La nostra esperienza ci ha portato ad essere contro la delega a tutti i livelli, dimostrandoci che la partecipazione attiva degli operai, dei lavoratori e - più in generale - dei proletari è fondamentale all’esito della lotta. La logica che delega, sia pure sotto la pressione dei lavoratori, ai vari istituti specializzati (INAIL, INPS, ASL, ecc.) la responsabilità di verificare in quale misura deve essere tollerabile o accettabile la nocività per i lavoratori, demandando al padrone il compito di prendere iniziative per tutelare la nostra salute è deleteria, perché significa subordinarla alla logica del profitto.
Nel conflitto di interessi in fabbrica, sui posti di lavoro, nel territorio, nella società, i lavoratori - intervenendo in prima persona come soggetti coscienti per difendere i loro diritti alla salute, al lavoro e i loro interessi - sperimentano la loro forza opponendosi al dominio incontrastato del padrone, sviluppando in tal modo la propria capacità critica dell’organizzazione capitalistica del lavoro, che mette al primo posto la realizzazione del massimo profitto.
Anni, decenni di lotta in fabbrica e nel territorio, ci hanno insegnato che le indagini delle istituzioni, anche se fatte da persone oneste e motivate, riescono solo parzialmente a descrivere le complessive condizioni dei lavoratori in fabbrica e nei luoghi di lavoro. In generale non vanno oltre un’immagine frammentaria e superficiale dell’ambiente e delle condizioni di lavoro, senza tenere conto e spesso prescindendo completamente dal giudizio degli uomini e donne che vi lavorano.
In una società divisa in classi sociali, non esiste l’oggettività della scienza. Essa è al servizio di chi la paga, di chi la finanzia, cioè in altre parole del capitale.
Solo il lavoratore sottoposto allo sfruttamento, che porta nel corpo e sulla pelle i danni della nocività, delle sostanze cancerogene e dei veleni usati nei processi lavorativi o con cui è venuto in contatto in fabbrica nei processi di produzione, può fornire dati oggettivi alla “scienza”.
Ogni operaio, ogni lavoratore che abbia avuto modo di confrontarsi per qualsiasi motivo con i vari organi istituzionali preposti a fare indagini sulla salute ha sperimentato come questi istituti sono subordinati agli interessi padronali.
Il sapere operaio derivante dalla ricerca collettiva delle cause delle nostre malattie è finalizzato al tentativo di trovare rimedi e obiettivi per cui valga la pena di lottare e battersi.
Come lavoratori coscienti dobbiamo riprendere in mano il nostro destino.
Rifiutare al padrone e agli istituti specializzati la delega e il controllo degli effetti cancerogeni e nocivi dell’ambiente di lavoro sugli esseri umani, ci serve per cercare di costruire noi stessi un rapporto con la “scienza di classe”, per capire e porre rimedi alle tanti morti sul lavoro e di lavoro.
Lo sfruttamento è determinato dai rapporti di produzione, da pensioni e salari insufficienti a condurre una vita decente, dall’ambiente di lavoro e sociale nocivo, dall’inattività forzata dovuta alla perdita del posto di lavoro per licenziamenti o cassa integrazione per alcuni e dal prolungamento della giornata lavorativa o dell’intensità del lavoro con l’aumento dei ritmi per altri. Sfruttamento è anche la mancanza di una casa decente, il prolungamento della giornata lavorativa sui mezzi di trasporto, il fatto che le tasse li pagano i poveri a beneficio dei ricchi e altro ancora.
Rompere la passività e la rassegnazione significa ricominciare ad essere protagonisti coscienti.
Acquisire coscienza della propria condizione di sfruttati significa acquisire una nuova forza che si riflette sia in fabbrica e nei luoghi di lavoro che nella società. Nei luoghi di lavoro questo si riflette immediatamente nei rapporti con la gerarchia del capitale, non tollerando più imposizioni e angherie, imponendo che senza condizioni adeguate di sicurezza non si lavori. Nella società imponendo al governo - con la mobilitazione degli operai, dei lavoratori e dei cittadini - misure adatte alla salvaguardia delle salute pubblica.
Questo sistema sociale basato sulla ricerca del massimo profitto non solo produce malattie, ma ne crea sempre di nuove. Le istituzioni, la ricerca e le case farmaceutiche, se non traggono sufficiente profitto dalle malattie che affliggono una parte della popolazione, come certe patologie tumorali che colpiscono un gran numero di lavoratori ma sono limitate rispetto alla popolazione, non fanno né studi epidemiologici né ricerca.
Una medicina preventiva necessiterebbe di un rapporto stabile, dialettico in cui entrambi soggetti fossero protagonisti nella ricerca delle soluzioni, ma questo sarebbe possibile solo in una
società che mettesse l’uomo, e il lavoratore che produce ricchezza, prima di qualsiasi interesse economico.
Oggi invece ci troviamo a lottare contro interessi economici giganteschi che traggono profitto dall’attuale situazione.
Ecco perché amianto, sostanze nocive, questione ambientale, tutela del lavoro e diritto alla salute non possono prescindere dalla mobilitazione in prima persone dei diretti interessati,
organizzati nelle loro associazioni e comitati e sempre più coordinati fra loro sia a livello nazionale che internazionale.
Michele Michelino