Per non dimenticare
Palestina: Giorno della Terra
di Pablo Jofré Leal (estratto); da: lahaine.org; 1.4.2022
Sono passati più di quarant’anni da quel giorno in cui migliaia di palestinesi si scontrarono con il sionismo in difesa della loro terra, segnando un fatto storico. Il giorno 30 marzo dell’anno 1976, dopo 28 anni dalla nascita dell’entità sionista nel maggio 1948, la società palestinese , stanca della violazione dei suoi diritti essenziali, convocò uno sciopero generale di protesta contro la decisione del regime israeliano di confiscare duemila ettari di terre appartenenti ai palestinesi che abitavano nel nord della Palestina storica. Terre che sarebbero state utilizzate sia per la costruzione di accampamenti militari sia per assegnarli a coloni stranieri di religione ebraica, che si sarebbero stabiliti sulle terre palestinesi.
La protesta si risolse con l’assassinio di sette giovani palestinesi dei villaggi di Arraba, Sakhnin e Deir Hanna: crimini di lesa umanità, oltre all’esercizio di un’azione illegale (stabilire coloni tramite la confisca della terra), che contravvenivano a ogni legge internazionale, risoluzioni delle Nazioni Unite, ecc. infrangendo così il titolo II della 4° Convenzione di Ginevra; leggi, risoluzioni, accordi mai attuati dal nazionalsionismo.
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Ricordare il 30 marzo è riportare ogni volta alla luce i diritti del popolo palestinese, sacrificati in funzione di interessi geopolitici di una Triade sanguinaria costituita dall’imperialismo statunitense, dal sionismo israeliano e dal wahabismo saudita, con Washington che avalla i crimini dell’entità sionista in funzione del ruolo di portaerei terrestre che essa gioca nella regione.
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La commemorazione del Giorno della Terra in questi 46 anni ha visto innumerevoli fatti: le Intifada, la resistenza permanente della Striscia di Gaza e Cisgiordania, le marce della resistenza come quella durata 2 anni , che rilanciò con forza la difesa strenua dei diritti del popolo palestinese.
Il giorno 30 di marzo del 2018 migliaia di abitanti della Striscia, venuti da Kan Younis, Beit Hanoun, da Rafah, dai campi di Jabaliya, uomini e donne che da Beit Lahia si affollarono – con i loro sogni, richieste, canti – davanti al filo spinato che separa la Striscia di Gaza dalla Palestina storica. Una frontiera artificiale che esprime la violazione dei diritti dei 2 milioni di abitanti dell’enclave costiero, sottoposto ad un blocco criminale dal 2006 ad oggi, che ha trasformato questa Gaza già martirizzata nel campo di concentramento a cielo aperto più grande del mondo.
Una Striscia di Gaza trasformata in un enorme ghetto, con filo spinato, assedio, muri, torri di vigilanza, pattugliamenti militari. Una Gaza che è diventata una replica di quei campi di concentramento che il nazismo costruì nelle terre occupate nella 2° guerra mondiale. Un panorama che dovrebbero ben conoscere moti tedeschi, polacchi, francesi, olandesi, tra altri – di fede ebrea - che passarono per i campi di concentramento e che paradossalmente è stato ricostruito in questo secolo XXI da coloro che lo hanno assunto come modello da seguire ora con il popolo palestinese.
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Il Giorno della Terra ci ricorda che per 74 anni la Palestina ha dovuto sopportare un virus assassino, un patogeno che si è portato via decine di migliaia di coraggiose vite palestinesi: il virus Sion-48 che è molto più mortale di quelli nati nei laboratori o nell’ambiente ‘naturale’.
Il Giorno della Terra ci ricorda che la Palestina soffre di un’epidemia prodotta da un virus velenoso, che richiede ben altro che tamponi, interferone o remdesivir. La Palestina ha bisogno dell’azione solidale di governi, società, di uomini e donne giusti, per distruggere definitivamente questo pericoloso virus sionista che tanti danni causa all’umanità.
(*) Giornalista e attivista cileno.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)