonostante il virus contagi senza rispettare frontiere, privilegi economico-sociali o leggi di mercato.

 

Paradossalmente l’investimento iniziale sulla ricerca e lo sviluppo è stato finanziato centralmente con fondi pubblici e acquisti statali anticipati – compresi quelli dei paesi più poveri – che sono stati realizzati prima ancora di conoscere l’efficacia di ogni vaccino e il periodo di protezione dal contagio che la loro applicazione può dare.

 

Le risorse statali riversate e impegnate a livello mondiale nei vaccini contro il Covid-19 fino al mese di gennaio 2021 sono state stimate in più di 86.500 milioni di euro (circa 104.000 milioni di dollari) ma, nonostante questo, i gruppi di fabbricanti pretendono la proprietà monopolistica dei loro vaccini per 20 anni, reclamando il privilegio del diritto di esclusività dei brevetti privati stabilito dall’accordo sulla proprietà intellettuale (ADPIC) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).

 

Quindi non è stato casuale l’insieme di denunce per le difficoltà nella produzione e nella fornitura delle prime partite  e le campagne più o meno sporche di comunicazione a favore o contro i vaccini, che hanno rivelato la prevalenza della concorrenza sul coordinamento degli sforzi internazionali.

Le dispute hanno dato passo anche a posizionamenti geopolitici di paesi centrali (USA, Cina, Russia, Regno Unito, Unione Europea) per spingere la più veloce approvazione e penetrazione dei vaccini prodotti dai loro laboratori.

 

Nello stesso momento la concorrenza anarchica si è riflessa nella disputa per la fornitura prioritaria di vaccini ai paesi più ricchi. Il disordine si è evidenziato molto chiaramente anche nel grado di speculazione e di mancanza di trasparenza dei prezzi negoziati per l’acquisto di dosi dei vaccini.

Così i costi reali della ricerca, della produzione e della distribuzione e, naturalmente, il volume dei profitti imprenditoriali, non sono pubblici. Tali profitti  potranno avere un valore ancora più alto a lungo termine, nel caso fossero necessarie vaccinazioni annuali ripetute.

 

Prima gli affari e poi la carità?

Anche quando i laboratori hanno promesso prezzi “giusti e ragionevoli”, l’impegno concreto del significato della frase continua ad essere ambiguo, oscillando tra la promessa di vendere a costo di produzione in un periodo iniziale, che deve essere stabilito dalle aziende stesse, all’offerta di condizioni di vendita e di credito più accessibili per i paesi più poveri, senza chiarire quali.

 

Davanti all’evidenza dell’iniquità prevedibile nella distribuzione dei vaccini, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) spinse nell’aprile 2020 il lancio dell’iniziativa pubblico-privata Covax, aspirando alla fornitura di 2.000 milioni di vaccini ai paesi più poveri nel 2021.

Ma, mentre l’anno comincia a passare, la proposta ha raggiunto  impegni di contribuzione che coprirebbero solo un terzo dei fondi necessari per rendere possibile l’obiettivo della vaccinazione globale prevista per il presente anno, con 7.000 milioni di dollari necessari e appena 2.400 milioni impegnati.

Oltretutto Covax soffre il fatto dell’incidenza disinformatrice dei privati che utilizzano la loro partecipazione molto limitata (il 90% dei fondi promessi fino ad ora sono pubblici) come strumento di relazioni pubbliche e per fornire opinioni magniloquenti non specializzate o parziali.

 

E’ l’umanità, stupido.

Poco prima delle elezioni del 1992 negli USA, l’allora presidente George Bush figlio era considerato imbattibile dalla maggioranza degli analisti politici. In questo quadro, James Carville, stratega del candidato democratico Bill Clinton affisse un cartello informale negli uffici della campagna, spiegando che la sua candidatura avrebbe dovuto centrarsi solo su definizioni molto semplici che non dovevano essere spiegate ma solo agitate: a) cambiamento contro lo statu quo; b) è l’economia, stupido; c) non dimenticarsi della salute. 

Molte cose sono cambiate nel mondo da allora, e non proprio per il meglio. Si è andati verso un mondo che, nonostante i suoi notevoli avanzamenti tecnologici, prevede disuguaglianze e marginalizzazioni sempre più evidenti.

La lotta obbligata contro la pandemia mette chiaramente in evidenza ora anche la necessità di superare il mascheramento degli interessi reali che stanno dietro le frasi altisonanti, superficiali e/o opportuniste dei consiglieri di immagine.

 

I paesi dell’America Latina, così come in generale tutti i paesi periferici e i settori emarginati dalle cure sanitarie, devono stabilire, reclamare chiaramente le loro priorità e coordinare posizioni e azioni urgenti e possibili, come:

. a) priorizzare i bilanci della salute pubblica, considerando l’esistenza di uno stato di necessità (es. prima la salute e non gli speculatori finanziari);

. b) garantire la vaccinazione universale, combattere concretamente e prendere posizione aperta nei forum internazionali contro le discriminazioni che inibiscono l’accesso raggiungibile, sicuro ed effettivo ai trattamenti diagnostici e ai vaccini per i paesi periferici e i settori marginali;

. c) poiché la pandemia è mondiale e poiché i laboratori hanno sostegno pubblico e sociale garantito, esigere la trasparenza pubblica di costi/profitti/prezzi della produzione dei vaccini. Bisogna disarticolare i super-profitti da rendita (brevetti monopolistici a lungo termine), poiché questa può essere assolutamente definita come una “crisi di sicurezza”, esattamente come è definita puntualmente negli accordi internazionali esistenti;

. d) applicare senza perdere tempo politiche pubbliche attive di ricerca e sviluppo per la produzione locale  e la complementazione armonica regionale e internazionale nella fabbricazione e nella fornitura di attrezzature, materiali e medicine (compresi i vaccini).

 

La crisi attuale non richiede chiacchiere vacue e sensazionaliste, ma proposte, misure e azioni urgenti concrete, che diano la priorità alla salute dell’umanità invece che agli affari privati e alle speculazioni geopolitiche.

La pandemia ha già provocato troppo dolore e troppi danni. Non c’è tempo da perdere.

 

(*) Professore di Economia dell’Università di Buenos Aires, ricercatore del Consiglio Latinoamericano di Scienze sociali (CLACSO) e collaboratore del Centro Latinoamericano di Analisi strategica (CLAE).

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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