Migliori sì nel rappresentare borghesia e capitalismo
Mettere uno contro l’altro per non far mettere contro di loro
L’Italia brucia grazie al governo nato come “dei migliori”, in effetti sono i migliori rappresentanti della borghesia e del capitalismo nella gestione dei fondi europei, con il sostegno delle forze politiche e del parlamento e con una buona capacità mediatica per ottenere consenso di larghi strati della popolazione. Dopo l’assalto fascista alla Cgil può contare ancora di più sulla collaborazione dei sindacati confederali che cercano di contenere con accordicchi le numerose lotte per le vertenze in corso.
Passano indisturbati l’aumento stratosferico delle tariffe luce e gas, del carburante e, di conseguenza, del riscaldamento, i continui rincari di tutti i generi alimentari e no.
Aumentano vertiginosamente i morti sul lavoro e i disoccupati, ma sembra che le esigenze, almeno per larghi strati della società, siano i vaccini e il green pass.
Fare il vaccino è una scelta volontaria, ma per lavorare, per vivere la socialità e la cultura ci vuole il green pass, come se il documento fosse un salvavita e non una forma di repressione e discriminazione.
Parallelamente sono demonizzati coloro che dicono no ai vaccini, considerati untori, ammalati e contagiosi e chi lotta per affermare un diritto.
Non è la salute dei lavoratori che interessa allo Stato, ma la diminuzione dei contagi e il calo dei ricoverati per la ripresa economica, fondamentale per i rapporti con la UE e l’attuazione del PNRR che prosegue il disegno della privatizzazione della sanità pubblica, dei continui tagli dei posti letto e del personale, a costo dei ritardi su terapie e diagnosi oncologiche e cardiache e sulla prevenzione.
Noi non dimentichiamo che durante il lockdown i lavoratori sono stati costretti a produrre - soprattutto in fabbrica, nei supermercati, negli ospedali ecc. - in ambienti non sanificati e senza protezioni adeguate.
Da più parti arrivano proposte di far pagare le spese di ricovero per i non vaccinati (assistiti invece i vaccinati che comunque possono contagiarsi), il periodo di quarantena non è coperto dall'Inps, ma c’è assoluto silenzio sul fatto che l’Italia paga alla NATO 70 milioni al giorno, oltre a tutte le spese militari che sostiene all'estero. Con il costo di un solo F35 (dei 90 acquistati) si potrebbero fornire gli ospedali di ben 7120 ventilatori polmonari.
Ma se il vaccino è così efficace perché costringere a mangiare in piedi, nelle mense, i lavoratori non vaccinati e seduti quelli vaccinati?
I tamponi sono la soluzione? Allora pagateli, ma non basta perché, dicono, che il sistema non è in grado di reggere l’aumento delle richieste.
Fedelissimo il PD che attacca la gratuità del tampone e la difesa del green pass per non soddisfare “minoranza sfasciste”, come le definisce Letta. Ditegli che i vaccini sono volontari e che vada all’entrata delle fabbriche dove il controllo del green pass ha creato non pochi disagi che hanno comportato la perdita di ore di lavoro per le lunghe code ai cancelli!
Il governo prosegue, in linea con la Confindustria, i banchieri,
l'ammucchiata governativa, il rilancio economico del Paese saldamente gestito e senza segni di debolezza da Draghi. Il suo sol dell’avvenire è sconfessato persino dalle Nazioni unite. Un rapporto
ha messo in luce la sistematica opera di sfruttamento della manodopera migrante, specie nei settori agricoli, tessile e della logistica (esemplare è la situazione di Prato, ndr), di quanto le
autorità siano carenti “anche nel fare rispettare le leggi esistenti a tutela del lavoro e nel controllare realmente le imprese, lasciando quindi sostanzialmente mano libera allo sfruttatore
nello stabilire da sé le regole del gioco sul posto di lavoro e permettendo a produttori e commercianti di trarre beneficio dall'impiego di forza lavoro sfruttata e a buon mercato". Situazione
considerata un’emergenza, una degenerazione patologica tanto da suggerire di "creare un'istituzione preposta alla tutela dei diritti umani sul posto di lavoro”.
In combutta con Draghi, il presidente della Repubblica. Il presidente che (oltre a tutto il resto di cui abbiamo già scritto) sfrutta persino l’anniversario della nascita di Lama per accentuare
la necessità della pacificazione sociale, attaccando le legittime proteste che stanno arrivando da più parti. “Ricordare nel centesimo anniversario della nascita Luciano Lama significa richiamare
la figura di un leader tra i più prestigiosi del movimento sindacale italiano, un parlamentare autorevole, un sindaco amato dai suoi concittadini. L'apporto da lui recato alla storia delle nostre
istituzioni, il lascito ideale e civile che ha contraddistinto la sua lezione di vita, sono un patrimonio prezioso per la coscienza civile della Repubblica”. E ancora: "Ha affrontato con forza
tante contrattazioni sui salari e i diritti senza, tuttavia, esitare, quando la crisi economica impose scelte di moderazione, a stipulare un patto tra le forze produttive a sostegno del valore
delle retribuzioni e dell'occupazione. Luciano Lama ha affrontato a viso aperto il terrorismo che cercava di mettere radici nelle fabbriche e nell'insediamento della sinistra. La sua fermezza
ebbe per lui costi personali, che non esitò mai ad affrontare in nome di un bene comune superiore: la salvaguardia della democrazia e della Costituzione”.
Già il patto tra sindacato e padronato e il pretesto del terrorismo per contenere le lotte vengono da lontano. Mattarella omette il contesto, quando il 17 febbraio 1977 è passato alla storia come il giorno della “cacciata di Lama”. Non solo dall’università di Roma occupata da quindici giorni da migliaia di studenti e lavoratori precari (ai quali fu negato il diritto di parola) contro la riforma Malfatti, contro i fascisti che spararono a Bellachioma, contro le squadre speciali che spararono in piazza Indipendenza. Lama era contestato ovunque dai lavoratori.
Dietro le lacrime di coccodrillo a Palazzo Chigi è stato
varato un ridicolo decreto sulla sicurezza sul lavoro. Prevede la riduzione della percentuale di lavoratori irregolari, il potenziamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, una banca dati
informatica unica per permettere il lavoro sinergico di INL, Inail, regioni e Asl e misure e sanzioni per il datore di lavoro irrisorie.
I morti di e da lavoro sono stati, invece, al centro di due iniziative (che avevamo annunciato nel numero scorso) il 26 settembre e il 9 ottobre. La prima a Firenze in un convegno del CLA su
“salute, sicurezza, obbligo di fedeltà”, molto partecipato con testimonianze di sindacalisti, familiari di stragi e morti sul lavoro, lavoratori che hanno subito rappresaglie fino al
licenziamento, esperti che hanno parlato delle loro conoscenze e competenze sul tema dell’”obbligo della fedeltà” all’azienda. Insieme all’obiettivo del proseguimento del coordinamento delle
forze verso l’unità di classe, al di là della frantumazione delle sigle sindacali, dal convegno sono usciti tre comunicati: in appoggio alla lotta alla GKN, l’adesione al presidio del Comitato 9
ottobre a Roma e allo sciopero dell’11 ottobre, il primo dopo anni che ha visto i sindacati di base manifestare insieme.
A Roma l’iniziativa, organizzata dal Comitato 9 ottobre, che inizialmente doveva essere davanti a Montecitorio, è stata spostata in piazza Santi Apostoli dove i partecipanti sono stati letteralmente costretti in un recinto di transenne, sorvegliati da una presenza poliziesca esagerata. A Montecitorio avrebbe avuto un altro significato politico, ma ciò non ha impedito di denunciare - attraverso gli interventi dei presenti, in maggior parte familiari di stragi impunite dal Vajont a Viareggio, del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, di Moni Ovadia ecc. - le responsabilità delle morti a causa della ricerca del massimo profitto. Il Comitato ha contestato la riforma Cartabia e lanciato un appello per una proposta di legge - con un po' di fiducia nelle istituzioni - che garantisca alle vittime il diritto dell’accertamento della verità, anche nella Carta costituzionale, perché oggi viene riconosciuto solo il diritto degli imputati. I partecipanti si sono poi trasferiti per un'assemblea alla "cappella" Orsini dove, ahinoi, si sono “esibiti” i senatori M5S che non perdono mai una ghiotta occasione. Stanno lavorando al progetto, hanno detto, premettendo che i tempi della legislatura sono ristretti e non permetteranno di arrivare a conclusione e comunque ricordiamo che la riforma Bonafede sulla prescrizione, che i familiari consideravano una svolta per evitare che tante stragi rimanessero impunite, è stata cancellata dal “nuovo” governo. Quando si fa poi si disfa.
Le contestazioni dei portuali, a partire da Trieste, hanno spaventano il potere che ritira fuori l’asso del terrorismo e interviene con la violenza di Stato, perché bloccano l’economia. Indisturbate, invece le azioni dei fascisti a Roma che snaturano le proteste popolari contro i diktat governativi e attaccano una sede sindacale molto discussa dagli stessi iscritti, molto collaborativa con il governo e funzionale sia alla campagna repressiva contro chi realmente si oppone al sistema, sia al rilancio della teoria degli opposti estremismi.
Le recenti elezioni amministrative, che hanno coinvolto 12 milioni di cittadini, hanno, ancora una volta, segnato un forte astensionismo, cresciuto negli anni e diventato più consapevole specie nelle periferie delle grandi città abbandonate dai politici dove dilaga il vero degrado. I candidati sono stati eletti con circa il 50% dei votanti - non degli italiani come tendono a dire le forse politiche, ingannando volutamente – e i partiti ne escono sconfitti perché non più credibili. Ora devono conquistare il 60% degli astensionisti e lo fanno non venendo incontro ai problemi reali, ma con la demagogia e accentuando la linea anticomunista perché sanno che solo i comunisti padroneggiano la teoria utile ad individuare chi sono i veri nemici.
Editoriale n. 6, della rivista “nuova unità”, novembre 2021