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Texas: uno Stato fallito grazie al modello neoliberistico

di Alberto Lòpez Girondo (*); da: rebelion.org; 24.2.2021

 

La tormenta Uri ha messo allo scoperto il fallimento dei servizi pubblici: 13 milioni di abitazioni senza acqua, 500 mila senza luce, 15 milioni di persone senza riscaldamento e bollette alle stelle per il consumo rimettono in campo il dibattito sulla de-regolamentazione e la mancanza di controlli.

L’ondata di freddo che attraversa gli Stati Uniti ha messo in luce  il fallimento del modello neoliberista, applicato con fervore in Texas e mette in scacco il progetto indipendentista che promuove da tempo.

 

Che una tormenta lasci 13 milioni di abitazioni senza acqua, 500 mila senza corrente e circa 15 milioni di persone senza riscaldamento, provocando una ventina di morti, in altri paesi parleremmo di “Stato fallito”. Invece, in questo ricco territorio, i media e l’establishment hanno scelto di incolpare gli ambientalisti che promuovono l’uso delle energie alternative invece di quelle tradizionali, che continuano ad essere la grande fonte di guadagno delle corporations private.

Ad aggravare questa crisi, gran parte del Messico è rimasta senza energia elettrica perché dipende dal gas che compra in Texas da quando anche lì è stata liberalizzata l’economia.

 

Con records di 20 gradi sotto zero, la tormenta Uri ha prodotto una catena di calamità, tutte prevedibili. Le tubature  dell’acqua sono scoppiate per il freddo, come quelle del gas. Ciò ha provocato una serie di interruzioni dell’energia nelle centrali alimentate da combustibile proprio quando in molte case si bruciava qualsiasi cosa per riscaldarsi e non morire di freddo. Per evitare il congelamento delle tubature, si sa, è necessario lasciare un rubinetto a  gocciolare, ma questo ha accelerato drammaticamente il consumo di acqua.  Le autorità hanno raccomandato di bollire l’acqua per evitare contaminazioni. Toby Baker della Commissione sulla Qualità Ambientale del Texas ha detto alla radio NPR che hanno dovuto emettere 250 allarmi sulla qualità dell’acqua in 110 contee dello Stato e che “ci sono 332 sistemi danneggiati”.

 

I danni maggiori sono stati generati nel sistema elettrico. Negli Stati Uniti co-esistono tre sistemi di interconnessione. Quello dell’Est, quello della costa Ovest e quello del Texas, che non è connesso con il resto del paese. Nel 1935, durante il primo governo di Franklin Roosevelt – racconta Kate Galbraith sul Texas Tribune – venne approvata la Legge Federale sull’Energia. Lo Stato del Texas, che aderì all’Unione nel 1845 ma mantenne il diritto ad andarsene quando avesse voluto, approfittò di questa circostanza perché il suo servizio elettrico restasse al di fuori dei controlli federali.

Nel 1976 i texani formarono un ente che gestisce la fornitura di energia, l’ERCOT (Consiglio di Affidabilità Elettrica del Texas). In piena auge neoliberista, nel 1999 i prezzi divennero totalmente liberi. Essi hanno una libera fluttuazione secondo la domanda in quasi tutto lo Stato. Il problema di questa ondata di freddo è che, per l’aumento del consumo, le tariffe crescono fino ad un 10.000%, portando le bollette di un’abitazione intorno ai 100.000 dollari.

 

Uno studio realizzato nel 2019 dalla Coalizione del Texas per l’Energia Accessibile (CAPTX la sigla in inglese), che riunisce utenti di circa 160 città, rivela che in questi 20 anni i texani che usufruiscono del servizio non regolato hanno pagato circa 22.000 milioni di dollari in più di quanti avrebbero pagato se fossero stati clienti di servizi regolati.

 

Anche la catastrofe climatica, che è facile attribuire al cambiamento climatico, gioca in questa partita. “Le case in Texas generalmente sono progettate con l’idea di mantenere il calore fuori, non dentro” ha twittato lo scrittore Mark Sumner. Il freddo inaspettato ha obbligato migliaia di persone a trovare taniche di gas. Mentre le strade erano bloccate per la neve, per il maggior consumo i centri di fornitura erano completamente vuoti. Lo stesso è successo con le bombole di gas, letteralmente spazzate via dagli abitanti.

 

Il messaggio brutalmente liberistico si è diffuso. Il sindaco di Colorado City, Tim Boyd, ha cercato di scagionarsi dalle responsabilità, sostenendo che “nessuno deve niente a voi e alla vostra famiglia! E non è nemmeno responsabilità del governo locale appoggiarti in tempi difficili come questi. Nuotare o affondare, la scelta è tua. Sono stanco e stufo che la gente cerchi la maledetta carità!”. Ha dovuto dimettersi.

 

Anche il Premio Nobel per l’Economia Paul Krugman ha partecipato alla discussione nella sua colonna su The New York Times: “A differenza di altri Stati, il Texas ha scelto di non fare pressione sulle compagnie elettriche perché installassero capacità addizionali in modo da far fronte a possibili emergenze. Questo ha fatto sì che l’elettricità fosse più a buon mercato in tempi normali, ma ha lasciato il sistema vulnerabile se qualcosa fosse andato male” ha scritto, e ha aggiunto:”Dopo che l’ondata di freddo del 2011 aveva lasciato milioni di texani al buio, la Commissione Federale di Regolazione dell’Energia sollecitò lo Stato a condizionare le sue centrali elettriche con isolamenti, tubazioni di calore e altre misure. Ma il Texas, che ha deliberatamente tagliato la sua rete dal resto del paese proprio per evadere le regole federali, ha applicato solo parzialmente le raccomandazioni”.  

Dopo il collasso della rete elettrica, il governatore Greg Abbott ha promesso una riforma di ERCOT. “La rete ERCOT è collassata proprio nello stesso modo dell’ex Unione Sovietica. Ha zoppicato per mancanza di investimenti e per negligenza, fino a che si è spezzata in circostanze prevedibili” ha detto al Los Angeles Times Ed Hirsh, dell’Università di Houston.

 

Esportazione dei blackout

Il Texas non solo esporta gas in Messico. Ha anche regalato blackout elettrici a 42 milioni di clienti.

Succede che, dagli anni ’90, il Messico è andato perdendo la sovranità energetica e gran parte dell’elettricità è fornita da imprese private che comprano dall’altro lato della frontiera. E dato che i condotti di gas che alimentano le fabbriche erano congelati, i clienti sono rimasti senza corrente.

I media e la feroce opposizione a Andrès Manuel Lòpez Obrador (AMLO, attuale presidente messicano, n.d.t.)  si sono accaniti su questa crisi e, in particolare, hanno scatenato un uragano di critiche contro il suo governo. AMLO ha puntato il dito su due fattori: da un lato, ovviamente, sull’inusuale ondata di freddo ma anche sul rialzo del prezzo dei combustibili del 5000% negli ultimi giorni.

 

Il Messico aveva un’importante infrastruttura energetica ed il paese figurava tra i grandi produttori di petrolio e gas naturale del mondo. Fino a che, negli ultimi decenni, i piani neoliberisti hanno fatto il miracolo: ora il Messico deve importare energia per un valore di 18 mila milioni di dollari nel 2020.

 

(*) Giornalista argentino

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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