USA e Covid 19

La “variante statunitense” del Covid-19

di Pascual Serrano (*); da: rebelion.org; 9.4.2021

 

Per regola generale, l’ambito internazionale della politica di un governo si limita ai paesi confinanti o a quelli della sua regione; solo su alcuni temi le sue decisioni hanno una proiezione globale su problemi come il riscaldamento globale o certe politiche militariste che alterano l’equilibrio mondiale, soprattutto se parliamo di una potenza.

 

Recentemente si è aggiunta a questa agenda globale la politica verso i vaccini contro il Covid-19 e questo sta succedendo con gli Stati Uniti.

Durante questa pandemia, la percezione proiettata dai media su cosa stavano facendo gli Stati Uniti si è incentrata nel presentare la politica caotica che stava seguendo Donald Trump e, adesso, un certo successo della campagna di vaccinazioni con il nuovo governo di Biden, visto che i suoi dati continuano a superare la media mondiale e anche quella dell’Unione Europea.

Tuttavia ci sono elementi della loro politica che stanno colpendo la comunità internazionale, e vale la pena di soffermarvisi.

 

Il brevetto del Governo statunitense

Ad esempio, è interessante sapere che il Governo statunitense è proprietario di un brevetto riguardante i metodi per stabilizzare la proteina ‘Spike’ [produrre anticorpi contro questa proteina (di cui il virus si serve per agganciare le cellule umane e penetrare diffondendo la malattia) vuol dire far formare dall’organismo anticorpi specifici che impediscono al virus di infettare le cellule bersaglio rendendolo di conseguenza innocuo; n.d.t. ] del coronavirus.  Almeno 5 vaccini oggi impiegati, quelli di Moderna, Johnson & Johnson, Novavax, CureVac e Pfizer-BioNTech dipendono da questo brevetto per sviluppare il loro vaccino.

E’ curioso che, nonostante l’invenzione di questa tecnologia risalga al 2016 ad opera dello scienziato Barney Graham, degli Istituti Nazionali di Sanità (NIH la sigla in inglese), che sono parte del Dipartimento di Sanità e Servizi Umani degli USA, il Governo statunitense abbia chiesto il brevetto solo 5 anni fa e che proprio di questi giorni, il 30 marzo di quest’anno, esso sia stato concesso.

 

Se anche alcune delle società citate hanno ricevuto l’autorizzazione degli Stati Uniti per poter utilizzare questa tecnologia nell’elaborazione del loro vaccino contro il Covid-19, tale autorizzazione non è stata concessa in esclusiva, il che apre la porta alla possibilità che possano essere autorizzate altre società.

Dall’altra parte il fatto che sia un governo, e non una società farmaceutica, a disporre del brevetto potrebbe facilitare la sua liberalizzazione, almeno temporale, per poter aumentare la produzione di vaccini e salvare migliaia di vite. Ma non sembra che il Governo statunitense sia orientato a farlo.

Nelle ultime settimane, in febbraio, alla riunione dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMC), la delegazione USA ha ripetuto la sua posizione a favore del mantenimento dei brevetti. In modo che qualsiasi fabbricante o paese dovrà sempre arrivare ad un accordo con il Governo statunitense, ovvero pagarlo, altrimenti dovrebbero affrontare della cause per infrazione ai brevetti. Si contempla anche la misura cautelare, disposta da un giudice, di ritirare un vaccino dal mercato se non ha ricevuto l’autorizzazione USA ad utilizzare il suo brevetto. Già nel 2019 il Dipartimento di Giustizia ha denunciato la farmaceutica Gilead per infrazione ai brevetti governativi che proteggono alcuni medicinali contro l’AIDS.

 

Il problema dei brevetti è fondamentale per riuscire ad ottenere l’aumento della produzione e il salvataggio di milioni di vite, compreso nei paesi ricchi dove si sta vaccinando ad un buon ritmo, perché una rapida vaccinazione di massa dell’umanità potrebbe frenare la possibilità di nuove mutazioni del virus. Con l’attuale sistema dei brevetti sono i loro proprietari a decidere quali industrie li fabbricheranno, in quali paesi e in quale quantità.

 

Moltiplicare per tre i vaccini

L’Associazione per il Giusto Accesso alle Medicine (AAJM), che raggruppa sanitari e membri della società civile, ha segnalato sulla rivista dell’associazione che, concedendo le licenze non esclusive per i vaccini perché si possano fabbricare in tutti gli stabilimenti accreditati, si potrebbe passare, in pochi mesi, dall’attuale capacità di produzione di 10.000 milioni di dosi annuali a 30.000 milioni.

Già nel 2016 i 60.000 dollari per paziente che la società proprietaria del brevetto di una medicina per l’epatite C – che è la causa principale di cirrosi e cancro del fegato – fecero sì che si ritardasse per mesi la sua applicazione ai pazienti spagnoli, fino a che fu possibile rinegoziare il prezzo e inserire il medicamento nelle liste della sanità pubblica.

 

Ma continuiamo con il ruolo degli Stati Uniti in questa crisi mondiale di pandemia da coronavirus.

Nonostante il vaccino AstraZeneca sia già autorizzato in più di 70 paesi, non lo è ancora negli Stati Uniti, in attesa del risultato di alcune prove cliniche e perché la società non ha sollecitato alla FDA (Amministrazione degli Alimenti e delle Medicine) un’autorizzazione di uso di emergenza.

Ma le società statunitensi lo stanno fabbricando nel loro paese. Il risultato, come ha rivelato The New York Times, è che circa 30 milioni di dosi si stanno accumulando nei magazzini di AstraZeneca a West Chester, Ohio, dove avviene la fase finale del processo di fabbricazione durante la quale il vaccino viene collocato nelle fiale. A queste dosi si aggiungono quelle della Emergent BioSolutions, una società del Maryland che ha anch’essa prodotto a Baltimora sufficienti vaccini per milioni di dosi di fiale già confezionate.

 

Non solo altri governi ma anche AstraZeneca stessa ha chiesto al governo di Biden di permetterle di prestare dosi statunitensi all’Unione europea dove, si sa, la società non ha rispettato i suoi impegni contrattuali di fornitura dei vaccini. Ma il governo statunitense ha respinto la richiesta e non è disposto a lasciare che questi vaccini escano dal paese anche se non li sta utilizzando, e c’è anche la possibilità che non li utilizzi mai vista la capacità di produzione delle altre società farmaceutiche negli Stati Uniti. Biden ha rifiutato anche la proposta dei suoi stessi funzionari federali che hanno proposto di inviare i vaccino in Brasile, dove la tragedia umanitaria provocata dal Covid batte i records di contagi e di morti tutti i giorni e contabilizza già più di 330.000 morti.

 

Cavallo di Troia

In questo panorama di comportamento degli Stati Uniti a fronte della comunità internazionale, è davvero curioso che tanti media e tanti governi occidentali continuino ad accusare paesi come Cina, Russia e Cuba di ricorrere ai loro vaccini come strategia geopolitica per acquisire un’influenza globale. Anche il quotidiano spagnolo El Paìs ha definito il vaccino russo un “nuovo cavallo di Troia” tra i paesi dell’Est e della UE.

E’ il mondo alla rovescia: tramite il cosiddetto cavallo di Troia i guerrieri achei riuscirono ad introdursi nella città fortificata di Troia, uscendo dal loro nascondiglio, e assassinarono le guardie, aprendo le porte della città in modo che le loro truppe potessero conquistarla. Il cavallo di Troia portò ai troiani la morte e la sconfitta militare.

Proprio l’esatto contrario di quello che porterebbero all’Europa vaccini come quelli cinesi e russi, destinati a salvare delle vite.

 

Ma gli Stati Uniti, con il loro rifiuto di condividere i brevetti  e la decisione di permettere che i vaccini imputridiscano nei loro frigoriferi prima di cederli ad altri paesi, portano davvero la morte e la tragedia al resto del mondo e non sembra che questo risvegli titoloni sui media.

 

Non esiste – per ora – una variante statunitense del Covid, ma può darsi che sia questa e che sia la più dannosa.

 

(*) Giornalista e saggista spagnolo. Collabora con vari media del suo paese e latinoamericani sui temi della comunicazione e della politica internazionale.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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