Com’è sopravvivere nella Striscia di Gaza
di José Fernandez (*); da: lahaine.org; 17.5.2021
Durante gli ultimi 70 anni Israele non solo ha garantito l’occupazione tramite l’uso di azioni militari dirette sul popolo palestinese e sul suo territorio, ma ha anche dispiegato un’azione fine e molto ben pensata, che gli permette di causare morti silenziose di minor costo politico di fronte alla comunità internazionale mentre continua a massacrare il popolo palestinese.
Nell’intervista che ho fatto a Valeria Cortes (1) nella Striscia di Gaza, lei spiega come hanno trasformato Gaza in un campo di concentramento a cielo aperto, dove scarseggiano cibo, acqua, accesso all’elettricità; dove il sistema sanitario è stato distrutto dai bombardamenti costanti di Israele, che peggiora la sua azione criminale non permettendo che entrino nella Striscia forniture mediche e gli aiuti umanitari internazionali. Per lei non vi è alcun dubbio, “l’entità sionista non solo ammazza con le bombe o le pallottole, ammazza anche con la fame, la pressione, le malattie”.
Valeria descrive da un territorio che resiste, che Israele ha accerchiato “a terra una recinzione intorno a tutta Gaza con sensori di movimento, torrette militari, palloni di vigilanza. In aria abbiamo i droni, gli aerei F16 con le loro bombe da una tonnellata, gli elicotteri Apache”. E aggiunge che in mare ci sono navi da guerra e i pescatori palestinesi vengono colpiti giorno per giorno, visto che “gli rubano le barche, vengono arrestati, li uccidono a fucilate. Le gradi lance israeliane accerchino le piccole barche dei palestinesi, che oltretutto sono condannati a non oltrepassare le 6 miglia di distanza dalla costa”. E sottolinea: “In quella zona non c’è pesca, ricordiamo che tutta l’infrastruttura di Gaza è stata distrutta con le bombe e quindi quelle prime acque di 6 miglia sono contaminate. Là non c’è pesca. E sparano ai pescatori anche quando sono a una o due miglia”.
E’ ben noto alla comunità internazionale che la Striscia di Gaza è un campo di concentramento di sterminio, gestito da Israele. Su questo punto Valeria è molto chiara: “Gli israeliani qui tengono prigioniera una popolazione, per la quale decidono a che cibo e a che acqua avrà accesso. Israele ha rubato il contenuto delle falde acquifere di Gaza, le ha perforate e si è portato nel suo territorio l’acqua dolce, l’acqua buona, e ora in quelle falde entra l’acqua di mare. Il 95% delle zone di Gaza hanno l’acqua salata”. E ricorda: “Quando sei appena arrivato a Gaza è difficile abituarti,:ti lavi la faccia con l’acqua e senti che si tratta di acqua di mare. Peggio dell’acqua di mare, perchè è super salinizzata ed è contaminata”.
Il giorno per giorno nella Striscia di Gaza è una sfida alla vita e vengono messi in pratica tutti i mezzi possibili per sopravvivere. Riguardo all’elettricità Valeria ci racconta: “Qui abbiamo corrente elettrica solo per 6 ore al giorno. Tutte le case devono avere una piccola batteria per avere almeno qualche lucina a led. Tutti i telefoni cellulari a Gaza hanno una lampada perché qui viviamo, per l’80% del tempo, nell’oscurità”.
Valeria Cortes, l’argentino/venezuelana che vive dal 2013 nella Striscia di Gaza, ci ricorda un altro particolare quotidiano: “Abbiamo sempre un’eco di fondo, i mortiferi droni che qui chiamano ‘zanana’ perché in arabo così si chiama il ronzio delle zanzare. E davvero è un suono torturante che essi emettono costantemente e che si nota di più quando volano a bassa quota. Quando non c’è un drone vicino a te, ti accorgi di come vivi tormentato da quel rumore infernale”. E mette bene in chiaro:”Gaza è sotto il totale controllo delle forze sioniste, e lo dico specialmente per quello che riguarda gli assassinii dei bambini. Non sono danni ‘collaterali’, essi hanno una tecnologia avanzatissima. Li uccidono perché li vogliono uccidere, li uccidono perché desiderano ucciderli”.
Un altro punto delicato e sensibile è l’accesso alle cure mediche e nella Striscia di Gaza a questo diritto elementare umanitario non si può accedere se non tramite la mediazione di Israele, come segnala Valeria Cortes: “Tutte le forniture sanitarie sono permesse o negate a seconda di quel che decide l’entità sionista. Giocano a questa morte lenta. Se non uccidono con le pallottole o le bombe, uccidono con la scarsità”. E ci fa un esempio del livello di precarietà della sanità: “I medici di Gaza devono operare con le torce dei cellulari”.
Come riflessione Valeria ci lascia questo avvertimento: “Se c’è un colmo dei colmi della brutalità della minaccia e della persecuzione contro un popolo, questo succede qui, in Palestina. E in Palestina noi ci stiamo giocando l’umanità. Tutto, tutto il pianeta si sta giocando l’umanità in Palestina. Perché la situazione che c’è qui è tremenda e dura ormai da troppo tempo e viene pagata con troppo sangue innocente”.
(1) Attivista argentina, portata dai genitori in Venezuela per sfuggire alla dittatura militare; ha vissuto per anni nella Striscia di Gaza.
(*) Giornalista messicano
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.G.)