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Comitato per la Difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio
sab
03
set
2022
Una giornata normale
31 agosto 2022. Crotone. Un’esplosione dà il via ad un incendio a bordo della nave “Asso”. 3 membri dell’equipaggio – non sappiamo i nomi – muoiono. Le vittime sono due indiani e un egiziano, tra i 26 e i 40 anni. 2 feriti gravi. La causa è probabilmente lo scoppio di una bombola durante una saldatura. La magistratura, come sempre, indaga ma noi non sapremo mai cos’è successo perché non fa notizia.
Pensiero: La classe operaia è classe internazionale, purtroppo anche quando si tratta di versare il proprio sangue per il profitto di qualche capitalista (lo stipendio medio di un marittimo straniero è di circa 1.200 euro al mese).
31 agosto. Bussero, Milano. Ore 18.30, cantiere della MM2. Durante i lavori per la demolizione del sovrappasso della metropolitana, cade sui binari il braccio di una gru. Poteva essere una strage, un treno carico di passeggeri era appena passato pochi minuti prima. Le gru stanno diventando ‘protagoniste’ con insolita frequenza. Ricordiamo il lavoratore morto il 25 giugno nella centralissima via Prina, a Milano, travolto dal braccio di una gru carica di lamiere e i 3 operai volati giù da 40 metri da una gru a Torino, nel dicembre 2018.
31 agosto. Avezzano (L’Aquila). Torna all’oratorio, chiuso da 2 anni per Covid, sale sull’altalena che le crolla addosso schiacciandola. Muore così Alessia Prendi, 11 anni. Alla riapertura, nessuno ha pensato di fare un sopralluogo per verificare la sicurezza delle strutture utilizzate dai bambini.
Sul versante opposto, invece, solo buone notizie per i padroni.
31 agosto. Genova. Le due società coinvolte nel crollo del Ponte Morandi (costato la vita a 43 persone nell’agosto 2018) – ASPI (Autostrade per l’Italia) e Spea – dopo i 30 milioni versati allo Stato per il crollo del ponte, patteggiano 1 milione di euro a titolo di risarcimento per uscire dal filone “bis” del processo. Il filone “bis” riguarda i falsi reports sulle manutenzioni mai effettuate sui viadotti, sulle condizioni delle gallerie ecc. perché costavano troppo. Ma lo Stato – invece di revocare la concessione, ha comprato dalla Atlantia, controllata dalla famiglia Benetton, la concessionaria Autostrade per l’Italia per la “modica somma” di 8,2 miliardi. Soldi dei lavoratori, che non ci sono mai per la sanità, per la scuola ecc. ma si trovano sempre per rifondere i danni (!!) ai padroni.
31 agosto. San Donato Milanese. Francesco Caio, amministratore delegato della Saipem, società partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti (controllata per 83% dal Ministero dell’Economia) e dall’Eni (tra i cui azionisti figura nuovamente la Cassa Depositi e Prestiti), dà le dimissioni. Durante la sua gestione il valore dei titoli della società è sceso da 9 a 0,7 euro. Ma, trattandosi di dimissioni anticipate, incentivo all’esodo e mancato preavviso (lo sbattono fuori subito) Caio – ultimo di una lunga lista di casi analoghi – riceverà una ‘buonuscita’ di 3,3 milioni di euro. E troverà in tempi brevi (vedi la vicenda di Mauro Moretti ad es.,“premiato” per la strage di Viareggio), un altro lavoro.
Pensieri: da decine di anni sentiamo parlare, da padroni e sindacati confederali – e applicare nei contratti di lavoro – di “meritocrazia”. Ma questo riguarda solo i lavoratori. I managers più danni fanno e più soldi prendono. Riguardo ai lavoratori, invece, Confindustria e politici vari si scannano sul salario minimo: la proposta più “avanzata” è di 9 euro all’ora lordi. Visto che la tassazione sul salario – tra tasse e contributi - nel nostro paese raggiunge il 40% circa, fate voi i conti.
E’ il capitalismo, baby. La manutenzione e le misure di sicurezza costano, le vite dei lavoratori - no.
Se non vogliamo continuare all’infinito a piangere i nostri morti, dobbiamo organizzarci perché c’è un solo modo di fermare le stragi quotidiane, legate tutte dal filo nero dello sfruttamento più selvaggio e della ricerca del massimo profitto: il sistema barbaro in cui viviamo – il capitalismo – va abbattuto.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Sesto S.Giovanni, via Magenta 88
mer
31
ago
2022
In morte di Camilo Guevara March
Se n’è andato all’età di 60 anni, il 29 agosto mentre si trovava in Venezuela, il terzo figlio di Ernesto Che Guevara.
Il Presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Dìaz-Canel, scrive: “Con profondo dolore diciamo addio a Camilo, figlio del Che e promotore delle sue idee come dirigente del “Centro Che”, che conserva parte della straordinaria eredità di suo padre”.
Nella triste occasione, riproduciamo di seguito la lettera di commiato lasciata dal Che Guevara ai suoi figli in occasione della sua partenza per la Bolivia. Non è solo per loro.
“Ai miei figli.
Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia e Ernesto.
Se mai doveste leggere questa lettera, sarà perché io non sarò più tra voi. Non vi ricorderete quasi più di me e i più piccoli non ricorderanno nulla.
Vostro padre è stato un uomo che ha agito come pensava e che sicuramente è stato fedele alle sue convinzioni.
Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate tanto per poter dominare la tecnica, che permette di dominare la natura.
Ricordate che la cosa importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo. E’ la qualità più bella di un rivoluzionario.
A presto, bimbi, spero di vedervi ancora. Un bacione e un grande abbraccio da
papà”.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Sesto S.Giovanni, via Magenta 88
gio
25
ago
2022
Ci sarà un inferno per gli assassini dei bambini?
di Guillermo Cieza (*); da: lahaine.org; 22.8.2022
Non so se esiste l’inferno, ma se esistesse non sarebbe giusto che tutti i condannati pagassero lo stesso castigo. Dovrebbe esserci un inferno apposito per gli assassini di bambini.
L’assassinio di un bimbo o di una bimba non può essere giustificato con l’autodifesa, con un’emozione violenta, con ragioni patriottiche o differenze insopportabili. Un bambino è qualcuno sia completamente innocente che con un futuro imprevedibile.
L’assassinio di bambini è sempre pianificato e realizzato in nome di cause che vengono presentate come “superiori”. Attraverso il Vangelo di Matteo conosciamo la storia di Erode il Grande, che fece assassinare i bambini di Gerusalemme per paura che fosse nato un futuro Re dei giudei che l’avrebbe sostituito.
Gli eredi di Erode si sono sempre rifatti a cause più sofisticate e perverse, come la difesa della purezza della razza superiore o del popolo eletto.
I nazisti uccisero più di un milione di bambini per il solo fatto di essere ebrei, gitani, figli di dissidenti o con problemi di handicap.
Nelle ultime settimane il sionismo ha ucciso 17 bambini palestinesi per il solo fatto di essere palestinesi.
L’esercito israeliano si è assunto la colpa dell’assassinio di soli 5 di essi, quando ha bombardato il cimitero Al-Faluja, all’est di Jabalya, il 7 agosto.
Negli ultimi vent’anni il sionismo ha assassinato più di 3.000 bambini palestinesi.
Il sionismo, come il nazismo, si maschera dietro storie e affermazioni scientifiche false per nascondere di essere l’espressione più disumanizzata del capitalismo. Il sionismo non è l’espressione del popolo ebreo, è solo un’ideologia che si è imposta negli ultimi decenni in quel popolo. Una forma di assumere l’ebraismo che non difende neppure conseguentemente quelli del proprio sangue.
Basta ricordare che nell’Argentina dei militari lo Stato sionista di Israele, ed entità rappresentative come la DAIA (Delegazione delle Associazioni Israelitiche Argentine, ong fondata nel 1935, a cui aderiscono 140 istituzioni ebree argentine, n.d.t.), abbandonarono centinaia di giovani ebrei nei campi di concentramento del regime genocida nel 1976.
I sionisti condividevano con i nazisti, che dirigevano quei centri di sterminio, l’idea che la difesa del capitale giustificava tutti i crimini.
Anche se, per essere giusti, bisogna riconoscere che la pratica abituale dei genocidi argentini era rubare i bambini, non ucciderli.
Il 16 agosto celebriamo (in Argentina, n.d.t.) la Giornata dell’Infanzia e quando guardiamo i nostri bambini che giocano, ricordiamo per un momento i bambini e le bambine palestinesi che, anche loro, volevano solo giocare, ridere, crescere felici finchè sulle loro case o nei loro rifugi è piombato un missile sparato dalle forze sioniste.
Per non dimenticare. Per non perdonare.
(*) Scrittore argentino
(traduzione di Daniela Trollio)
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
dom
21
ago
2022
Nessuno ha ucciso Lollo
Lorenzo Zaratta – detto Lollo - aveva solo 5 anni quando, il 30 luglio del 2014, è morto per un tumore cerebrale, un astrocitoma. Nel suo tessuto cerebrale erano stati trovati ferro, acciaio, zinco, silicio e alluminio. Lorenzo Zaratta viveva a Taranto, quartiere Tamburi, ed era divenuto il simbolo della lotta all’inquinamento.
Per la sua morte sono stati processati 9 dirigenti di quella fabbrica di morte che è l’ILVA: processati sì, ma assolti a vario titolo, come sempre succede in questi casi.
Il 19 agosto scorso sono uscite le motivazioni della sentenza di assoluzione: “La letteratura medica, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non consente di affermare la sussistenza di una 'correlazione causale' tra inquinamento ambientale-atmosferico e tumori del sistema nervoso centrale, e segnatamente, dell’astrocitoma". E ancora “permane un’insuperabile situazione di ragionevole dubbio circa l’effettiva sussistenza del nesso causale fra la presunta condotta ascritta agli imputati e il decesso del piccolo Lorenzo”.
Eppure Antonietta Gatti, fisico e bioingegnere, autrice di una serie di analisi sui campioni biologici del piccolo Lorenzo, aveva parlato di caso “emblematico” perché “trattandosi di un bambino la cui patologia tumorale si è resa manifesta nei primi mesi di vita quando le esposizioni ambientali sono molto limitate se non quasi nulle stante lo stile di vita caratteristico dell’età”: la causa, quindi, secondo Gatti, era “da ricercare nell’esposizione della madre durante la gravidanza”.
Un secondo studio a firma di Annamaria Moschetti, pediatra e presidente della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Taranto, e di Leonardo Resta, professore di anatomia patologica presso la facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Bari, aveva inoltre evidenziato “il livello di inquinamento al quartiere Tamburi durante i primi tre mesi di gravidanza – da novembre 2008 a gennaio-febbraio 2009 – sottolineando gli eccessi di sostanze come benzoapirene e polveri sottili” (vedi articolo del Fatto Quotidiano del 19 agosto).
Il giudice si spinge persino a scrivere che la madre di Lollo, durante la gravidanza , ha trascorso, per motivi di lavoro, otto ore al giorno per cinque giorni a settimana, nei primi quattro mesi di gestazione del piccolo Lorenzo, “praticamente attaccata o comunque a ridosso del perimetro dello stabilimento” al punto da esporre la donna “alla diffusione incontrollata di polveri e sostanze inquinanti provenienti dall’attività del siderurgico” che è “sostanzialmente analoga a quella di molti lavoratori operanti all’interno del grande complesso industriale”. Complesso industriale che la Corte d’Assise in primo grado ha condannato per i reati di “disastro ambientale e avvelenamento di acque e sostanze alimentari”.
Ma nessuno ha ucciso Lollo, come nessuno uccide i 4.000 lavoratori che ogni anno muoiono per l’amianto.
La Scienza e la Legge con la maiuscola, mai così certe e perentorie come le abbiamo viste in questi due anni e passa di pandemia, sono invece balbettanti in tutti quei casi in cui si riesce a mettere in discussione un sistema industriale di morte che, per il profitto, uccide non solo i lavoratori e i cittadini, ma anche il nostro futuro, i bambini.
Non servono altre parole, se non che questo sistema barbaro – il capitalismo - va abbattuto.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto S.Giovanni, via Magenta 88
lun
15
ago
2022
Marcinelle è ancora qui
Nei giorni scorsi molti hanno ricordato la strage di Marcinelle, avvenuta in Belgio l’8 agosto 1956.
262 minatori morti, di cui 136 italiani (allora chiamati “musi neri”), a causa di un incendio causato da un corto circuito a seguito della rottura di un cavo. Causa: scarsa manutenzione. Colpevoli: dopo un processo pieno di ‘buchi’, una sola condanna all’ingegnere capo Calicis, 6 mesi con la condizionale e 2.000 franchi di multa. Il carbone valeva più della vita degli operai.
Precedenti: dicembre 1907, nella miniera di Monongah (Virginia occidentale) si verifica un’esplosione in due gallerie, le cui cause rimarranno ignote, anche se fu ipotizzata un’esplosione di grisù. Morti: 362 minatori, stima per difetto in quanto molti lavoratori non erano registrati in alcuna lista; tra loro 171 vittime “ufficiali” di nazionalità italiana. Nessun processo, nessun colpevole.
22 ottobre 1913, Dawson, New Mexico. Il 20 ottobre, dopo le proteste dei minatori sulla pericolosità delle condizioni di lavoro nella miniera di carbone (con incendi ed esplosioni che avevano già causato la morte di 3 operai), un’ispezione delle autorità finisce con ‘esito positivo’, non c’è alcun pericolo. 2 giorni dopo un’esplosione disintegra la miniera n.2: muoiono 263 minatori, 146 di nazionalità italiana. La colpa viene attribuita ai lavoratori, che avrebbero utilizzato esplosivi non consentiti; nessun dirigente minerario viene indagato. Nel febbraio 1923 un incendio devastante nella stessa miniera causerà la morte di altri 123 operai, di cui 20 italiani, nella miniera n. 1.
Qualche pensiero. Non dimentichiamo: allora gli “immigrati” eravamo noi, insieme a lavoratori di tutto il mondo, dalla Norvegia alla Polonia, alla Cina, alla Grecia, al Messico, alla Germania, alla Finlandia…. Tutti poveri emigrati in cerca di una vita più decente per sè e per le proprie famiglie (che non trovarono: le vittime dell’incendio nella miniera 1 a Dawson erano in maggioranza i figli di coloro che erano morti dieci anni prima nella miniera n.2). Tutti sulla stessa barca o, meglio, nello stesso inferno.
E’ passato più di un secolo, ma non è cambiato nulla: le stragi di lavoratori non si sono mai fermate.
Secondo l’Osservatorio Nazionale di Bologna Morti sul Lavoro (cadutisullavoro.blogspot.com), dal 2008 ad oggi i lavoratori uccisi sono oltre 20.000. Dall’inizio di quest’anno all’8 agosto i morti sono 947, di cui 495 sul posto di lavoro e gli altri sulle strade o in itinere.
A questi dobbiamo aggiungere, come ogni anno, circa 6.000 morti per amianto.
E il filo nero che le collega è sempre lo stesso: il profitto di pochi ottenuto sul sangue di molti.
I morti sul lavoro rappresentano solo la faccia più feroce del capitalismo: finché non abbatteremo questo sistema barbaro, dove l’unica legge è il profitto, continueremo a piangere altri morti.
Per i capitalisti – quelli di ieri e quelli di oggi - continuiamo ad essere solo carne da macello.
Una volta ancora vogliamo oggi ribadire che la battaglia perché cessi questa strage di lavoratori è di massima attualità: siamo stufi di morire per ingrassare i padroni. E non aspettiamoci da Landini e compagnia bella alcun aiuto, l’unica proposta è (non ridete) la “patente a punti per le imprese”.
Nessuno ci difenderà se non lo faremo noi direttamente, organizzandoci e lottando in prima persona. Finchè esisterà il sistema capitalistico basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per noi lavoratori non ci sarà né sicurezza, né dignità, né futuro.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto S.Giovanni, via Magenta 88
lun
08
ago
2022
Israele e il costante genocidio di Gaza: l’importanza dei titoli delle notizie
di Marwan Perez; da: rebelion.org, 8.8.2022
Oggi 5 agosto, dalle 15.30 ora spagnola, Israele sta bombardando la Striscia di Gaza. Quella Striscia che da 15 anni è bloccata e sopravvive ad un assedio in cui è difficile capire come i due milioni dei suoi abitanti possano continuare a vivere.
La stampa spagnola (n.d.t.: idem quella italiana) pubblica le prime notizie sottolineando:
Israele ha bombardato e distrutto una cellula terrorista a Gaza; Israele uccide un comandante yihaidista: Israele inizia la “Operazione Alba”; le Forze di difesa di Israele hanno attaccato obiettivi terroristici.
Se analizziamo il linguaggio utilizzato nelle notizie, notiamo:
. Nome dell’Operazione: Israele chiama l’operazione militare “Alba”. La parola ‘alba’ significa inizio del giorno, associato al sole, al nuovo giorno, a speranza, bellezza… cioè chiama un’operazione criminale con un nome che noi esseri umani associamo ad un concetto positivo in se stesso. Dobbiamo chiederci che succederebbe se l’operazione si chiamasse, ad esempio, ‘bombe che distruggono le vite palestinesi’; in questo caso il nome sarebbe molto più vicino alla realtà e noi tutti rimarremmo colpiti nel vedere come gli israeliani (per l’ennesima volta) bombardano il territorio di Gaza.
. Esecutori:l’operazione è eseguita dalle Forze di “difesa”, come si autodefinisce l’esercito israeliano invece di quello che in realtà è, forze di attacco. Anche la parola ‘difesa’ evoca la necessità di agire in una situazione ingiusta che richiede un’azione difensiva e, quindi, legittima, e quanto rimane al lettore è che questa operazione “Alba” viene portata avanti da “forze” che agiscono per legittima difesa.
. Obiettivi: gli obiettivi perseguiti da questa operazione, secondo i titoli della stampa, sono distruggere cose negative, come ‘una cellula terroristica’, ‘obiettivi terroristici’, o ‘un comandante yihaidista’ (che anch’essa si associa al terrorismo). L’obiettivo reale è la distruzione della popolazione palestinese.
Questi titoli e questo modo di passare le notizie portano il lettore a vivere un fenomeno chiamato “disconnessione morale”: cioè, anche se il lettore è profondamente convinto che uccidere persone che non possono difendersi è moralmente inaccettabile, in alcuni casi egli si ‘disconnette’ e riesce anche a giustificarlo.
A questo portano tali titoli, che attivano automaticamente e quasi incoscientemente i seguenti meccanismi di disconnessione morale:
Se ci lasciamo trascinare da questi titoli, se non li analizziamo in modo che si attivino i meccanismi di disconnessione morale, finiremo per giustificare il genocidio israeliano della popolazione di Gaza, che è ciò che in realtà sta succedendo.
Molto in sintesi, la contestualizzazione della situazione è la seguente:
Gaza è occupata da Israele, quindi i ruoli sono ‘occupati’ e ‘occupanti’. In questi ruoli ci sono quelli che attaccano (gli occupanti) e altri che si difendono (gli occupati); secondo la III Convenzione di Ginevra ogni popolo occupato ha il diritto di difendersi, per cui il lancio di razzi e di quello che i palestinesi scelgono di usare, viene fatto sulla base del loro legittimo diritto alla difesa come occupati. Quindi, se gli occupati esercitano il loro diritto di difendersi – riconosciuto dalla legislazione internazionale – allora non possono essere chiamati terroristi; tali sono invece coloro che occupano e coloro che hanno forze di attacco addestrate e preparate ad uccidere esseri umani, che oltretutto sopravvivono ad un blocco che dura già da 15 anni.
Quando si chiarisce e si capisce cosa sta succedendo, allora i meccanismi di disconnessione morale - quali la giustificazione morale, l’uso di eufemismi, la responsabilità o la disumanizzazione – non funzionano più. E, ancor più, quanto più noi umani utilizziamo la disconnessione morale, più inumani diventeremo, perché diventeremo capaci di spiegare qualsiasi evento, per macabro che sia, e questo ci porterà alla nevrosi.
Allora attenzione ai titoli dei giornali perché, senza saperlo, i giornalisti stanno contribuendo a peggiorare la salute mentale dei loro lettori.
Nota di Rebelion.org: A tutto il 7 agosto 2022 ci sono 43 morti, tutti palestinesi, e più di 300 feriti, tra cui un centinai di bambini.
Nota del traduttore: sull’argomento vi consigliamo di leggere l’ottimo articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano di oggi : https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/08/08/il-raid-israeliano-su-gaza-e-i-giornali-italiani-colpa-dellaggredito-ma-le-grandi-testate-internazionali-raccontano-unaltra-storia/6755955/
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” – Sesto S.Giovanni
ven
05
ago
2022
La lotta paga!
Mentre invitiamo chi ci segue a leggere sul sito del SICobas – per la completezza e la precisione dell’informazione - l’assurda vicenda degli arresti dei 4 sindacalisti (e dei 2 della USB) accusati di reati che non vengono contestati neppure ai mafiosi conosciuti, ci arriva la notizia che il Tribunale del Riesame di Bologna ha revocato gli arresti domiciliari ad Aldo Milani, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini, Bruno Scagnelli e ai sindacalisti dell’Usb Roberto Montanari e Abed Issa Mahmoud Elmoursi; facendo cadere l’accusa gravissima di “associazione a delinquere”. Resta, per loro l’obbligo di firma.
Un colpo al cerchio – dovuto non solo all’inconsistenza e assurdità giuridiche contenute nelle accuse della PM di Piacenza che non si è mai accorta che i mafiosi, quelli veri, stanno nelle false cooperative che, oltre a sfruttare selvaggiamente i lavoratori, frodano da anni anche lo Stato evadendo tasse, contributi ecc. e nei vertici delle multinazionali della distribuzione che le utilizzano per massimizzare i loro profitti, ma anche alla forte risposta di lotta e determinazione dei lavoratori che non si sono fatti intimidire - e uno alla botte, per non screditare una magistrata che non è di troppo definire bisognosa di occhiali.
Nel frattempo, in altre parti d’Italia, continuano repressione e denunce contro i lavoratori del SICobas e non solo.
Dalla guerra strisciante dei padroni della logistica siamo passati alla guerra aperta contro gli operai che lottano per i loro diritti e per la loro dignità: l’autunno caldo è già cominciato.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
dom
31
lug
2022
Ma quanti bei regali …. ai padroni
I mesi estivi non sono generalmente quelli dedicati ai regali, ma sono i mesi preferiti per le fregature da dare ai proletari. I capitalisti, che hanno l’occhio lungo, si preparano così all’autunno, alla ripresa delle lotte e della ribellione alle condizioni ottocentesche in cui sempre più viviamo e veniamo sfruttati.
Solo due esempi.
Alcuni giorni fa è passata, tra le pieghe del solito DDL, una norma – valevole solo per il settore logistica, in deroga alle leggi nazionali – che stabilisce che l’appaltante (cioè la multinazionale di turno che utilizza le false cooperative mafiose) non è più responsabile in solido delle eventuali violazioni delle norme sul lavoro, sui contributi, sulle tasse ecc. degli appaltatori.
In altre parole: mentre prima, almeno sulla carta, i lavoratori potevano rivalersi sulla multinazionale riguardo a tali violazioni, oggi non potranno più rifarsi sul committente per gli abusi commessi dalle società interinali e cooperative che per essa lavorano.
L’accumulazione del capitale non deve essere frenata, anzi, sta diventando sempre più … sfrenata.
Se i capitalisti si preparano all’autunno, organizziamoci e prepariamoci anche noi, perché non c’è nessuno che ci rappresenti e si batta per i nostri interessi di classe.
Il capitalismo è solo barbarie, guerra, miseria, morte per i proletari. Il nemico è in casa nostra: sono i padroni e i loro governi, di destra o finta “sinistra” siano.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
dt
gio
28
lug
2022
Julian Assange: vendetta sì, giustizia no
di José Steinsleger (*); da: jornada.unam.mx; 15.7.2022
Uno. Se la Divina Provvidenza o il Destino Manifesto confermano i loro vaticini, il giornalista australiano Julian Assange (fondatore di WikiLeaks) può spuntare da un giorno all’altro negli Stati Uniti, dopo che Priti Patel, ministra dell’Interno del Regno Unito, ha approvato la sua estradizione il 17 giugno scorso.
Due. Viene confermato così che per Londra esiste solo la giurisdizione universale unilaterale di Washington, denunciata in varie occasioni da Assange. Perchè la giustizia (sic!) britannica funziona così: in modo esattamente opposto all’ingenuo rispetto che provava il paladino dei liberi pensatori George Orwell, che la definiva come un aspetto tipicamente inglese al di sopra delle classi e delle ideologie.
Tre. Falso. Nel 1988 Augusto Pinochet venne arrestato a Londra su richiesta del giudice Baltasar Garzòn (il castigatore dei giovani indipendentisti baschi) al fine di estradarlo in Spagna perché fosse là giudicato per i suoi delitti. In due occasioni la inappellabile Camera dei Lords (House of Lords) si espresse a favore dell’estradizione. Ma, nel marzo 2000, il governo di centro “sinistra” di Tony Blair si inventò un’eccezione per “motivi di salute” ed il dittatore tornò in Cile, dove non fu mai processato.
Quattro. Il caso Assange ebbe inizio nell’aprile 2010, quando WikiLeaks diffuse il nauseabondo video “Assassinio collaterale” girato a bordo di un elicottero dell’artiglieria in Irak (12 luglio 2007) che mostrava l’assassinio di 12 civili a Bagdad, compresi due giornalisti della Reuters. Mesi dopo WikiLeaks pubblicò su vari e prestigiosi giornali (che in seguito censurarono debitamente varie parti) più di 70 mila documenti militari segreti statunitensi sulla loro guerra in Afganistan, e nell’ottobre altri 400 mila sull’Irak, documentando così la morte di 15.000 civili in più rispetto a quelli dichiarati dal Pentagono, insieme a 15 mila messaggi diplomatici con giudizi sui leaders mondiali e segreti sui programmi nucleari e missilistici dell’Iran.
Cinque. Nell’agosto 2010, su richiesta della giustizia svedese, Assange fu arrestato a Londra per il presunto stupro di due ragazze che, alla fine, ritirarono la loro denuncia. Ma nel giugno 2012, annusando l’odore di morte nell’aria, egli si rifugiò nell’ambasciata dell’Ecuador. Il presidente Rafael Correa gli concesse asilo e permesso di soggiorno. Sette anni dopo il governo ecuadoregno cambiò e nel giugno 2012, su richiesta di Washington, il presidente Lenìn Moreno gli tolse l’asilo e Assange venne catturato dentro l’ambasciata.
Sei. E’ interessante segnalare che quando Correa gli concesse l’asilo, gli USA si offrirono di dare asilo al giornalista ecuadoregno Emilio Palacio (opinionista de El Universo di Guayaquil) che aveva accusato il presidente di essere un dittatore durante il tentativo di colpo di Stato del settembre 2010. Palacio aveva accusato Correa di commettere “.. crimini di lesa umanità per aver ordinato alle sue truppe di sparare contro un ospedale pieno di civili e di gente innocente”. Colossale fake news: Palacio non portò alcuna prova ma El Universal ricevette il prestigioso premio Moors Cabot …
Sette. Negli Stati Uniti democratici e repubblicani accusano il giornalista australiano di essere “un agente di uno Stato proto-fascista (la Russia, ovviamente) e di minare la democrazia” secondo Neera Tanden, direttrice del progressista Center for American Progress, oltre che di aver commesso 17 presunti reati secondo la legge sullo spionaggio del …. 1917!. Leggasi: il delitto di aver aperto una breccia nel muro di silenzio politico-mediatico dell’impero.
Otto. La consegna di Assange era stata concordata dal 2017, quando Donald Trump inviò Paul Manafort (oggi incarcerato per corruzione) “per gestire uno scambio” (leggasi retribuzioni pecuniarie, private, e accordi commerciali, pubblici). Dal canto suo, la potente Henry Jackson Society inglese (di cui faceva parte tra altri l’ultra-conservatrice Priti Patel) accusa il fondatore di WikiLeaks di “.. seminare dubbi sulla posizione morale dei governi democratici occidentali con l’appoggio di regimi autocratici” (sic!).
Nove. Il banchiere Guillermo Lasso, attuale presidente dell’Ecuador, ha dichiarato nel giugno scorso: “Rispettiamo il verdetto dei tribunali del Regno Unito e come paese forniremo tutti gli appoggi necessari riguardo a tale verdetto”. Stando così le cose l’estradizione di Assange può aver luogo domani, la prossima settimana o prima delle elezioni che, a novembre, diranno quale fazione dell’estrema destra statunitense avrà la maggioranza in Senato. Trump lo vuole morto e Biden lo ha definito un terrorista tecnologico.
Dieci. Se così sarà - a nostro giudizio sì o sì - Assange dovrà affrontare un simulacro di processo, con due sentenze possibili (che in realtà sono una sola): pena di morte o 175 anni di carcere. Questa sarebbe la sorte del fondatore di WikiLeaks, che in questo momento continua a imputridire nel carcere londinese di Bermash, che è in gara con quello di Guantànamo per tecniche di tortura e di sterminio a fuoco lento.
Undici. Naturalmente la speranza è l’ultima a morire. Non bisogna dimenticare che Washington tolse Nelson Mandela dalla sua lista dei terroristi nel 2008, ovvero 14 anni dopo che il leader della lotta contro l’apartheid e Nobel per la Pace (1993) era diventato presidente del Sudafrica (1994-1999).
Nota del traduttore: In tutti questi anni nessuno ha mai smentito le rivelazioni di WikiLeaks.
(*) Giornalista e scrittore argentino
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”)
mer
27
lug
2022
Per rendere omaggio al 69° anniversario dell’assalto alla caserma Moncada, primo atto della Rivoluzione che cambierà per sempre la storia della Isla Rebelde e non solo, pubblichiamo l’intervento tenuto da Fidel Castro alla Conferenza dell’ONU su ecosistemi e sviluppo il 12 giugno 1992, (30 anni fa ma attualissimo in questa estate in cui il nostro pianeta brucia).
“Un’importante specie biologica corre il rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione dalle sue condizioni naturali di vita: l’uomo.
Ora prendiamo coscienza di questo problema quando é quasi tardi per impedirlo.
È necessario segnalare che le società consumistiche sono le fondamentali responsabili dell’atroce distruzione dell’ecosistema. Sono nate dalle antiche metropoli coloniali e dalle politiche imperiali che, a loro volta, hanno generato il ritardo e la povertà che oggi colpiscono l’immensa maggioranza dell’umanità. Con solo il 20% della popolazione mondiale, consumano i due terzi dei metalli ed i tre quarti dell’energia prodotte nel mondo. Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno inquinato l’aria, hanno indebolito e perforato la cappa di ozono, hanno saturato l’atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che incominciamo già a soffrire.
I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno ogni anno a finire in mare. Numerose specie si estinguono. La pressione delle popolazioni e la povertà conducono a sforzi disperati per sopravvivere, anche a costo della natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo Mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine economico mondiale ingiusto.
La soluzione non può essere impedire lo sviluppo di coloro che più ne hanno bisogno. La realtà è che tutto ciò che oggi contribuisce al sottosviluppo ed alla povertà costituisce una flagrante violazione dell’ecologia. Decine di milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni anno nel Terzo Mondo in conseguenza di questo, più che in ognuna delle due guerre mondiali. Lo scambio disuguale, il protezionismo ed il debito estero aggrediscono l’ecologia e propiziano la distruzione dell’ecosistema.
Se si vuole salvare l’umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e le tecnologie disponibili sul pianeta. Meno lusso e meno sperpero in pochi paesi affinché si abbia meno povertà e meno fame su gran parte della Terra. Non più trasferimenti al Terzo Mondo di stili di vita ed abitudini di consumo che rovinano l’ecosistema. Rendiamo più razionale la vita umana. Applichiamo un ordine economico internazionale giusto. Utilizziamo tutta la scienza necessaria per uno sviluppo sostenuto senza inquinamento. Paghiamo il debito ecologico e non il debito estero. Scompaia la fame e non l’uomo.
Quando le presunte minacce del comunismo sono sparite e non rimangono più pretesti per guerre fredde, corse agli armamenti e spese militari, che cosa impedisce di dedicare immediatamente queste risorse a promuovere lo sviluppo del Terzo Mondo e a combattere la minaccia di distruzione ecologica del pianeta?
Cessino gli egoismi, cessino gli egemonismi, cessino l’insensibilità, l’irresponsabilità e l’inganno.
Domani sarà troppo tardi per fare ciò che avremmo dovuto fare molto tempo fa”.
Fidel Castro Ruz
dom
24
lug
2022
Settimane di fuoco
Mentre la nostra classe politica (in toto) litiga con le unghie e con i denti per il ‘cadreghino’, nella vita reale succede quanto segue.
4 luglio: al suo primo giorno di lavoro un ragazzo di 27 anni precipita per oltre 10 metri dal tetto dove effettuava una manutenzione e muore. Succede a Dittano, Enna.
6 luglio: Antonio Lombisani, 59 anni, sposato, padre di una figlia, bracciante agricolo. E’ morto stroncato dal caldo mentre era al lavoro in un agrumeto nella frazione Thiene del comune di Corigliano Rossano, Cosenza. E’ stato trovato riverso a terra, alle 14,30 di una giornata in cui il termometro ha superato i 40 gradi.
[Ricordiamo il caso del ventisettenne maliano Camara Fantamadi, morto mentre lavorava nei campi del Brindisino nell’estate 2021, e come lui molti altri, non solo migranti: Giuseppina Spagnoletti, 39 anni, morta il 31 agosto 2017 a Ginosa (Taranto) per la grande fatica a temperature insostenibili; Paola Clemente, 49 anni, morta ad Andria il 13 luglio 2015 durante l’acinellatura, fatta a mano sotto i teli di plastica che arroventano l’aria. Pochi giorni dopo morì stroncato dalla fatica anche Mohammed, 47 anni, sudanese, mentre raccoglieva i pomodori nelle campagne fra Nardò e Avetrana. E pochi giorni prima di Fantamadi un bracciante orientale di 57 anni era morto nei campi di riso in provincia di Pavia, ucciso da un colpo di calore.]
Qualche padrone ha pagato? Non ci risulta. Qualcosa è cambiato? NO.
11 luglio: un bracciante originario del Mali di 30 anni, Dembele Moussa, viene colpito alla testa da un pezzo staccatosi da un macchinario agricolo a Revello, Cuneo. Sua moglie e i suoi due figli non lo rivedranno più.
15/16 luglio: nella notte Giuseppe Canavacciuolo, rider di 47 anni, muore durante una consegna da pochi euro, coinvolto in un incidente stradale.
16 luglio: un autista di 60 anni muore folgorato a Calcinato, Brescia. Stava scaricando terra nel cantiere TAV Brescia-Venezia. L’uomo stava lavorando da solo e probabilmente il cassone del camion ha urtato un cavo dell’alta tensione. Verrà trovato il giorno dopo dai compagni di lavoro.
18 luglio: muore a Introbio (Lecco), travolto da un pezzo di macchinario e a seguito dello schiacciamento del torace, un operaio di origini straniere di 58 anni; aveva appena iniziato il suo turno di lavoro.
19 luglio: cantiere Ferretti di La Spezia. A seguito di un malore, dovuto probabilmente al caldo, mentre lavorava sul tetto del cantiere, cade e muore un operaio di 54 anni.
21 luglio: alla Dana Graziani di Rivoli (TO), un malore per il troppo caldo durante il lavoro stronca la vita di un operaio che sviene e batte con violenza la testa.
22 luglio: ad Arco, nel Trentino, in un’azienda manifatturiera, un operaio sviene per il caldo e cadendo batte la testa, morendo per il colpo.
Interrompiamo questa terribile lista - siamo arrivati ad oggi a circa 600 morti - per notare quanto segue: italiani o stranieri, giovani o anziani, a nord o al sud, i lavoratori restano – per i capitalisti – carne da macello.
E’ la faccia più brutale del capitalismo, il “migliore dei mondi possibili”: per i padroni – i cui profitti volano – sicuramente sì, per noi proletari no, sottoposti a sfruttamento sempre più selvaggio, a malattie e morti.
E come ci dicono i recentissimi arresti dei sindacalisti del SICobas e della USB, oggi è un crimine lottare per difendersi da condizioni di lavoro schiavistiche e di morte.
Il messaggio è chiaro: fatevi sfruttare, morite in silenzio; per chi protesta c’è la galera. Non lo faremo.
Un’ultima considerazione: le elezioni e i governi passano, i capitalisti restano.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto S.Giovanni
sab
16
lug
2022
Senza vergogna
Nella scorsa settimana dobbiamo registrare due fatti, che danno il senso di quanto la “giustizia” NON sia uguale per tutti, ma faccia sempre gli interessi di classe dei borghesi.
Il primo. Abd Elsalam, sindacalista egiziano della USB di 53 anni, padre di 5 figli, che da ben 13anni lavorava a Piacenza, viene ucciso durante uno sciopero, travolto da un camion che forza il picchetto degli operai davanti alla logistica GLS Italy Spa il 14 settembre 2016. Da subito Digos e Procura affermano che si è trattato di una “fatalità”. Il processo si è concluso nel luglio 2020 con la piena assoluzione del camionista che l’ha ucciso. Ma non finisce qui.
Migliaia di lavoratori – dato importante: una volta tanto di tutti i sindacati di base – parteciparono a manifestazioni di protesta per la sua morte il giorno seguente, a Piacenza e in altre città come Bologna e Roma, a seguito delle quali vennero denunciati alcuni manifestanti per “lancio di oggetti”, “resistenza a pubblico ufficiale” ecc. ecc. .
Bene, a distanza di 3 anni, il quadro è questo: l’uccisore di Abd El Salam è libero come l’aria, tre manifestanti sono stati invece condannati a 4 mesi di reclusione pochi giorni fa.
Non sarà l’ultimo caso.
Biandrate, Novara, magazzini della Lidl. Il 18 giugno 2021 la storia si ripete. Investito e trascinato per metri e metri da un mezzo pesante che forza il picchetto degli operai questa volta a morire è l’operaio marocchino di 37 anni Abdil Belakdim, sindacalista del SICobas. Abdil non tornerà più da sua moglie Lucia e dai suoi 2 bimbi, il suo investitore è, in base alle ultime notizie, agli arresti domiciliari.
Finirà allo stesso modo?
Il secondo. Torino, Corte d’Appello, 14 luglio. Si apre, si fa per dire, il processo Eternit bis a Stephan Schmidheiny per la morte da amianto di 2 lavoratori nello stabilimento di Cavagnolo. Ma …. Sorpresa, la chiavetta USB contenente il 90% del materiale relativo al processo di 1° grado è completamente - ed opportunamente, diciamo noi a questo punto- vuota, inservibile, e quindi i giudici sono “mortificati” ma il processo è sospeso. I morti di amianto della Eternit solo a Casale Monferrato sono circa 400: questo non si chiama strage? Ma la chiavetta, ahimè, è vuota e i giudici se ne accorgono solo il giorno in cui devono emettere la sentenza.
Sono solo due degli ultimi fatti che dimostrano quanto vale la nostra vita di lavoratori: niente.
Per i padroni, per lo Stato, per la “giustizia uguale per tutti” siamo solo una merce, carne da macello da sfruttare e gettare via.
Fino a quando lo sopporteremo? Nessuno ci darà giustizia, quella vera – è questo il messaggio forte e chiaro che ci mandano - finchè non ci organizzeremo per batterci per la nostra vita, per la nostra salute, per un futuro dignitoso. Tutte cose incompatibili con il capitalismo, il sistema barbaro in cui viviamo. Non è ideologia, sono solo i fatti concreti di ogni giorno che ce lo dicono.
(dt)
lun
04
lug
2022
Necrocapitalismo
di Jonathan Martìnez (*); da: publico.es (estratto); 1.7.2022
……………………………………….
I morti di Melilla (enclave spagnola in Marocco dove, nel tentativo di entrarvi, sono morti più di 18 migranti e centinaia sono i feriti, n.d.t.) non meritano alcun cordoglio. Sono solo un numero. Un mucchio di corpi sepolti in una fossa comune a Nador.
Non sappiamo nulla di loro perché la loro storia la stanno raccontando i loro boia.
Saskia Sassen, che nel suo libro “Immigranti e cittadini” studia la storia delle correnti migratorie in Europa, dimostra che i salari miserabili non sono una ragione perché una persona abbandoni la sua società, percorra migliaia di chilometri e si giochi la pelle entrando in un territorio dove i suoi diritti non sono garantiti. Coloro che emigrano di solito fuggono da difficoltà molto più gravi.
L’ACNUR stima che la guerra in Sudan del Sud abbia lasciato una scia di 4 milioni di sfollati. Più di 2 milioni di persone sono fuggite dal paese e alcune hanno lasciato le loro ossa a Melilla.
Chiunque voglia dare un volto agli istigatori delle milizie sud sudanesi troverà, in un rapporto dell’ONU, il nome di vari consorzi stranieri del petrolio.
Negli ultimi anni varie compagnie internazionali si sono gettate sul continente africano per accaparrarsi ingenti estensioni di terreni coltivabili in campagne di espropriazione massiccia e sgomberi delle comunità native. Coloro che si sono opposti alla spoliazione hanno dovuto affrontare arresti arbitrari e rappresaglie violente. In un recente studio intitolato “Seccare le terre africane”, l’Istituto Oakland denuncia che gli investitori privati dell’industria agroalimentare hanno devastato le forme tradizionali di sussistenza delle popolazioni locali e hanno sistematicamente violato i diritti umani.
I discendenti degli schiavi africani non se ne vanno dalle loro terre ma ne vengono espulsi.
Nel corso della nostra storia, l’espansione delle relazioni capitalistiche ha lasciato dietro di sé una sinuosa traccia di sangue. Perché il capitalismo si estenda fino all’ultimo confine del pianeta, perché colonizzi fino all’ultimo dei corpi, esso ha bisogno di continuare l’espropriazione delle terre, di istigare le guerre per il controllo delle risorse e di sminuire i migranti, le donne e coloro che si allontanano dalla sessualità dominante.
L’abolizione del diritto all’aborto negli Stati Uniti, mascherata da un’ipocrita copertura morale, risponde allo stesso impulso totalitario. Silvia Federici (sociologa, filosofa e attivista italo-statunitense, n.d.t.)spiega che ogni processo di accumulazione capitalistica relega le donne alla condizione di macchine da riproduzione di nuovi operai.
Il capitalismo – dice Karl Marx – ci impone la necessità di vendere la nostra forza lavoro e fornisce alla classe dominante la continua possibilità di arricchirsi comprandola. Se il modo di produzione capitalistico continua, è perché esiste una immensa maggioranza della popolazione che è obbligata ad offrire il suo lavoro ad un padrone per sopravvivere.
A fronte dell’eccesso di mano d’opera l’economia capitalistica sminuisce le vite in eccesso, le disumanizza e abbassa il loro valore per ridurre i costi del loro sfruttamento. Una persona che entra a far parte della categoria di immigrato illegale lavorerà sempre sotto un regime di coercizione e dovrà accettare salari più bassi e condizioni più prossime alla servitù. Così il capitalismo può sfruttare pienamente i flussi internazionali di mano d’opera e promuove scoppi di razzismo per mettere uno contro l’altro i lavoratori in base alla loro origine.
Ci sono molti modi di uccidere, scrive Bertolt Brecht. Possono cacciarti un coltello in pancia, negarti il pane, gettarti in guerra o condannarti a morire sul lavoro. Solo alcuni di questi modi sono illegali.
Questa è la moneta del nostro capitalismo necrofilo. Annichilire le vite eccedenti. Lasciare che muoiano nella terribile lista d’attesa di un ospedale strapieno o in un campo profughi. Obbligarli ad indebitarsi perché consegnino la loro anima ad un fondo “avvoltoio” in cambio di un tetto. Far loro pagare tributi feudali a corporazioni dell’energia che vivono nell’opulenza in piena crisi. Trasformare le frontiere in trituratori umani perché i lavoratori stranieri soccombano al terrore.
“Se c’è un responsabile, sono le mafie che trafficano in esseri umani” dice Pedro Sanchez (n.d.t.: capo del governo spagnolo, esponente del PSOE, il Partito Socialista Operaio Spagnolo) riguardo alla mattanza di Melilla. “Bisogna essere chiari sull’immigrazione, dietro ci sono le mafie” aggiunge Margarita Robles (n.d.t. Ministra degli Esteri del governo spagnolo, anche lei del PSOE) con un argomento preso dalla estrema destra europea.
Allora, scusate il sospetto, ci facciamo una domanda ragionevole.
Se davvero lottiamo contro le mafie …. perché assassiniamo le loro vittime?
(*) Giornalista spagnolo
(traduzione di d.t.)
ven
01
lug
2022
Viareggio: dopo la sentenza del 30 giugno 2022
Dopo aver atteso la conferenza stampa dei familiari della strage di Viareggio il giorno dopo la sentenza che ha visto la condanna dei managers delle società responsabili della strage:
- condividiamo pienamente non solo la loro “moderata soddisfazione” per la condanna degli amministratori delegati delle società italiane e straniere coinvolte;
- condividiamo pienamente la loro denuncia del fatto che il Ministero delle Infrastrutture – emanazione dello Stato – in questi anni non ha fatto nulla per la sicurezza di lavoratori e cittadini, prova ne siano i 56 lavoratori del settore ferroviario morti durante gli anni del “risanamento” della gestione Moretti e gli incidenti successivi, dal disastro di Pioltello al ponte Morandi per citarne alcuni;
- condividiamo pienamente il loro giudizio sullo Stato (che noi chiamiamo borghese) come di un corpo marcio, dove i vari Moretti vanno e vengono ma il sistema resta immutato; il giudizio sulla Cassazione che ha protetto e salvato questo sistema, come ha voluto ribadire Daniela Rombi dell’Associazione che riunisce i familiari delle 32 vittime, “Il Mondo che Vorrei”.
Salutiamo con rispetto e affetto non solo l’associazione dei familiari ma anche la “Assemblea 29 giugno” Comitato 29 giugno , che riunisce i ferrovieri che senza esitazioni, nonostante le pressioni pesantissime, sono sempre stati a fianco dei familiari delle vittime di Viareggio, così come le associazioni e i comitati delle vittime delle stragi per il profitto, con in prima fila i cittadini di Viareggio.
Ribadiamo, come abbiamo sempre fatto, che LA LOTTA PAGA. La verità storica è emersa non solo nelle coscienze di chi ha seguito e partecipato alla lotta dei familiari delle vittime ma anche attraverso le sentenze di 4 processi che - al di là delle condanne ogni volta sempre più diluite e dei vari cavilli - hanno dovuto riconoscere la colpa di chi ha messo avanti a tutto, e continua a farlo, i bilanci delle FFSS e all’ultimo posto la vita e la salute di cittadini e lavoratori.
La nostra lotta quasi trentennale è la lotta la lotta dei familiari delle vittime della strage di Viareggio.
Non solo per un dovere morale e civile ma perché abbiamo lo stesso nemico: la società del profitto che uccide uomini e natura.
E anche quest’anno abbiamo partecipato alla manifestazione che ha visto migliaia e migliaia di persone che non vogliono dimenticare, non vogliono tornare a casa a piangere da soli, ma vogliono continuare a lottare contro questo barbaro sistema.
Onore a chi non si arrende, onore a chi lotta non solo per sé ma soprattutto per gli altri.
Vi giunga il nostro abbraccio; siamo stati, siamo e saremo sempre al vostro fianco. .
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Sesto S. Giovanni
SestoS.G. 1° luglio 2022
dom
26
giu
2022
Viareggio, 29 giugno 2022
29 giugno 2009, ore 23.48: un tremendo boato, un treno merci deraglia, esplode una cisterna di GPL e in via Ponchielli 32 persone muoiono bruciate vive nel luogo più sicuro, le loro case.
Da Iman Ayad, 3 anni, a Mario Pucci, 90 anni.
Non ripercorriamo le vicende giudiziarie, note a tutti noi, se non per testimoniare il nostro rispetto e l’onore che va riconosciuto ai parenti delle vittime riuniti nell’associazione “Il mondo che vorrei”, che non hanno cessato un attimo la loro faticosissima lotta per avere giustizia, una lotta che continua e che ha visto lo Stato schierarsi a fianco degli assassini (gruppi industriali e finanziari e i loro amministratori) come – ma non solo - Mauro Moretti (promosso amministratore delegato di Leonardo Spa, l’ex Finmeccanica e presidente dal 2013 al 2019 della Fondazione FS).
La “giustizia” di classe fa un altro passo avanti: nel gennaio 2021 la Cassazione annulla la sentenza di condanna della Corte di Appello di Firenze e rinvia gli atti allo stesso tribunale. Nessuno è colpevole e nessuno pagherà.
Il potere economico-politico, tramite la magistratura, manda un altro segnale chiaro alle vittime e ai loro famigliari: i processi penali per i morti del profitto non s’hanno da fare. Non spendete soldi e tempo in lunghi procedimenti penali per cercare giustizia perché questi finiranno con assoluzioni dei padroni o manager imputati e voi sarete condannati a pagare le spese legali e processuali.
Noi, che da più di 25 anni ci battiamo perché i morti per amianto abbiano giustizia lo sappiamo bene e per questo siamo al fianco di chiunque lotti contro le stragi del profitto. La loro lotta è la nostra lotta.
Perché noi tutti non ci limitiamo a “ricordare”, noi continuiamo a batterci contro questo barbaro sistema – il capitalismo - che ci considera solo carne da macello, da sfruttare prima e buttare dopo.
Per la sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita, contro un sistema che disprezza la salute e la vita umana, è ora di ribellarsi in ogni modo possibile.
Anche quest’anno saremo a Viareggio, con i famigliari delle vittime, con i ferrovieri riuniti nella “Assemblea 29 giugno” che ogni giorno rischiano la vita in nome del “risanamento” e dei tagli ai bilanci e che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno alla lotta nonostante le intimidazioni culminate con il licenziamento di Riccardo Antonini, con i cittadini che non sono sicuri neppure nelle loro case.
La nostra vita vale più dei loro profitti.
(Viareggio, ore 21, piazza Nieri e Paolini di fronte al Comune, partenza del corteo)
(Alle ore 18, in via Aurelia sud n.20 alla “Casina del Ricordo”, i compagni di Viareggio ricorderanno anche Michele Michelino, il nostro Presidente che ci ha lasciato il 21 aprile scorso. Un grazie a loro perché così Michele sarà a Viareggio anche quest’anno).
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di lavoro e nel Territorio, Sesto S.Giovanni
gio
23
giu
2022
Una buona notizia
Nel processo di 2° grado per la morte di 6 militari della Marina Militare deceduti per mesotelioma è stata ribaltata la sentenza di 1° grado che aveva assolto gli ammiragli, cioè i rappresentanti dello Stato
Di seguito riportiamo il comunicato dell’Associazione Italiana Esposti Amianto , che ripercorre nei particolari la vicenda.
Dovremo attendere i rituali 90 giorni per leggere la sentenza, ma ci pare di capire che il Tribunale di Venezia ha tenuto conto della relazione dei suoi periti, che smonta la tesi assolutamente anti-scientifica e tuttavia sempre utilizzata - in particolare dal tribunale di Milano - per “ammazzare” tutti i processi sull’amianto, in base alla quale è necessario individuare l’anno, il mese, il giorno … e magari anche il minuto ….in cui inizia il processo cancerogeno nelle vittime per poter condannare i responsabili.
Vedremo cosa dirà poi la Cassazione. Nell’attesa, godiamoci la buona notizia.
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Vittime amianto Marina Militare, sentenza storica: condannati i vertici in Corte d'Appello a Venezia! COMUNICATO STAMPA
Milano, 22 giugno 2022. Condannati ieri in Corte d'Appello a Venezia 4 ammiragli della Marina Militare ritenuti responsabili della morte per mesotelioma e patologie asbesto correlate di 6 militari in servizio sulle navi della Marina Militare. La sentenza, il cui dispositivo è arrivato nella tarda serata di ieri, ha ribaltato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Padova.
”E' una sentenza storica - ha dichiarato Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica e AIEA, Associazione Italiana Esposti Amianto, parti civili nel processo - dopo un lungo periodo dall'inizio del processo, possiamo dire finalmente un po' di giustizia per le vittime di amianto della Marina Militare, finalmente il riconoscimento delle responsabilità dei vertici di questa Istituzione, colpevoli di non aver provveduto a proteggere la salute dei lavoratori, esposti per anni sulle navi militari proprio alla terribile fibra dell'amianto, di cui le navi erano cariche, senza le necessarie misure di sicurezza! Sono stati ritenuti responsabili di non averli informati dei rischi cui erano sottoposti, secondo, quanto previsto del DPR n° 303 del 1956, che prescrive la necessità di rendere “edotti” i lavoratori dei rischi, dovuti alla presenza delle fibre killer!” Una doppia vittoria per le parti civili perché è stata proprio l'avvocata di parte civile di MD e AIEA a presentare ricorso, in quanto in primo grado il PM dr. Dini aveva chiesto l’assoluzione. È stata infatti la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia ad impugnare la sentenza di primo grado, in unione all’avvocata Laura Mara per le Parti Civili MD, AIEA e AFEA e ad altre Parti Civili. “Si andra’ facilmente in Cassazione – ha aggiunto Fulvio Aurora – e di fatto i tempi ancora si allungheranno, ma non possiamo fare altro che ritenere e sperare che la sentenza d'Appello di Venezia venga confermata” Originariamente gli Ammiragli inquisiti erano 9, ma nel frattempo 3 di essi sono deceduti e quindi è decaduto anche il procedimento nei loro confronti, mentre per altri è intervenuta le prescrizione: “E' assurdo [1]ha aggiunto Fulvio Aurora - che i processi per amianto, a ogni latitudine in Italia, debbano durare un tempo infinito, che comporta troppo spesso il decadimento dei procedimenti per morte degli inquisiti e per prescrizione! Le pene comminate sono certamente lievi, quasi irrisorie, 1 o 2 anni, ma vi è pure stata la condanna ai risarcimenti per i familiari dei militari vittime dell'amianto, al pagamento delle spese di giudizio e al risarcimento delle parti civili costituite, fra cui Medicina Democratica e l'Associazione Italiana Esposti Amianto”.Questa sentenza può aprire la strada a sentenze giuste nelle decine di processi in corso per le vittime di amianto nei luoghi di lavoro: “Cosa aspetta il Governo- ha concluso Fulvio Aurora- ad attuare un grande piano di bonifiche per eliminarlo definitivamente dal territorio e dai manufatti dove e' presente, e dove continua a rappresentare un grave pericolo per la salute di tutti? Quando potremo scrivere definitivamente la frase “basta amianto”?
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto S.Giovanni, 23 giugno 2022
mar
21
giu
2022
Altri 4 morti di lavoro oggi: basta!!
Mentre i titoli dei media si concentrano sul pasticciaccio del Movimento 5 stelle, stasera altri 4 operai non torneranno mai più a casa dopo il lavoro.
. Donato Marti, 72 anni (sì, proprio 72!), è morto a Lecce cadendo da un’impalcatura di 5 metri durante lavori di ristrutturazione di un immobile;
. XX (non è noto il nome), operaio di 52 anni, è deceduto schiacciato da una matassa di ferro caduta dall’alto in un cantiere edile a Legnano, Verona;
. Marco Accordini, 26 anni, è morto schiacciato da un trattore nella tenuta di famiglia di Fumano, Verona;
. XXX (non è noto il nome), un operaio di 58 anni, è stato travolto da un treno in transito sulla tratta Roma-Firenze in località Ponticelli di Città della Pieve (Perugia) mentre stava lavorando alle canaline poste ai lati di un binario.
E ieri a Cesano Maderno (Monza), due operai sono stati ustionati da un getto di iodio vaporizzato all’interno della ditta farmaceutica Bracco. Fortunatamente loro se la caveranno.
Le Procure indagano …. scopriranno, come sempre, che mancavano le misure di sicurezza, ma noi non sapremo come finiranno le indagini perché la notizia non apparirà mai sui giornali. In Italia non c’è un solo padrone in galera, a fronte di migliaia di morti (in aumento, tra l’altro) ogni anno.
Proprio come non sappiamo più niente del camionista – e men che meno di chi ha dato l’ordine di spezzare i picchetti a qualsiasi costo - che un anno fa uccise Adil Belakhdim, sindacalista del SI Cobas durante uno sciopero davanti ai magazzini Lidl di Biandrate. I suoi compagni di lavoro, però, non hanno dimenticato, manifestando sabato scorso a Novara.
Così come noi non dimentichiamo, e ogni ultimo sabato del mese di aprile, dal 1997, ricordiamo non solo i nostri morti delle fabbriche di Sesto San Giovanni – la Breda, la Falck, la Marelli…- ma tutti i lavoratori uccisi dal profitto.
Ma non possiamo più limitarci a ricordare: i morti del profitto rappresentano la faccia più brutale della guerra che il capitale fa ai lavoratori. O mettiamo al primo posto, anche nelle lotte sindacali più elementari, la questione della sicurezza, il fatto che non si può lavorare a condizioni di morte, o presto non ci rimarranno né parole né lacrime.
E’ arrivato il momento di alzare forte la nostra voce contro le morti del profitto e scendere in piazza con scioperi e presidi davanti alle sedi di rappresentanza dei responsabili di queste morti, senza delegare a istituzioni e sindacati - complici della mattanza operaia - la difesa della nostra vita, della nostra salute e della nostra sicurezza.
I numeri ci dicono quanto importa ai capitalisti la nostra vita. E’ arrivato il momento di agire, di far sentire forte la nostra voce, di spezzare il silenzio e la passività su questa strage.
Solo la nostra lotta può fermare la strage; non vogliamo più essere carne da macello per il profitto di pochi.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Sesto San Giovanni
sab
18
giu
2022
L’aumento esponenziale dei morti di lavoro o, meglio, di profitto, ha una unica, semplice causa: l’aumento selvaggio dello sfruttamento e l’abbandono di ogni “investimento” sulla sicurezza, come emerge dalle indagini ogni volta che si verifica una morte “bianca”, come i giornali e le tv si ostinano a chiamare questi omicidi annunciati. Qualche giorno fa abbiamo riportato i numeri dell’INAIL, che parlano chiaro.
Oggi escono altri numeri: quelli della povertà nel nostro paese. Nascosti dal chiacchiericcio sul salario minimo, sullo “scandalo” del reddito di cittadinanza che impedirebbe di trovare manodopera ai poveri padroni che li cercano disperatamente, emergono invece i fatti, che hanno la testa dura. Vediamoli.
Su una popolazione complessiva di 58.900 persone circa - di cui circa 36 milioni in età lavorativa (cioè che hanno o potrebbero avere un lavoro, non importa di che tipo) - 5,6 milioni di italiani sono in povertà assoluta (secondo la definizione più condivisa, la povertà assoluta è quella legata alle necessità fisiologiche di base: il povero non riesce neppure a soddisfare, da solo, i propri bisogni primari, il fabbisogno nutrizionale minimo, la disponibilità di beni e servizi essenziali per la sopravvivenza).
Negli ultimi anni la quota di persone in povertà assoluta è aumentata in modo generalizzato. Nel 2005 si trovava in queste condizioni il 3,3% della popolazione residente in Italia; dodici anni dopo, nel 2017, erano l’8,4%. Nel 2021 sono saliti al 9,4%.
Da almeno 20 anni padroni e sindacati di regime hanno dato il via alla battaglia per “tagliare lacci e lacciuoli” all’economia, eufemismo per dire che i licenziamenti devono essere facilitati, i salari devono essere sempre più bassi e i profitti sempre più alti. Ci hanno assicurato che “se il mercato va bene, vanno bene anche i lavoratori”.
E così si è dato il via ad una serie di leggi e leggine che hanno liberalizzato ogni vincolo conquistato dalle lotte dei lavoratori. Basti pensare al numero di contratti “atipici” in vigore in Italia, tra cui la vergogna assoluta del “contratto a chiamata”, ma i numeri dicono esattamente il contrario: il mercato va bene ma i lavoratori no.
Ma non si tratta solo dei lavoratori. Ricordate quando ci parlavano dell’egoismo dei vecchi che pregiudicava il futuro dei giovani riguardo alle pensioni?
Stando a quanto reso noto dall’Osservatorio sulle pensioni dell'Inps del 2021, su 17,8 milioni di pensioni erogate, ben 12,6 (circa il 70% del totale) sono di importo inferiore ai mille euro e oltre 10,9 milioni di trattamenti sono inferiori a 750 euro. C’è proprio da scialare. Per quello che riguarda i giovani, potranno morire di vecchiaia sul posto di lavoro, se ce l’hanno.
I fatti dicono altro: noi lavoratori siamo condannati a stipendi da fame e pensioni con cui non si può più nemmeno sopravvivere. A tal punto che persino la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia ha dovuto riconoscerlo, nel depositare, il 21 aprile, la sua relazione dopo un anno di audizioni : le sue conclusioni sono quelle da anni denunciate dai lavoratori.
Scrive la Commissione, descrivendo il mercato del lavoro: “Ricerca del profitto con modalità, termini e proporzioni prevalenti sulla tutela della dignità, della salute e della sicurezza”; “Caporalato urbano ai danni di un incontrollato bracciantato metropolitano per lo più straniero… spesso costretto ad accettare condizioni di lavoro con retribuzioni indegne”; “più in generale condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi, ovvero a rinuncia a diritti spettanti in relazione al rapporto di lavoro (quali riposi, ferie, permessi, congedi, ecc.), procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto”. E ancora “Paghe indegne e caporalato in ogni settore, dalla ristorazione alla logistica”, tanto che la Commissione (parlamentare, lo ricordiamo) afferma che “serve un nuovo reato nel Codice Penale”.
E tutto quanto sopra sarebbe il “miglior mondo possibile”.
C’è un solo modo possibile per ribaltare questa macelleria: la lotta. Lotta di classe che i padroni fanno egregiamente e che da troppo stanno vincendo.
Non aspettiamoci aiuto da sindacati venduti e partiti cosiddetti “di sinistra”, che da tempo immemorabile hanno scelto di stare al fianco del capitale: le elezioni passano, i padroni restano.
Solo se riusciremo ad organizzarci per lottare contro questo sistema – che si chiama capitalismo – potremo pensare di vivere dignitosamente e di avere un futuro.
Questo futuro noi continuiamo a chiamarlo “socialismo”.
mar
14
giu
2022
Il Gruppo dei Paesi Occidentali elegge Israele vice-presidente dell’ONU
da: kaosenlared.net; 14.6.022 (fonte Ministero degli Esteri e degli Emigranti Palestinesi)
Il Ministero degli Esteri e degli Emigranti Palestinesi denuncia la nomina - da parte del Gruppo Regionale dei Paesi dell’Europa Occidentale e Altri Paesi (1) delle Nazioni Unite - di Israele, la potenza coloniale occupante, quale candidato alla carica di Vice-Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il Ministero ritiene questo passo una normalizzazione e una legittimazione del sistema di occupazione coloniale della terra dello Stato Palestinese.
Il Ministero considera questa scelta come un tentativo di normalizzare il crimine e l’impunità nel sistema internazionale. Esso afferma che questo fatto avviene nel contesto di una serie continua di tentativi frenetici da parte dei governi di questi Paesi per occultare l’occupazione coloniale e proteggerla dalla resa dei conti per i suoi sistematici e crescenti crimini contro il popolo palestinese e contro i suoi diritti fondamentali.
Nello stesso contesto, e in relazione al rifiuto di un gran numero di paesi di questo Gruppo di riconoscere lo Stato Palestinese e alla loro reiterata candidatura delle autorità di occupazione coloniale a importanti incarichi internazionali come il Comitato delle Associazioni Non Governative in un momento in cui le autorità dell’occupazione stanno processando i difensori dei diritti umani e criminalizzando il lavoro delle associazioni peri diritti umani e di altro tipo in Palestina, il Ministero degli Affari Esteri afferma che questo passo, e molti altri passi che lo hanno preceduto, rivelano la falsità delle affermazioni dei suddetti paesi di rispettare e preservare i diritti umani ed il doppio binario nel trattare la questione dei diritti umani a livello internazionale, pregiudicando così lo stesso sistema internazionale.
Il Ministero afferma che questo comportamento avviene in un momento in cui si impone un accerchiamento politico e finanziario al popolo palestinese da parte di una serie di attori internazionali che castigano la vittima, vogliono soggiogare la sua volontà politica e falsificare la sua storia a favore del suo boia.
(1) Il Gruppo è costituito da: Germania, Francia, Norvegia, Andorra, Grecia, Nuova Zelandia, Australia, Islanda, Paesi Bassi, Austria, Irlanda, Portogallo, Belgio, Israele, Gran Bretagna, Canada, Italia, San Marino, Danimarca, Liechtenstein, Svezia, Spagna, Lussemburgo, Svizzera, Stati Uniti d’America, Malta, Turchia, Finlandia e Monaco-
Nota: nel marzo2000 Israele divenne membro a pieno diritto del Gruppo degli Stati dell’Europa Occidentale e di altri Stati a carattere temporale (soggetto a rinnovo), il che gli permise di presentare la propria candidatura alle elezioni di diversi organi dell’Assemblea Generale dell’ONU.
Nel 2004 Israele ottenne il rinnovo permanente.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
mer
08
giu
2022
Morti sul lavoro: alcuni dati INAIL
Escono i numeri degli infortuni e dei morti di lavoro, spaventosi come sempre, contabilizzati dall’INAIL: nei primi 4 mesi di quest’anno 47 vittime, uno ogni 72 ore, solo in Lombardia. L’ultima sabato scorso, un lavoratore deceduto a Rho, durante l’allestimento dei padiglioni per la Fiera del Mobile, visitati da migliaia di persone probabilmente ignare di quanto appena successo. In generale un aumento del 54% rispetto al 2021.
In Italia le vittime, nel primo bimestre 2022, sono state 114, il 10% in più rispetto all’anno scorso.
Non va meglio per gli infortuni (quelli denunciati): secondo l’INAIL in Lombardia sono 49.531 le denunce, con un incremento del 32,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A livello nazionale, tra gennaio e febbraio, le denunce sono state 121.994, con un incremento del 50% rispetto al bimestre del 2021.
Una spaventosa normalità, tranne quando le morti avvengono in gruppo e allora conquistano per due o tre giorni l’attenzione di media e politici, che in questi giorni si stanno accapigliando sulla direttiva dell’Unione Europea sul salario minimo che la UE chiede a tutti i paesi di adottare (l’Italia è uno dei 4 paesi dell’Unione che non ha questo istituto): l’ipotesi più gettonata nel nostro paese è quella di 9 euro lordi all’ora, anche se Confindustria, per bocca del solito Bonomi del quale è quasi impossibile capire il reddito, la vuole solo per i lavoratori “fragili” (quelli che hanno patologie preesistenti certificate dalle autorità sanitarie, definizione che risale ad decreto dello scorso agosto in materia di Covid 19).
Domanda: quando avremo la “sicurezza” – e il “diritto umano” - di non morire più sul posto di lavoro?
MAI, perché finchè l’unico vero diritto riconosciuto sarà quello dei padroni a fare profitti, continueremo a morire ogni giorno. Perché morire sul lavoro non è questione di “cultura” (i lavoratori non avrebbero la cultura della sicurezza come ormai, sindacati collaborazionisti compresi, affermano industriali, professori universitari e fuffa varia) ma di aumento dello sfruttamento, con ritmi e condizioni di lavoro sempre più bestiali e selvagge.
Oggi, come ieri del resto, nessuno rappresenta gli operai e i lavoratori: se non ci auto-organizziamo per difendere la nostra vita e la nostra salute continueremo ad ammalarci e a morire per il profitto di pochi, che guadagnano miliardi sulla nostra pelle e sul nostro sangue e si permettono anche di affermare che 9 euro lordi all’ora sono troppi. Ecco quanto valgono le nostre vite per i padroni.
Basta lacrime e chiacchiere vuote, ci servono organizzazione e lotta.
Ricordando che “a condizioni di morte non si lavora”.
ven
03
giu
2022
Quando l’impero chiama
di Mumia Abu Jamal (*); da: lahaine.org; 3.6.2022
Fratelli miei, sorelle, compagni e compagne riuniti a Tijuana (n.d.t. summit dei paesi esclusi dagli USA dal Vertice delle Americhe), do il benvenuto a voi, delegati degli esclusi della terra, gente di Cuba, Nicaragua, Venezuela e altre nazioni.
Molti di voi vengono da paesi poveri, da paesi con un PIL relativamente basso come Cuba, ad esempio, che ha un PIL più o meno uguale a quello del Ghana.
Visto che vi scrivo dalla nazione più ricca della Terra, devo aggiungere che scrivo anche da una nazione che non può proteggere i suoi figli e figlie. Parlo della orrenda mattanza in Texas, dove 19 bambini sono stati assassinati in una scuola elementare mentre i poliziotti gironzolavano nei corridoi.
Qui decine di migliaia di ex studenti non possono pagare i prestiti che hanno contratto per andare all’università. Pensate ancora a Cuba, dove gli abitanti possono andare a scuola – dall’asilo fino alla facoltà di medicina, del tutto gratuitamente. E queste facoltà non sono solo per i Cubani. Là uno studente di un altro Paese può iscriversi in una scuola di medicina.
Ricordate, Cuba non è un paese ricco. Fa quel che fa perché dedica le sue risorse a servire il popolo, e la salute ne è un esempio.
Cosa importa che gli Stati Uniti posseggano tante ricchezze se non possono evitare la morte di un milione di persone – un milione! – per il Covid-19? Di fatto potete entrare in qualsiasi ghetto negli Stati Uniti e vedere fame e povertà. C’è gente che vive in deserti alimentari, gente senza casa. Là troverete il livello più alto di carcerazione del mondo.
Allora perché le nazioni povere devono ascoltare le nazioni ricche?
Cosa devono insegnare, queste? Razzismo? Conflitti tra classi sociali? Poliziotti violenti? Politici corrotti? Industriali avidi? Militarismo?
Noi poveri ed esclusi del mondo possiamo contare solo gli uni con gli altri. Se lavoriamo con solidarietà potremo sicuramente vivere meglio. Con amore, senza paura. Grazie.
Mumia Abu-Jamal
31 maggio 2022.
(*) Giornalista statunitense, membro delle Pantere Nere, condannato a morte ingiustamente per l’assassinio di un poliziotto, è in carcere dal 1981.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
lun
30
mag
2022
L’ultima porcata (in ordine di tempo): al Consiglio comunale di Milano il PD vota contro la cittadinanza onoraria a Julian Assange.
Lo scorso 28 maggio, il Consiglio comunale di Milano, con alla testa il PD, ha votato contro una mozione che chiadeva la cittadinanza onoraria per Julian Assange e la contrarietà per la sua estradizione dall’Inghilterra – i cui tribunali nel 1999 liberarono il dittatore cileno Augusto Pinochet, accusato di genocidio, permettendogli di tornare libero nel suo paese - agli Stati Uniti, dove rischia l’ergastolo e anche la pena di morte. La mozione è stata quindi riscritta (stravolta nei suoi contenuti cancellando la richiesta di cittadinanza onoraria e il riferimento all’estradizione) e poi approvata.
Chi è Julian Assange? E’ il giornalista fondatore di Wikileaks, sito che ha permesso al mondo intero di conoscere gli orrori perpetrati dalle truppe USA nel carcere di Abu Ghraib e i crimini di guerra commessi dai militari statunitensi in Iraq e Afganistan, oltre a migliaia di documenti compromettenti per la diplomazia nordamericana.
A quanto pare l’esistenza di persone cme Assange non fa paura solo agli USA ma anche al Consiglio comunale milanese e al PD, che si riempiono la bocca – soprattutto in questo periodo – di chiacchiere sui diritti umani, sulla libertà e sulla democrazia.
Di seguito la lettera che il premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel e la Madre di Plaza de Mayo Nora Cortiñas, hanno inviato in merito alla decisione del tribunale inglese:
“Urgente … La Corte Suprema della Gran Bretagna ha deciso l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, decisione che porta ad una codanna a morte per aver difeso la libertà di stampa.
Facciamo appello a tutti i mezzi di comunicazione, ai giornalisti che lottano per la libertà, a pronunciarsi e a reclamare la libertà di Julian Assange che con coraggio civico pubblica documenti degli Stati Uniti, paese che viola i diritti umani e quelli dei popoli. Permettere che Julian Assange venga estradato è una minaccia alla libertà di stampa e un pesante avvertimento a coloro che mettono in discussione la politica repressiva e le gravi violazioni dei diritti umani e dei popoli commessi dagli Stati Uniti.
Assange è vittima della politica di oppressione degli Stati Uniti per aver difeso la libertà di stampa.Rifiutiamo la decisione della giustizia britannica e reclamiamo la libertà di Julian Assange!”
Evidentemente anche un gesto così formale, che nulla cambierebbe nella realtà, è estremamente sgradito al PD e a Italia Viva , che si sono presto dimenticati degli “Afgan War Lodge” che hanno mostrato il vero volto della “missione di pace”: brutalità, violazione dei diritti umani e centinaia di vittime civili mai dichiarate, torture, crimini di guerra ed esecuzioni sommarie commesse dai nordamericani e dai loro alleati.
La loro spiegazione? Secondo il portavoce del PD “spiattellare così documenti riservati non va bene perché confligge con il diritto di uno Stato a segretare le cose che non vuole diffondere”.
Per questo non hanno mai detto una parola sul genocidio del popolo palestinese perpetrato dallo Stato sionista di Israele?
I due anni di pandemia e ora la guerra tra Russia e Ucraina ci hanno abituato al pensiero unico frutto degli interessi capitalistici dominanti: la sorte di Assange è un monito a tutti coloro che vi si oppongono.
LIBERTA’ PER JULIAN ASSANGE.
d.t. 30.5.2022
ven
27
mag
2022
Comunicato stampa
LA GIUSTIZIA DEI PADRONI:
ASSOLTI I MANAGERS DELLA PIRELLI RESPONSABILI DELLA MORTE PER AMIANTO DI 28 OPERAI
Come previsto (l’avevamo già scritto l’11 marzo) il Tribunale di Milano ha assolto in 2° grado, ieri 26 maggio 2022, 9 managers della Pirelli di viale Sarca (Milano), imputati di omicidio colposo per la morte di 28 operai dello stabilimento morti per patologie da amianto.
I 9 dirigenti erano già stati assolti con formula piena in 1° grado dalla giudice Annamaria Gatto perché “il fatto non sussiste” e perché “il fatto non costituisce reato”, motivazione ripresa ieri per assolverli nuovamente.
Nel tribunale di Milano - V sezione - sono stati celebrati diversi processi (Breda, Pirelli, Scala di Milano ecc. solo per ricordarne alcuni) per l‘omicidio di centinaia di lavoratori, morte causata dall’esposizione all’amianto, cancerogeno ben noto fin dai primi del ‘900 e usato nelle fabbriche a man bassa dato il suo basso costo.
Eppure NESSUNO E’ STATO, nessuno è colpevole.
La V sezione del Tribunale di Milano ribadisce così che uccidere gli operai nel nostro paese NON è reato: una strage senza colpevoli in un paese che al danno aggiunge la beffa, e soprattutto la vendetta, per aver osato “disturbare il manovratore” – in questo caso i managers di una multinazionale come la Pirelli - chiedendo uno straccio di giustizia e dove le parti civili (il nostro Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Medicina Democratica, AIEA Associazione Esposti Amianto, Camera del Lavoro) in questo caso) si vedono condannate a pagare le spese processuali.
Una volta di più in Italia, paese “libero e democratico” che si arroga il diritto di dare lezioni sui diritti umani, il “mercato”, o meglio il profitto dei padroni, vale di più della vita dei lavoratori, che sono coloro che costruiscono la ricchezza del nostro Paese.
Sulla loro pelle e sul loro sangue: in questi primi mesi del 2022 sono già 182 i morti sul lavoro, senza contare gli “incidenti” che avvengono per il mancato rispetto delle misure di sicurezza, per l’aumento bestiale dei ritmi di lavoro, per la totale indifferenza verso la salute e la vita dei lavoratori.
Salvo poi vedere le istituzioni versare lacrime da coccodrillo sui corpi senza vita e giurare che non deve succedere mai più. Eppure continua a succedere, non cambia nulla e non c’è mai un colpevole.
Questa è la giustizia dei padroni, che ribadisce che il profitto viene prima di tutto, anche della vita e della salute di lavoratori e cittadini.
Non lacrime ma lotta. Spetta solo a noi – operai, lavoratori, familiari, cittadini – gridare forte che non vogliamo più morire per il profitto di pochi; spetta solo a noi unirci, organizzarci e lottare contro questa piaga perché nessuno – e questa vicenda lo dimostra una volta di più – ci darà giustizia: la legge non è uguale per tutti e per i padroni c‘è l’impunità, ribadita ancora una volta dai tribunali dello Stato.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto S.Giovanni, 27 maggio 2022
mer
18
mag
2022
Da Mariupòl allo Yemen, passando per Jenin
Ieri il sito di Contropiano (e alcuni siti esteri) ha pubblicato una notizia interessante, che citiamo: insieme ai neonazisti del battaglione Azov ed ai civili che sono stati usati in questo periodo come scudi umani, ecco chi c’era nei sotterrai dell’Azovstal:
“I miliziani ucraini rinchiusi nei tunnel dell’acciaieria Azovastal di Mariupol hanno iniziato ad arrendersi. Dopo aver compreso che il governo ucraino non aveva alcuna intenzione – e neanche realistiche possibilità – di rompere l’assedio, hanno scelto la strada della resa.
Ma, come ampiamente prevedibile e previsto, i tunnel dell’Azovastal riservano sorprese. Tra i prigionieri risulterebbe infatti un generale statunitense “in pensione”.
Si tratta del Generale americano Eric Olson, un ex ufficiale del Comando delle Operazioni Speciali degli Stati Uniti e ammiraglio a quattro stelle Navy SEAL (Naval Special Warfare Command).Attualmente è Presidente del Gruppo ETO che si occupa di pianificazione strategico-militare, consulente in materia di sicurezza nazionale; professore a contratto presso la School of International and Public Affairs della Columbia University; Direttore di Iridium Communications e direttore della Special Operations Warrior Foundation (Fondazione Operazioni Speciali Guerra Non Convenzionale)
Insieme al generale Usa ci sarebbero anche un tenente colonnello britannico – John Bailey – e quattro istruttori militari NATO.”
La notizia, sottolinea Contropiano, NON è stata smentita da alcuna istituzione.
Intanto il nostro governo, uno dei più sottomessi alle richieste della NATO e degli USA, il 13 maggio ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il terzo decreto per l’invio di “materiale bellico” all’Ucraina (in spregio assoluto all’art. 11 della nostra Costituzione, senza alcuna opposizione da parte di alcun partito e con grande gioia dei fabbricanti di armi).
Siamo in guerra anche noi, anche se nessuno ha l’onestà di dirlo.
Jenin, Jenin..
La giornalista palestinese di Al Jazeera Shireen Abu Akleh è stata uccisa, nonostante portasse il giubbetto con la scritta “Stampa” ben chiara (o forse per questo??) da una pallottola sparatale alla testa da soldati israeliani mentre documentava un’operazione militare contro palestinesi nella città di Jenin. Ma la barbarie non si ferma qui: durante i suoi funerali anche i portatori della sua bara sono stati attaccati dai soldati sionisti, suscitando persino (finalmente) le proteste dei governi occidentali che mai hanno detto una sola parola sul lento genocidio del popolo palestinese.
La guerra dimenticata: Yemen.
Da più di 7 anni USA e Inghilterra armano la coalizione guidata dall’Arabia Saudita contro lo Yemen, che già prima della guerra era il paese più povero del mondo arabo. Lo Human Eye Center for Rights and Development (EHCRD) ha fornito qualche giorno fa i numeri della guerra più dimenticata, che sono agghiaccianti.
17.775 morti, 28.599 feriti, in un paese dove la coalizione composta da Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto, Marocco, Senegal, Sudan e mercenari della società statunitense Blackwater), ha distrutto 413 ospedali.
I bambini morti in questa guerra dimenticata sono circa 4.000 e quelli feriti 4.500.
Sono state distrutte 590.00 case, 182 edifici universitari, 1600 moschee, 1.216 scuole, 254 siti storici. In rovina anche le infrastrutture del poverissimo paese: sono stati distrutti 15 aeroporti, 16 porti, 342 centrali elettriche, 6.827 ponti e strade, 2.815 fonti di stoccaggio dell'acqua, 2.095 edifici governativi, 405 stabilimenti industriali.
Nessun paese “democratico” ha protestato, nessuno ha parlato di crimini di guerra, nessuno ha imposto sanzioni all’Arabia Saudita e ai suoi soci, continuiamo a comprare allegramente il petrolio saudita.
Conclusione: siamo contro tutte le guerre imperialiste, guerre di rapina in cui, per il profitto dei capitalisti, la carne da macello in tempo di pace- i proletari – diventa carne da cannone in tempo di guerra.
Venerdì 20 maggio le maggiori sigle sindacali di base hanno indetto uno sciopero contro la guerra, con concentramento – a Milano – in piazza Castello alle ore 9. Noi vi parteciperemo per gridare alto e forte VIA LA NATO DALL’ITALIA, VIA L’ITALIA DALLA NATO. Il nemico è in casa nostra, sono i padroni e i loro governi.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
lun
09
mag
2022
Dopo che il nostro fondatore e presidente Michele Michelino ci ha lasciato, e per decidere come continuare la sua opera più che trentennale in difesa della salute e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, il Direttivo del Comitato ha deciso di convocare per
SABATO 14 MAGGIO 2022 ALLE ORE 15.30
Sesto San Giovanni, via Magenta 88,
l’ASSEMBLEA del Comitato per la Difesa della Salute
nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Ordine del Giorno:
- Breve informativa sulle iniziative in corso e future;
- Modalità di funzionamento del Comitato e della sua sede in questa nuova situazione;
- Riconferma e/o rinnovo del Comitato Direttivo;
- Nomina del nuovo Presidente.
Non c’è bisogno di ricordare l’operato di Michele in tutti questi anni, che hanno portato il Comitato a vincere grandi battaglie e ad essere conosciuto e stimato profondamente in tutta Italia.
Cercheremo quindi, con i vostri suggerimenti e la vostra partecipazione, di portare avanti questa opera e di non disperdere la nostra esperienza di lotta, quasi unica in Italia.
Per questo vi preghiamo di partecipare e di informare dell’assemblea tutti i soci che conoscete, dato il breve tempo con cui abbiamo dovuto prepararla.
Per il Comitato Direttivo
Daniela Trollio
Sesto S.Giovanni, 9 maggio 2022
lun
02
mag
2022
Avevano ragione gli operai
Da anni molte categorie di operai – soprattutto nel campo della logistica ma non solo - denunciano e lottano contro le miserabili condizioni di lavoro a cui sono costretti soprattutto dalle false cooperative, nell’indifferenza dei committenti, quei grandi padroni come DHL, Ikea, FedEx-TNT, ecc. in tutta Italia
Il copione è sempre lo stesso: violenza selvaggia della polizia ai picchetti e agli scioperi, denunce, arresti, fogli di via, processi e morti come quella di Adil Belakhdim, sindacalista del SiCobas schiacciato da un camion alla Lidl di Biandrate durante lo sciopero nazionale della Logistica il 18 giugno 2021.
Ma, guarda un po’, pochi giorni fa la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia ha finalmente depositato, il 21 aprile, la sua relazione dopo un anno di audizioni : le sue conclusioni sono quelle da anni denunciate dai lavoratori e dai loro sindacati di base.
Un solo giornale ha riportato stralci della relazione, gli altri l’hanno bellamente ignorata (Il Fatto Quotidiano del 27 aprile scorso, articolo di Chiara Brusini).
Scrive la Commissione, descrivendo il mercato del lavoro: “Ricerca del profitto con modalità, termini e proporzioni prevalenti sulla tutela della dignità, della salute e della sicurezza”; “Caporalato urbano ai danni di un incontrollato bracciantato metropolitano per lo più straniero… spesso costretto ad accettare condizioni di lavoro con retribuzioni indegne”; “più in generale condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi, ovvero a rinuncia a diritti spettanti in relazione al rapporto di lavoro (quali riposi, ferie, permessi, congedi, ecc.), procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto”. E ancora “Paghe indegne e caporalato in ogni settore, dalla ristorazione alla logistica”, tanto che la conclusione della relazione afferma che “serve un nuovo reato nel Codice Penale”.
Speriamo che quelle Procure così sollecite e accanite nell’affibbiare provvedimenti repressivi agli operai in lotta lo abbiano letto. Così come speriamo l’abbiano fatto quei leccapiedi dei padroni che siedono –pagati con i soldi dei lavoratori – sugli scranni del Parlamento e nelle sedi dei sindacati confederali CGIL-CISL-UIL che, dopo aver firmato accordi e contratti che hanno permesso questa macelleria sociale, non hanno mai alzato la voce, proprio in nome del “mercato” e dell’economia (capitalista) del Paese.
Conclusione: la lotta paga e fa emergere la verità degli sfruttati.
d.t. 2.5.2022
dom
24
apr
2022
25 aprile 2022
Ora e sempre Resistenza
Nel ricordare il 77° anniversario della Liberazione del nostro Paese dal nazifascismo, vogliamo anche ricordare la parte incompiuta del sogno di tanti operai, proletari, lavoratori, donne, anziani e giovani che diedero consapevolmente la vita perché noi avessimo un futuro migliore, liberi dalle catene di quel sistema barbaro, sanguinoso ed inumano che ha un solo idolo, il profitto, e da cui il fascismo ebbe origine: il capitalismo e la sua “forma suprema”, l’imperialismo.
Infinitamente grati ad essi per averci liberati dal nazifascismo, ora tocca a noi liberarci dal capitalismo.
Oggi che il fascismo e le guerre imperialiste avanzano minacciosamente anche nel nostro paese, a questo serve ricordare i partigiani - quelli comunisti in primis insieme a tanti altri: per capire cosa è successo ieri, cosa succede oggi e cosa potrebbe succedere domani.
Resistenza è la parola che ha sempre unito gli sfruttati e gli oppressi in tutto il mondo, ma noi dobbiamo dare il nostro contributo, come chiede il poeta Muin Bseiso ai Palestinesi, il popolo che resiste allo stato fascista e genocida di Israele dal 1949:
Se cado nella lotta, compagno, prendi il mio posto
Contempla le mie labbra mentre fermano la follia del vento.
Non sono morto. Ti chiamo ancora al di là delle mie ferite.
Suona il tuo tamburo perché il popolo ti ascolti chiamare alla battaglia.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
d.t. 24.4.2022
mer
20
apr
2022
Verso il 25 aprile a Milano: ci sono brigate e brigate…
Da decine di giorni c’è una polemica sulle posizioni dell’ANPI rispetto al 25 aprile. Vogliamo soffermarci su un aspetto di queste polemiche: ancora la presenza delle Brigata Ebraica nel corteo a Milano, che dovrebbe addirittura sfilare con le bandiere … della NATO.
Prima di tutto vogliamo ricordare che la Resistenza non fu solo resistenza ai nazifascisti: fu una lotta per un mondo migliore, senza sfruttati e senza sfruttatori, in grado di assicurare dignità e un futuro a noi lavoratori, alle donne, ai giovani.
Ora, al di là delle scemenze urlate da destra e da quella che definisce se stessa “sinistra” (vedi il PD di Letta in prima fila con l’elmetto), i fatti sono e restano fatti.
E il primo fatto è che il 25 aprile 1945 la NATO (il bastone armato del grande capitale) NON esisteva neppure (verrà fondata, per disgrazia dei popoli, il 4 aprile 1949). Cosa c’entra con la Resistenza un’organizzazione “difensiva” che ha causato fino ad oggi più di 50 guerre imperialiste, insanguinando tutto il mondo, e che continua a farlo?
Per quanto riguarda la guerra, di cui ci raccontano che le forze statunitensi sarebbero state i vincitori ed i nostri liberatori, anche in questo caso i numeri sono impietosi. Gli USA persero 413.399 vittime, lo 0,31% di tutti i morti della 2° guerra mondiale (fonte Wikipedia). E sempre i numeri ci dicono – anche se spiacerà ai nostri guerrafondai – che il paese che più si sacrificò nella lotta al nazifascismo fu l’Unione Sovietica, per lungo tempo lasciata sola a battersi dalla “democratica” Europa, che lasciò sul campo circa 25 milioni di vittime tra soldati e civili, il 14, 83%.
Secondo fatto: la Brigata Ebraica venne inviata sul fronte italiano il 31 ottobre 1944. Sbarcata a Taranto fu inquadrata nel X Corpo dell’VIII Armata britannica comandata dal generale Richard McCreery. Successivamente operò sul fronte adriatico. Fu dotata della bandiera azzurra-bianca-azzurra con la stella di David solo il 3 aprile 1945.
Nel corso delle sue operazioni in Italia centrale – tra il 3 marzo e il 25 aprile 1945 la Brigata ebbe 30 morti e 70 feriti. Da qualche anno sfila con la bandiera di uno Stato genocida, Israele, che da più di 50 anni, impunito, depreda e massacra il popolo palestinese e che ha costruito a Gaza (ironia della storia) il più grande campo di concentramento a cielo aperto. .
Terzo fatto: i partigiani stranieri nella Resistenza italiana.
Parteciparono alla Resistenza italiana nelle formazioni partigiane italiane – non inquadrati in alcun esercito - partigiani di 50 nazionalità diverse. Un vero movimento internazionalista, come si era già verificato nella guerra di Spagna.
Cominciamo con i soldati yugoslavi, che fuggirono dalle prigioni fasciste dopo l’armistizio del 1943 unendosi alle formazioni partigiane e lasciarono sul campo 175 morti.
Il battaglione Islafran, composto da 120 partigiani italiani, slavi e francesi, l’unico di tutta la Resistenza guidato da uno straniero, lo sloveno Eugenio Tipcevic, inquadrato nel maggio 1944 nella 16° brigata d’assalto Garibaldi (insieme a tutti i gruppi partigiani dell’Alta Langa). L’Islafran parteciperà alla liberazione di Torino il 27 aprile 1945.
I 5.000 partigiani sovietici che combatterono nella resistenza italiana.
L’Italia è punteggiata di cippi e lapidi commemorative con la stella rossa dell’Unione Sovietica o scritte in cirillico. È questo quasi tutto quel che rimane di un aspetto poco noto della liberazione.
Per chi non lo ricordasse, l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro conferì nel luglio 1986 (con un bel ritardo….) la Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria al Comandante “Daniel”, l’ufficiale sovietico Danijl Varfolomeevic Avdveev che trovò la morte nel 1944 combattendo nelle file della Resistenza friulana.
Corpi di partigiani azeri e georgiani legati alla Brigata Garibaldi combatterono in Emilia, nelle zone di Parma e Piacenza e nel bolognese, fino a tutto l’Appennino tosco-emiliano; altri sulle montagne nella zona di Bergamo e di Brescia, dove è attestata la presenza di russi, cecoslovacchi, polacchi e altri non meglio identificati “slavi” di cui i testimoni ricordano le prove di coraggio.
I circa 5.000 partigiani sovietici lasciarono in terra d’Italia, per la nostra libertà, 425 morti.
Di tutti questi nessuno parla, nessuno li ricorda.
La memoria dei popoli è sempre pericolosa per i padroni della Terra: siamo stufi di morire per il profitto di un piccolissimo pugno di capitalisti. Le guerre giovano solo a loro.
Riaffermiamo oggi gli ideali per cui tanti operai, lavoratori, donne, giovani e anziani hanno dato coscientemente la vita, con le parole di Rosa Luxemburg: SOCIALISMO O BARBARIE.
Noi lo facciamo così, riprendendo il grido che da tempo non si sente più: VIA LA NATO DALL’ITALIA, VIA L’ITALIA DALLA NATO.
d.t.- 20.4.2022
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli
via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
sab
16
apr
2022
Pasqua di sangue
Ieri 15 aprile sono morti sul lavoro altri 4 operai:
a Sassari Salvatore Piras, 23 anni, sotto il crollo di un ponteggio; a Trento Sander Cerri, 39 anni, travolto da una parete che stava demolendo; a Cesena Giuseppe Venezia, 60 anni, schiacciato dal carico del camion che stava scaricando; nel Torinese Luca Bertolo, 17 anni, rimasto sotto un muletto che si è ribaltato.
Sono solo gli ultimi nomi di una lunghissima lista
Di lavoro si continua a morire. Fino a quando saremo disposti a sacrificare le nostre molte, troppe vite, per il profitto di un pugno di padroni, profitto costruito sul sangue operaio?
Nei primi due mesi del 2022 sono stati uccisi 114 operai; secondo l’Inail; sono il 9,6% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno 2021.
Il disprezzo per la vita dei lavoratori richiede una risposta immediata da parte del movimento operaio contro padroni e governo, che considerano i lavoratori solo carne da macello. Le parole non bastano più.
E’ arrivato il momento di alzare forte la nostra voce contro le morti del profitto e scendere in piazza con scioperi e presidi davanti alle sedi di rappresentanza dei responsabili di queste morti – i padroni - senza delegare a istituzioni e sindacati - complici della mattanza operaia - la difesa della nostra salute e sicurezza.
I numeri ci dicono quanto importa loro della nostra salute e della nostra vita.
E’ arrivato il momento di agire, di spezzare il silenzio e la passività su questa strage. Facciamolo ovunque.
d.t. Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territ
mer
13
apr
2022
Non tutto è Ucraina, ci sono anche guerre e conflitti invisibili
di André Abeledo Fernàndez (*); da: kaosenlared.net; 12.4.2022
Ogni guerra è un dramma, è un errore, è una catastrofe per la classe lavoratrice.
Nelle guerre la classe operaia è la carne da cannone, è il soggetto che patisce la crisi economica ed è chi paga i costi della guerra.
Che Putin sia di ultradestra lo sappiamo già e non c’è da discuterne, ma l’Ucraina è NAZIFASCISTA, Polonia e Ungheria sono anch’esse di ultradestra, la stessa ultradestra che cresce come la schiuma in Francia, Spagna e praticamente in tutta Europa.
Esempi di democrazia, o meglio … esemplari …. come Boris Johnson, Ursula von der Leyen e Borrell fanno visita a Zelenski a Kiev. Stanno alla guida di questa Europa ipocrita e decadente, che vede solo quello che le interessa vedere, e intanto volta le spalle agli 85.000 bambini assassinati nella “attuale” guerra in Yemen, così attuale come il genocidio in Palestina o l’occupazione illegale del Sahara Occidentale.
Ipocrisia è aprire la porta e dare aiuto alle rifugiate ucraine e ai loro bambini mentre le si chiudono ai loro mariti o ai loro figli in età militare, secondo quanto disposto dal Ministero della Difesa dell’Ucraina.
Ipocrisia è accogliere le rifugiate ucraine e trattare come spazzatura i rifugiati siriani, afgani o sub sahariani.
La stessa ipocrisia di quanto stettero zitti davanti all’assassinio di giornalisti da parte dell’esercito degli USA in Iraq - tra cui José Couso, un cameraman spagnolo: il suo fu un assassinio codardo e premeditato per evitare che la stampa informasse dei massacri, degli assassinii e delle torture che gli USA e i loro alleati commisero in Iraq.
Il livello di immondizia ipocrita raggiunto fa proprio schifo.
Con l’Ucraina, la Polonia, l’Ungheria e, prossimamente, la Turchia …. l’Unione Europea diverrà la UFE (Unione Fascista Europea).
La Commissione Europea promette a Zelenski di accelerare il processo di adesione dell’Ucraina nella UE.
La presidentessa Ursula von dei Leyen afferma a Kiev: “Daremo la nostra opinione in settimane, non in anni come succede abitualmente”: altra dimostrazione che la UE funziona solo per interesse e quando le interessa.
Borrell, sul futuro dell’Ucraina nella UE, afferma: “Bisogna evitare che Putin se la ingoi, questo è il primo passo”.
’Ucraina non solo è la capitale mondiale del NAZISMO in Europa, è anche quella degli uteri in affitto, dei partiti politici dichiarati illegali (ben 11, di opposizione, messi fuori legge il 20 marzo scorso, n.d.t.), della persecuzione dei gitani e delle persone di sinistra, soprattutto i comunisti (messi fuori legge in tempi non sospetti, nel luglio 2015, n.d.t.).
E’ questa la vostra democrazia omologabile?
Il tenente generale Francisco Gan Pampols (uno dei più importanti militari spagnoli dell’Esercito di Terra, ora in pensione, n.d.t.) crede che la NATO e l’Unione Europea debbano “misurare moltissimo” che tipo di armi inviano in Ucraina perché la Russia non lo consideri un atto ostile e si arrivi ad una scalata nel conflitto armato che metta in pericolo la pace mondiale. “Fino ad ora Putin se l’è ingoiato” avverte.
Siamo nelle mani di pagliacci, quando avremmo bisogno di statisti. Imbecilli irresponsabili totalmente lontani dalla realtà e senza la minima capacità di analisi.
E’ frustrante e indigna sentire Borrell dire che viviamo troppo bene e dobbiamo essere disposti a rinunciare al nostro benessere per pagare la fattura della guerra in Ucraina. Sfrontato ipocrita, lo dice senza conoscere la realtà, dall’alto dei suoi privilegi e dietro lo scudo del suo smisurato stipendio.
(*) Militante comunista e sindacalista della Confederazione Intersindacale Galiziana
(traduzione di Daniela Trollio
(Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
lun
11
apr
2022
IN RICORDO DI TUTTI I LAVORATORI E I CITTADINI ASSASSINATI IN NOME DEL PROFITTO
CONTRO LE STRAGI IMPUNITE DI LAVORATORI
Sabato 30 aprile 2022 alle ore 16.00
Presidio a Sesto San Giovanni, via Carducci ang. via Granelli
Come ogni anno, ormai dal lontano 1997, anche quest’anno manifesteremo, portando in piazza la rabbia delle vittime e la determinazione a continuare la lotta contro il capitalismo, un sistema economico-politico-giudiziario e sociale che ogni anno assassina migliaia di lavoratori per il profitto.
Ci incontreremo quindi alle ore 16 in via Carducci (terreno ex Breda) alla lapide posta dagli operai delle fabbriche sestesi nel 1997.
Non possiamo più tollerare che l’Italia continui a essere il paese delle stragi operaie e ambientali impunite (treni che bruciano, ponti che crollano, disastri ambientali, inondazioni, terremoti e altro ancora).
Nel 2021 sono stati più di 1.400 i lavoratori uccisi, nonostante il fermo della produzione causato dal Covid-19 Nei primi tre mesi di questo anno 2022 contiamo altre 280 vittime. E la causa è sempre la stessa: la mancanza di sistemi di sicurezza che porta ad un selvaggio sfruttamento. E, sempre, gli assassini, i padroni, continuano a godere dell’immunità nei nostri tribunali, perché NON E’ VERO che la legge è uguale per tutti.
In questo periodo in cui la guerra torna a far parte della nostra vita, ricordiamo che c’è da anni una guerra silenziosa di cui non si parla mai: quella dei capitalisti contro i lavoratori.
Gli operai e i lavoratori nel sistema capitalista non sono altro che carne da macello.
Per l’amianto, messo al bando 29 anni fa, contiamo ogni anno circa 6.000 vittime. Un’altra strage silenziosa e nascosta, che avviene nell’indifferenza e che non si fermerà perché l’amianto colpisce ad anni e anni di distanza. In Italia sono ancora circa 370mila le strutture che contengono Eternit, comprese 2.400 scuole, 1.000 biblioteche e 250 ospedali e circa 300mila km. di tubature dell’acqua.
ROMPIAMO IL SILENZIO. BASTA MORTI PER IL PROFITTO.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Aprile 2022
ven
08
apr
2022
La relazione della NATO con le organizzazioni fasciste, al di là dell’Ucraina
di Angeles Maestro (*) (estratto) ; da: lahaine.org: 1.4.2022
E’ probabile che molte persone che cercano di capire, al di là della propaganda ufficiale, si siano stupite e indignate nel verificare la collaborazione diretta della UE e degli USA con il golpe fascista in Ucraina nel 2014, che ha comportato l’inclusione delle milizie naziste nell’esercito e nella polizia (ucraine) e che ha dato inizio ai massacri quotidiani nel Donbass, che sono costati la vita a 14.000 persone secondo dati ufficiali.
Come è successo con la pandemia di Covid, costruire un racconto – esattamente lo stesso nella maggior parte dei paesi – e ripeterlo come una litania su tutti i mezzi di comunicazione, praticando opportunamente la censura di posizioni discordanti e con la repressione – è la chiave per non svegliare il popolo che potrebbe stancarsi di pagare con il peggioramento delle proprie condizioni di vita le conseguenze delle avventure militari e, soprattutto, stancarsi di fare la “carne da cannone”.
Nel caso dell’Ucraina, mostrare che gli alleati delle “potenze democratiche” esibiscono le croci gammate insieme alla bandiera della NATO, che perseguono la pulizia etnica della popolazione di cultura russa, gitana, ebrea o di razza “non ucraina”, che stanno continuamente usando la popolazione come scudo e che esibiscono nelle strade, mezzi nudi, con un bavaglio in bocca, avvolti nella plastica e legati ai pali stradali coloro che resistono, manderebbe in pezzi la propaganda ufficiale. Cadrebbe il discorso gravido di menzogne e di mezze verità destinato a giustificare la politica imperialista della NATO e di una Unione Europea completamente sottomessa agli USA, anche a costo dei propri interessi.
L’opinione pubblica forse vedrebbe la situazione dell’Ucraina in altro modo se si dicesse che coloro che stanno ricevendo armi, addestramento e appoggio militare diretto sul terreno sono gli eredi diretti di coloro che collaborarono con Hitler nella gigantesca mattanza eseguita nella stessa Ucraina, in Bielorussia e in Russia, che costò all’URSS 27 milioni di morti (la maggior parte popolazione civile). E se sapesse anche che vi è un’Ucraina antifascista che resiste con le armi – che ricorda ancora i propri familiari che vennero in Spagna a lottare contro il fascismo nelle Brigate Internazionali – e che migliaia di rifugiati che fuggono dal fascismo armato e addestrato dalla NATO si rifugiano in Bielorussia e in Russia.
E allora, non cambierebbe la percezione della gente, non solo riguardo alla situazione in Ucraina ma anche sulla natura dei governi e della gran parte delle forze politiche della UE se si sapesse che non si tratta solo dei nazisti ucraini, ma che i governi della UE e USA e la NATO collaborano fin da immediatamente dopo la 2° Guerra Mondiale con i gruppi nazisti che hanno commesso gli attentati terroristici più sanguinari in Europa?
Gli eserciti segreti della NATO
Nel 2005 Daniele Ganser, storico svizzero, esperto in relazioni internazionali e professore dell’università di Basilea, pubblica un libro con lo stesso titolo, frutto di un profondo lavoro di ricerca sulle relazioni tra la NATO, le reti delle organizzazioni fasciste e i servizi segreti di tanti paesi – molti dei quali europei – con l’assenso e la collaborazione dei loro governi. Il risultato è una lista lunghissima di attentati terroristici destinati alla destabilizzazione di governi e, in generale, alla “lotta contro il comunismo”.
L’elemento scatenante della sua ricerca furono le conferme date nel 1990 da Giulio Andreotti, Primo Ministro italiano, davanti ad una Commissione d’Inchiesta del Parlamento, sull’esistenza della Rete Gladio. In essa i servizi segreti italiani agivano agli ordini della NATO. Egli segnalò anche che la Rete era ancora attiva e che esistevano reti similari in molti altri paesi.
Nel suo rapporto Andreotti ammise che la Rete Gladio possedeva una grande quantità di armi, fornite dalla CIA, che erano nascoste in 139 luoghi situati in boschi, campi, chiese e cimiteri e che consistevano in “armi portatili, munizioni, esplosivi, granate a mano, coltelli, mortai da 60 mm., fucili calibro 57, fucili con mirini telescopici, trasmittenti radio, binocoli ed altri tipi di equipaggiamenti”.
Queste armi furono utilizzate in attentati che, sistematicamente, venivano attribuiti alle Brigate Rosse e che davano luogo ad arresti e misure repressive verso le organizzazioni operaie.
I terribili attentati di Piazza Fontana a Milano, della stazione di Bologna, di Piazza della Loggia a Brescia e altri, che causarono la morte di 491 persone e ferite e mutilazioni ad altre 1.891, insieme all’assassinio di giudici e giornalisti che cercavano di indagare, mostrarono che gli autori appartenevano all’organizzazione fascista Ordine Nuovo, in stretta collaborazione con la NATO, la CIA e i servizi segreti italiani, con la connivenza dei governi di turno.
Nel quadro delle grandi mobilitazioni operaie e popolari contro la guerra del Vietnam, l’obiettivo degli attentati era, secondo le parole di un terrorista pentito, “fare pressione sul governo italiano perché dichiarasse lo Stato di Emergenza e promuovere un regime autoritario in Italia”.
Ferdinando Imposimato, presidente della Cassazione, riassume i risultati delle sue inchieste, nelle quali chiarisce il ruolo della NATO, di Ordine Nuovo e dei servizi segreti militari nei massacri che insanguinarono l’Italia. Trascrivo le sue parole: “Nel corso delle inchieste che ho realizzato sulle tragedie che hanno devastato l’Italia, dagli attentati di Piazza Fontana a quello del treno Italicus che congiunge Roma con Monaco, a quello di Piazza della Loggia a Brescia, alla tragedia di Bologna, e nel corso delle cui indagini sono stati assassinati i miei colleghi Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e altri, si è confermato che l’esplosivo proveniva da basi della NATO. (……) Tutto ciò l’ho scritto in un libro e nessuno l’ha smentito. In queste basi si riunivano ‘terroristi neri’ insieme a rappresentanti della NATO, a mafiosi, a politici italiani e a massoni alla vigilia degli attentati. Questo è stato confermato da testimoni diretti ed è continuato ininterrottamente. (..) Il problema è che il silenzio della stampa impedisce all’opinione pubblica di conoscere questa tremenda verità: è l’Operazione Gladio quella che minaccia la pace e la sicurezza e che minaccia di scatenare una grande guerra”.
La lista delle azioni dei cosiddetti “stay behind”, formula utilizzata per la citata collaborazione tra NATO, servizi segreti e organizzazioni fasciste locali per realizzare azioni terroristiche, in molti casi eseguite, con l’obiettivo generale di lotta ad comunismo e destabilizzazione di governi, è lunga: Francia, Austria, Svezia, Germania, Norvegia, Turchia, Algeria, Italia, Portogallo, Grecia, Mozambico, Danimarca, Spagna, Olanda, Belgio, Svizzera.
Daniele Genser sottolinea che il primo intervento in un massacro popolare ebbe luogo in Grecia, mentre durava ancora la 2° Guerra mondiale. La resistenza antifascista greca, come in Francia e in Italia – sottolinea Genser – era guidata dai comunisti. Dopo aver sconfitto definitivamente le truppe fasciste, nel 1944 fu convocata una grande manifestazione pacifica, preludio ad uno sciopero generale, in appoggio al potere popolare vittorioso. Le forze armate britanniche, insieme alla polizia e ai fascisti, massacrarono i manifestanti lasciando decine di morti e feriti. In seguito Churchill impose la monarchia della famiglia della regina Sofia, che fu espulsa definitivamente dalla Grecia dopo il referendum popolare del 1974.
La NATO organizzazione terrorista
Spero che queste righe servano a documentare la collaborazione della NATO con organizzazioni fasciste e con i servizi segreti delle potenze “democratiche” proprio per impedire che organizzazioni che rappresentano legittimamente la sovranità popolare possano accedere al potere. La dominazione del capitale e dell’imperialismo è il loro obiettivo e per conseguirlo utilizzano qualsiasi alleanza che serva ai loro interessi.
Il fascismo non è altro che la forma concreta che il capitale utilizza per sottomettere i popoli. Come si diceva nel film ‘Novecento’, “i fascisti non sono come i funghi che nascono così in una notte … no. Sono stati i padroni quelli che hanno piantato i fascisti”.
In effetti il terrorismo è l’imperialismo. Solo coloro che non hanno memoria possono ignorare che, dopo la caduta dell’URSS, le guerre di distruzione perpetrate direttamente dalla NATO o dai paesi suoi membri, camuffati in quelle che chiamano “coalizioni internazionali”, si sono moltiplicate lasciando dietro milioni di morti, paesi distrutti e un mucchio di organizzazioni terroristiche che agiscono ai loro ordini e che essi finanziano, armano e addestrano. La lista dell’orrore è lunga: Iraq (1991), Yugoslavia (1991 - 2001), Afganistán (2001), Iraq (2003), Libia (2011), Siria (2011), Yemen (2014). E governi di paesi con una traiettoria criminale, come la Colombia e Israele, che non ha mai smesso dal 1948 di massacrare i palestinesi, agiscono come membri di fatto della NATO. A questo va aggiunta la partecipazione, diretta o nascosta, degli USA e delle potenze europee in molti colpi di Stato, nell’istigazione alle guerre civili, nella destabilizzazione di paesi, in sanzioni e blocchi che hanno causato la morte di milioni di persone, fame e malattie in America Latina, Africa e Medio Oriente.
In questa criminale storia di massacri va rimarcata la distruzione perpetrata dalla NATO della Repubblica Federale della Yugoslavia. La partecipazione diretta della Unione Europea, alleata agli USA di Bill Clinton e alla NATO, contò sul terreno sui fascisti della Croazia, gli Ustascia alleati di Hitler e appoggiati dai servizi segreti della Germania dal 1979. Allo stesso modo la triplice alleanza si appoggiò ad un’organizzazione criminale – l’Esercito di Liberazione del Kossovo (ELK) – legata a tutte le reti del narcotraffico proveniente dall’Afganistan e dalla Turchia, per costruire la più grande base militare USA del mondo, Camp Bondsteel.
……………….
E’ ora che ci riappropriamo della nostra storia, della lotta generale antimperialista e antifascista, che ha tante radici nella nostra lotta operaia e popolare, per riscattarla da coloro che ci ingannano e la usurpano per consegnarla ai nemici di qualsiasi progetto di emancipazione.
Come fecero le generazioni precedenti nella nostra storia, oggi dobbiamo legare la lotta operaia e popolare in difesa delle proprie condizioni di vita con la lotta antimperialista e contro coloro che si appoggiano alle organizzazioni fasciste per realizzare i loro piani di dominazione.
Oggi più che mai la consegna è: Socialismo o barbarie.
(*) Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università di Madrid, è dirigente dell’organizzazione comunista spagnola Red Roja e nel novembre 1996 è stata membro del Tribunale Internazionale sui Crimini contro l’Umanità in Iraq (organizzazione delle Nazioni Unite).
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
lun
04
apr
2022
Serie A e serie B…..
2 giorni fa quella tomba in cui si è trasformato da anni il Mediterraneo ha accolto altri 90 profughi circa, che fuggivano dalla Libia e sono annegati dopo essere rimasti in mare vari giorni, come hanno raccontato i soli 4 superstiti che, raccolti da una petroliera, sono stati riportati da dove erano partiti, come ha denunciato Médecins sans Frontière.
La parola più citata in questi giorni è “profughi”, riferita però soltanto a quelli ucraini che fuggono, come gli altri che provengono dal sud del mondo, dalla guerra, dalla miseria, dalla fame e dalla morte e a cui, giustamente, si cerca di dare rifugio con tutti i mezzi.
Per chi viene dai paesi poveri, sconvolti anch’essi dalle guerre imperialiste a cui hanno partecipato, e partecipano, le truppe italiane (50 missioni internazionali con uomini e mezzi), il trattamento non è lo stesso, i mezzi non ci sono.
Vengono chiusi, a volte per anni, nei CIE come fossero delinquenti, vivono in un terribile limbo: niente permessi di lavoro, niente documenti, niente sanità e uno sfruttamento vergognoso - 3 euro per una giornata di 12 ore - sempre col terrore di essere rimandati da dove sono partiti sperando in una vita migliore o, comunque, in una vita che nel loro paese non hanno.
Da anni tutti i paesi capitalisti d’occidente ripetono che non ci sono i soldi per farsi carico di questi profughi. Eppure i soldi per costruire muri, barriere di filo spinato, militari che li accolgono a fucilate, si trovano sempre così come oggi per inviare armamenti all’Ucraina, con grande gioia dei fabbricanti d’armi.
Gli affari e il profitto prima di tutto.
Così le ‘nostre’ società ‘democratiche’ e ‘umanitarie’ hanno fabbricato i profughi di serie A e quelli di serie B, quelli “veri” e quelli “finti”. Peccato che quelli di serie B abbiano in genere la pelle di un colore diverso dalla nostra, guarda caso, il che ci fa sospettare anche un bel po’ di razzismo nelle scelte dei poteri forti e dei governi loro servi.
Diceva Rosa Luxemburg: “Socialismo o barbarie”. Nella barbarie ci siamo fino al collo, nel razzismo anche.
Si dà un prezzo a uomini, donne, bambini a seconda degli interessi economici.
Non facciamoci ingannare: il nemico è in casa nostra, sono i padroni e i loro governi; gli sfruttati e gli oppressi, da qualsiasi paese provengano, sono nostri fratelli di classe.
d.t. Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
sab
02
apr
2022
Per non dimenticare
Palestina: Giorno della Terra
di Pablo Jofré Leal (estratto); da: lahaine.org; 1.4.2022
Sono passati più di quarant’anni da quel giorno in cui migliaia di palestinesi si scontrarono con il sionismo in difesa della loro terra, segnando un fatto storico. Il giorno 30 marzo dell’anno 1976, dopo 28 anni dalla nascita dell’entità sionista nel maggio 1948, la società palestinese , stanca della violazione dei suoi diritti essenziali, convocò uno sciopero generale di protesta contro la decisione del regime israeliano di confiscare duemila ettari di terre appartenenti ai palestinesi che abitavano nel nord della Palestina storica. Terre che sarebbero state utilizzate sia per la costruzione di accampamenti militari sia per assegnarli a coloni stranieri di religione ebraica, che si sarebbero stabiliti sulle terre palestinesi.
La protesta si risolse con l’assassinio di sette giovani palestinesi dei villaggi di Arraba, Sakhnin e Deir Hanna: crimini di lesa umanità, oltre all’esercizio di un’azione illegale (stabilire coloni tramite la confisca della terra), che contravvenivano a ogni legge internazionale, risoluzioni delle Nazioni Unite, ecc. infrangendo così il titolo II della 4° Convenzione di Ginevra; leggi, risoluzioni, accordi mai attuati dal nazionalsionismo.
…………………………………..
Ricordare il 30 marzo è riportare ogni volta alla luce i diritti del popolo palestinese, sacrificati in funzione di interessi geopolitici di una Triade sanguinaria costituita dall’imperialismo statunitense, dal sionismo israeliano e dal wahabismo saudita, con Washington che avalla i crimini dell’entità sionista in funzione del ruolo di portaerei terrestre che essa gioca nella regione.
……………………………………
La commemorazione del Giorno della Terra in questi 46 anni ha visto innumerevoli fatti: le Intifada, la resistenza permanente della Striscia di Gaza e Cisgiordania, le marce della resistenza come quella durata 2 anni , che rilanciò con forza la difesa strenua dei diritti del popolo palestinese.
Il giorno 30 di marzo del 2018 migliaia di abitanti della Striscia, venuti da Kan Younis, Beit Hanoun, da Rafah, dai campi di Jabaliya, uomini e donne che da Beit Lahia si affollarono – con i loro sogni, richieste, canti – davanti al filo spinato che separa la Striscia di Gaza dalla Palestina storica. Una frontiera artificiale che esprime la violazione dei diritti dei 2 milioni di abitanti dell’enclave costiero, sottoposto ad un blocco criminale dal 2006 ad oggi, che ha trasformato questa Gaza già martirizzata nel campo di concentramento a cielo aperto più grande del mondo.
Una Striscia di Gaza trasformata in un enorme ghetto, con filo spinato, assedio, muri, torri di vigilanza, pattugliamenti militari. Una Gaza che è diventata una replica di quei campi di concentramento che il nazismo costruì nelle terre occupate nella 2° guerra mondiale. Un panorama che dovrebbero ben conoscere moti tedeschi, polacchi, francesi, olandesi, tra altri – di fede ebrea - che passarono per i campi di concentramento e che paradossalmente è stato ricostruito in questo secolo XXI da coloro che lo hanno assunto come modello da seguire ora con il popolo palestinese.
…………………………………..
Il Giorno della Terra ci ricorda che per 74 anni la Palestina ha dovuto sopportare un virus assassino, un patogeno che si è portato via decine di migliaia di coraggiose vite palestinesi: il virus Sion-48 che è molto più mortale di quelli nati nei laboratori o nell’ambiente ‘naturale’.
Il Giorno della Terra ci ricorda che la Palestina soffre di un’epidemia prodotta da un virus velenoso, che richiede ben altro che tamponi, interferone o remdesivir. La Palestina ha bisogno dell’azione solidale di governi, società, di uomini e donne giusti, per distruggere definitivamente questo pericoloso virus sionista che tanti danni causa all’umanità.
(*) Giornalista e attivista cileno.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)
ven
01
apr
2022
Per non dimenticare
A 23 anni dai bombardamenti della NATO contro la Yugoslavia
da: misionverdad.com; 29.3.2022
Il nemico non riposa mai…..
Sono stati i paesi imperialisti dell’Occidente a smuovere la situazione che ha condotto al conflitto in Ucraina, così come successe 23 anni fa nell’estinta Yugoslavia, in particolare nell’attuale regione serba, e sono gli atlantisti anglo-europei coloro che hanno il maggior interesse ad una guerra per cercare, attraverso il caos, di mantenere il mondo unipolare così come l’abbiamo conosciuto fino a poco tempo fa.
Proprio 23 anni fa i paesi della NATO, senza autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ordinarono alle loro truppe di bombardare la Repubblica Federativa della Yugoslavia, come parte di un’operazione offensiva chiamata “Forza Alleata” col pretesto di un presunto intervento ‘umanitario’ per ‘prevenire il genocidio’ degli albano-kosovari.
Gli attacchi aerei si susseguirono per 78 giorni , iniziando il 24 marzo e finendo il 10 giugno 1999. Durante questo periodo vennero utilizzati più di 1.000 aerei per gettare più di 3.000 missili e circa 80 mila tonnellate di bombe sul territorio del paese balcanico (che in quel momento era costituito da Serbia e Montenegro).
Il numero delle vittime, la maggioranza delle quali civili, oscilla tra i 2.500 e i 3.500 morti.
89 erano bambini, il che significa che la NATO, in media, assassinò un bambino ogni giorno mentre duravano i bombardamenti. Circa 10 mila persone furono gravemente ferite. La maggioranza delle vittime era serba.
I bombardamenti colpirono installazioni sia militari che civili. Ospedali, ponti, raffinerie di petrolio, centrali elettriche, sedi di partiti politici, linee ferroviarie, scuole e persino l’ambasciata della Cina a Belgrado furono gli obiettivi delle bombe.
In totale l’intervento militare della NATO causò la distruzione di 25 mila edifici residenziali, 450 chilometri di strade, quasi 600 chilometri di linee ferroviarie, circa 40 ponti, 100 tra scuole ed asili, 30 ospedali e 14 aeroporti. I danni materiali sono stati quantificati in più o meno 100.000 milioni di dollari.
Il cinismo della NATO è tale che ha deciso di celebrare, nell’anniversario dell’inizio dei bombardamenti, un vertice di emergenza. Nella riunione il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenski, e il presidente USA, Joe Biden, discuteranno l’assistenza all’Ucraina e la risposta alle azioni della Russia.
Va ricordato che, come senatore, Joe Biden è stato uno dei più accesi sostenitori del bombardamento della Yugoslavia nel 1999.
N.d.t. (da Contropiano): altra cosa da non dimenticare:
Il governo italiano, guidato da D’Alema, sostenuto da Cossutta e Cossiga, appoggiato in questo caso da Berlusconi, con il consenso del presidente della Repubblica Scalfaro, decise di partecipare alla guerra. In realtà la decisione l’aveva già presa il governo Prodi, che prima di cadere aveva deliberato l’Act Order con il quale si predisponevano le nostre forze armate alla guerra sotto comando NATO.
Così i bombardieri italiani ebbero “l’onore” - D’Alema ha sempre rivendicato l’impresa - di partecipare alla prima guerra europea dal 1945, al primo bombardamento aereo di una capitale europea, Belgrado, dalla sconfitta del fascismo.
(*) Pagina web gestita da professionisti della comunicazione per fornire informazioni vere sulla realtà latinoamericana e smascherare la guerra di propaganda delle grandi corporazioni mediatiche.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
dom
27
mar
2022
La mano che dondola la culla
di Jorge Elbaum (*); da: elcoheteala luna.com; 14.3.2022
Lunedì 7 marzo le forze militari russe hanno localizzato una rete di sei laboratori nella zona del Donbas. Le installazioni trovate, alcune parzialmente smantellate, corrispondono a laboratori di ricerca militare gestiti insieme da ricercatori statunitensi e ucraini. I documenti ritrovati nei laboratori sono collegati alla società (appaltatrice) Southern Research Institure, affiliata alla Agenzia di Riduzione delle Minacce alla Difesa (DTRA), una dépendance del Pentagono.
In una ricerca del 2018 sullo sviluppo dell’armamento biotecnologico, intitolata “Le armi biologiche del Pentagono” (www.naturalblaze.com/2018/01/bio-weapons-pentagon.html), vengono elencati i contratti di questa società con il Ministero della Difesa statunitense per la generazione e propagazione di bioagenti.
Un giorno dopo i ritrovamenti, la sottosegretaria di Stato Victoria Nuland (n.d.t. che non solo ha sponsorizzato il “golpe morbido” ma che ha partecipato personalmente alle manifestazioni inscenate dall’estrema destra in piazza Maidan a Kiev alla fine di dicembre 2013) non solo ha ammesso la loro esistenza ma si è mostrata allarmata rispetto alla possibilità che tali installazioni possano essere utilizzate in futuro da Mosca.
Il compito congiunto sulla guerra biologica con Kiev fa parte di un programma sviluppato da Washington per valorizzare i settori nazionalisti ucraini e incitarli ad un confronto con la Russia.
Secondo la storica statunitense Mary Elise Sarotte, autrice di “Neanche un pollice in più: USA, Russia e il ristagno del dopo Guerra Fredda”, il rifiuto nordamericano della pacificazione europea si deve al fatto che la cooperazione sulla sicurezza in questo continente è sempre stata vista da Wall Street e dai think tanks statunitensi come una sicura possibilità di perdere la propria influenza nella regione. Una delle fonti consultate per la sua ricerca – un importante funzionario del Dipartimento di Stato – sottolineava che un’integrazione tra Russia ed Europa “ sarebbe pericolosa (…) Se gli europei uniscono le loro forze e costruiscono un sistema di sicurezza comune, noi ne rimarremmo fuori e questo non va bene. Bisogna rafforzare la NATO perché questo non succeda”.
Il 21 novembre 1990 si svolse a Parigi la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE). Durante l’evento venne firmata la Carta per la Sicurezza Europea, sottoscritta dagli Stati europei, dagli USA e dal Canada. Nell’allegato intitolato “Relazioni amichevoli tra Stati partecipanti”, si stabiliva: “La sicurezza è indivisibile. La sicurezza di ognuno degli Stati partecipanti è inseparabilmente legata alla sicurezza degli altri”. Si avvertiva anche che i firmatari – tra i quali si trovava la Russia, i facenti parte dell’Unione Europea e gli USA – “non rafforzeranno la loro sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati”.
Quello stesso anno, otto mesi prima della Carta della Sicurezza Europea, l’allora capo del Dipartimento di Stato, James Baker, garantiva a Mikail Gorbachov che la Germania riunificata sarebbe stato l’ultimo paese ad essere integrato nella NATO: “Capiamo la necessità di garanzie per i paesi dell’Est. Se siamo presenti in una Germania che fa parte della NATO, non ci sarà estensione della giurisdizione della NATO per le forze NATO, né un pollice verso l’Est”. L’allora ambasciatore USA a Mosca, Jack Matlock, tempo dopo asseriva che erano state date “garanzie categoriche” all’Unione Sovietica sul fatto che la NATO non si sarebbe espansa ad Est.
I documenti ufficiali declassificati nel 2017 dal governo USA che si riferivano agli accordi assunti davanti alla Russia, sono stati digitalizzati dal National Security Archive. Nel rapporto si specifica la lista dei funzionari governativi che si erano impegnati nei due decenni posteriori alla riunificazione della Germania a non espandersi militarmente verso Est. Tra le persone citate ci sono: il segretario di Stato nordamericano James Baker, il Presidente George Bush, il ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, il cancelliere Helmuth Kohl, il direttore della CIA Robert Gates, il presidente francese François Mitterrand, la prima ministra britannica Margaret Thatcher e il suo successore John Major, il segretario agli Esteri di entrambi, Douglas Hurd, e il segretario generale della NATO, Manfred Wörner.
Un lustro più tardi dalla firma di questi impegni vennero effettuate le prime manovre militari congiunte della NATO con l’Ucraina. Mentre tali manovre avevano luogo alla frontiera con la Russia il ministro degli Esteri britannico, Malcom Rifkind, affermava che il vero obiettivo consisteva nell’impedire che la Russia si consolidasse come potenza simile a quella che era stata l’URSS mezzo secolo prima. Nel 1999 si unirono all’Organizzazione atlantica tre paesi: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Nel 1996, quando appariva ormai evidente che Washington e i paesi europei non avrebbero rispettato gli accordi, Gorbachov concesse un’intervista in cui segnalava: “Oggi si possono ignorare gli interessi della Russia, le sue critiche all’ampliamento [della NATO], ma la debolezza della Russia non sarà eterna. Non si rendono conto per chi lavorano con una tale politica? Se la NATO avanza in questa direzione, qui ci sarà una reazione”.
Avvertenze e presagi
Nel 1997 George Kennan, uno dei pensatori statunitensi più influenti della Guerra Fredda, segnalò in un’intervista al New York Times che “ampliare la NATO sarebbe l’errore più grave della politica statunitense di tutta l’era del dopo guerra fredda”. Chiarì anche che tale espansione “infiammerebbe le tendenze nazionaliste e militariste della Russia” e che questo avrebbe portato a “restaurare il clima della Guerra Fredda nelle relazioni est-ovest e spingerà la politica estera russa nella direzione opposta ai nostri interessi”.
Un anno dopo, a fronte della nuova espansione della NATO promossa da Bill Clinton nel 1998, Kennan puntualizzò che “questo è l’inizio di una nuova Guerra Fredda ….. credo che sia un tragico errore. Non c’è alcuna ragione per questo. Nessuno stava minacciando nessuno”. Qualcosa del genere espresse Henry Kissinger in un articolo scritto per il Washington Post nel 2014: l’Ucraina “non dovrebbe essere l’avanzata di uno contro, dovrebbe funzionare come un ponte tra loro”. E raccomandò: “Gli USA hanno bisogno di evitare di trattare la Russia come un ente aberrante a cui si devono insegnare le regole di condotta stabilite da Washington”.
William Perry, il segretario alla Difesa di Bill Clinton, dichiarò cinque anni dopo che gli USA erano responsabili del deterioramento delle relazioni con la Russia. L’attuale capo della CIA di Joe Biden, William Burns, scriveva in una autobiografia due anni dopo che invitare l’Ucraina ad unirsi alla NATO viene percepito da tutti i partiti politici della Russia come “niente meno che una sfida agli interessi russi”. Ted Galen Carpenter, specialista in relazioni internazionali del conservatore Cato Institute, segnalava nel 2018 che i sostenitori dell’atlantismo guerrafondaio avevano scatenato una seconda Guerra Fredda nell’estendersi verso l’Est: “Era assolutamente pronosticabile che l’espansione della NATO avrebbe portato ad una rottura tragica, possibilmente violenta, delle relazioni con Mosca …. Gli avvertimenti sono stati ignorati. Ora stiamo pagando il prezzo per la miopia e l’arroganza della politica estera degli USA”.
Due settimane dopo, quando Vladimir Putin ha ordinato l’operazione militare in Ucraina, il colonnello Douglas McGregor, ex consigliere alla Sicurezza del governo di Donald Trump, ha asserito che la decisione di Putin non solo era prevedibile ma giustificata, data la minaccia rappresentata dalla NATO negli ultimi vent’anni.
Tutti gli analisti internazionali, e anche chi si occupava di seguire gli avvenimenti geopolitici militari, sapevano che la crescente minaccia della NATO – insieme alla persecuzione dei russofoni dell’Ucraina – garantiva un conflitto armato.
Una svastica nei paraggi
Nel febbraio 2014 ci fu in Ucraina un colpo di Stato, uno della lista delle rivoluzioni “colorate”, promosso da diplomatici USA, agenzie di intelligence e corporations mediatiche. La rivoluzione del Maidan ha avuto come protagonista l’attuale sottosegretaria di Stato Victoria Nuland, che nel 2014 era il capo degli Affari Europei del governo di Barak Obama. Mentre scoppiavano le rivolte a Kiev, fu filtrata una telefonata della Nuland con l’allora ambasciatore USA in Ucraina, Geoffrey Pyatt. In quel dialogo si esplicitavano i tre obiettivi centrali dell’operazione Maidan: scegliere i futuri dirigenti che avrebbero dovuto farsi carico del governo ucraino, impedire la continuità dei vincoli pacifici tra l’Unione Europea e la Russia, e incoraggiare i settori neonazisti russofobici. Lo storico tedesco Herwig Roggemann – uno dei più importanti cronisti degli avvenimenti europei contemporanei – ritenne che “quella ‘vittoria’ occidentale a Kiev, il Maidan del 2014, fosse il più grande fallimento della storia europea dopo lo storico cambio del 1990”.
Grazie all’ingerenza e alla collaborazione statunitense i gruppi neonazisti che guidavano la rivolta del Maidan si trasformarono in battaglioni paramilitari. Il banchiere Igor Kolomoiski, governatore della regione di Dnipropetrovsk, fu il primo a finanziare i battaglioni territoriali (terbats) Azov, Dnipro 1, Dnipro 2, Aidar e Donbas, incaricati di perseguitare e assassinare gli attivisti di Lugansk e Donetsk che pretendevano di continuare a parlare la loro lingua. Il rapporto del 2016 dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OCHA) accusò il battaglione Azov di violare il diritto umanitario internazionale.
Nel giugno 2015 sia il Canada che gli USA annunciarono – dopo aver addestrato i gruppi paramilitari per due anni – che le loro forze non avrebbero più appoggiato il reggimento Azov date le sue tendenze neonaziste. Nel 2016 il Pentagono disattese le raccomandazioni degli organismi dei diritti umani, che monitoravano il Donbas, e tolse tale proibizione. Due anni dopo, nell’ottobre 2019, 40 membri del Congresso degli Stati Uniti, guidati dal rappresentante Max Rose, firmarono, senza esito, una lettera in cui chiedevano al Dipartimento di Stato di etichettare il reggimento Azov come “organizzazione terroristica straniera” (FTO la sigla in inglese).
Il logo del gruppo – premiato con l’incorporazione ufficiale nella Guardia Nazionale Ucraina – esibisce il Wolfsangel, uno dei simboli utilizzati dall’esercito nazista durante la 2° Guerra Mondiale. Secondo l’ufficiale in pensione della CIA Philip Giraldi, l’addestramento di questi gruppi da parte di istruttori statunitensi rafforzò i settori più russofobici e provocò la risposta di Mosca: i segni hitleriani sono quelli che i russi non possono proprio sopportare.
Il primo accordo di Minks, firmato il 5 settembre 2014, garantiva l’autonomia per gli abitanti dell’est ucraino. Fu approvato da rappresentanti dell’Ucraina, della Federazione Russa, della Repubblica Popolare del Donetsk (DNR) e della Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). Tre mesi dopo, il 2 dicembre, il parlamento ucraino modificò unilateralmente la “legge sullo statuto speciale” stipulata nel protocollo. Secondo la rivista statunitense Army Times, il Comando delle Operazioni Speciali USA ha lavorato dal 2014, in forma nascosta, per sviluppare l’operatività militare congiunta con le forze armate di Kiev.
Il 1° settembre 2020 è stato proibito per legge l’uso - nell’amministrazione, nei servizi pubblici e nella scuola - di qualsiasi altra lingua che non fosse l’ucraino. Nonostante che il 20% della popolazione non parla ucraino, le scuole dove si insegnava russo e ungherese sono state chiuse.
Un anno dopo, il 21 luglio 2021, l’attuale Presidente ucraino Volodymir Zelenski ha promulgato la ‘Legge sui Popoli Autoctoni, in cui si stabilisce che solo gli ucraini di origine scandinava, quelli di origini tartare e i caraiti (ucraini di origini e lingua turca) hanno “diritto a godere pienamente di tutti i Diritti Umani e di tutte le libertà fondamentali”. Alle proteste dei russofoni sul perché essi non disponevano degli stessi diritti di cittadini, il Ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmitri Kuleba, ha risposto che essi “hanno già uno Stato loro (la Federazione Russa), per cui non si possono considerare autoctoni”.
Accerchiamento e contenimento
La promulgazione della Legge sui Popoli Autoctoni è stata approvata mentre si svolgeva a Budapest il vertice della NATO, in cui gli USA hanno proposto di aggiungere l’Ucraina. I due temi centrali di dibattito sono stati “le politiche e le azioni aggressive della Russia” e “le sfide poste dalla Repubblica Popolare della Cina” alla sicurezza dei paesi facenti parte della NATO stessa. A fine 2021 Joe Biden ha promulgato la “Legge di Autorizzazione della Difesa Nazionale del 2022” in cui viene approfondita “la teoria dell’accerchiamento e della contenzione” di tutti i paesi che non accettano la leadership di Washington. Nel documento si esprime chiaramente che basta solo – per essere considerato aggressore o nemico – la volontà di un paese di difendere le proprie frontiere, la propria identità, la sua sicurezza territoriale e/o la sua sovranità .
I quattro obiettivi attuali degli USA in Eurasia sono:
- demonizzare Russia e Cina per evitare la loro ascesa come potenze;
- generare malessere interno in tali paesi per impedire il loro consolidamento come potenze;
- separare la Russia dall’Unione Europea sia in termini commerciali che energetici e sostituire Mosca come fornitori di gas liquido;
- dal vita ad una nuova corsa alle armi orientata a rivitalizzare l’economia atlantista.
Attualmente la Russia è il secondo produttore di idrocarburi del pianeta. Il 40% del gas che l’Europa consuma arriva tramite gasdotti gestiti da Gazprom. Il gas liquido – che Washington vuole esportare per sostituire le esportazioni russe – costava 8 dollari il milione di BTU l’anno scorso, e oggi è quotato 55 dollari.
L’Europa si è unita all’offensiva di Washington e si prepara a un futuro duro inverno dopo aver congelato il progetto del gasdotto North Stream II.
Washington si sente parzialmente vittoriosa perché è riuscita a trascinare l’Unione Europea verso la russofobia. Ora ha bisogno che la Russia perda la guerra e venga sminuita e screditata. Mentre si incitano gli ucraini a resistere contro uno degli eserciti più potenti del pianeta, gli USA pianificano la vendita di armi e la futura ricostruzione dell’Ucraina. Per Washington una piena vittoria russa comporterebbe il pericolo di un nuovo ordine mondiale con un asse Mosca-Pechino.
Dopo aver fabbricato le condizioni per la guerra, il Dipartimento di Stato si concentra sulla necessità di imporre una narrativa demonizzatrice di Putin, capace di giustificare il dispiegamento della NATO e il genocidio del Donbas.
La sua credibilità, però, è stata messa in discussione lo scorso 5 marzo quando funzionari di Biden sono stati a Caracas per negoziare l’acquisto di petrolio con chi NON riconoscono come Presidente (n.d.t. del Venezuela), Nicolàs Maduro.
Come diceva il marxista tendenza Groucho: “Questi sono i miei principi e se non vi piacciono ne ho altri”.
(*) Sociologo e giornalista argentino, analista del Centro Latinoamericano di Analisi strategica (CLAE).
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
mer
23
mar
2022
Nessuna guerra ha l’onestà di confessare: Io uccido per rubare
(discorso dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano del 2009)
Le guerre hanno sempre invocato nobili motivi, uccidono in nome della pace, in nome di dio, in nome della civiltà, in nome del progresso, in nome della democrazia e, nel caso che queste menzogne non fossero sufficienti, là stanno i grandi mezzi di comunicazione, disposti ad inventare nemici immaginari per giustificare la trasformazione del mondo in un grande manicomio e in un immenso macello.
Nel “Re Lear”, Shakespeare aveva scritto che in questo mondo i pazzi conducono i ciechi e, quattro secoli dopo, i padroni del mondo sono dei pazzi innamorati della morte che hanno trasformato il mondo in un luogo dove ogni minuto muoiono di fame o di malattie curabili 10 bambini e ogni minuto si spendono 3 milioni di dollari, tre milioni di dollari al minuto, nell’industria militare che è una fabbrica di morte.
Le armi esigono le guerre e le guerre esigono le armi e i cinque paesi che gestiscono le Nazioni Unite, quelli che hanno il diritto di veto nelle Nazioni Unite, sono anche i cinque principali produttori di armi.
Uno si chiede: fino a quando? Fino a quando la pace nel mondo sarà nelle mani di quelli che gestiscono l’affare della guerra?
Fino a quanto continueremo a credere di essere nati per lo sterminio vicendevole e che lo sterminio vicendevole è il nostro destino?
Fino a quando?
mar
08
mar
2022
8 MARZO: “FESTA” O GIORNATA DÌ LOTTA PER L’EMANCIPAZIONE?
Cancellare la memoria storica di un popolo o di una classe svuotandola dei suoi contenuti rivoluzionari è funzionale agli interessi degli sfruttatori, del capitale.
Ormai da molti anni l’8 marzo è stato trasformato nella “festa” della donna, della mimosa. Un’occasione in più di guadagno per i commercianti, una giornata libera dalla famiglia, per uscire in compagnia delle amiche con grande gioia dei commercianti che ne approfittano per fare lauti affari. Tuttavia i padroni non sono riusciti a cancellare e impedire la resistenza della parte più cosciente di proletariato femminile che ogni anno ricorda questa giornata di lotta e scende in piazza insieme ai proletari che riconoscono che senza emancipazione della donna non ci possono essere emancipazione e liberazione del proletariato dallo sfruttamento capitalista.
Oggi la condizione della donna proletaria nella società borghese non è cambiata granché rispetto al passato. Certo ci sono sempre più donne borghesi manager, capi politici, sindacali e istituzionali, ma la condizione delle donne proletaria non ha avuto nessuna “emancipazione” reale. Le donne sono sempre doppiamente oppresse nella società, nel lavoro e nella famiglia.
In questa giornata di lotta e di riflessione vogliamo ricordare la resistenza e la lotta delle donne sfruttate e oppresse di tutto il mondo contro il capitalismo e l’imperialismo.
Siamo a fianco delle madri, mogli, figlie, sorelle delle vittime delle guerre imperialiste, delle vittime della guerra di classe che in ogni paese capitalista/imperialista vede contrapporsi sfruttati contro sfruttatori.
Siamo a fianco delle vittime delle guerre, del lavoro, dell’amianto, dei loro famigliari e di tutte le vittime delle malattie professionali. Siamo al fianco delle donne e degli uomini che in tutto il mondo combattono ogni giorno, in modo pacifico o con le armi contro gli oppressori, la barbarie e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della donna. Siamo al fianco di tutti quelli che lottano, scioperano e scendendo in piazza, spesso pagando con il loro sangue, il vero significato della parola “emancipazione proletaria”.
PROLETARI DÌ TUTTO IL MONDO UNIAMOCI
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
8 marzo 2022
dom
06
mar
2022
Ultima notizia: Non è uno scherzo…… lo stato di Israele, il macellaio dei palestinesi, si propone come mediatore per la pace tra Russia e Ucraina!!
Quattro lezioni dall’Ucraina
di Ilan Pappe (*); da: rebelion.org; 5.3.2022
USA Today scrive che una foto diventata virale di un edificio a più piani in Ucraina, che era stato bombardato, in realtà è risultato essere un edificio della Striscia di Gaza che le Forze Aeree Israeliane avevano demolito nel maggio 2021. Alcuni giorni prima il ministro degli Affari Esteri ucraino si lamentava con l’ambasciatore israeliano a Kiev che “ci trattano come a Gaza”; era furioso perché Israele non condannava l’invasione russa e l’unica cosa che interessava era far uscire i cittadini israeliani da quel paese (Haaretz, 17 febbraio 2022). Si riferiva all’evacuazione da parte dell’Ucraina dei coniugi ucraini di palestinesi dalla Striscia di Gaza nel maggio 2021, mentre ricordava a Israele il pieno appoggio del presidente ucraino all’attacco di Israele alla Striscia di Gaza quel mese (alla fine dell’articolo tornerò a parlare di questo appoggio).
Di fatto gli attacchi di Israele a Gaza dovrebbero essere menzionati e considerati nel valutare l’attuale crisi in Ucraina. Non è casuale che si confondano le foto (in Ucraina non ci sono molti edifici multipiano abbattuti, ma nella Striscia di Gaza abbondano i grattacieli in rovina).
Ma, quando consideriamo la crisi in Ucraina in un contesto più ampio, non viene solo alla luce l’ipocrisia rispetto alla Palestina; quello che andrebbe esaminato a fondo è il generalizzato doppio binario occidentale, anche se neppure per un attimo siamo indifferenti alle notizie e alle immagini che ci giungono dalla zona di guerra dell’Ucraina: bambini traumatizzati, ondate di rifugiati, immagini di edifici distrutti dai bombardamenti e il minaccioso pericolo che questo non sia che l’inizio di una catastrofe umana in piena Europa.
Allo stesso tempo noi che soffriamo, facciamo nostra e informiamo sulle catastrofi umane in Palestina non possiamo non vedere l’ipocrisia dell’Occidente e possiamo segnalarla senza diminuire neppure per un attimo la nostra solidarietà ed empatia umana con le vittime di qualsiasi guerra.
Dobbiamo farlo perché la disonestà morale che soggiace all’ipocrita agenda stabilita dalle élites politiche e dai mezzi di comunicazione occidentali permetterà loro, una volta di più, di nascondere il loro razzismo e la loro impunità, visto che continuerà a concedere l’immunità a Israele e all’oppressione che esercita sul popolo palestinese.
Ho individuato quattro argomenti falsi che sono chiave nell’impegno dell’élite occidentale nella crisi dell’Ucraina per il momento, e li ho formulati come quattro lezioni.
Prima lezione: i rifugiati bianchi sono benvenuti; gli altri meno
La decisione collettiva dell’Unione Europea di aprire le proprie frontiere ai rifugiati ucraini, a cui è seguita una politica più cauta della Gran Bretagna, non può non essere notata se la si paragona alla chiusura della maggior parte delle porte d’Europa ai rifugiati provenienti dal mondo arabo e africano dal 2015. La precedenza, chiaramente razzista, che fa differenza tra coloro che cercano di proteggere la loro vita sulla base del colore, della religione o dell’etnia è abominevole, ma non è probabile che cambi in tempi brevi.
Alcuni dirigenti europei non si vergognano nemmeno di mostrare pubblicamente il loro razzismo, come fa il primo ministro bulgaro, Kiril Petkov: “Questi [i rifugiati ucraini] non sono i rifugiati a cui siamo abituati […] queste persone sono europee. Queste persone sono intelligenti, sono persone colte […]. Questa non è l’ondata di rifugiati a cui siamo abituati, persone della cui identità non siamo sicuri, persone con antecedenti poco chiari, che avrebbero potuto anche essere dei terroristi…”.
Non è l’unico. I mezzi di comunicazione occidentali parlano continuamente del “nostro tipo di rifugiati” e questo razzismo si manifesta chiaramente ai posti di frontiera tra l’Ucraina e i suoi vicini europei. Questo atteggiamento razzista, che ha un forte fondo di islamofobia, non cambierà visto che i dirigenti europei negano tuttora il tessuto multietnico e multiculturale delle società di tutto il continente. Una realtà umana frutto di anni e anni di colonialismo e imperialismo europei che gli attuali governi ignorano e negano, proprio mentre gli stessi governi hanno politiche di immigrazione che si basano sul medesimo razzismo che impregnava il colonialismo e l’imperialismo di un tempo.
Seconda lezione: si può invadere l’Iraq ma non l’Ucraina
E’ piuttosto sconcertante la mancanza di volontà dei mezzi di comunicazione occidentali di contestualizzare la decisione russa di invadere all’interno di un’analisi più ampia (e ovvia) di come sono cambiate le regole del gioco dal 2003. E’ difficile trovare un’analisi che indichi il fatto che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno violato il diritto internazionale relativo alla sovranità di uno Stato quando i loro eserciti, insieme ad una coalizione di paesi occidentali, hanno invaso l’Afganistan e l’Iraq. Vladimir Putin non ha inventato, in questo secolo, l’occupazione di tutto un paese a fini politici, l’Occidente l’ha già utilizzato come uno strumento politico giustificato.
Terza lezione: a volte si può tollerare il neonazismo
L’analisi non sottolinea neppure alcuni dei punti validi di Putin rispetto all’Ucraina, che non giustificano in alcun modo l’invasione, ma su cui dovremmo riflettere anche durante questa. Fino alla crisi attuale, i mezzi di comunicazione occidentali progressisti come The Nation, The Guardian, The Washington Post, ecc. ci avevano messo in guardia del potere sempre più grande dei gruppi neonazisti in Ucraina, cosa che poteva colpire il futuro dell’Europa e oltre. Oggi questi stessi media non parlano nemmeno dell’importanza del neonazismo in Ucraina.
The Nation del 22 febbraio 2019 scriveva quanto segue: “Oggi sempre più notizie sulla violenza di estrema destra dell’ultranazionalismo e dell’erosione delle libertà basiche smentiscono l’euforia iniziale dell’Occidente. Ci sono pogrom neonazisti contro i gitani, attacchi sfrenati contro gruppi femministi e LGBT, vengono proibiti libri e si glorifica, con il patrocinio dello Stato, i collaboratori nazisti”
Due anni prima, il Washington Post (15 giugno 2017) avvertiva in modo piuttosto perspicace che uno scontro tra Ucraina e Russia non doveva farci dimenticare il potere del neonazismo in Ucraina: “Mentre continua la lotta dell’Ucraina contro i separatisti appoggiati dalla Russia, Kiev affronta un’altra minaccia per la sua sovranità sul lungo periodo: alcuni forti gruppi ultranazionalisti di destra. Questi gruppi non hanno scrupoli nell’utilizzare la violenza per raggiungere i loro obiettivi, che certo sono in disaccordo con la democrazia tollerante e orientata all’Occidente in cui, apparentemente, si vuole trasformare Kiev”. Eppure il Washington Post adotta oggi un atteggiamento distante e definisce la precedente descrizione come ‘falsa’. E scrive: “In Ucraina operano vari gruppi paramilitari nazionalisti, come il movimento Azov ed il Pravy Sektor, di ideologia nazista. Anche se sono molto noti sembrano avere poco appoggio pubblico. Solo un partito di estrema destra, Svoboda, ha una rappresentanza in Parlamento e conta solo su un seggio”.
Si dimenticano gli avvertimenti precedenti di un media come The Hill (9 novembre 2017), la più importante pagina web di notizie indipendente degli Stati Uniti: “In effetti in Ucraina ci sono formazioni neonaziste. Lo hanno confermato in modo imbarazzante quasi tutti i media occidentali importanti. E’ molto preoccupante che gli analisti lo vogliano ignorare tacciando il fatto come propaganda di Mosca. E’ particolarmente preoccupante visto il boom attuale di neonazisti e suprematisti in tutto il mondo”.
Quarta lezione: abbattere grattacieli è un crimine di guerra solo in Europa
La classe dirigente ucraina non solo ha strette relazioni con questi gruppi neonazisti, ma ciò che è preoccupante e vergognoso è il suo essere filo-israeliana. Uno dei primi atti del presidente Volodymyr Zelensky è stato il ritiro dell’Ucraina dal Comitato delle Nazioni Unite per l’Esercizio dei Diritti Inalienabili del Popolo Palestinese, l’unico tribunale internazionale che garantisce che non si neghi né si dimentichi la Nakba. E’ stato il presidente ucraino a prendere questa decisione. Non prova simpatia per la difficile situazione dei rifugiati palestinesi né li considera vittime di alcun crimine. Nelle interviste concesse dopo i brutali bombardamenti sulla Striscia di Gaza nel maggio 2021, ha dichiarato che l’unica tragedia a Gaza era quella che pativano gli israeliani. Se questo è vero, allora i russi sono gli unici a soffrire in Ucraina. Ma Zelensky non è l’unico.
L’ipocrisia arriva ad un elevato livello quando si tratta d Palestina. L’attacco contro un edificio multipiano e vuoto in Ucraina ha dominato l’informazione e provocato profonde analisi sulla brutalità, su Putin e sulla mancanza di umanità. Ovviamente bisogna condannare questi bombardamenti, ma quei dirigenti mondiali che guidano la condanna hanno mantenuto il silenzio quando Israele ha raso al suolo la città di Yenin nel 2000, il quartiere di Al-Dahaya a Beirut nel 2006 e la città di Gaza in un’ondata brutale dopo l’altra nel corso degli ultimi quindici anni.
Non si è discusso di alcuna sanzione a Israele per i suoi crimini nel 1948 a partire da allora, e men che meno ne sono state comminate. Di fatto nella maggior parte dei paesi occidentali che oggi guidano le sanzioni contro la Russia, anche solo menzionare la possibilità di imporre sanzioni a Israele è illegale ed è tacciata di antisemitismo.
Anche quando l’autentica solidarietà umana dell’Occidente si esprime giustamente verso l’Ucraina, non possiamo dimenticare il suo contesto razzista e il suo tratto eurocentrico. La solidarietà generalizzata dell’Occidente è riservata a chiunque sia disposto ad unirsi al suo blocco e alla sua sfera di influenza. Questa empatia ufficiale non esiste quando una violenza simile, e peggiore, viene esercitata contro persone non europee in generale, e con i palestinesi in particolare.
Possiamo agire come soggetti coscienti tra le nostre risposte alle calamità e la nostra responsabilità di segnalare l’ipocrisia che ha aperto in molti modi la strada a queste catastrofi. Legittimare internazionalmente l’invasione di paesi sovrani e tacere sulla colonizzazione e l’oppressione continua di altre persone, com’è il caso della Palestina e del suo popolo, porterà in futuro e in tutte le parti del nostro mondo ad altre tragedie, come quella ucraina.
(*) Ex professore di Scienze Politiche all’Università da Haifa, ora insegna ad Exeter. Viene considerato uno dei “nuovi storici” di Israele che dagli anni ’80 riscrivono, sulla base di documenti dei governi britannici e israeliani, la storia della creazione dello Stato di Israele nel 1948.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni
sab
05
mar
2022
PER ORA SOLO PAROLE E PICCHETTI ANTI SFRATTO
Non hanno ancora terminato le assegnazioni del Bando casa di un anno fa, al Bando case per trovare alloggi da affittare a canone concordato hanno risposto solo Aler e Uniabita (i proprietari, come avevamo previsto, non hanno risposto), le assegnazioni SAT dopo l’approvazione con OLTRE QUATTRO anni di ritardo del regolamento non sono ancora partite, di alloggi in sub affitto non se ne parla nemmeno anche se sarebbero finanziati con fondi regionali, la graduatoria del nuovo Bando casa è ancora provvisoria.
Siamo riusciti fino ad ora ad evitare la marea degli sfratti parlando con le proprietà, tenendo rapporti con gli Ufficiali Giudiziari, organizzando picchetti anti sfratto, ma la situazione diventa ogni giorno più difficile.
Tra pochi giorni tenteranno nuovamente di sfrattare le famiglie del Residence Puccini per cui chiediamo ancora a tutti di essere presenti al
PICCHETTO CONTRO LO SFRATTO DEL RESIDENCE PUCCINI VENERDI’ 11 marzo 2022 alle ore 9
Viale Gramsci 545, angolo via Puccini, Sesto San Giovanni (Mi)
Dobbiamo tappare con un dito la falla nella diga perché il rischio è che la marea degli sfratti dilaghi e getti in strada decine e decine di famiglie e di minori.
Ce la possiamo fare? Certo, abbiamo solo bisogno di tempo per garantire che gli sfratti vengano eseguiti solo dopo aver trovato le soluzioni abitative alternative per garantire il passaggio da casa a casa.
Il giorno 9 marzo ci sarà un nuovo incontro in Prefettura e, anche se il Prefetto non vuole assumersi nessuna responsabilità diretta, il tavolo in corso Monforte qualcosa lo sta promuovendo:
- Qualche decina di alloggi pubblici vuoti è stata resa disponibile alle assegnazioni anche al di là dei numeri stabiliti dal Bando casa e verrà assegnata anche dopo le operazioni relative alla nuova graduatoria
- Gli alloggi Sat, anche se poco significativi come numero, verranno resi disponibili nonostante la farraginosità del regolamento approvato dal Comune
- 35 alloggi sottratti al Piano vendite di Aler saranno messi a disposizione per affitti a canone concordato
- Uniabita affitterà alloggi a canone concordato con il contributo affitto previsto dalla Dote finanziata dal Comune
NESSUNO DEVE FINIRE IN STRADA
SOLO PASSAGGI DA CASA A CASA
NESSUNA PERSONA SENZA CASA, NESSUNA CASA SENZA PERSONE
UNIONE INQUILINI NORD MILANO
ven
04
mar
2022
Effetti collaterali
di Sergio Ferrari (*); da: rebelion.org; 3.3.2022
In meno di una settimana lo scenario e l’agenda mondiale sono cambiati a velocità supersonica L’Europa, senza neppure il nulla osta sanitario per la pandemia (e con il peso sociale della crisi sanitaria non risolta), è protagonista dalla fine di febbraio di un conflitto di proporzioni enormi.
All’ombra della crisi Russia-Ucraina (o Ucraina-Russia) si cominciano a vedere segnali di un nuovo quadro internazionale. Sono gli “effetti collaterali” di una ‘guerra’ di durata imprevedibile e di costi incalcolabili. Tali effetti si aggiungeranno all’impatto diretto del conflitto, cioè le migliaia di vittime umane (morte o ferite, invalide o orfane) ed ai danni irreparabili dell’economia presente e futura dei paesi coinvolti.
Nuovo paradigma militare
Quando il 28 febbraio la Germania ha annunciato che destinerà un fondo speciale di 100.000 milioni di euro (110.000 milioni di dollari) al riammodernamento delle sue forze armate, anticipava così il tono della nuova epoca. Con la sua decisione di raddoppiare il bilancio militare ed arrivare così al 2% del suo PIL (prodotto interno lordo) per le spese militari (cifra decisa dalla NATO), ha così accettato un nuovo concetto di bilancio e di società. Che, paradossalmente, tornerà ad assomigliare molto a quello della Germania della Guerra Fredda, che destinava un 2,4% del PIL alle forze armate.
Solo qualche ora dopo la decisione tedesca, partiti politici di destra ed estrema destra della Svizzera hanno chiesto al governo elvetico di investire a breve tempo 2.000 milioni di franchi svizzeri in più (2.106 milioni di dollari) per spese della difesa. E VOX, il partito spagnolo di ultra-destra, ha richiesto fermamente che il governo iberico faccia un rapido aumento delle sue spese militari. Tutti segnali di questa nuova tappa internazionale che, sicuramente, continueranno a ripetersi in uno e nell’altro paese europeo nei prossimi giorni. Questa realtà impone una grande pressione ai diversi paesi del continente che attualmente destinano bilanci militari inferiori a quanto richiesto dalla NATO, come succede tra altri a Spagna (1,4%), Italia (1.57%), Austria (0.9%), Danimarca (1.4%) (https://datos.bancomundial.org/indicador/MS.MIL.XPND.GD.ZS).
A partire dal conflitto Russia-Ucraina, il tema bellico-militare torna ad occupare il centro della scena europea. Cosa che causerà tagli di bilancio significativi in altre aree, penalizzando in particolare il tessuto sociale di ogni paese, con ripercussioni significative, oltretutto, sulla salute e sull’educazione pubblica.
I settori storicamente più vulnerabili diventano ora, nuovamente, le principali vittime di questa nuova realtà.
Il clima e la cooperazione declassati
Un’altra vittima secondaria in questo nuovo panorama di crescente militarizzazione sarà la lotta contro il cambiamento climatico, nonostante le nuove rivelazioni fatte il 28 febbraio scorso dal Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC). Nel suo ultimo rapporto sulla situazione climatica mondiale il Gruppo dell’ONU certifica che “i leaders mondiali hanno fallito nella battaglia contro il cambiamento climatico” (https://news.un.org/es/story/2022/02/1504702). Negli ultimi anni e, in particolare, nei mesi precedenti l’inizio della pandemia (2018-2019), i giovani riempirono le piazze europee e di altre regioni del mondo per esigere il diritto ad un futuro compatibile con l’ambiente. Volevano azioni di emergenza, piani e cambiamenti immediati della produzione per assicurare la transizione ecologica e sociale giusta. Uno dei principali argomenti addotti dai poteri politici ed economici per opporsi a queste richieste è sempre stato l’impossibilità di finanziare in breve tempo le trasformazioni di fondo per impedire l’aumento del riscaldamento globale (ad es. per modificare la matrice energetica).
Sorprende allora che, in questione di ore, appaiano somme immensamente più grandi che verranno destinate al bilancio militare per riscaldare i motori della vecchia macchina da guerra mondiale e dell’industria bellica che la sostiene. (N.d.t.: intanto l’Ucraina ha già chiesto ai suoi debitori esteri – tra cui il Fondo Monetario Internazionale, oltre a USA, Unione Europea, Canada, Germania e Giappone - di cancellare il suo debito, che ammonta a circa 60 miliardi di dollari).
Questa nuova corsa agli armamenti spingerà verso il basso i bilanci della cooperazione internazionale, che anche se già debole e insufficiente, aveva come riferimento gli Obiettivi dello Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, con l’intento di sradicare la povertà entro la fine del presente decennio.
Gli 8 obiettivi (salute per tutti, educazione gratuita, promozione dell’uguaglianza di genere, lotta alla fame ecc.) verranno chiaramente lasciati indietro visto che una parte del pacchetto di bilancio per la cooperazione verrà diretta all’accompagnamento e all’integrazione dei rifugiati, come già sta succedendo anche prima dell’attuale crisi in Svizzera e in altri paesi del continente. I programmi ed i progetti di cooperazione con i paesi più impoveriti e con le popolazioni più vulnerabili del pianeta si aggiungeranno così agli effetti collaterali di questo nuovo paradigma bellico che comincia a impiantarsi in Europa e che si estenderà al mondo intero.
I “vecchi” rifugiati saranno dimenticati
In soli 5 giorni da quando sono cominciate le operazioni belliche, il 24 febbraio fino al 1° marzo, sono stati contabilizzati circa 660.000 nuovi profughi che sono fuggiti dall’Ucraina. Filippo Grandi, responsabile dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) ha detto che, agli inizi di questa prima settimana di marzo, la cifra sta aumentando esponenzialmente col trascorrere delle ore. “Da 40 anni lavoro nelle crisi dei rifugiati e poche volte ho visto un esodo di persone così incredibilmente rapido. IL più grande in Europa dalle guerre dei Balcani” ha sottolineato.
ACNUR calcola in più di 300.000 il numero di persone che sono fuggite dalla Polonia. Altre sono fuggite in Ungheria, Moldavia, Romania, Slovacchia e decine di migliaia verso altri paesi europei. Insieme a loro, ha spiegato ACNUR, è fuggito dalla Federazione Russa un “numero considerevole” di persone.
Le Nazioni Unite calcolano che, a seconda dello sviluppo del conflitto, “si potrebbe arrivare fino a 4 milioni di rifugiati nei prossimi giorni o settimane”.
Diverse nazioni europee rispondono con le braccia aperte agli esiliati ucraini. Atteggiamento completamente diverso dalla politica migratoria restrittiva – e anche repressiva – che questi stessi paesi, da anni, applicano verso i rifugiati dell’Afganistan, del Kurdistan iracheno, della Siria, della Libia, così come rispetto ai migranti africani. Gruppi che, in futuro, saranno ancor più marginalizzati, rifiutati e disprezzati, a partire dalla priorità che l’Europa occidentale continuerà a dare, per ragioni politiche, a chi fugge dall’Ucraina (N.d.t.: come hanno informato persino i giornali borghesi, le guardie confinarie polacche respingono già i profughi di colore!!).
Salute, educazione, programmi sociali, migrazioni, rifugiati, lotta al riscaldamento globale, cooperazione per lo sviluppo …. e la lista dei settori colpiti dalla nuova realtà bellica continuerà ad aumentare.
Dietro questa nuova riorganizzazione delle priorità – e dei loro corrispondenti bilanci – stanno milioni di esseri umani colpiti, indirettamente, dagli effetti collaterali di questa nuova crisi bellica, pandemia bellico-ideologica di impatti tanto devastanti quanto imprevedibili.
(*) Giornalista argentino residente in Svizzera, membro della redazione del quotidiano indipendente svizzero Le Courrier edito a Ginevra.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”,
via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
mer
02
mar
2022
CONTRO TUTTI GLI IMPERIALISMI
L’invasione russa dell’Ucraina per noi è certamente un atto da condannare, ma non ci uniamo al coro degli apologeti dei guerrafondai degli Usa, dell’Unione Europea e della NATO che, in tutto il mondo, parlano di pace mentre continuano a fomentare massacri e guerre per i loro interessi.
Minacciare, demonizzare il nemico, istigare la paura del diverso, reprimere, sono da sempre alcuni dei modi usati dal nemico di classe per ottenere il consenso del popolo a politiche reazionarie, mobilitandolo a sostegno dei suoi interessi.
In questo gli USA e la NATO sono stati – e sono - dei maestri, come dimostra anche il tentativo di isolare la Russia allargando i confini della NATO per accerchiarla.
Distruggere l’identità di un popolo o di una classe, cancellare la sua memoria storica, imporre quella del nemico è essenziale e funzionale a perpetuare il saccheggio e lo sfruttamento, perché una classe o un popolo senza memoria è facilmente manipolabile e sfruttabile.
Manipolare l’opinione pubblica attraverso i media è una delle forme di controllo del potere economico, che è anche padrone dei mezzi di comunicazione. Gli editori, i padroni dei mezzi di comunicazione, dei giornali, delle TV via cavo, film ecc, in tutti i paesi sono gli stessi che detengono il potere politico.
In Italia sono i Berlusconi, De Benedetti, Cairo, Caltagirone, il Vaticano e le industrie multinazionali, gli Agnelli, i Pirelli e tutti quelli foraggiati direttamente dagli USA.
In questi anni di relativa “pace sociale” nei paesi imperialisti, gli USA e la NATO - di cui l’Italia fa parte - hanno condotto guerre di saccheggio, distrutto nazioni che resistevano e si opponevano alla penetrazione imperialista, compiendo massacri di civili (donne, vecchi e bambini): tutto questo è stato giustificato con la “difesa della democrazia” e dei “diritti umani”. Si sono persino inventati le guerre “umanitarie” per nascondere i loro interessi e il massacro di centinaia di migliaia di persone (ricordiamoci della Palestina, della Yugoslavia così vicina a noi, dell’Iraq; dell’Afganistan, della Libia e della Siria ...).
Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, è stato diffamato, torturato e arrestato proprio per aver denunciato i crimini commessi dai soldati dagli Usa e della NATO sui civili durante tutte le guerre imperialiste.
Oggi il governo di unità nazionale – presieduto dal banchiere Draghi - all’unanimità si è messo l’elmetto, scendendo a fianco degli USA,con il plauso anche dell’opposizione. Da oggi l’Italia è in guerra e invierà militari e “armi letali” all’Ucraina.
Noi operai e lavoratori italiani siamo al fianco degli operai e dei lavoratori di tutto il mondo che lottano contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per una società in cui il profitto e lo sfruttamento siano considerati un crimine contro l’umanità.
Per noi ogni popolo – non solo alcuni - è legittimato a scegliere liberamente il suo governo noi siamo per l’autodeterminazione.
L’internazionalismo proletario afferma che la classe operaia e proletaria è una e internazionale, e che il primo dovere internazionalista consiste nel lottare contro i propri governi, comitati d’affari dei capitalisti.
L’imperialismo impone ai popoli del mondo sottosviluppo, prestiti usurai, debiti con interessi impossibili da pagare, scambio diseguale, speculazioni finanziarie non produttive, corruzione
generalizzata, commercio di armi, guerre, violenza, massacri, cui partecipa l’imperialismo italiano per spartirsi il bottino. Nel mondo e in Italia tutti i governi borghesi hanno attuato
politiche antioperaie e antiproletarie e finanziato tutte le missioni di guerra italiane nel mondo, chiamandole ipocritamente “missioni di pace o umanitarie”.
La “democrazia” capitalista, imperialista, con le sue frasi altisonanti ma vuote, è la maschera dietro cui si nasconde la brutale dittatura del capitale. Le guerre imperialiste sono sempre contro i lavoratori e le classi popolari, che pagano il prezzo più alto.
Il capitalismo e l’imperialismo sono il vero cancro dell’umanità. Distruggere il sistema di sfruttamento capitalistico e chi si arricchisce su di esso, provocando fame, sofferenze, miseria e morte a milioni di persone nel mondo, questa è l’unica guerra giusta.
Noi siamo contro tutte le guerre imperialiste , ma non siamo pacifisti.
A differenza dei pacifisti - che oggi scendono in piazza a fianco dei loro governi “contro tutte le guerre”, ma in realtà a sostegno degli USA, dell’Unione Europea e della NATO - noi ribadiamo che l’unica guerra giusta è quella di classe fra padroni e operai, tra sfruttati e sfruttatori.
Il nemico è in casa nostra: i padroni e i loro governi.
Fuori la NATO dall’Italia, fuori l’Italia dalla NATO!
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
Sesto San Giovanni 02/03/2022
dom
20
feb
2022
CONTRO LE MORTI SUL LAVORO BASTA LACRIME MA LOTTA.
Comunicato stampa
MERCOLEDI 23 FEBBRAIO PRESIDIO DALLE 10.00 ALLE 12.00 DAVANTI
ALL’ASSOLOMBARDA (via Larga angolo via Pantano, MM3 Missori).
Ogni giorno 4 lavoratori muoiono sul lavoro per mancanza di sicurezza, 1400 persone ogni anno sono uccisi da imprenditori senza scrupoli che pur di massimizzare i profitti, risparmiano anche i pochi euro necessari
per i dispositivi di protezione individuali e collettivi.
Altre migliaia rimangono invalidi e migliaia sono ogni anno anche le vittime delle malattie professionali (solo per amianto 6000 l’anno), e ormai sono in aumento anche le morti di giovani studenti inviati in fabbrica nell’alternanza scuola – lavoro.
LA RICERCA DEL MASSIMO PROFITTO SI FONDA SULLO SFRUTTAMENTO E SUL SANGUE OPERAIO.
Di lavoro si continua a morire. Il disprezzo della vita dei lavoratori richiede una risposta immediata da parte del movimento operaio contro padroni e governo che considerano i lavoratori solo carne da macello.
Attraverso ricatti, appalti, subappalti e cooperative, i padroni impongono ritmi e condizioni di lavoro sempre più pericolosi. Dall’inizio del 2022 sono già 4 i morti nel milanese nel settore edile.
Siamo stufi delle lacrime di coccodrillo, delle chiacchiere di circostanza degli assassini, del governo, e
sindacati complici di questa mattanza operaia. Se anche coloro che dovrebbero essere i “rappresentanti dei lavoratori” accettano come inevitabili le morti sul lavoro e non fanno niente, non mobilitano i lavoratori organizzando uno sciopero generale contro il governo e padroni, contro i morti del profitto e manifestazioni contro le sedi degli industriali assassini, ALLORA LO FACCIAMO NOI.
Siamo stufi di vedere sindacati confederali e altri che si considerano conflittuali ignorare il problema delle morti sul lavoro che colpiscono la classe lavoratrice. E’ arrivato il momento di alzare forte la nostra voce contro i morti del profitto e scendere in piazza con scioperi e presidi davanti alle sedi di rappresentanza dei responsabili degli assassini, senza delegare alle istituzioni e sindacati complici della mattanza operaia la difesa della nostra salute e sicurezza.
Basta delegare la difesa della nostra salute alle istituzioni e al governo, è arrivato il momento di agire, far sentire forte la nostra voce, di rompere la passività. A condizioni di morte niente lavoro.
Anche se è un giorno lavorativo invitiamo tutti i lavoratori, gli studenti, le organizzazioni dei lavoratori a partecipare.
BASTA MORTI SU LAVORO, BASTA MORTI DI LAVORO.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Comitato Ambiente Salute Teatro alla Scala, Associazione Italiana Esposti Amianto, Medicina Democratica, CUB Info Spettacolo.
Milano 17/02/2022
gio
17
feb
2022
DELIRI E BUGIE dello “Slai cobas per il sindacato di classe”
Lo “Slai cobas per il sindacato di classe” ha pubblicato sulla chat “Patto d’Azione” Milano una presa di posizione in cui esprime critiche al sottoscritto e ai compagni del Centro di Iniziativa Proletaria per le nostre posizioni contro l’obbligo vaccinale e il Green pass. Ora, le critiche fra compagni sono sempre legittime e benvenute, ma lo Slai cobas va ben oltre, infamando il sottoscritto e tutti quelli che non accettano le posizioni del Governo, della Confindustria e dei suoi “scienziati”.
Scrive lo Slai cobas: “se a Michelino non fa specie manifestare con i fascisti e in una certa misura rivendicarlo - allora fa specie a noi considerarlo un compagno e quindi è del tutto legittimo escluderlo dalle assemblee proletarie di lotta perché questo serva a fare chiarezza cosi pretendere un 'vaccino antifascista obbligatorio' che speriamo sia parte della battaglia per 'curare la malattia per salvare il malato”
I nuovi sostenitori del capitale, i pretoriani del governo Draghi e dei padroni , oggi auspicano una nuova versione dell’olio di ricino fascista contro gli oppositori: “il vaccino antifascista obbligatorio”.
Invece di denunciare i tagli selvaggi alla sanità pubblica, lo sprezzo totale per la vita dei lavoratori (4 morti al giorno), gli interessi delle multinazionali del farmaco e le politiche di divisione della classe operaia attuata da padroni e governo con il Green pass, essi hanno lavorato e lavorano per cristallizzare le divisioni all’interno della classe, nell’interesse del capitale.
Sentirsi poi dire da questi individui che non hanno mai messo insieme un lavoratore sul loro posto di lavoro - che noi non abbiamo una posizione ”classista”, proletaria e comunista” ci ricorda tanto la storiella del bue che dice cornuto all’asino.
Le critiche, se costruttive, dicevamo, sono sempre ben accette ma LE BALLE NO.
E la più grossa è quella che il sottoscritto e i compagni/e del Centro di Iniziativa Proletaria manifestano con i fascisti “ rivendicandolo in certa misura”.
Noi, fin dal primo momento, siamo scesi in piazza in modo organizzato, dopo aver fatto una battaglia perché i “compagni” partecipassero in modo unitario a queste manifestazioni proprio per portare un punto di vista di classe insieme a molti lavoratori, dietro lo striscione “lavoratori contro il Green pass e obbligo vaccinale”.
Si trattava di manifestazioni popolari di migliaia di persone: se a Milano la presenza di qualche fascista c’era è perche i “compagni” dello ‘Slaicobas per il sindacato di classe’ – insieme a molti altri sindacati e organizzazioni che si dicono rivoluzionarie (tanto le parole non costano niente) - sono stati assenti, lasciando campo libero alla destra, cosa che noi e altri compagni abbiamo cercato di ostacolare e impedire.
Certo che, per un sindacato che dice di difendere i lavoratori, cercare di convincere gli operai ad accettare le misure governative e padronali, presentando la scienza del padrone come un dogma al di sopra delle classi e collaborare a far fare la fame a chi si ribella per salvare i profitti dei padroni e il sistema capitalistico, l’appellativo di servi del padrone e pretoriani del governo è quello che più gli si addice.
Noi abbiamo sanguinosamente imparato sulla nostra pelle, in fabbrica, che la scienza e le istituzioni non sono neutrali.
Nella società capitalista sono al servizio del potere: “medico o padrone non fa differenza quando la scienza del medico è quella del padrone” diceva già nel lontano 1972 Giulio Maccacaro.
Michele Michelino e i compagni del Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”,
Sesto San Giovanni, 14 febbraio 2022
Riportiamo, per correttezza affinché tutti possano giudicare, lo scritto originale dello ‘Slaicobas per il sindacato di classe’:
Michele Michelino manifesta con i fascisti
siamo purtroppo costretti a denunciare pubblicamente la degenerazione di un compagno che da sempre rispettiamo per la sua lotta prolungata per la salute e sicurezza oltre che da sempre impegnato nel movimento comunista marxista-leninista.. ma purtroppo ultimamente la sua posizione sbagliata sui no vax/no green pass - cosa che ci poteva stare anche se radicalmente opposta a una posizione classista, proletaria e comunista, e purtroppo non si è trattato del solo compagno o gruppo su questo stiamo facendo dal primo momento una battaglia e di trincea che pensiamo importante sul piano ideologico, politico e in parte sindacale che non è certo finita come certo non è finita la pandemia..ma c'è un limite a tutto. Se a Michelino non fa specie manifestare con i fascisti e in una certa misura rivendicarlo - allora fa specie a noi considerarlo un compagno e quindi è del tutto legittimo escluderlo dalle assemblee proletarie di lotta perchè questo serva a fare chiarezza cosi pretendere un 'vaccino antifascista obbligatorio' che speriamo sia parte della battaglia per
'curare la malattia per salvare il malato'
slai cobas per il sindacato di classe
mar
08
feb
2022
BUGIE E VERITA’
IPOCRISIA E VIOLENZA DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA
Gli apologeti del sistema capitalista/imperialista, politici, sindacalisti, mass-media, scienziati di regime, ecc, pagati profumatamente e finanziati economicamente con grandi finanziamenti e privilegi dai loro padroni continuano a tessere le lodi dei loro padroni, dipingendo il sistema capitalista sempre più dittatoriale come “democratico”, il migliore dei mondi possibili.
Per aumentare i loro profitti, i padroni attuano delocalizzazioni, licenziamenti, salari da fame, precarietà e sacrifici ai proletari, agli sfruttati, e contro chi si ribella usano la violenza “legale” della classe dominante, dello stato, per difendere e mantenere i loro privilegi.
I borghesi (di destra o di sinistra), sono sempre pronti a denunciare, condannare e reprimere l’autodifesa degli sfruttati. La lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e la resistenza dei paesi che si oppongono alla penetrazione imperialista sono criminalizzate e bollate come violenza contro il sistema “democratico”.
I capitalisti, gli imperialisti che nascondono dietro la parola “democrazia” gli interessi della loro classe di sfruttatori non esitano a esportare in tutto il mondo anche contro il volere dei popoli.
I capitalisti condannano la violenza di chi si ribella e lotta ogni giorno per mettere insieme il pranzo con la cena ma, pur di salvaguardare i loro profitti, non esitano ad ammazzare donne, uomini e bambini con le armi, le bombe, o per fame, sete e malattie.
Il terrorismo degli stati imperialisti e capitalisti che riempie le galere e i cimiteri di tutto il mondo è chiamato “difesa della democrazia” a “tutela della pace”.
Da sempre i paesi imperialisti e le multinazionali che fanno maggiori profitti sono quelli che più ammazzano, inquinano e distruggono il pianeta. Nella loro “libera” stampa di regime gli sfruttatori sono fatti passare per benefattori dell’umanità e amanti della pace, e della salute collettiva del popolo.
Paesi come gli Stati Uniti - che nella sola guerra del Vietnam spesero 676 mila milioni di dollari per distruggere vite umane e natura, e che solo in esplosivo hanno buttato in Vietnam l’equivalente di duecento bombe di Hiroshima - si vantano di essere capofila dell’esportazione della “democrazia”.
Nella società borghese gli operai, continuamente posti sotto il ricatto della perdita del posto di lavoro e del salario, vivono o sopravvivono, con una pistola puntata alla tempia e devono sottostare al padrone, e quando settori di operai si ribellano pagano a caro prezzo la loro insubordinazione.
Dividere i proletari mettendoli gli uni contro gli altri serve al capitale per mantenere il suo dominio.
Oggi ai vecchi metodi di divisione il capitale ne ha aggiunti altri prendendo a pretesto la pandemia.
Chi si ribella, chi lotta contro il Green pass e l’obbligo vaccinale, è criminalizzato dal governo e Confindustria, sindacati di regime e anche da alcuni sindacati di “base”.
Anche alcuni compagni dell’area che si definisce “rivoluzionaria”, che proclama che "lo stato borghese si abbatte non si cambia", sono diventati di fatto sostenitori della politica sanitaria del governo e dei padroni .
I lavoratori non vaccinati o che non possiedono il Green pass sono espulsi dal posto di lavoro, ridotti alla fame, confinati in una forma di apartheid che separa all'interno del paese i vaccinati dai non vaccinati come si faceva in USA o in Sudafrica tra bianchi da una parte e neri, meticci e indiani dall'altra. Oggi la “democratica” società italiana costringe i non possessori di Green pass a vivere ai margini della società in uno stato d’inferiorità, alla faccia della repubblica nata dalla resistenza.
Oggi si arriva al paradosso che il pensionato affamato o il lavoratore disoccupato che ruba una mela o una scatoletta di carne da un supermercato o un ladro che ruba una borsa da un’automobile è condannato a una pena maggiore rispetto all’imprenditore responsabile della morte di decine di operai o che inquina interi territori come all’Ilva a Taranto.
L’attacco delle condizioni di vita e di lavoro, i tagli alla sanità, alla scuola, il restringimento dei diritti, non solo ci fa tornare indietro di cento anni, ma sta trasformando la società in una grande caserma, e i luoghi di lavoro, uffici e fabbriche, in campi di concentramento in cui l’unica legge applicata è quella del padrone, senza alcuna mediazione.
Per secoli la cultura dominante ha insegnato alle classi sottomesse la rassegnazione, a inchinarsi e accettare le sofferenze con cristiana, o altra religiosa, pazienza come se il potere dei potenti di turno fosse frutto di una volontà divina e non degli uomini di una determinata classe sociale che difende i suoi interessi.
Il diritto del più forte è legge e il principio di uguaglianza sancito anche dalla Costituzione Repubblicana Italiana che stabilisce che siamo tutti uguali davanti alla legge è una grande bugia.
La società borghese -con le sue forme di democrazia delegata - di là dalle forme di governo e degli schieramenti politici, usa tutti gli strumenti e i mezzi per non farci pensare con la nostra testa; con la disinformazione attuata dai media di cui sono proprietari, sostenendo e predicando il fatalismo affermando ”che mai nulla cambierà” cercano di portare alla rassegnazione le classi sottomesse.
La lotta si fa sempre più cruenta. La borghesia mondiale e italiana, come già fece in passato, commetterà ogni tipo di atrocità e delitti per impedire che il proletariato organizzato abbatta il suo potere e costruisca un sistema sociale socialista, in cui si abolisce la proprietà privata dei mezzi di produzione e si lavora non per il profitto di pochi ma per soddisfare i bisogni dell’immensa maggioranza degli esseri umani.
Michele Michelino - Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
ven
28
gen
2022
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28
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LA SCIENZA E LA MEDICINA NON SONO MAI NEUTRALI.
PER NON DIMENTICARE LA SCIENZA E LA MEDICINA RAZZISTA DEL REGIME FASCISTA.
Il manifesto della Razza - 1938
Pubblicato, con il titolo Il fascismo e i problemi della razza, su “Il Giornale d'Italia” del 14 luglio 1938, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipa di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, Il Manifesto diviene la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista.
Il Manifesto della razza - 1938
Da "La difesa della razza", direttore Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2.
Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista.
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.
Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
I firmatari:
Lino Businco, docente di patologia generale, 'Università di Roma
Lidio Cipriani, docente di antropologia, Università di Firenze
Arturo Donaggio, docente di neuropsichiatria, Università di Bologna, nonché presidente della Società Italiana di Psichiatria
Leone Franzi, docente di pediatria, Università di Milano
Guido Landra, docente di antropologia, Università di Roma
Nicola Pende, docente di endocrinologia, Università di Roma, nonchè direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica
Marcello Ricci, docente di zoologia, Università di Roma
Franco Savorgnan, docente di demografia, Università di Roma, nonché presidente dell'Istituto Centrale di Statistica
Sabato Visco, docente di fisiologia, Università di Roma, nonché direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche
Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.
mer
26
gen
2022
Cercasi nuovo nemico
di Jorge Maifud (*); da: rebelion.org; 25.1.2022
“Il nemico non riposa mai… La tua missione è la nostra”
Così, in prima pagina, Lockheed Martin , una industria privata che vende armamenti di guerra (sempre riferendosi al “diritto alla difesa” e alla “sicurezza nazionale”) si annuncia sul New York Times, nel caso ci fossero altri compratori oltre al governo USA.
50.000.000.000 dollari alla ricerca di un nuovo nemico.
Il 31 dicembre 2021 il Wall Street Journal ha pubblicato una estesa analisi. Il titolo comincia con una domanda e finisce con una risposta: “Who Won in Afganistan? Private Contractors” (Chi ha vinto in Afganistan? I contractors privati”).
L’esercito statunitense ha speso 14 bilioni di dollari in un ventennio di guerra; chi ci ha guadagnato va dai principali fabbricanti di armi agli imprenditori.
Dopo il nuovo fiasco militare in Afganistan e dopo che Washington ha investito una simile fortuna nelle industrie di guerra, sui mercati della morte, è urgente trovare un nuovo nemico ed un nuovo conflitto.
Così, prima di una grande avventura verso la Cina, l’opzione è chiara: continuare a violare i trattati di non espansione armamentistica della NATO verso Est, premere sulla Russia perché reagisca dispiegando il suo esercito sulla frontiera dell’Ucraina e, subito dopo, accusarla di cercare di invadere il paese vicino.
Non è stata proprio questa la storia dei trattati formati con i nativi statunitensi verso la fine del secolo XVIII? Non è stato esattamente questo l’ordine e il modo di agire verso la “Frontiera selvaggia”?
I trattati con altri popoli sono serviti a guadagnare tempo per consolidare una posizione (un forte, una base). Una volta diventati un ostacolo per una nuova espansione, li si viola accusando l’altra parte di aggressione e di non rispetto degli stessi.
D’altra parte il presidente Joe Biden ha bisogno di recuperare la sua popolarità in caduta. L’impopolarità dei presidenti, e il massiccio appoggio che ricevono dopo aver esibito la loro ‘mascolinità’ esercitando il bullying internazionale, costituiscono uno schema da lungo tempo. Basterebbe ricordare i dubbi sulla sessualità del presidente William McKinley, la chiamata alla ‘virilità’ imperiale di G. Washington e, infine, lo stesso McKinley che inviava il Maine all’Avana nel 1898, con il quale la stampa gialla avrebbe inventato la guerra ispano-americana per rubare Cuba ai neri ribelli che lottavano contro la Spagna.
Ottimo affare che, a giudicare dalla storia degli ultimi duecento anni, sarà appoggiato dalla maggioranza del popolo statunitense e da tutti i potenti di Wall Street, Londra e Washington.
(*) Scrittore e saggista uruguayano. Professore di Letteratura all’Università della Georgia
N.d.t.: Gorbaciov ricevette ampie e ripetute assicurazioni, tra il 1990 e il 1991, prima di lasciare il potere, che la Nato non sarebbe stata estesa ai paesi est-europei. Famosa la frase che il segretario di Stato Usa, James Baker, rivolse a Gorbaciov il 9 febbraio 1990: "la Nato non si espanderà ad est nemmeno di un centimetro".
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”,
via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
gio
20
gen
2022
CRISI SANITARIA E CRISI ECONOMICA
I limiti alle libertà individuali e collettive imposti alla società e alle rivendicazioni operaie che governo e
sindacati impongono in nome della crisi possono essere infranti. Quando gli accordi sanciscono l’immiserimento degli operai in nome della “difesa della salute” - da loro completamente ignorata
nelle fabbriche, vedi il numero crescente di morti sul lavoro - e della possibilità della ripresa dei profitti, vanno respinti.
Le lotte dei lavoratori della logistica organizzati nel Sicobas, ma anche in altri sindacati di base, insegnano che i loro interessi non si stabiliscono sulla base della “compatibilità”, ma sulla
base delle loro reali condizioni di lavoro e di vita. Su queste basi la lotta può essere diretta dagli operai anche senza e contro i sindacati filo-padronali e conquistare risultati impensabili,
come dimostra la lotta della Fedex a Piacenza .
Dopo mesi di lotta, i lavoratori che hanno resistito e lottato hanno riavuto il loro posto di lavoro in FedEx alle stesse condizioni!
Le lotte operaie smascherano la democrazia borghese e mostrano la dittatura del capitale sul lavoro salariato e
sulle classi sottomesse.
Oggi padroni, governi e sindacati venduti , in nome della “guerra contro il virus”, tramite una legge di stato, ordinano la vaccinazione obbligatoria per gli over 50 pena la perdita del
lavoro, il divieto di mobilità senza Super Green pass: l’apartheid. E ancora denunce, multe e ricatti vengono usati per costringere i lavoratori a lavorare secondo i piani del capitale,
mentre le forze “dell’ordine” presidiano militarmente il territorio.
Intanto i prezzi di tutti i generi alimentari, del gas e energia hanno raggiunto aumenti che riducono di molto
il salario operaio.
Se nei periodi di espansione economica i capitalisti potevano anche permettere che le lotte salariali e
normative riportassero il salario al livello del valore della forza lavoro e vantare la loro democrazia, oggi nella crisi pandemica e economica ogni lotta diventa un intoppo per la ripresa dei
profitti e scatena reazioni violente.
Il metodo di imporre la ripresa del lavoro tramite polizia, carabinieri e magistratura è la strada scelta
dalla borghesia in uno stadio in cui il sindacato confederale è completamente asservito ai padroni e non riesce più a reprimere e controllare le lotte.
Dietro la facciata democratica si mostra la dittatura borghese.
Nella democratica Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, nella patria della democrazia borghese, la macchina repressiva dello stato scende in campo (in tutti i paesi ) per garantire nuovi
livelli di sfruttamento.
Dal terzo mondo alle metropoli imperialiste, il moderno proletariato industriale, la classe più conseguente nella lotta contro i governi e il capitale deve subire in nome della difesa dal
“virus” continui attacchi alle condizioni di vita e di lavoro .
Anche nelle pandemie non possiamo dimenticare che i popoli del mondo si scindono in borghesi e proletari, e l’estorsione di plusvalore dagli operai non può essere interrotta.
In una società fondata sul profitto le fabbriche devono produrre e gli operai devono essere sfruttati: gli
operai sono gli emarginati storici dell’epoca imperialista.
Gli operai conquistano alleati ponendo i propri interessi di classe e dimostrandosi i più coerenti nemici del capitale.
Oggi chi si ribella alle regole imposte da governi e CONFINDUSTRIA viene isolato, accusato di individualismo, corporativismo, di spirito antinazionale, perché bisogna pensare alla
“collettività”.
Gli zelanti difensori del capitale, governi , sindacati e “scienziati “ al loro servizio che ci propinano ogni giorno interessati sermoni sulla difesa della salute umana, sono gli
stessi che mandano al macello migliaia di lavoratori ogni anno .
L’ATTUALE CRISI ECONOMICA STA FORGIANDO ANCHE IN ITALIA I PROMOTORI DEL NUOVO OLOCAUSTO DEL CAPITALE. PERCHE’ I DEMOCRATICI NON ABBIANO DA INDIGNARSI FRA TRENT’ANNI, AGLI OPERAI, AI COMUNISTI, IL COMPITO DI COMBATTERLI SUBITO.
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
lun
17
gen
2022
Davos: La pandemia raddoppia le ricchezze dei Paperoni
Da: ilsole24ore.com; 17.1.2022, live Italia/Mondo ore 10.30 (le sottolineature sono nostre)
Nei primi 2 anni di pandemia i 10 uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi d dollari al ritmo di 15.000 dollari al secondo, 1,3 miliardi di dollari al giorno. Nello stesso periodo 163 milioni di persone sono cadute in povertà a causa della pandemia.
La denuncia arriva dal rapportodi Oxfam “La pandemia della disuguaglianza”, in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos. “Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, ogni26 ore un nuovo miliardario si è unito ad una élite composta da oltre 2.600 super ricchi le cui fortune sono aumentate di ben 5 mila miliardi di dollari, in termini reali, tra marzo 2020 e novembre 2021” denuncia l’organizzazione non governativa.
Solo per Jeff Bezos, il numero uno di Amazon, una delle aziende il cui fatturato è decollato con il Covid-19, Oxfam calcola un “surplus patrimoniale” nei primi 21 mesi di pandemia di 81,5 miliardi di dollari, l’equivalente del costo stimato della vaccinazione (due dosi e booster) per l’intera popolazione mondiale.
La pandemia, poi, ha colpito più duramente le donne, che hanno perso 800 miliardi di dollari di redditi nel 2020. Tuttora, mentre l’occupazione maschile dà segni di ripresa, si stimano per il 2021 13 milioni di donne occupate in meno rispetto al 2019.
Una pandemia delle disuguaglianze in cui le banche centrali sono intervenute pompando migliaia di miliardi per sostenere l’economia. “Ma gran parte di queste risorse – dice Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International – sono finite nelle tasche dei miliardari che cavalcano il boom del mercato azionario”. C’è poi il boom degli utili nel settore farmaceutico, “fondamentale nella lotta alla pandemia, ma succube alla logica del profitto e restio alla sospensione temporanea dei brevetti” per aumentare la produzione di vaccini e salvare vite nei paesi più poveri.
Secondo Oxfam, i monopoli detenuti da Pfizer, BioNTech e Moderna hanno permesso di realizzare utili “per 1.000 dollari al secondo e creare cinque nuovi miliardari”. Al contempo “meno dell’1% dei loro vaccini ha raggiunto le persone nei Paesi a basso reddito”.
La percentuale di persone che muore a causa del virus nei Paesi in via di sviluppo – denuncia la Ong – è circa il doppio di quella dei Paesi ricchi, mentre ad oggi nei Paesi a basso reddito è stato vaccinato appena il 4,81% della popolazione.
mar
11
gen
2022
Per non dimenticare
1° gennaio 1804
In questo giorno di 218 anni fa Jean-Jacques Dessalines proclama l’indipendenza di Haiti dalla Francia. La ribellione degli schiavi neri organizzati e guidati da Toussaint Louverture ha umiliato i circa 32.000 soldati inviati da Napoleone per ristabilire l’autorità di Parigi sulla colonia e tornare allo statu quo della schiavitù, infranto dal primo movimento rivoluzionario dell’America Latina.
10 gennaio 2022
«Qui giace sepolta/Rosa Luxemburg/ ebrea di Polonia/ in prima linea sul fronte dei lavoratori tedeschi/ assassinata per mandato/ di oppressori tedeschi. Oppressi/ seppellite la vostra discordia!» (Bertold Brecht).
Nel giorno festivo più vicino alla data del loro assassinio (15 gennaio 1919), da parte dei paramilitari di estrema destra dei Freikorps, su istigazione del Partito Socialdemocratico, migliaia di persone hanno dato vita oggi – come ogni anno - ad un corteo in ricordo di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (la Rosa Rossa pianta da Bertold Brecht) , fondatori del Partito Comunista di Germania (KPD).
La manifestazione, partita dal cuore dell’antica Berlino Orientale, è arrivata al Monumento ai Socialisti nel cimitero di Friedrichsfelde.
Il 14 gennaio Rosa aveva scritto su Die Rote Fahne:
“L’ordine regna a Berlino!” Stupidi sbirri! Il vostro “ordine” è costruito sulla sabbia. Già domani la rivoluzione si ergerà nuovamente e annuncerà, con vostro profondo orrore, con uno squillo di tromba: “Ero, sono, sarò!”.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
dom
09
gen
2022
sab
08
gen
2022
L’imperdonabile solitudine di Julian Assange
di Atilio Boron (*)
Julian Assange è sepolto dalla “giustizia” inglese in un carcere di massima sicurezza. La parola “sepolto “non è un disonesto uso di una parola che ci fa rabbrividire. E’ una sobria descrizione della cella in cui – a poco a poco, ora per ora – il fondatore di Wikileaks compie la sentenza di morte che gli hanno riservato.
La ragione? Aver filtrato alla stampa centinaia di migliaia di documenti probatori dell’infinità di assassinii, torture, bombardamenti e atrocità che Washington ha perpetrato in Iraq, Afganistan e in altri paesi, atrocità che Washington aveva nascosto con la massima cura.
Questo è il crimine di Assange: informare, dire la verità. E ciò costituisce un’offesa imperdonabile per l’impero, che da anni perseguita il giornalista.
Il coraggio del presidente Correa (ex presidente dell’Ecuador, n.d.t.) – già manifestato quando espulse le truppe USA dalla base di Manta – lo mise in salvo da questa minaccia concedendogli non solo asilo nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra ma anche la cittadinanza ecuadoriana. La nauseabonda bassezza morale del suo corrotto successore, Lenìn Moreno, privò Assange di entrambe le cose e lo consegnò inerme alle autorità britanniche; cioè nelle mani di uno dei più disprezzabili luogotenenti della Casa Bianca. E lì rimane aspettando, a quanto pare, un finale ineludibile: la sua estradizione negli USA.
Là il giornalista sarà esibito come un trofeo, torturato psicologicamente e fisicamente e poi, con maledetta furberia, condannato ad una dura sentenza, anche se minore dei 175 anni richiesti dal procuratore e spedito in un carcere dove, poco dopo, morirà fatto a pezzi a pugnalate in una ben orchestrata “lite tra reclusi”. Con un enorme sfoggio di ipocrisia, Washington si affretterà a dichiarare il suo dispiacere per un simile finale e il presidente farà le sue condoglianze.
Morale che l’impero desidera stampare col fuoco su una pietra: “chiunque rivelerà i nostri segreti pagherà con la vita”.
Parlavamo della solitudine di Assange in questi giorni finali del difficile 2021 e la definiamo “imperdonabile”.
Perché? Perché il calvario che ha martirizzato l’australiano non ha provocato, salvo che a Londra, massicce manifestazioni di solidarietà e appoggio alla sua causa. Sorprende e preoccupa che questa non sia stata assunta come propria dalla sinistra e dai movimenti popolari, che fecero grandi battaglie alla fine del secolo scorso e all’inizio di questo contro l’Accordo Multilaterale di Investimenti – abortito non appena le sue clausole capestro segrete furono rivelate dagli hackers canadesi – o contro il neoliberismo, l’ALCA e i trattati di libero commercio, ma che oggi non si mobilitano per esigere l’immediata liberazione di Assange.
Credo che questa disgraziata situazione obbedisca a vari fattori: primo, l’indebolimento e/o la disorganizzazione delle forze sociali che hanno combattuto quelle grandi battaglie, prodotto del continuo attacco subito per mano dei governi neoliberisti; secondo, per la suicida esclusività che, nella costruzione dell’agenda dei movimenti contestatari, hanno i temi economici, dato che questi non possono essere l’unico argomento che fa muovere la loro militanza.
La lotta anticapitalista e antimperialista ha varie sfaccettature e la battaglia per l’informazione e la pubblicità degli atti del governo è una di queste. E in questa Assange è il nostro eroe, che resiste in solitudine.
Aggiungiamo un terzo fattore: il ruolo nefasto della “stampa libera”, cioè dell’antidemocratica concentrazione di poteri mediatici che mai ha assunto non diciamo la difesa di un giornalista della verità come Assange ma che ha dato il meglio di sé nel nascondere l’informazione sul caso.
La “canaglia mediatica”, che nulla ha a vedere con il nobile lavoro per giornalismo, si è allineata volontariamente per nascondere i crimini denunciati da Assange e giustificare la sua carcerazione. Cioè si è resa complice dei suoi boia.
Speriamo che la sinistra e i movimenti popolari reagiscano a tempo e abbandonino la loro abulia su questo tema. Si può fare ancora molto per salvare la vita di Assange: da una tempesta di twitter a livello mondiale che appoggi la sua battaglia fino a sviluppare una ciber-militanza delle reti sociali e l’organizzazione di tante manifestazioni di piazza nelle principali città del mondo che reclamino la sua libertà e facciano pressione sui governi perché esprimano solidarietà al giornalista imbavagliato. Siamo ancora in tempo. Le grandi organizzazioni popolari non possono né debbono essere complici del suo martirio.
Non abbandoniamo la mano di Assange, non lasciamolo solo!
(*) Politologo argentino, da: lahaine.org; 31.12.2021
(traduzione di Daniela Trollio, Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta88, Sesto S.Giovanni)
lun
03
gen
2022
IL NUOVO ANNO DEL CAPITALE: PER GLI OPERAI VA SEMPRE PEGGIO.
Fabbriche che chiudono, altre che de localizzano, aziende occupate o presidiate dai lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro, intanto aumenta il numero dei proletari disoccupati e il numero dei morti sul lavoro.
Lotte che ogni gruppo o settore di lavoratori combattono da soli nel loro posto di lavoro, nel territorio senza nessun collegamento con altre situazioni di lotta. Lotte tenute volutamente separate le une dalle altre dagli stessi sindacati confederali complici dello sfruttamento padronale e destinate alla sconfitta, che tuttavia vanno valorizzate e sostenute perché dimostrano la resistenza e la disperazione di chi perde il lavoro e il pane per il profitto e la brutalità del sistema capitalista.
Il nuovo anno è cominciato con l’aumento dei prezzi di tutti i generi alimentari e in particolare con costi sempre più proibitivi per il gas e la luce riducendo ancora di più i miseri salari.
Mentre i borghesi anche durante la pandemia di covi19 si godono il paradiso in terra; i proletari – che difendono il posto di lavoro patiscono con licenziamenti, denunce, daspo, Green pass o super Green pass, subiscono violenze, Apartheid, miseria e guerre. Un vero inferno in terra in attesa di guadagnarsi (per chi ci crede) il paradiso nell'aldilà: è questa l'essenza del sistema capitalista.
A chi lotta, a chi resiste senza mettere in discussione il modo di produzione capitalista, i giornali e i mass-media di regime, proprietari dei grandi capitalisti, sono disposti a dare per qualche giorno visibilità e parole di comprensione "umana", come se la disgrazia di perdere il lavoro e la casa non dipendesse dalla ricerca del massimo profitto dei loro padroni, ma si trattasse di fenomeni naturali senza responsabilità di nessuno.
Ai proletari e alle popolazioni che si oppongono allo sfruttamento capitalista, che ostacolano la pacifica e libera accumulazione del profitto, che vogliono una società senza padroni, libera dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, lo Stato impone il suo ordine con la violenza "legale" dei suoi manganelli, i gas lacrimogeni, le pallottole, cui seguono sempre le denunce e gli arresti della sua magistratura e della sua polizia "democratica". A fianco della polizia, carabinieri e delle forze della repressione ”democratica” sono usati sempre più le squadracce fasciste e i mazzieri della vigilanza privata dei padroni come avviene ormai giornalmente nelle lotte della logistica.
"Terrorista", "estremista", "anarchico", "comunista": è così che è definito chiunque lotti e ostacoli la pacifica accumulazione dei profitti e per questo si viene repressi e incarcerati.
Dividere le lotte, gli operai e i lavoratori per località, territorio, regione, settori produttivi, separare precari dai lavoratori a tempo indeterminato, italiani o stranieri, fra Sivax e Novax, si Green pass o no Green pass è il modo che i governi, i padroni e i loro servi usano per indebolire una classe proletaria che dalla sua ha il numero e la forza per distruggere questo sistema, ma manca del collante, un’organizzazione sindacale unitaria di classe e l'organizzazione in un suo partito politico.
L'unico modo per difendere i nostri interessi, è quello di lottare uniti per un sistema sociale alternativo al capitalismo, dove si produca per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto. Un sistema senza padroni e schiavi salariati che consideri il profitto - e il modo in cui è conseguito, lo sfruttamento in tutte le sue forme e colori - un crimine contro l'umanità. Un sistema che si chiama socialismo
L’unità di classe degli sfruttati è la prima arma di difesa per resistere all’attacco delle condizioni di lavoro e di vita portato dai padroni.
La classe operaia e proletaria, il movimento dei lavoratori ha gli stessi interessi e un solo nemico, i padroni e il loro governi.
PROLETARI DÌ TUTTO IL MONDO UNIAMOCI SUI NOSTRI INTERESSI CHE SONO ANTAGONISTI A QUELLI DEL CAPITALE.
Michele Michelino, Centro di Iniziativa Proletaria “”G. Tagarelli”
sab
01
gen
2022
sab
25
dic
2021
NATALE TRA FESTA E IPOCRISIA.
IL GIORNO DEL VOGLIAMOCI BENE, DELLA “PACE” FRA SFRUTTATI E SFRUTTATORI.
Questo Natale come quello dell’anno precedente è austero per i poveri, gli operai licenziati, quelli che il lavoro non lo trovano, quelli super sfruttati, per gli sfrattati, i senzatetto, gli invalidi e i famigliari dei morti sul lavoro, per tutti gli oppressi.
Se le festività natalizie sono state occasione in passato d’incontri conviviali, fra parenti, amici e compagni, un momento di gioia e di abbondanti libagioni in cui lo spreco di cibo e gli avanzi riempivano i cassonetti dell’immondizia facendo fare un doppio lavoro agli operai addetti alla nettezza urbana, in altre parti del mondo a Natale si muore di fame e di sete come tutti i giorni. Oggi le restrizioni del governo, la paura del covid, l’introduzione del super Green pass e l’acuirsi della crisi aumentano l’incertezza per il domani creando altro malessere e stress alla popolazione.
L’altra faccia dell’opulenza capitalista/imperialista e la mancanza di accesso ai servizi essenziali in paesi sfruttati dalle potenze imperialiste, paesi poverissimi colpiti da conflitti e guerre alimentati dai paesi imperialisti che li depredano delle risorse fondamentali. Nazioni diventate preda delle borghesie imperialiste, senza strutture sanitarie e acqua pulita, senza servizi igienico-sanitari, aree del mondo più vulnerabili, messe in ginocchio da anni di guerra, dal cambiamento climatico e dalla pandemia.
Emergenze umanitarie, spesso dimenticate, che rischiano senza interventi immediati di trasformarsi in vere e proprie catastrofi. Come in Yemen, dove la popolazione – a quasi sette anni dall’inizio di un sanguinoso conflitto - sta facendo i conti con una nuova ondata di contagi da Covid19 e il riaffacciarsi dell’incubo del colera, priva di acqua pulita, vaccini, cure e strumenti di protezione e più di 15 milioni di uomini, donne e bambini non hanno accesso all’acqua pulita e a servizi igienico-sanitari.
Il capitalismo, fin dai suoi albori, con la colonizzazione e la conquista di buona parte del mondo, ha causato la schiavitù e la morte di centinaia di milioni di persone. Solo in America Latina e in Africa si calcola che siano morti almeno 70 milioni di indigeni e che , in nome del profitto, circa 12 milioni di schiavi africani siano stati strappati ai loro paesi nei primi anni del secolo, mentre sono miliardi gli esseri umani che ancor oggi l’imperialismo sacrifica.
Una società dove mentre aumenta la ricchezza nelle mani di una minoranza, dall’altro polo aumenta la miseria,
la disuguaglianza, la povertà, i campi non coltivati, i contadini senza terra, gli operai senza lavoro: disoccupazione, fame, malattie, guerre, morte.
Nel sistema capitalista molte vite, che potrebbero essere salvate, si perdono per pochi centesimi. L’analfabetismo, la prostituzione infantile, i bambini sfruttati e costretti a lavorare sin
dalla più tenera età che chiedono l’elemosina per vivere, le baraccopoli in cui sopravvivano milioni di persone in condizioni disumane, le discriminazioni per motivi razziali o sessuali, è solo
una parte dello sfruttamento capitalista.
L’imperialismo impone ai popoli del mondo sottosviluppo, prestiti usurai, debiti con interessi impossibili da pagare, scambio diseguale, speculazioni finanziarie non produttive, corruzione
generalizzata, commercio di armi, guerre, violenza, massacri.
Agli ordini del mercato, lo stato è privatizzato sempre più. Le campagne sull’inefficienza e sulla corruzione montate dai capitalisti hanno lo scopo di rendere possibile realizzare le
privatizzazioni con il consenso di una parte dell’opinione pubblica e con l’indifferenza di un’altra parte.
Gli stati del Terzo Mondo più pagano più sono in debito, e più sono costretti a obbedire all’ordine di smantellare lo stato sociale, ipotecare l’indipendenza politica e alienare l”economia
nazionale”.
La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale rispondono solo agli interessi delle multinazionali, decidono e riscuotono a Washington, sebbene gli Stati Uniti siano il paese più
indebitato del mondo.
Combattere contro il sistema di sfruttamento capitalista che, in nome del profitto, impongono miseria, guerra, fame e morte, è il primo dovere di ogni proletario cosciente.
Ormai l’imperialismo e il sistema capitalista, per i proletari e i popoli del mondo, è diventato sinonimo di distruzione e di barbarie, che continuano a perpetuarsi attraverso le violenze e le
guerre.
Ripristinare il punto di vista proletario – unirsi e organizzarsi- riconoscendosi come appartenenti a un’unica classe (contro ogni ideologia nazionalista) a livello mondiale - è la battaglia che oggi noi operai coscienti di tutto il mondo dobbiamo condurre in fabbrica, in tutti i luoghi di lavoro nei e nel movimento proletario e sociale.
La centralità operaia deve essere riconosciuta e tornare in primo piano.
Contro il capitalismo/l’imperialismo, la società del crimine organizzato che distrugge gli esseri umani e la natura.
Per il potere operaio, per il socialismo.
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
mer
22
dic
2021
La scienza e la medicina del capitale
Nella guerra di classe fra borghesia e proletariato un ruolo importante è quello combattuto in campo culturale, medico, scientifico
Le guerre di classe contro il proletariato e le nazioni oppresse per sfruttare più intensamente lavoratori e popoli non si combattono solo con le bombe, i missili, gli eserciti e con lo Stato di polizia che garantisce ai potenti il proprio dominio.
I borghesi stanno usando la pandemia Covid 19 per uscire dalla crisi ancora più forti e potenti e ci dicono che tutto finirà bene se seguiamo le loro decisioni.
Governi, multinazionali e Confindustria sostengono che il vaccino ci libera dal pericolo mortale, che i nemici sono gli untori, quelli che non si vaccinano. Davanti alla pandemia e alla paura di infettarsi e morire molti (anche fra i “compagni”) che sostengono a parole la lotta di classe contro il sistema capitalista, invece di lavorare per unire la classe su posizioni anticapitaliste/antimperialiste nello scontro di classe fra borghesi e proletari che hanno interessi inconciliabili, sono passati a sostenere armi e bagagli la posizione dei padroni e ad alimentare la divisione nella classe sfruttata.
Per i padroni e i loro governi i nemici sono i lavoratori coscienti, i rivoluzionari, i sovversivi - siano essi novax/sivax - che lottano contro la cancellazione dei diritti democratici e scendono in piazza. Considerati nemici del capitale sono anche tutti quelli che si oppongono alle misure di restrizione degli spazi democratici borghesi, i No green pass e No super green pass.
Oggi attraverso una campagna sempre più martellante, la borghesia imperialista è riuscita ad avere il consenso di una parte ampia della popolazione nella lotta contro i presunti “untori” mentre continua ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro dei proletari, con una gerarchia di uno Stato sempre più autoritario.
Noi comunisti da sempre lottiamo per instaurare una società socialista che liberi l’uomo dalla povertà materiale, per la felicità umana. Per questo non accettiamo la società capitalista/imperialista come il migliore dei mondi possibili ma la consideriamo un cancro da distruggere. Per questo noi crediamo che l’impossibile diventi possibile con il potere in mano alla classe operaia.
In una società divisa in classi la scienza, la medicina, la giustizia non sono neutrali, sopra le parti, ma al servizio del potere borghese.
Con il nazismo e il fascismo, la scienza del capitale al servizio del potere commise crimini contro l’umanità in nome della “scienza”.
La Germania nazionalsocialista tra il 1933 e il 1939 avviò ampie campagne di sterilizzazione forzata su oltre 300mila persone, esseri umani, giudicate affette da malattie ereditarie. Considerando ereditarie alcune malattie, tra gli altri, i disturbi come la schizofrenia o l’epilessia. Il medico personale di Hitler, Karl Brandt, sviluppò in quegli anni il programma noto come Aktion T4, portato avanti dal “Comitato del Reich per il rilevamento scientifico di malattie ereditarie e congenite gravi”, istituito nel 1938. Il comitato aveva lo scopo di ordinare la soppressione di tutti i bambini fino ai tre anni con malformazioni fisiche e malattie mentali. Negli anni successivi questa politica fu estesa anche agli adulti. Si stima che circa 70mila persone furono uccise attraverso i programmi di eutanasia – e in molti casi di vero e proprio sterminio di massa – del Terzo Reich.
Durante la Seconda guerra mondiale, Eugene Fischer fece esperimenti nei campi di concentramento attraverso prelievi di sangue, tessuti e misurazioni craniali. Inventò una vera e propria scala pseudoscientifica per determinare la provenienza razziale degli internati che si basava sul colore dei capelli: i più puri erano quelli che avevano i capelli biondi, i meticci più “impuri” avevano i capelli neri o con gradazioni di rosso.
Ad Auschwitz Josef Mengele, il “dottor Morte”, il famigerato medico del campo di concentramento faceva i suoi esperimenti sui prigionieri, in particolare sullo studio dei gemelli e del colore degli occhi e sulla capacità di sopravvivenza umana in ambienti estremi (freddo intenso, pressione atmosferica minima, assenza di ossigeno). Ad Auschwitz, la “Scienza” del nazismo si macchiò dei crimini più efferati e scrisse la pagina più oscura della medicina moderna.
Nell’Italia fascista alcuni dei più noti e rinomati scienziati e medici pubblicarono su “Il Giornale d'Italia” del 14 luglio 1938, con il titolo “Il fascismo e i problemi della razza, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipando di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, il Manifesto divenne la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista.
Il profitto è la molla, il fondamento e l’obiettivo di tutta la società capitalista. Per i borghesi, i padroni, il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita del proletariato e delle masse popolari. Pagare gli scienziati, i tecnici, per ricerche finalizzate a realizzare il massimo profitto in ogni campo economico della società è una delle spese necessarie per il capitale.
Nello stesso tempo ostacolare, nascondere gli studi di scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sulla salute, sugli inquinanti e cancerogeni, sulle malattie, è da sempre l’obiettivo dei padroni delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista.
La scienza e la medicina del capitale sono funzionali alle esigenze e agli interessi del sistema
La scienza del capitale l’abbiamo subita sulla nostra pelle anche per quanto riguarda l’amianto e il cloruro di vinile monomero.
La storia dell’amianto e del “progresso” è costellata da centinaia di migliaia di morti di operai e cittadini.
Gli studi sulla sua pericolosità risalgono a primi anni del 1900 quando in Gran Bretagna furono approvate le prime leggi che prevedevano il monitoraggio della salute dei lavoratori e i risarcimenti per chi si ammalava.
L’uso dell’amianto, che ha arricchito le multinazionali e i padroni di tutto il mondo, ha causato una strage di lavoratori e cittadini dimenticata da tutti i governi, poco conosciuta dall’opinione pubblica, che però continua.
Ancora oggi l’amianto uccide. Solo in Italia ogni anno le vittime sono 6.000, 16 al giorno, quasi 2 ogni ora. L’amianto è un cancerogeno che non provoca solo il mesotelioma, il tipico tumore d’amianto, ma anche un’altra decina e più di cancri, tumori e malattie molto invalidanti.
dom
19
dic
2021
Sono solo rinunce, altro che ripresa!
È sempre più necessario fare un ulteriore passo avanti nel senso del coordinamento, dell’unità dei lavoratori e dell’organizzazione delle lotte contro lo sfruttamento e l’oppressione capitalista
Un altro anno sta per finire con regali che sono una consuetudine del sistema capitalista, in un contesto diverso.
Il governo Draghi prende decisioni solo a favore di Confindustria e tralascia tutto ciò che è alla base del malcontento popolare: dalla disoccupazione al dilagare del lavoro precario ai licenziamenti agli sfratti, al carovita.
Anche sull’ambiente per il quale spende tante parole prende tempo e rimanda ai prossimi anni un mini intervento, tanto per dare il contentino alle proteste ambientaliste. In realtà finanzia le fonti di energia inquinanti, sviluppa l’industria degli armamenti, compra armi da guerra che richiedono esercitazioni con relativo inquinamento. Nulla fa per potenziare la sanità e porta avanti il suo disegno di privatizzazione, tagli e ristrutturazioni. Da alcune parti sentiamo dire che bisogna ringraziare il governo che si preoccupa della salute dei cittadini provvedendo alla vaccinazione di massa e c’è chi si sente garantito dal green e super pass e... dai controlli sulla libertà di scelta fino al divieto di manifestare e scioperare.
È la voce di chi cade nell’inganno, di chi non capisce che la fornitura dei vaccini, prima di tutto favorisce i guadagni delle multinazionali (che in Italia come in tutta la UE sono solo 2 ammessi dei tanti vaccini esistenti), poi non tiene conto che mancano posti letto, operatori sanitari, servizi territoriali per garantire cure e assistenza a coloro che si infettano, e lascia sguarniti interi settori sanitari come cardiologia e oncologia addossando la colpa a chi non si vaccina.
Al governo della Confindustria interessa solo garantire in sicurezza lo shopping natalizio, parte integrante della tanto agognata ripresa, ed evitare ogni rallentamento della produzione e dei profitti.
In nome della sicurezza e della salute c’è chi si abitua ed accetta limitazioni fatte passare come rispetto della legalità perché, ci dicono, per il bene di tutti, ma che nascondono la responsabilità politica che ha portato all’attuale situazione di crisi economica che era già in atto prima ancora del coronavirus.
Le misure ipocrite prese negli ultimi due anni sono, come abbiamo più volte scritto, una distrazione di massa, vincola l’accesso a servizi essenziali e diritti fondamentali diventando nei fatti una fonte di discriminazione e divisione, in particolare tra i lavoratori nei luoghi di lavoro.
Un altro strumento di ricatto e utile ai padroni per ridurre ulteriormente i costi della sicurezza nei luoghi di lavoro eliminando mascherine e tamponi (già a carico di chi deve lavorare) e sanificazioni (peraltro già scarse).
Assistiamo al netto peggioramento delle condizioni di vita e ancora non si conosce il testo della manovra 2022 - licenziato dall’esecutivo e in discussione in commissione Bilancio del
Senato - “espansiva” solo per i padroni che riceveranno crediti e incentivi oltre ai miliardi del PNRR.
All’aumento dello sfruttamento per i lavoratori spremuti con orari di lavoro intensi e interminabili che sono la prima causa dei morti sul lavoro, con pensioni
ancora più da fame di quelle attuali per i precari dopo che questo governo (in continuità con i precedenti) ha portato l'uscita dal lavoro ad oltre 70 anni.
E i sindacati confederali giocano sulla pelle dei lavoratori con uno sciopero generale, che esclude sanità, poste e a pochi
giorni dopo quello della scuola e prima dei portuali. Uno sciopero, con manifestazione statica in una piazza e che al suo centro non ha né il governo Draghi - che ha dato il via libera
all'aumento delle bollette e agli sfratti - né le contraddizioni tra capitale e lavoro. Uno sciopero di facciata per riprendere la concertazione e gli accordi a perdere tanto cari alla CISL che
infatti non ha aderito. Uno sciopero invocato da mesi dai lavoratori e dalle RSU organizzato invece dai vertici sindacali in pochi giorni e depotenziato. Ma, nonostante tutti i limiti, ha visto
una grossa partecipazione anche di molti settori di lavoratori organizzati nei sindacati di base e conflittuali ed espresso la volontà di andare avanti con più forza. Per bloccare il paese e
dimostrare attraverso la mobilitazione tutta l’energia e la voglia di cambiamento del movimento operaio e popolare.
Si può parlare di sciopero generale se non danneggia il potere ?
Oggi ci troviamo di fronte ad un fenomeno inedito.
Migliaia di persone si riuniscono in strade e piazze, sfidano divieti, invocano la libertà ma non affrontano, con la stessa forza il diritto al lavoro, alla casa,
all’ambiente, alla salute, al carovita, ai prezzi dei carburanti, ai pericoli di una guerra che incombono, non si ribellano alle spese militari, all’inflazione arrivata a
+3.8%, secondo le ultime stime dell’Istat, al prossimo aumento dell’Iva che produrrà ulteriori rincari di tutti i
generi.
Esprimono uno spaesamento frutto di un disagio sociale ed economico, ma che non interpreta la
realtà di una situazione grave voluta dalla borghesia e dalle istituzioni nazionali, europee, statunitensi.
Là dove si lavora, nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro, gli operai e i salariati vengono spremuti all'estremo con orari di lavoro intensi e interminabili, che sono la prima causa dell'epidemia di morti sul lavoro, le risposte a questa aggressione capitalistica, dello Stato e della UE
ci sono un po’ in tutta Italia. Innanzitutto la irriducibile lotta contro il gigante multinazionale FedEx dei facchini della logistica, degli operai della Texprint organizzati con il SI Cobas, la forte resistenza ai licenziamenti degli operai della Gkn, della SaGa Coffee, dei dipendenti dell'Alitalia etc., lo sciopero unitario del sindacalismo di base dell'11 ottobre, i numerosi presidi davanti alle fabbriche che, in seguito allo sblocco dei licenziamenti, fanno strage dell’occupazione.
Ma queste lotte mettono in evidenza la sempre maggiore necessità di fare un ulteriore passo avanti nel senso del coordinamento, dell’unità dei lavoratori e dell’organizzazione delle lotte contro lo sfruttamento e l’oppressione capitalista.
Riempire il vuoto causato dalle varie forze politiche parlamentari e istituzionali, far capire che non si difende il proprio posto di lavoro con l’indifferenza, ma vincendo la paura - che fa parte della strategia del capitale per soggiogare, intimidire e impedire anche il minimo dissenso -, senza piegarsi alla reazione dominante, e diventare protagonisti anche sul piano della solidarietà è indispensabile.
Al tempo stesso è necessario capire l’importanza di operare per un’organizzazione che sia punto di riferimento e di prospettive di benessere per la maggioranza della popolazione e con la quale il proletariato possa costruire una società socialista, opposta a quella capitalista.
Editoriale della rivista comunista “nuova unità” n. 7
sab
11
dic
2021
dom
05
dic
2021
Per ricordare
IL CAPITALISMO CONTINUA A UCCIDERE I LAVORATORI
Quattordici anni fa morivano 7 operai alla ThyssenKrupp di Torino: 4 bruciati vivi, altri 3 dopo giorni di terribile agonia. Nella fabbrica in smobilitazione della multinazionale tedesca il padrone, con la complicità dei sindacati confederali, aveva imposto turni di lavoro di 12 ore. Alcuni degli operai uccisi lavoravano con più di 4 ore di straordinario alle spalle. Così ThyssenKrupp incrementava i propri profitti risparmiando sulla manutenzione e sulla sicurezza.
L’“incidente” alla ThyssenKrupp colpì fortemente l’opinione pubblica per come avvenne: operai bruciati vivi come se fossimo ancora nell’800, nascondendo che questa, invece, è la “modernità” del capitalismo.
Tanti allora piansero lacrime di coccodrillo. I padroni, definendo questa ennesima strage un “fatale incidente”; i politici borghesi (di centro-destra e di centro-sinistra) parlando di “piaga inaccettabile”; i sindacati confederali, che accettano come legittimo il profitto siglando in ogni accordo il peggioramento delle condizioni di lavoro. Tutti, così, rendendosi parte integrante e complici di quel sistema di sfruttamento dei lavoratori che si chiama capitalismo.
Da allora le morti operaie sono continuate e continuano da un capo all’altro della penisola. Secondo le stime ufficiali sono 4 al giorno, 1.500 all’anno. In realtà, se ai dati Inail si aggiungono gli incidenti dei 3 milioni 500mila lavoratori, italiani e stranieri, che lavorano in nero e le morti diluite nel tempo causate dalle malattie professionali, non è azzardato sostenere che il numero dei morti sul lavoro e di lavoro è superiore ai 10 al giorno. A queste cifre vanno aggiunte le 6000 morti all’anno per amianto (16 il giorno, 2 ogni ora) e altre migliaia per altre malattie professionali.
Per gli operai e i lavoratori - divisi, disorganizzati, senza nessuna rappresentanza politica e sindacale - portare a casa un salario nella guerra quotidiana fra capitale e lavoro è sempre più rischioso.
I morti sul lavoro non sono mai una fatalità: sono il costo pagato dagli operai alla realizzazione del profitto.
I morti sul lavoro sono parte della brutalità e della violenza del sistema capitalista. Protetti da leggi che tutelano la proprietà privata dei mezzi di produzione, lo sfruttamento e il profitto, i capitalisti hanno impunità e licenza di uccidere.
Quindi non si tratta di “destino”. Sono l’aumento dello sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro la causa principale degli infortuni e dei morti sul lavoro e di lavoro.
GLI OPERAI NEL SISTEMA CAPITALISTA NON SONO ALTRO CHE FORZA-LAVORO: CARNE DA MACELLO.
Noi continuiamo a lottare contro tutte le morti “innaturali”, anche se siamo coscienti che solo abolendo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la classe operaia può liberarsi.
Il 6 dicembre, anniversario della strage della ThyssenKrupp, vogliamo ricordare tutte le vittime di una guerra di classe non dichiarata che compie stragi di lavoratori ogni giorno.
A perenne ricordo degli operai della ThyssenKrupp e di tutte le vittime dello sfruttamento capitalista, ora e sempre resistenza!
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
e-mail: cip.mi@tiscali.it
Sesto San Giovanni, dicembre 2021
sab
04
dic
2021
OPERAI E PADRONI
La classe operaia, cosciente dei suoi interessi immediati e storici, ha sempre ritenuto che l'unica guerra giusta è quella contro i padroni e governi, cioè quella delle classi e dei popoli oppressi contro lo sfruttamento. Gli operai comunisti, i rivoluzionari proletari sono sempre stati in prima fila nelle lotte per la pace, contro le guerre imperialiste, ma pur essendo persone pacifiche, non sono mai stati pacifisti come ha dimostrato anche la lotta di resistenza al nazifascismo.
I rivoluzionari, gli sfruttati coscienti da sempre combattono l'unica guerra giusta che è quella di classe: quella contro lo sfruttamento e l’oppressione capitalista/imperialista.
Operai e padroni di tutto il mondo hanno interessi antagonistici e gli operai non hanno niente da spartire con i loro padroni. La “patria” dei padroni non è quella dei proletari.
Anche in questo periodo di “emergenza” di covid 19 i padroni e governi, mentre dicono di agire per la difesa della salute pubblica, cancellano e limitano i diritti costituzionali dei proletari ma non dei borghesi. Oggi più che in passato si continua morire sul lavoro, molte fabbriche de localizzano licenziando i lavoratori, aumentano le bollette di gas e luce e i prezzi di tutte le merci a cominciare dai generi alimentari primari come pasta, pane, zucchero, benzina, trasporti e molto altro, e il governo continua a fare leggi a favore degli industriali e della finanza, che continuano ad aumentare i profitti.
Nel sistema capitalista gli operai sono solo merce forza-lavoro, schiavi salariati del potere che si trova nelle mani della borghesia, che lo esercita attraverso lo Stato che non è altro che un mezzo di oppressione e di asservimento della classe proletaria.
La classe operaia, il proletariato e gli sfruttati possono emanciparsi solo distruggendo lo Stato della borghesia, non sostenendolo o giustificandolo.
Il proletariato è una classe internazionale, (la nostra patria è il mondo intero) e potrà avere una “patria” soltanto quando avrà conquistato il potere, in uno Stato socialista in cui la proprietà privata dei mezzi di produzione sia abolita e lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura considerata, un crimine contro l’umanità.
Michele Michelino, Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
ven
03
dic
2021
La scienza, la medicina, la giustizia sono neutrali, al di sopra delle parti o al servizio del potere? Alcune semplici riflessioni
Il profitto è la molla, il fondamento e l’obiettivo di tutta la società capitalista. Per i borghesi, i padroni, il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita del proletariato e delle masse popolari. Pagare gli scienziati, i tecnici, per ricerche finalizzate a realizzare il massimo profitto in ogni campo economico della società e una delle spese necessarie per il capitale.
Nello stesso tempo ostacolare, nascondere gli studi di scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sulla salute, sugli inquinanti e cancerogeni, sulle malattie, è da sempre l’obiettivo dei padroni delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista.
La scienza e la medicina del capitale sono funzionali alle esigenze e agli interessi del sistema.
La storia dell’amianto e del cloruro di vinile monomero che tanti morti hanno causato, lo dimostrano.
L’amianto e le fibre da cui è composto, come altri cancerogeni, uccidono. L’asbesto è un killer che non perdona ed è direttamente collegato all’insorgenza del mesotelioma della pleura e del peritoneo e di altri tipi di cancro fra i quali al polmone e alle vie respiratorie. La vicenda dell’amianto che produce migliaia di morti ogni anno dimostra il cinismo, il crimine di chi in nome del profitto ha mandato consapevolmente a morte decine di migliaia di lavoratori e cittadini.
Gli studi sulla sua pericolosità risalgono a primi anni del 1900 quando in Gran Bretagna furono approvate le prime leggi che prevedevano il monitoraggio della salute dei lavoratori e i risarcimenti per chi si ammalava.
L’uso dell’amianto che ha arricchito le multinazionali e i padroni di tutto il mondo hanno causato una strage di lavoratori e cittadini dimenticata da tutti i governi caduta nell’oblio che continua.
Ancora oggi l’amianto uccide, solo in Italia ogni anno le vittime sono 6000, 16 al giorno quasi 2 ogni ora. L’amianto è un cancerogeno che non provoca solo il mesotelioma, il tipico tumore d’amianto, ma anche un’altra decina e più di cancri e tumori e malattie molto invalidanti.
I governi, le autorità mediche scientifiche, molti delle quali sui libri paga delle multinazionali e delle lobbie dell’amianto, fino a pochi anni fa negavano la cancerogenicità di questo minerale e ancora oggi nei processi gli avvocati e i consulenti dei padroni continuano a negarlo.
Noi abbiamo imparato sulla nostra pelle che la lotta per la salute in fabbrica e nel territorio non va delegata nessuno, meno che mai ai Governi, padroni e Confindustria che oggi durante la pandemia mentre a parole dichiarano difendere la salute dei cittadini, costringono i lavoratori con il ricatto della perdita del posto di lavoro, con il Green pass a condizioni lavorative sempre peggiori.
Eppure la prevenzione sarebbe semplice: basterebbe un piano nazionale di rimozione delle 40 milioni di tonnellate di amianto presenti in Italia a cominciare dai 400mila manufatti di amianto di scuole, ospedali, tubature, edifici pubblici per salvare decine di migliaia di vita umane.
. Questo sì che sarebbe una grande opera utile alla popolazione!
Che le industrie capitaliste finanzino studi di parte e nascondano, per ragioni di profitto, i danni che certe sostanze nocive usate nelle lavorazioni provocano a lavoratori e cittadini è ormai dimostrato.
Morti per cloruro di vinile monomero.
Anche durante il processo Montedison a Porto Marghera sugli omicidi dei lavoratori morti per cloruro di vinile monomero e sui crimini ambientali della laguna di Venezia iniziato il 13 marzo 1998, l’azienda nascose i dati sulla cancerogenicità e la relazione tra angiosarcoma e cloruro di vinile già dimostrata da studi condotti dalle stesse aziende chimiche produttrici e tenuta segreta senza avvisare i lavoratori e senza prendere nessun provvedimento per la salute.
Le gravi conseguenze dell’esposizione al CVM, ipotizzate per la prima volta nel 1969 al Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro di Tokio da un medico della Solvay, Pierluigi Viola, furono definitivamente confermate in Italia a seguito di un’indagine epidemiologica commissionata da Montedison all’Università di Milano, condotta nel 1971 dal prof. Cesare Maltoni negli stabilimenti di Brindisi, Marghera, Terni e colpevolmente nascoste per non intaccare i profitti della multinazionale.
Non c’è da stupirsi che il capo redattore della rivista scientifica Lancet (una delle più autorevoli) abbia dichiarato recentemente che “…gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può semplicemente essere falsa”.
La ricerca indipendente è strozzata, la stragrande maggioranza delle ricerche è finanziata da aziende private, sia per quanto riguarda l’attendibilità dei risultati, sia perché la ricerca è indirizzata a ottenere risultati spendibili sul mercato, non socialmente utili. Anche nei pochi casi in cui è finanziata dallo stato, come nel caso dei vaccini, i profitti diventano privati e finiscono nelle tasche degli azionisti delle multinazionali.
Quando si parla di scienza, sia fatta da uno scienziato, sia da un non addetto ai lavori, si ha sempre l’idea di parlare di qualcosa che non ha a che fare con la fallibilità umana, col conflitto d’interessi, con l’economia, con l’egemonia, con il capitalismo, con l’utilitarismo, con la produttività. Questo è il grande errore.
Nel capitalismo, la scienza, la medicina, le leggi i governi e le istituzioni sono espressione delle dinamiche economiche capitaliste, industriali, produttivistiche, politiche e militari. Sono al loro servizio, sostengono i loro interessi e le decisioni ricevendo in cambio lauti compensi.
Oggi padroni e governi giustificano il peggioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari in tutti i paesi, prendendo a pretesto l’allungamento della vita media della popolazione e la pandemia di covid 19, nascondono la realtà, cioè che nella società in cui ci sono ricchi e poveri,
sfruttati e sfruttatori ci si ammala e si muore di più (e spesso ancora giovani) fra la classe proletaria che in quella borghese.
In una società divisa in classi dove il potere è in mano ai capitalisti il cui unico scopo è la realizzazione del massimo profitto, la scienza e la medicina non sono neutre, ma al servizio della classe dominante.
Solo in una società socialista, con il potere operaio, dove la proprietà privata dei mezzi di produzione è abolita, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo considerato un crimine contro l’umanità, dove si produce per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, la classe operaia e proletaria liberando se stessa può emancipare e liberare anche la scienza, la medicina.
La salute dei lavoratori non la difendono i governi e i padroni.
La nocività, l’usura, la fatica fisica e psicologica dovuta all’aumento dei ritmi, alla ripetitività del lavoro, la precarietà, il salario insufficiente, le pandemie, l’incertezza del futuro, il comando di fabbrica o azienda sempre più repressivo, portano il lavoratore a logorarsi minando la sua salute.
La vera medicina preventiva e quella che si oppone al capitale, quella che ricerca le cause patogene e le elimina, non quella che cronicizza malattie su cui fare profitti.
Michele Michelino, del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
ven
19
nov
2021
LE VITTIME DEL PROFITTO PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE
La ricerca del massimo profitto senza nessun rispetto per la salute umana dei lavoratori e della popolazione delle classi popolari continua a uccidere i lavoratori e la popolazione.
Ogni giorno si muore sul lavoro o per malattie professionali, per le sostanze inquinanti che avvelenano il territorio.
In nome del “progresso” (cioè i loro profitti) le multinazionali, il capitalismo, l’imperialismo hanno commesso e, continuano indisturbati a commettere, i peggiori crimini contro l’umanità, l’ambiente e la natura. La ricerca del massimo profitto ha provocato guerre di rapina delle nazioni ricche, imperialiste, contro i paesi più poveri rubando le loro risorse, guerre che continuano anche oggi cui se ne aggiungono sempre di nuove.
Il modello di sviluppo capitalista - con la distruzione di foreste, montagne, laghi, mari e oceani, gli scioglimenti dei ghiacciai, la desertificazione di interi continenti dovuto all’accumulazione - sta distruggendo il pianeta e spinge milioni esseri umani, affamati dalle sue politiche economiche, all’emigrazione.
Noi vittime dello sfruttamento viviamo direttamente con le nostre famiglie sulla nostra pelle le conseguenze di questo modo di produzione, che non esita a mandare a morte milioni di persone, risparmiando anche pochi centesimi sulla sicurezza per il profitto.
Il principale nemico dell’umanità responsabile dell’inquinamento, del cambiamento climatico, della fame, della miseria crescente è il capitalismo, un sistema che considera normale che - per il guadagno di pochi - miliardi di persone muoiano di stenti.
Un sistema economico, politico sociale e legislativo che riconosce come unico diritto quello della ricerca del massimo profitto, subordinandovi tutti gli altri diritti previsti dalla Costituzione (al lavoro, alla salute, alla scuola, giustizia ecc), che considera normale che degli esseri umani siano sfruttati e muoiano per il profitto, è un sistema barbaro e inumano.
Le stragi, i morti sul lavoro e di malattie professionali, i crimini ambientali, i morti del profitto sono crimini contro l’umanità e come tale andrebbero perseguiti senza prescrizioni o impunità.
Il capitalismo, le multinazionali e le grandi potenze imperialiste, sostenuti dagli stati, con il suo sistema di accumulazione che fa del profitto lo scopo della sua produzione, il motore della sua esistenza a discapito degli esseri umani e della natura, sono i responsabili della lenta morte del pianeta e dei suoi abitanti, allo stesso modo dei morti d’amianto e dello sfruttamento.
Come dimostra la pandemia provocata dal virus Sars-Cov-2, la salute di ogni persona è intimamente correlata alla possibilità di vivere e lavorare in un ambiente naturale salubre. In questo senso la prevenzione primaria è quella che minimizza i rischi sanitari, alimentari, idrogeologici, tecnologici e garantisce condizioni biogeofisiche armoniose.
Il modo di produzione capitalista basata sulla proprietà privata è il cancro della società. “Questa economia uccide”. Bisogna cambiarla!
La ricerca del massimo profitto, dalla logica del business, dall’avidità che trasforma le imprese in attività criminali.
La lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della natura, per difendere il clima è prima di tutto lotta contro il capitalismo, per il rischio zero nei luoghi di lavoro, di vita e nel territorio, per cambiare questo modo di produzione. Tocca ai lavoratori in prima
persona, alle associazioni delle vittime, mobilitarsi nei luoghi di lavoro per migliorare le condizioni di vita.
Se davvero vogliamo salvare l’umanità, il pianeta, e gli esseri viventi che ci vivono, dobbiamo lottare contro questo sistema di distruzione e di morte. Non esiste, né mai esisterà, un capitalismo “buono o verde”.
Michele Michelino,
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
Sesto San Giovanni, 19 novembre 2021
e-mail: cip.mi@tiscali.it web: http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com
gio
11
nov
2021
Cronaca di una tragedia annunciata
di Angel Guerra Cabreras (*); da: cubadebate.cu; 4.11.2021
“I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile finiscono ogni anno nel mare. Numerose specie si estinguono. La pressione demografica e la povertà conducono a sforzi disperati per sopravvivere anche a costo della natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo Mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine economico mondiale ingiusto”.
17 giugno 1992
Fidel Castro Ruz
Conferenza ONU di Rio de Janeiro.
Fidel Castro fu il primo dei capi di Stato a dare l’allarme sulla gravissima minaccia per la specie umana rappresentata dalla contaminazione ambientale e dai gas serra. Presto si compiranno 30 anni da quell’avvertimento, durato meno di sei minuti alla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992.
“Un’importante specie biologica – affermò il leader cubano – è a rischio di sparizione per la rapida e progressiva liquidazione delle sue condizioni naturali di vita: l’uomo”. E subito egli andò all’essenza della questione, che non sono i gas serra per se stessi ma una complessa crisi multidimensionale originata dal sistema capitalista. “E’ necessario segnalare – aggiunse il Comandante – che le società del consumo sono i responsabili fondamentali dell’atroce distruzione dell’ambiente. Esse nacquero dalle antiche metropoli colonialiste e da politiche imperiali che, a loro volta, generarono il ritardo e la povertà che oggi colpisce l'immensa maggioranza dell’umanità. Con solo il 20% della popolazione mondiale esse consumano due terzi dei metalli e tre quarti dell’energia che viene prodotta nel mondo. Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno contaminato l’aria, hanno indebolito e bucato la cappa dell’ozono, hanno saturato l’atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che già cominciamo a soffrire”.
Con solo qualche correzione nei numeri, quelle parole permettono di caratterizzare ancor oggi la brutale depredazione della natura e lo sfruttamento delle grandi maggioranze da parte delle potenze imperialiste.
In realtà la situazione che il suo profetico allarme descriveva non ha fatto altro che peggiorare, visto che durante i trent’anni che sono seguiti si sono approfondite le barbare politiche neoliberiste che hanno accentuato lo sfruttamento capitalista, il saccheggio e la razzia ambientale praticate dal capitale imperialista, cause del catastrofico riscaldamento globale e della contaminazione.
Fidel è anche stato il leader mondiale che in tutta la metà del secolo XX ha dedicato più energie della sua mente geniale ad analizzare lo sfruttamento capitalista e imperialista e le sue conseguenze. Tra queste il gravissimo problema del riscaldamento globale che, insieme al pericolo di guerra nucleare, ha formato parte sostanziale delle sue preoccupazioni, fino agli ultimi giorni di vita.
Dal suo allarme a Rio fino alle “Riflessioni” della tappa finale, i fatti danno ragione al Comandante.
Lo constatiamo nello sviluppo della COP26. Come denuncia la maggioranza dei movimenti sociali che vi hanno assistito, con particolare intensità i rappresentanti dei popoli originari, è ben poco quello che i paesi sviluppati, principali causanti di questa situazione hanno fatto fino ad oggi per fermarla e rovesciarla.
Di fatto, nonostante il fenomeno sia diventato minaccioso, non sono state raggiunte alcuna delle mete di riduzione delle emissioni contaminanti previste nel famoso Accordo di Parigi, che è entrato in vigore nel 2016, per non parlare poi dei precedenti di Kyoto. Invece si è già raggiunto un aumento della temperatura di 1.1 gradi Celsius rispetto all’era pre-industriale, la temperatura più alta mai registrata in due milioni di anni.
Nemmeno gli accordi raggiunti per ora nella COP26 sono sufficienti per evitare, prima della metà del secolo XXI, un aumento delle temperature superiore a due gradi Celsius ed una alterazione del clima con effetti catastrofici. Crescenti e più frequenti ondate di calore che uccideranno molte persone, perdita di boschi e desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, dei poli e del permafrost della Groenlandia, siccità estreme e prolungate, piogge e inondazioni di inedite proporzioni, aumento della temperatura e dell’acidità dei mari, inondazione irreversibile di ampie zone costiere e sparizione delle piccole isole come conseguenza dell’aumento del livello del mare, cicloni tropicali e tormente più frequenti ed intensi, migrazioni di importanti masse umane, estinzione di decine di migliaia di specie e perdita di centinaia di nicchie ecologiche, conseguenze entrambe difficilmente prevedibili ma certo disastrose per la vita.
Per la verità questi fenomeni sono già qui e fanno parte della nostra quotidianità. Il problema è che diventeranno ogni volta più abituali e si aggraveranno in maniera esponenziale, creando una situazione invivibile per milioni di esseri umani.
Riunioni come la COP26 servono a creare coscienza della grandezza e della grave minaccia alla vita che rappresenta quanto scritto sopra e per mettere in moto certe concessioni, ma non risolveranno i problemi.
Solo un gigantesco lavoro pedagogico unito a grandi mobilitazioni popolari può forzare i governi ad agire su questo tema cruciale per la umanità.
La chiave l’ha data Hugo Chàvez: Non cambiamo il clima, cambiamo il sistema.
(*) Rivoluzionario cubano e membro del Partito Comunista di Cuba, è stato direttore del quotidiano Juventud Rebelde e della rivista Bohemia.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
mer
10
nov
2021
MORTI E INFORTUNI SUL LAVORO: LO SFRUTTAMENTO LA CAUSA PRINCIPALE
In Italia ogni anno 1400 lavoratori sono uccisi sul lavoro. Altre migliaia sono condannate a morte dalle malattie professionali e si spengono in silenzio nell’indifferenza del governo, Confindustria, partiti e istituzioni, e purtroppo anche dell’opinione pubblica. I vertici dei sindacati confederali sono complici, di questa strage operaia, ma la responsabilità è anche di alcuni sindacati di base che nulla fanno per contrastare le morti su lavoro. Nei casi più clamorosi la magistratura apre dei fascicoli che finiscono in niente e, i responsabili di questi omicidi, salvo casi particolari, rimangono sempre impuniti o, al massimo, se la cavano con un risarcimento economico. Nella società del profitto, in cui lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è legalizzato da leggi e contratti, la salute e la vita umana sono monetizzati e solo in alcuni casi risarcita economicamente con qualche decina di migliaia di euro.
Per i padroni e i loro governi i morti sul lavoro, gli invalidi, i morti per malattie professionali sono solo incidenti di percorso, effetti secondari della ricerca del massimo profitto.
In questa società l’unico diritto riconosciuto è quello di fare profitti: a questo sono subordinati tutti gli altri “diritti umani”. Noi riteniamo che la salute venga prima di tutto e lottiamo per la totale riduzione del rischio, perché non esistono soglie di “sicurezza” o di tolleranza alle sostanze cancerogene e ai pericoli che ogni giorno i lavoratori corrono sui luoghi di lavoro, continuando a pagare un pesantissimo tributo di sangue e di morte.
La via del “progresso” è lastricata di sangue operaio, è una società che fonda la ricchezza di una minoranza sullo sfruttamento e sulla miseria della maggioranza della popolazione, è una società barbara e inumana contro cui vale la pena di lottare. I morti sul lavoro e di lavoro sono crimini contro l’umanità e come tale vanno perseguiti. Contro la società del profitto che uccide gli esseri umani e la natura per gli interessi dei padroni continueremo a opporre ora e sempre resistenza.
Per ricordare i nostri morti, contro la logica del profitto che distrugge gli esseri umani e la natura, noi continuiamo a lottare. Basta morti sul lavoro e di lavoro!
Dobbiamo organizzarci un altro mondo senza sfruttamento è possibile con il potere in mano ali operai, nel socialismo.
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
gio
04
nov
2021
mer
03
nov
2021
Maggioranza e opposizione due facce della stessa medaglia
La democrazia borghese un paravento
Gli ultimi governi tecnici succedutisi in Italia dimostrano chiaramente che la democrazia parlamentare
borghese è la foglia di fico dietro cui si nasconde la dittatura del capitale. Dal 2011, con la formazione del governo Monti, ad oggi si sono avvicendati 7 governi tecnici, “transitori” o di
coalizione, con lo scopo di “traghettare” il paese verso le elezioni dopo il fallimento di un esecutivo, governi voluti dal grande capitale, messi in piedi e sostenuti dai Presidenti della
Repubblica:
- Monti (2011-2013): tecnico
- Letta (2013-2014): transitorio
- Renzi (2014-2016): transitorio
- Gentiloni (2016-2018): transitorio
- Conte e Conte bis (2018-2021): di coalizione
- Draghi (2021): tecnico
Le grandi decisioni che cambiano la vita delle persone e del mondo non sono mai decise dai partiti presenti in parlamento. In realtà, come ormai è sempre più evidente anche agli sprovveduti, i
parlamenti - come tutte le istituzioni - sono organismi che si adeguano agli interessi capitalistici, ma che non determinano l’andamento capitalistico: sono i camerieri, lo servono.
In una società divisa in classi dove il potere economico, politico, giudiziario, militare è in mano alla borghesia imperialista, sono i parlamenti che in tutto il mondo sono al servizio dei
capitalisti, del profitto, delle guerre, delle crisi, dello sfruttamento e non i capitalisti che si adattano alle chiacchiere o alla volontà dei parlamentari.
L’astensionismo crescente che si manifesta in ogni elezione, (alle amministrative del 3/4 ottobre ha votato meno della metà degli aventi diritto e nei ballottaggi dei sindaci ha toccato punte del
60%) dimostra il distacco di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena dal palazzo del potere. A Roma, ha votato il 40,68% degli aventi diritto e per il ballottaggio per il sindaco
Roberto Gualtieri eletto al secondo turno, ha votato solo il 24% dei cittadini che si sono recati alle urne.
mar
02
nov
2021
La montagna ha partorito il solito topolino
di Daniela Trollio (*)
4 delle più grandi aziende tecnologiche del mondo, Google, Apple, Facebook e Amazon, ritengono di realizzare quest’anno e complessivamente quasi 27 miliardi di dollari di extraprofitti. Da gennaio, secondo i dati forniti dalle stesse aziende, Microsoft e Google hanno remunerato gli azionisti rispettivamente con oltre 21 e 15 miliardi di dollari.
E naturalmente anche i giganti di Big Pharma hanno aumentato i profitti.
Le 7 società farmaceutiche analizzate da Oxfam nel suo rapporto sull’andamento del 2020 stanno realizzando in media un margine di profitto del 21%. 6 di queste guadagneranno 12 miliardi di dollari in più durante la pandemia rispetto alla media degli ultimi 4 anni. Tra queste Merck 4,9 miliardi in più, Johnson & Johnson e Roche avranno circa 3 miliardi di dollari di extra-profitti ciascuna; tre delle più importanti aziende statunitensi che hanno lavorato allo sviluppo di vaccini per il Covid19, grazie anche a cospicui investimenti pubblici – Johnson & Johnson, Merck e Pfizer – hanno già distribuito dal mese di gennaio 16 miliardi di dollari ai propri azionisti.
dalla rivista Nuova Unità n.6/2021
(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni
lun
01
nov
2021
Migliori sì nel rappresentare borghesia e capitalismo
Mettere uno contro l’altro per non far mettere contro di loro
L’Italia brucia grazie al governo nato come “dei migliori”, in effetti sono i migliori rappresentanti della borghesia e del capitalismo nella gestione dei fondi europei, con il sostegno delle forze politiche e del parlamento e con una buona capacità mediatica per ottenere consenso di larghi strati della popolazione. Dopo l’assalto fascista alla Cgil può contare ancora di più sulla collaborazione dei sindacati confederali che cercano di contenere con accordicchi le numerose lotte per le vertenze in corso.
Passano indisturbati l’aumento stratosferico delle tariffe luce e gas, del carburante e, di conseguenza, del riscaldamento, i continui rincari di tutti i generi alimentari e no.
Aumentano vertiginosamente i morti sul lavoro e i disoccupati, ma sembra che le esigenze, almeno per larghi strati della società, siano i vaccini e il green pass.
Fare il vaccino è una scelta volontaria, ma per lavorare, per vivere la socialità e la cultura ci vuole il green pass, come se il documento fosse un salvavita e non una forma di repressione e discriminazione.
Parallelamente sono demonizzati coloro che dicono no ai vaccini, considerati untori, ammalati e contagiosi e chi lotta per affermare un diritto.
Non è la salute dei lavoratori che interessa allo Stato, ma la diminuzione dei contagi e il calo dei ricoverati per la ripresa economica, fondamentale per i rapporti con la UE e l’attuazione del PNRR che prosegue il disegno della privatizzazione della sanità pubblica, dei continui tagli dei posti letto e del personale, a costo dei ritardi su terapie e diagnosi oncologiche e cardiache e sulla prevenzione.
Noi non dimentichiamo che durante il lockdown i lavoratori sono stati costretti a produrre - soprattutto in fabbrica, nei supermercati, negli ospedali ecc. - in ambienti non sanificati e senza protezioni adeguate.
Da più parti arrivano proposte di far pagare le spese di ricovero per i non vaccinati (assistiti invece i vaccinati che comunque possono contagiarsi), il periodo di quarantena non è coperto dall'Inps, ma c’è assoluto silenzio sul fatto che l’Italia paga alla NATO 70 milioni al giorno, oltre a tutte le spese militari che sostiene all'estero. Con il costo di un solo F35 (dei 90 acquistati) si potrebbero fornire gli ospedali di ben 7120 ventilatori polmonari.
Ma se il vaccino è così efficace perché costringere a mangiare in piedi, nelle mense, i lavoratori non vaccinati e seduti quelli vaccinati?
I tamponi sono la soluzione? Allora pagateli, ma non basta perché, dicono, che il sistema non è in grado di reggere l’aumento delle richieste.
Fedelissimo il PD che attacca la gratuità del tampone e la difesa del green pass per non soddisfare “minoranza sfasciste”, come le definisce Letta. Ditegli che i vaccini sono volontari e che vada all’entrata delle fabbriche dove il controllo del green pass ha creato non pochi disagi che hanno comportato la perdita di ore di lavoro per le lunghe code ai cancelli!
dom
31
ott
2021
ven
29
ott
2021
LA GRANDE ESCA: IL CAPITALISMO VERDE
di Leonardo Boff (*); da: observatoriocrisis.com; 26.10.2021
I grandi megacapitali stanno riunendo centinaia di economisti e politologi per preparare il mondo della post-pandemia. E sono usciti vari documenti. Forse il più importante è quello pubblicato dal conservatore The Economist (principali azionisti le famiglie Rothschild e Agnelli) con il titolo “Il futuro che ci aspetta”.
Se leggiamo i 20 punti enumerati rimarremo orripilanti: viene presentato un progetto dove entrano solo loro lasciando fuori il resto dell’umanità, che sarà controllata, sia il singolo individuo che l’intera società, dall’intelligenza artificiale la cui funzione è disarmare e liquidare qualsiasi reazione contraria.
L’espressione introdotta dal parassita principe Carlo nell’ultima riunione di Davos è “il grande re-inizio” (the Great Reset). Logicamente si tratta di un nuovo inizio del sistema capitalista che protegge le fortune di un pugno di multimilionari. Il resto, che aspetti.
Come ha detto la scrittrice tedesca Helga Zepp-LaRouche (v. Alainet 29.9.2021): “In definitiva si tratta di un’espressione arrogante, petulante e razzista dell’élite globale, la stessa che per mantenere i suoi privilegi uccide per fame ogni giorno 20 mila persone, decreta guerre di sterminio e può irresponsabilmente distruggere il pianeta”. Ecco in che mani è il nostro destino.
Predicano il capitalismo verde, mero occultamento della depredazione che esso fa della natura. Il capitalismo verde di queste mega-corporazioni che controllano gran parte della ricchezza del mondo non rappresenta alcuna soluzione.
Per esso, ecologia significa piantare alberi nei giardini delle imprese, richiamare l’attenzione su un minor uso della plastica e inquinare di meno l’aria. Mai i capitalisti mettono in discussione il loro modo di produzione – che depreda la natura – la vera causa del dissesto climatico della Terra e dell’intrusione del Covid-19 e, soprattutto, della abissale disuguaglianza sociale e mondiale.
Un altro grande gruppo di mega-corporazioni ha pubblicato un documento sulla “responsabilità sociale corporativa delle imprese”. Robert Reich, ex segretario al Lavoro del governo nordamericano, ha smascherato il proposito ingannatore: “queste industrie si preoccupano di fare la maggior quantità possibile di denaro, non di risolvere i problemi sociali; ricercano solo il benessere ‘di tutti i nostri azionisti’ “ (v. Carta Maior 30.9.2021).
In altre parole: il piano delle grandi banche , delle multinazionali e della società planetaria pensata dall’élite globale è configurato secondo quanto conviene loro, e mai per salvaguardare la vita sulla Terra e cancellare l’esclusione dei poveri, ma per garantire le loro fortune ed il modo di produzione devastatore che le produce. I poveri, le grandi maggioranze dell’umanità, sono completamente fuori dai loro radar.
Se i loro propositi vanno avanti, staremo asfaltando la strada che ci porterà al disastro planetario.
Quelli che detengono le decisioni sulle strade dell’umanità non hanno imparato nulla dal Cocid-19 o dai crescenti eventi climatici avversi. Essi, i capitalisti, confermano quello che diceva il grande teorico del marxismo umanista, l’italiano Antonio Gramsci: “La storia insegna, ma non ha alunni”.
Loro non hanno frequentato le aule di storia. (Dis)imparano solo dalla ragione strumentale-analitica che oggi è diventata irrazionale e suicida.
Ubriachi della loro ignoranza e della loro avidità illimitate (green is good), ci porteranno al macello come innocenti agnelli. Non per volontà del Creatore né per una deviazione cosmogenica, ma per la loro irresponsabilità e per la mancanza di coscienza degli errori commessi che non vogliono correggere.
E così, allegramente e godendosi la vita, forse ci obbligheranno a soffrire il destino subito 65 milioni di anni fa dai dinosauri.
(*) Teologo e scrittore brasiliano, è uno dei più importanti esponenti della Teologia della Liberazione.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”, via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
gio
28
ott
2021
UNA STORIA OPERAIA
Noi ci battiamo perché gli infortuni e i morti sul lavoro e di lavoro non vadano mai in prescrizione e siano considerati crimini contro l’umanità.
Lotte operaie e popolari, verità storica e verità giuridica.
La nostra storia per molti aspetti è simile a quella dei lavoratori di Porto Marghera, della Thyssen Krupp, dell’Eternit di Casale Monferrato, della Fibronit di Broni (Pv), dell’Ilva di Taranto e di moltissime altre fabbriche. E simile anche nelle responsabilità d’imprenditori senza scrupoli, di padroni e istituzioni complici di un sistema industriale capitalista che favorendo il profitto a scapito della salute della vita umana hanno avvelenato interi territori condannando a morte anche le future generazioni.
E’ simile nelle responsabilità dei vertici aziendali, che sapevano in anticipo di questi omicidi annunciati e dei crimini ambientali provocati, dal cloruro di vinile monomero alla Montedison, dall’amianto, cromo e altre sostanze cancerogene all’Ilva, all’Eternit, alla Fibronit e alla Breda e nulla hanno fatto per impedirli.
Il killer in Breda e nelle fabbriche di Sesto San Giovanni si chiamava amianto, ma anche, cromo, nichel, arsenico, piombo e altri ancora.
La nostra esperienza di lotta nasce e si sviluppa a Sesto San Giovanni (Milano), una delle più grandi concentrazioni operaie italiane.
L’ex Stalingrado d’Italia è stata e continua a essere una delle città più inquinate d’Europa. Anche oggi che i 42.000 posti di lavoro delle sue fabbriche sono stati eliminati, continuano a persistere gravi problemi ambientali con danni alla salute dei lavoratori e alla popolazione.
Una delle parole d’ordine che abbiamo sempre sostenuto in fabbrica fin dagli anni ‘70 è stata: “La salute non si paga – la nocività si elimina”, scontrandoci con il padrone (che dava la paga di posto più alta per i lavori nocivi e mezzo litro di latte), il sindacato che barattava salario e salute, alcuni sindacalisti sul libro paga del padrone, e anche alcuni nostri compagni di lavoro che vedevano nell’indennità di nocività la possibilità di arrotondare il salario (anche se di poche lire) senza essere coscienti pienamente dei pericoli per la salute.
Nei primi mesi del '94 dopo essere stati espulsi dalla fabbrica con la cassa integrazione in 800, abbiamo organizzato e partecipato attivamente all'occupazione di Cascina Novella, a Sesto San Giovanni, un posto abbandonato nel cuore del quartiere adiacente all'area Breda, da anni luogo di spaccio di droghe varie.
Abbiamo cercato di trasformare Cascina Novella in spazio d’incontro dei cassintegrati e dei disoccupati dell’area di Sesto San Giovanni.
La storia di "Cascina Novella Occupata" è stata veramente interessante per la sua capacità di aggregazione di lavoratori e di giovani, oltre che per il coinvolgimento degli abitanti del quartiere solidali con gli operai.
Dopo più di tre anni di attività Cascina Novella (nel frattempo ripulita e resa parzialmente abitabile a spese degli occupanti) e conosciuta come il “fortino dei cassintegrati”, sarà sgombrata nell'estate '97 dalle Forze del “disordine”, per incarico di un’Amministrazione Comunale di "sinistra" infelice e ingrigita; che però in seguito sarà costretta dalle lotte a promettere e infine concedere una nuova sede.
Ed è così che dalle ceneri di Cascina Novella nasce l'esperienza del Centro di Iniziativa Proletaria di via Magenta 88 a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, il cui primo volantino merita di essere riprodotto almeno in parte.
La nostra storia inizia il 23 aprile 1994, quando un gruppo di cassintegrati delle storiche fabbriche di Sesto (Breda, Ansaldo, Marelli ecc.), dopo aver inutilmente chiesto a varie istituzioni una sede per le loro riunioni, occupano una cascina abbandonata in viale Marelli 225.
Questi lavoratori, sfruttati per anni in nome del profitto e poi espulsi dal ciclo produttivo perché considerati "esuberi", hanno aperto un centro di aggregazione operaia, strappando al degrado Cascina Novella, recuperando quello spazio al quartiere e rendendolo pulito e agibile per le più svariate iniziative.
Con quell’occupazione, il Coordinamento Cassintegrati Milanese ha dato alla sua lotta per il lavoro un significato più ampio, coinvolgendo giovani, disoccupati, studenti, pensionati nel progettare assieme uno spazio di ricomposizione di classe e d’iniziativa proletaria.
mer
20
ott
2021
Morti sul lavoro: una strage senza fine.
Tre - quattro vittime al giorno quelle ufficiali, con picchi quotidiani di sette - otto. Altre decine di morti per lavoro nero e non conteggiati dall’INAIL. Centinaia quelle che sfuggono a conteggi ufficiali. Una strage continua, infinita, inarrestabile.
Di lavoro e sul lavoro si continua a morire come nel’800’, nelle fabbriche, nelle logistiche. nei campi e nelle serre, nei cantieri edili, nei magazzini, in mare, su mezzi di trasporto, nelle strutture ospedaliere, per strada. Dietro i numeri, le persone, ci sono esseri umani, famiglie devastate dalla perdita dei loro cari, dolore, affetti e vite distrutte.
Nel 2020 si era arrivati a 1.538 denunce di decessi (4,2 al giorno), compresi quelli correlati al Covid. Nel 2019 le morti furono 1.205, 1.279 nel 2018, e il bilancio è ancora più pesante e drammatico, per quest’anno e per quello passato.
Nel 2021 si annuncia un altro record negativo. I dati dell’OSSERVATORIO NAZIONALE MORTI SUL LAVORO ci dicono che dal gennaio di quest’anno al 19 ottobre 2021 ci sono state 1184 morti complessive per infortuni sul lavoro. 566 sono morti sui luoghi di lavoro, i rimanenti sulle strade e in itinere che sono considerati a tutti gli effetti morti sul lavoro dalle Istituzioni, Da notare che in questi numeri non sono conteggiati neppure i morti per covid sul lavoro.
Lo sfruttamento, il peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita, i licenziamenti, la precarietà e il ricatto occupazionale fanno morti, feriti e invalidi ogni giorno.
Basta subire è arrivato il momento di reagire, di scioperare e scendere in piazza a difesa della nostra vita, della nostra salute e quella del pianeta, scendere in piazza per gridare forte la nostra protesta. Non possiamo più limitarci a listare a lutto le nostre bandiere rosse per il sangue proletario versato.
Il capitalismo è morte per gli sfruttati. Solo cambiando questo modo di produzione e il sistema sociale capitalista finalizzato alla ricerca del massimo profitto si salvaguarda la salute umana e quella del pianeta. Solo nel sistema socialista in cui si produce per soddisfare i bisogni degli esseri umani, dove lo sfruttamento e i morti per il profitto siano considerati crimini contro l’umanità, si può mettere fine a questa mattanza operaia-.
BASTA LACRIME E ARRIVATO IL MOMENTO DÌ ORGANIZZARCI A LIVELLO NAZIONALE, FAR SENTEIRE LA NOSTRA RABBIA E ODIO DÌ CLASSE CONTRO I PADRONI E IL SISTEMA CAPITALISTA RESPONSABILE DÌ QUESTI OMICIDI.
SOLIDARIETA A TUTTE LE VITTIME DELLO SFRUTTAMENTO CAPITALISTA E ALLE LORO FAMIGLIE.
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
dom
17
ott
2021
GREEN PASS E LOTTA DI CLASSE
Michele Michelino (*)
L’obbligo del Green pass per tutti i lavoratori dal 15 ottobre con la conseguente perdita del salario in caso di inadempienze dimostra il carattere classista e antiproletario di questa misura. Con il “passaporto verde” i padroni e il governo dividono ancor più i lavoratori a tutto vantaggio del capitale. Questo lo hanno capito bene i settori più avanzati della classe lavoratrice scesi in sciopero, gli operai della dell’Electrolux, i 1100 operai all'ITT di Barge, i lavoratori delle logistiche e i portuali di Trieste e altri porti italiani.
Se in un primo tempo a scendere in piazza erano i ristoratori, i lavoratori autonomi e la piccola e media borghesia ora nei cortei popolari del sabato sempre più numerosi sono i proletari che riconoscono nel Green pass uno strumento per dividere la classe operaia.
Le “avanguardie rivoluzionarie”, a parte quelle passate armi e bagagli a sostegno del Green pass e del governo Draghi e Confindustria, i sindacati di base che pure lottano contro il green pass sui posti di lavoro, sono assenti da queste manifestazioni che considerano interclassiste o addirittura fasciste.
Mentre i borghesi, anche in tempo di pandemia per covid19, si godono il paradiso in terra; i proletari - con licenziamenti, violenze, miseria e guerre - subiscono e patiscono l’inferno in terra in attesa di guadagnarsi (per chi ci crede) il paradiso nell’aldilà: è questa l’essenza del sistema capitalista. Il Green pass non è una misura sanitaria, Serve a spingere al vaccinarsi e ancor più serve solo a legittimare i licenziamenti, la perdita del salario, a perdere il lavoro. Nel frattempo continuano ad aumentare gli infortuni, gli invalidi e i morti sul lavoro causati dall’intensificazione dello sfruttamento e dalla ricerca del massimo profitto, per precise scelte di padroni e governi attuate con la complicità di sindacati filo padronali.
Ai proletari e alle popolazioni che si oppongono allo sfruttamento capitalista, che ostacolano la pacifica e libera accumulazione del profitto, che vogliono una società senza padroni, libera dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, lo Stato borghese impone il suo ordine con la violenza “legale” dei suoi manganelli, i gas lacrimogeni, le denunce, i fogli di via, i Daspo e gli arresti della sua magistratura e della sua polizia “democratica”.
Ai padroni non interessa chi governa: a loro interessa che ci sia un governo stabile che garantisca i loro profitti. Chiunque lotta per i suoi diritti e interessi ostacolando la produzione e la circolazione delle merci viene definito e dipinto dai mass-media di cui sono propri i capitalisti come “terrorista”, “estremista”, “anarchico”, “comunista”, giustificando ogni forma di repressione.
I sindacati confederali CGIL –CISL – UIL- UGL, ma anche alcuni sindacati falsamente di base e i partiti sostenuti dallo Stato con il finanziamento pubblico (soldi sfilati sempre dalle tasche dei proletari), con i contributi per i servizi di patronato e - come se non bastasse - anche sul libro paga delle industrie, hanno il compito di impedire l’unione dei lavoratori.
Il loro compito di cani da guardia dei padroni è quello di isolare, denigrare le lotte e vigilare perché la lotta non si generalizzi su obiettivi e interessi comuni dei proletari.
Il loro compito è quello di impedire l’unità di classe, che porta a scontrarsi con il sistema.
In cambio possono contare sulla ricompensa: le poltrone al parlamento, le presidenze di banche, enti e l’ingresso a pieno titolo in istituzioni e consigli di amministrazione vari.)
Dividere le lotte, gli operai e i lavoratori per località, territorio, regione, settori produttivi, separare precari dai lavoratori a tempo indeterminato, italiani o stranieri, dividerli in Sivax e Novax, costringerli a perdere il lavoro senza Green pass è il modo che i padroni e i loro servi usano per indebolire una classe proletaria che dalla sua ha il numero e la forza per distruggere questo sistema, ma manca del collante, l’organizzazione in un suo partito.
L’unico modo per difendere i nostri interessi, è quello di lottare uniti per un sistema sociale alternativo al capitalismo, dove si produca per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto. Le manifestazioni molto partecipate contro il Green pass devono essere l’acqua in cui nuotano le avanguardie proletarie per non lasciare spazio a posizioni filo padronali.
Un sistema senza padroni e schiavi salariati che consideri il profitto – e il modo in cui viene conseguito, lo sfruttamento in tutte le sue forme e colori - un crimine contro l’umanità. Un sistema che si chiama socialismo
(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
mar
12
ott
2021
IL VIRUS, LA SCIENZA E LA CITTÀ SEPOLTA
di Giuseppe Callegari
Il virus, da un punto di vista sociale, ha avuto effetti sicuramente gravi sanciti dall’isolamento e dal distanziamento sociale. Tuttavia la sua presunta risoluzione rappresentata dal vaccino o vaccini e l’elezione del green pass a nuova frontiera dei rapporti sta causando effetti ancora più devastanti.
Infatti è stata creata ad arte una frattura insanabile fra i cittadini: da una parte coloro che accettano il vaccino e dall’altro chi lo contesta. Due poli contrapposti: all’estremo positivo i buoni, gli altruisti, i solidali e in quello negativo i cattivi, gli egoisti e gli individualisti. Non c’è più spazio per il dubbio, la dialettica, il libero pensiero, occorre credere per fede e chi non accetta una scienza che è diventata divinità non ha diritto di vivere nel paradiso terrestre, deve essere messo ai margini. Un’accorta e pianificata regia, dopo aver trasformato in clauneschi guitti da avanspettacolo gli esponenti di quella parte della scienza non consenziente, ha scatenato la guerra fra padri e figli, fratelli e sorelle, credenti e agnostici. La logica guerrafondaia sembra prendere spunto dalle parole del Vangelo di Matteo (10,34-11,1). «In quel tempo Gesù disse ai suoi apostoli: non crediate che sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa».
Quindi il vaccino foderato col green pass – prole di una scienza che, è importante rimarcarlo, ha imbavagliato un’altra parte della scienza – diventa la spada che colpisce gli infedeli ai quali viene mozzata la lingua affinché non possano instillare veleno con le loro parole È significativo che la campagna vaccinale sia comandata da un generale dell’esercito che agisce con la logica militare e a tappe forzate conquista il territorio.
Quando il vaccino e il green pass costituiscono la linea di demarcazione, unica e inequivocabile, si crea inevitabilmente un solo terreno di confronto, che in questo caso diventa scontro. Tutto è subordinato, si rompono consolidati equilibri e le altre problematiche si trasformano in corollari da liquidare semplicisticamente. Come lo stillicidio di morti sul lavoro che diventa un fatto risolvibile con proclami che non si confronteranno mai con la realtà; o la giustizia sociale, una chimera irraggiungibile; oppure l’annegamento di centinaia di migranti, un inevitabile effetto collaterale; e l’inquinamento (anzi lo stupro) delle risorse della Terra che diventa una marginale conseguenza del progresso; il razzismo invece è solo la presa di coscienza della naturale scala gerarchica delle etnie umane…
dom
12
set
2021
La lotta non è andata in vacanza
editoriale "nuova unità" n. 5, Settembre 2021
Vaccini, green pass e crisi afghana oscurano e impediscono di vedere come questi argomenti si ripercuotono nel movimento operaio
Il ritiro dei militari statunitensi dall’Afghanistan dopo 20 anni di saccheggio - preannunciato da tempo e fatto
passare come decisione umanitaria - in realtà è la consegna del paese in rovina (i lavoratori da mesi non sono pagati, l'aspettativa di vita è scesa da 46,6 a 44,6 anni e l’alfabetizzazione è
diminuita dal 36 al 28%) nelle mani dei talebani mentre il governo fantoccio scappa all’estero. L’operazione, che all'epoca le forze politiche e i massmedia hanno giustificato per “liberare le
donne dal burka” ed esportare la democrazia occidentale, è costata agli Stati Uniti la stellare cifra di mille miliardi di dollari. E al nostro Paese - sempre al servizio degli USA, della NATO e
delle proprie mire imperialiste che fu in prima fila nell'invio di truppe e istruttori militari - è costata, in piena crisi economica, 8,7 miliardi di dollari sottratti alla sanità,
all’educazione, alle spese sociali. Ora, sempre al seguito dell’imperialismo, si creano ponti aerei per “proteggere vite umane”, ovvero i collaborazionisti e collaboratori delle ONG su cui tutti
i partiti concordano per ospitarli mentre i migranti, che affrontano viaggi disumani per scappare da fame e guerre e riescono a non morire in mare, vengono rinchiusi in vergognosi centri.
Il piano di vaccinazione è fallito e non certo per la minoranza no vax, ma per incapacità del generale che, non potendolo ammettere, lascia il campo alle autorità: dal presidente della Repubblica
a Draghi al papa arrivano ricatti morali e pressioni a vaccinarsi e, invece di adottare cure e terapie adeguate, inventano il green pass (in attesa dell'obbligatorietà) spacciandolo per
“strumento di controllo dei contagi”, oppure obbligano al tampone ogni due giorni, ovviamente a proprie spese e presso strutture private. Di fatto sono vigliacchi abusi dello stato di emergenza
per dividere e comprimere i diritti, trasformare il consenso informato in un consenso estorto.
Una vera e propria discriminante nei confronti dei non vaccinati considerati un pericolo pubblico, ai quali si impedisce di andare in vacanza, partecipare ad eventi culturali, utilizzare i mezzi
di trasporto a lunga percorrenza, accedere agli studentati, agli impianti sportivi e persino in biblioteca ecc.
Viene sospeso senza retribuzione il personale della sanità anziché incrementarlo, si colpevolizza il personale docente e Ata e non si rafforza con nuove assunzioni, non si prendono misure
strutturali necessarie a evitare sovraffollamento delle classi e garantire la ripresa delle lezioni in presenza e in sicurezza, non si fanno investimenti sui trasporti pubblici per evitare una
delle cause di contagio e si addossa sui ferrovieri una mansione (peraltro non retribuita) di controllo che non compete loro.
Controllo sociale e deriva autoritaria impediscono agli operai e lavoratori, oggettivamente divisi, di usufruire delle mense aziendali se non sono in possesso del green pass (funzionale anche al
depotenziamento e sgretolamento del servizio).
Chi non si vaccina non ha più diritto al periodo di malattia in caso di quarantena, nella maggioranza dei settori produttivi può lavorare, ma non può mangiare insieme ai vaccinati (che comunque
non sono esenti dall'infezione) – che dovrebbero essere immuni, secondo il governo – ed è fatto passare come untore quando in realtà è sano.
Governanti, giornalisti passa veline e accondiscendenti medici e specialisti (a dimostrazione che la scienza non è neutrale) perennemente in TV l'unica cosa che non dicono è che i non vaccinati
sono sani. Attaccano i no vax per screditare coloro che semplicemente si rifiutano di prestarsi ad un esperimento di massa, ma credono nella necessità di ricevere cure precoci e domiciliari
appropriate, nella prevenzione sanitaria e territoriale. Che vanno oltre il vaccino e si oppongono alla privatizzazione e mercificazione della sanità, ai continui tagli dei posti letto, del
personale, alla percentuale che stabilisce i ricoveri in base alle esigenze aziendali della sanità regionale e nazionale e non ai bisogni della popolazione e che rifiutano le scelte governative
di investire più nelle armi che nella salute.
sab
11
set
2021
L’organizzazione capitalista è repressione e morti di profitto
È la dittatura del padrone a far sì che la democrazia formale si fermi ai cancelli della fabbrica o dell’azienda capitalistica.
Michele Michelino (*)
L’impresa capitalista finalizzata al profitto è un’organizzazione gerarchica, come un esercito. Al vertice il padrone o l’amministratore delegato, cui seguono i dirigenti, i capi e capetti delle singole unità organizzative e la vigilanza privata del padrone, gli operai in produzione, gli addetti ai magazzini e alle vendite.
I padroni in ogni azienda stabiliscono le loro leggi e regole, punendo con multe, sospensioni o licenziamenti chi non rispetta il comando di fabbrica o non si attiene al suo codice di fabbrica, come monito per disciplinare la massa degli operai.
Questa pratica punitiva negli ultimi anni si è accentuata, in particolare nel settore della logistica. Oggi più che in passato il lavoratore è sottoposto alla vecchia logica del bastone (punizione) e della carota (premio), che tutti i lavoratori conoscono e sperimentano in forme diverse in ogni luogo di lavoro.
Dietro la facciata democratica formale della società c’è la dittatura del capitale. È la dittatura del padrone a determinare che la democrazia formale si fermi ai cancelli della fabbrica o dell’azienda capitalistica.
Le classi sociali si scontrano giornalmente nei luoghi di lavoro e nella società, sia in modo palese sia latente nel conflitto sociale e di classe fra capitale e lavoro salariato.
Il potere incontrastato del padrone è difeso e legittimato da governi, politici e sindacati confederali e filo padronali che riconoscono e difendono la proprietà privata dei mezzi di produzione e il profitto come diritti primari cui tutti gli altri devono essere subordinati.
La lotta economica sindacale, anche la più radicale, per quanto necessaria, può solo contrastare il padrone limitandosi a “contrattare” lo sfruttamento e recuperare in parte il potere d’acquisto dei salari. Pensare quindi di ottenere con la lotta sindacale la liberazione dallo sfruttamento sulla base del sistema capitalista è come pensare di ottenere l’abolizione della schiavitù senza abolire il sistema schiavistico.
L’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la libertà dallo sfruttamento capitalista può essere conquistata solo dopo aver distrutto dalle fondamenta la società capitalista, con il potere operaio, nel socialismo, quando la proprietà comune dei mezzi di produzione e il controllo strategico del processo di produzione sarà nelle mani dei lavoratori, secondo un piano stabilito nell’interesse della collettività.
Nel capitalismo le belle parole e i principi della democrazia borghese sanciti dalla Costituzione nata dalla Resistenza al nazifascismo si fermano ai cancelli della fabbrica e non valgono per le classi sottomesse se esse non in grado di farli rispettare con la lotta.
Il superamento dello sfruttamento capitalistico implica la completa distruzione dei rapporti di comando della fabbrica da struttura autocratica (dispotica) qual è ora, a struttura democratica (non dispotica), quale potrebbe e dovrebbe essere nel futuro, nel socialismo dove la “democrazia operaia” garantisce il lavoratore e punisce lo sfruttamento considerandolo un crimine contro l’umanità.
Potere e scienza
In una società divisa in classi la scienza e la medicina, come tutte le istituzioni, non sono neutrali: anche la scienza è sempre al servizio del capitale. Il potere costituito dal capitale, così come ha bisogno delle forze repressive legali dello stato (carabinieri, polizia, esercito, ecc) o illegali (fascisti ad apparati segreti), ha bisogno di istituzioni, magistratura, carceri e di una scienza asservita al potere per legittimare il suo dominio e sottomettere il proletariato e le classi sottomesse.
La scienza del capitale non si basa sull’analisi dell’esperienza delle masse sfruttate, non è al servizio dell’uomo ma dei governi e ancor più delle multinazionali che pagano le ricerche per trarne profitto.
Come abbiamo visto durante questa pandemia di covid19 i governi, i padroni e ciarlatani chiamati “scienziati di Stato” hanno detto tutto e il contrario di tutto per costringere la popolazione a vaccinarsi e fare accettare alla maggioranza della popolazione misure anticostituzionali e lesive dei diritti sociali e politici che altrimenti mai sarebbero passate.
Il governo e la Confindustria, la guerra la fanno alla classe operaia e proletaria più che al virus, trattando come nemici chiunque ostacola l’accumulazione del profitto o la mette in discussione. L’introduzione del green pass è solo l’ultimo episodio di discriminazione contro i lavoratori e i “ribelli” che non accettano le regole stabilite dal potere.
Con l’introduzione del passaporto verde lo stato limita e impedisce la mobilità sociale di una parte dei cittadini, l’accesso alle mense ai lavoratori non vaccinati (che però possono continuare a lavorare gomito a gomito con i vaccinati), alle assemblee e ai luoghi di ritrovo, a salire sui treni e autobus a lunga percorrenza introducendo una forma di apartheid tipico del razzismo contro i neri in USA o in Sudafrica quando la minoranza capitalista bianca, per conservare il potere, proibì ai neri l'acquisto delle proprietà terriere e vietò loro di usare gli stessi mezzi pubblici e di frequentare gli stessi locali e scuole.
Razzismo, xenofobia, discriminazione e disuguaglianza sono in aumento in tutto il pianeta. Negli ultimi mesi, sia nei paesi imperialisti ma ancor più nel Sud del mondo, le masse proletarie, le persone di colore, i prigionieri politici o comuni, i senzatetto, i migranti e rifugiati che hanno sofferto, come molti altri, della Covid 19 hanno subito un peggioramento delle loro già precarie condizioni di vita.
È singolare vedere come molti “rivoluzionari” che fino a ieri sostenevano "Lo Stato borghese si abbatte non si cambia”, oggi siano strenui difensori del governo “borghese” e della scienza “borghese”, unendosi alla caccia “all’untore” non vaccinato, come se i vaccinati non corressero essi stessi il pericolo di contrarre e di infettare gli altri (in poche parole vedi l’esempio di Israele, celebrato come il paese dove tutti erano vaccinati e che oggi si ritrova ad avere un altissimo numero di infettati).
Noi, sulla base della nostra esperienza di decenni di lotta per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio riteniamo - come d’altronde scriveva il dott. Giulio Maccacaro (fondatore della rivista “Sapere” e di Medicina Democratica) - “che medico o padrone non fa differenza se la scienza del medico è quella del padrone”.
E ancora che la “scienza” e la medicina asservita ai governi e alle multinazionali non tengono conto “soprattutto come la vivono, oggettivamente e soggettivamente, quelli che, “esterni”, dal settore vengono lavorati. Far parlare chi di scienza muore e chi, sapendolo o no, di scienza fa morire. Riscoprire il primato politico della lotta dei primi che sola si può porre come momento unificante per la liberazione dei secondi». «Fare scienza» significa sempre lavorare «per» o «contro» l’uomo: sulla base di quest’impostazione critica «Sapere» si occupa di crisi energetica ed ecologia, del cancro da lavoro, della diossina a Seveso e delle varie nocività industriali, di demografia, di informatica e organizzazione del lavoro, di alimenti industriali, genetica, psichiatria, psicologia e studio dell’intelligenza, del rapporto fra medicina, economia e potere”.
Argomentazioni simili erano sostenute e scritte anche nel “Libro Bianco” del Consiglio di Fabbrica della Breda Fucine pubblicato nel luglio 1971 come Quaderno n° 1 de “Il Lavoratore Metallurgico” (organo della FIOM).
Oggi come ieri servirebbe una scienza capace di sviluppare metodologie d’intervento in fabbrica, nei cantieri, nelle logistiche, nelle campagne e in tutti luoghi di lavoro, compreso lo smart working sui temi della salute, della sicurezza e dell'ambiente, già sperimentate negli anni 70’, nei campi della prevenzione dei rischi e delle nocività, della bonifica dei cicli produttivi e dell'ambiente inquinato all'interno come all'esterno dei luoghi di lavoro.
L’unità dei lavoratori sui loro interessi di classe, la partecipazione diretta di lavoratrici e di lavoratori di tutti i settori alle indagini in fabbrica, nei luoghi di lavoro e della popolazione auto-organizzata nel territorio; possono valorizzare la soggettività operaia sia sul piano culturale sia sindacale e tecnico-scientifico.
La lotta della classe operaia più cosciente contro le discriminazioni, la monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro e nel territorio; il rifiuto della delega da parte dei lavoratori organizzati sulla propria salute ai tecnici; la critica alla scienza del padrone, la non accettazione della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica e dell’oggettività dei cicli produttivi che da esse derivano, sono esempi di protagonismo operaio.
Noi operai, lavoratori coscienti, non abbiamo nessuna fiducia nello Stato, nella scienza e medicina del padrone.
Abbiamo sempre dovuto lottare in prima persona senza delegare ad altri la difesa dei nostri interessi e diritti, scontrandoci con le associazioni dei padroni, i loro governi, istituzioni, e sindacati confederali raggiungendo con le lotte anche parziali vittorie contro i padroni e l’INAL e risultati importanti, per i lavoratori e per le vittime dell’amianto e altre malattie professionali.
La nostra lotta non si è fermata alla fabbrica, l’abbiamo portata anche nei palazzi del potere, davanti al governo, al parlamento, in confronti/scontri con i medici e persino nelle aule di tribunale, pur sapendo che la legge del padrone è contro gli operai e i proletari, dimostrando ai nostri compagni che credevano nell’imparzialità delle istituzioni che in una società divisa in classi non esiste neutralità, né della legge, né della scienza né della medicina. Avendo provato per decenni sulla nostra pelle la medicina del padrone, abbiamo lottato per far mettere al bando l’amianto anche quando era legale e, il governo e tutti i suoi esperti, medici, scienziati, Ministero della Salute e quant’altro affermavano sulla base della “scienza” che non era cancerogeno (perché pagati anche dalle lobby dell’amianto), fino a farlo mettere fuorilegge con la legge 257 del 1992 grazie alle lotte dei lavoratori dell’Eternit, della Breda, dell’Ilva di Taranto, i Cantieri Navali, i portuali, i cittadini di Casale Monferrato e molti altri.
Alcuni di questi “esperti” li troviamo ancora oggi nei processi contro i morti per amianto a difendere i padroni e i manager della Breda/Ansaldo, Pirelli, Alfa Romeo, Teatro alla Scala, a sostenere “scientificamente” che i lavoratori uccisi dall’amianto dopo 30/40 anni di servizio in azienda hanno contratto la malattia dalla tettoia di eternit nell’orto o durante il periodo di servizio militare obbligatorio quando erano ventenni.
Di lavoro si continua a morire oggi come ieri
Secondo i dati dell’OSSERVATORIO NAZIONALE MORTI SUL LAVORO, dall’inizio del 2021 a settembre ci sono state quasi 1000 morti per infortuni sul lavoro, fra quelli morti sui luoghi di lavoro e quelli sulle strade e in itinere. A questi occorre aggiungere i lavoratori morti per covid 19 considerati a tutti gli effetti morti per infortunio sul lavoro. Da questa casistica rimangono fuori le vittime del lavoro nero, quei lavoratori invisibili nei cantieri, nelle campagne, nell’edilizia ecc. Questo non succede perché non è interesse della società del profitto.
Oggi la situazione si è ancor più aggravata con lo sblocco dei licenziamenti e le modifiche al Codice degli appalti e ai titoli abilitativi in edilizia, dove Il governo “dell’unità nazionale” con Presidente del Consiglio il banchiere Draghi si sta dimostrando il miglior comitato d’affari di capitalisti, faccendieri e mafiosi.
Il governo dei ricchi, dei padroni, degli affaristi, liberalizzando gli appalti e subappalti - com’è previsto nel PRNN e in nome della modernizzazione - peggiora ancor più le condizioni di vita e di lavoro degli operai e lavoratori aumentando la condizione di schiavitù, i morti sul lavoro, i disastri ambientali.
L'indagine operaia e l'organizzazione capitalistica del lavoro
Se negli anni passati la salute del lavoratore poteva essere in parte tutelata attraverso l'adozione di strumenti protettivi (aspiratori, maschere, tute ecc.) capaci di preservarlo dalle nocività così come s'intende normalmente (calore, rumore, polveri ecc.), oggi nella società moderna alle vecchie malattie si sommano le nuove; in particolare con la pandemia di covid si vede ancora meglio come tutta l'organizzazione del lavoro nella fabbrica è essa stessa nocività.
Il cottimo palese o mascherato - come premio di risultato, ritmi, orario di lavoro, organici, qualifiche, dislocazione e tipo del macchinario - fanno parte, con il rumore, il calore, le polveri, di quel tutto unico che significa sfruttamento del lavoratore.
Medicina preventiva, rapporto medico-lavoratore
Sempre più alle vecchie malattie e nocività che colpiscono la classe operaia e i lavoratori si aggiungono le nuove pandemie dovute a un sistema capitalista/imperialista che distrugge gli esseri umani e la natura.
Sulla base della nostra esperienza, riteniamo necessario un nuovo rapporto fra medico e lavoratore, un confronto dialettico di reciproco arricchimento di cognizioni, un rapporto che li deve vedere entrambi necessari protagonisti di una medicina a favore di chi lavora e non del padrone o delle multinazionali dei farmaci, che non hanno nessun interesse a investire in ricerche per guarire i malati ma solo quello di rendere croniche le malattie per vendere più farmaci.
(*) Pubblicato sulla rivista comunista di politica e cultura “nuova unità” n. 5, settembre 2021
ven
10
set
2021
Il profitto capitalistico uccide!
Manifestazione a Roma il 9 ottobre
Il Comitato “NOI, 9 OTTOBRE”, a cui aderiscono comitati e associazioni dei familiari dei morti sul lavoro e dei sopravvissuti alle stragi ambientali, ha organizzato una manifestazione a Roma per sabato 9 ottobre, dichiarata Giornata nazionale in memoria
delle vittime dei disastri industriali e ambientali.
Il 9 ottobre, lo ricordiamo, è l’anniversario della strage del
Vajont, 1.910 vittime del profitto e della complicità dello Stato, ritenuto colpevole di omicidio colposo plurimo con l’aggravante della prevedibilità. Il Vajont è la metafora di tutte le stragi del profitto avvenute dopo.
Come afferma il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Sesto San Giovani: “Gli sfruttati, le associazioni dei lavoratori, delle vittime dei morti sul lavoro, delle malattie professionali (amianto, ecc), degli invalidi e del profitto industriale, cioè tutte le vittime dei disastri ambientali e territoriali causati dal profitto che combattono ogni giorno nei luoghi di lavoro e nel territorio per difendere la salute e la vita umana hanno un comune nemico: il sistema capitalista che con le sue leggi riconosce e difende solo i diritti degli sfruttatori, di chi fa profitti sulla pelle degli esseri umani distruggendo la natura.
Le vittime del profitto e le loro associazioni nei processi penali quando riescono a portare sul banco degli imputati padroni e manager assassini chiedendo giustizia, si scontrano con la Legge dei padroni.
Una legge che punisce le vittime per aver cercato giustizia, condannando le associazioni parti civili a pagare le spese processuali dimostrando che per le vittime questo è il regno dell’ingiustizia dove solo chi ha i soldi può far valere le sue ragioni.”
Riteniamo importante unirsi alla denuncia e partecipare alla mobilitazione, senza nutrire alcuna illusione sulle istituzioni e il parlamentarismo borghese.
Questo nella convinzione che l’unità delle lotte ambientali e di quelle contro le morti sul lavoro, l’unità delle vittime di tutte le stragi e del movimento dei lavoratori per la difesa della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio, nel riconoscimento
che l’economia capitalistica è la causa primaria degli omicidi sul lavoro e delle stragi ambientali è la via da seguire per difenderci dal capitale e diventare protagonisti di un futuro senza più sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano e sulla natura.
Da Scintilla.
http://piattaformacomunista.com/
mer
01
set
2021
Contras e talebani
di Jorge Maifud (*); da: rebelion.org; 21.8.2021
Dopo la sconfitta in Vietnam, l’ex segretario di Stato Henry Kissinger e l’ex socialista e futuro falco della destra del governo di Reagan, Jeane Kirkpatrick, affermarono che, per recuperare il prestigio perduto, gli Stati Uniti dovevano inventare qualche guerra che si potesse vincere.
Secondo Kirkpatrick, il Nicaragua era un buon candidato, ma meglio ancora era Granada, un’isola dei Caraibi di appena 100.000 abitanti, il cui presidente aveva avuto la sfacciataggine di dichiarare che il suo paese era indipendente e sovrano e, quindi, poteva commerciare con chiunque gli piacesse.
La gloriosa invasione, e la liberazione degli studenti statunitensi che non volevano essere liberati da una tirannia inesistente, ebbe luogo nel 1983 e persino i burocrati che non avevano mai abbandonato le loro scrivanie a Washington ricevettero medaglie al valore nella ‘guerra’.
La strategia viene dai primi anni del 19° secolo, quando Washington volle annettersi il Canada e la faccenda finì con il palazzo del governo in fiamme (da allora pitturato di bianco per nascondere l’infamia del fumo); da allora decise di espandersi verso l’ovest e il sud, terra di razze inferiori e disarmate.
Alla fine dello stesso secolo, dopo aver predetto una “esplosione” a Cuba e un anno prima di inventare il mito dell’affondamento dell’ USS Maine , nel 1897, appena nominato segretario aggiunto alla Marina dal presidente McKinley, il futuro presidente Theodore Roosevelt scrisse ad un amico: “sono a favore di quasi qualsiasi guerra, e credo che questo paese ne ha bisogno di una”.
Niente di meglio che “essere offesi” a novanta miglia di distanza da un impero che cadeva a pezzi come lo era la Spagna, armata di navi di legno per difendersi da navi metalliche e con tecnologia di ultima generazione.
Nel suo terzo film, nel 1988, Rambo (Sylvester Stallone) lotterà gomito a gomito con quei valorosi “freedom fighters” dell’esotico Afganistan. La stessa catarsi di frustrazione del Vietnam, la stessa storia di una superpotenza militare che, da sola, poteva sconfiggere solo piccole isole tropicali come le Filippine o Granada e, peggio ancora, nel 1961 fu sconfitta – e senza aiuti – da una di queste, Cuba.
Come tanti altri gruppi “ribelli”, i talebani sono una creazione, anche se non originale, della CIA.
Negli anni ’70 e ’80 Washington si propose di rovesciare il governo socialista dello scrittore Nur Muhammad Taraki. La laica Repubblica Democratica dell’Afganistan, presieduta da una breve lista di intellettuali di sinistra, sopravvisse con molte difficoltà dal 1978 al 1992, quando venne distrutta dai Talebani. Se Muhammad Taraki ed altri che gli successero avevano lottato per stabilire l’uguaglianza dei diritti per le donne (come nel 1956 un altro socialista arabo, Gamal Nasser in Egitto), i Talebani sarebbero andati nella direzione contraria.
Come scrisse lo stesso New York Times in un necrologio ormai dimenticato, Osama bin Laden aveva riconosciuto: “Là [a Tora Bora] ricevetti volontari che venivano dal Regno Saudita e da tutti i paesi arabi e musulmani. Fissai il mio primo accampamento dove questi volontari furono addestrati da ufficiali pachistani e statunitensi. Le armi furono fornite dagli statunitensi, il denaro dai sauditi”.
Il complesso di Tora Bora, dove si nascondevano i membri di al-Qaeda, era stato creato con l’aiuto della CIA per funzionare da base per gli afgani che lottavano contro i sovietici e contro il governo dell’epoca. Anche se muyahidin e talebani non facevano parte dello stesso gruppo, come Osama bin Laden e molti altri, il fondatore dei Talebani, Mohammed Omar, era un muyahidin
Un anno prima di ricevere i muyahidin alla bianchissima Casa Bianca, lo stesso presidente Ronald Reagan aveva fatto visita ad uno dei suoi “dittatori amici”, il genocida guatemalteco Efraìm Rìos Montt, e l’aveva definito un esempio per la democrazia nella regione. Lo stesso avevano fatto potenti pastori, fanatici come Pat Robertson del Club 700. Tra le prodezze del dittatore Rìos Montt è compreso il massacro di più di 15.000 indigeni a cui era venuta la pessima idea di difendere le loro terre, ambite dalle multinazionali straniere e dalla tradizionale oligarchia creola.
Poco dopo il presidente Reagan, oggi elevato alla categoria del mito da repubblicani e democratici per qualcosa che non ha fatto (la disarticolazione finale dell’Unione Sovietica), definirà anche i Contras dell’America Centrale (i militari della sconfitta dittatura di Somoza in Nicaragua), come “freedom fighter”.
Quando il Congresso degli Stati Uniti proibirà di fornire altri milioni di dollari al gruppo terrorista dei Contras, l’amministrazione Reagan venderà in segreto armi all’Iran, attraverso Israele il denaro “lavato” verrà depositato in una banca svizzera e poi trasferito ai Contras in Honduras.
Come i muyahidin, i Contras furono addestrati e finanziati dalla CIA e, poco dopo, si trasformeranno nelle ‘maras’ (bande criminali organizzate, n.d.t.) che devastano l’America centrale e, in alcuni casi, gli Stati Uniti stessi. Quando gli addestratori torneranno nei loro paesi, essi si dedicheranno a ‘proteggere la frontiera’ dagli invasori poveri che vengono a cercare lavoro. E per assurdo molti di questi poveri verranno cacciati, come fossero dei rivoluzionari, dalla loro stessa terra.
Quando in agosto 2021 i Talebani prendono decine di città e, alla fine, Kabul in una sola settimana, le analisi della stampa negli Stati Uniti si sprecano cercando di spiegare l’inesplicabile dopo 20 anni di guerra, di occupazione, centinaia di migliaia di morti e cento bilioni di dollari. Tutti, o quasi tutti, faranno mostra del loro radicalismo analitico e cominceranno, o finiranno, con un avvertimento: cominciamo dal “very beginning” (il principio del principio) di questa storia: gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.
Come aveva detto Ronald Reagan stesso alla Biblioteca del Congresso il 24 marzo 1983 per celebrare la ‘conquista dell’Ovest selvaggio’, “gli statunitensi non credevano quella che era la verità dell’Ovest , ma quello che per loro doveva essere la verità”.
E’ vero, ci sono stati statunitensi disposti a dire ai fanatici le verità reali, non quelle che piacciano a questi ultimi. Ma pochi hanno ringraziato per il favore. E’ successo l’esatto contrario.
(*) Scrittore e saggista uruguayano, oggi insegna letteratura latinoamericana all’Università della Georgia.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)
mar
31
ago
2021
TONNI, SARDINE E PESCECANICon l’avvicinarsi delle elezioni tutti i partiti, sia quelli nel governo di “unità nazionale” guidato dal banchiere Mario Draghi che all’opposizione cominciano a smarcarsi su singoli aspetti. Centrodestra e centrosinistra, pur avendo differenti vedute su singoli aspetti, sono forze politiche che lavorano per lo stesso padrone, l’imperialismo italiano.I metodi politici sono diversi, ma gli interessi sociali, di classe, e il sistema che difendono sono gli stessi. Per un borghese la difesa della libertà non è altro che la difesa del mercato, della concorrenza e della possibilità di comprare e sfruttare la forza lavoro a prezzi più bassi e concorrenziali, di de localizzare le aziende e licenziare i lavoratori. I capitalisti, essendo proprietari d’industrie, fabbriche, banche, giornali, e dello stato, controllano tutte le istituzioni e l’esercito, cioè hanno il potere reale e possono anche fingersi democratici, perché sanno che nelle elezioni ”democratiche”, nell’alternanza, il cambio di governo e delle istituzioni non inciderà sui loro interessi. La dittatura del capitale finanziario oggi si nasconde dietro la formula della “repubblica democratica”, ma lo “stato democratico”, le sue istituzioni, le forze dell’ordine e il suo esercito non sono altro che una banda armata a difesa della proprietà del capitale, per questo l’esercito italiano è presente in 40 paesi di tutto il modo con “missioni di pace”.Maggioranza di governo e opposizione sono due facce della stessa medaglia che concorrono allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.Non è un caso che in ogni elezione tutti i partiti chiamino i cittadini a votare, non importa per quale partito, ma a votare. Così si legittima il potere con il voto popolare. Maggioranza e opposizione parlamentare sono entrambi funzionali al sistema.Chi è entrato nel parlamento e al governo per aprirlo come una scatola di tonno come il Movimento 5 stelle si è asserragliato dentro sigillandosi alle poltrone pur di non uscire alleandosi con quelli che fino a un minuto prima considerava nemici da sconfiggere rimangiandosi gli obiettivi sostenuti in campagna elettorale tradendo le aspettative di chi li aveva votati. Questo vale per tutti i partiti, oggi come nel passato. Le sardine si candidano a diventare tonni e i pescecani delle multinazionali, delle banche e Confindustria si preparano a mangiarseli. Il paradosso è che quelli che a parole volevano cambiare il sistema una volta nei palazzi del potere borghese sono stati a loro volta fagocitati dal sistema diventando i principali puntelli del sistema capitalista.L’Italia che formalmente è una Repubblica democratica (ormai sempre meno con l’emergenza covid che abolisce molti diritti costituzionali), e nella sostanza una dittatura al servizio delle multinazionali e Confindustria.Si possono cambiare i partiti e gli schieramenti al governo, ma nel sistema capitalista i governi, politici o tecnici, continuano a rimanere dei comitati d’affari della borghesia e i parlamenti degli inutili contenitori di “democrazia delegata rappresentativa” di varie classi che chiacchierano molto, ma non decidono nulla, se non avvallare con il voto di fiducia, le decisioni prese dal governo e dalla frazione dominate del capitale imperialista. Non ci sono vie d’uscita indolori dalla crisi. Dalla crisi economica – sanitaria pandemica si esce solo con una rivoluzione o con un aumento dello sfruttamento per i proletari.
Michele Michelino (Centro di Iniziativa Proletaria "G. Tagarelli")
lun
30
ago
2021
Terremoti, guerre, Stati falliti
di Daniela Trollio (*)
Il 14 agosto di quest’anno, 10 anni dopo il terremoto del 2010 che fece oltre 220.000 morti, Haiti ne ha subito un altro di 7,2 gradi Richter che ha mietuto 2.200 vittime, con 12 mila feriti e più di 30 mila senzatetto.
Nell’intervallo tra i due eventi c’è un’epidemia di colera con oltre 10.000 morti causata da una fuoriuscita di liquami dalla base nepalese della Minustah (le truppe ONU di stanza nell’isola), la formazione di gang che prosperano sui sequestri e sui furti degli aiuti – tanto che la Conferenza Episcopale definiva già il paese come “totalmente inabitabile” all’inizio del 2021 - e l’omicidio ancora “misterioso” del presidente Jovenel Moise nel luglio scorso. A questo aggiungiamo gli abusi su donne e bambini, lo scandalo delle OnG e delle organizzazioni come Oxfam, Save the Children e Croce Rossa implicate in orge e reti di prostituzione e la sottrazione di fondi per la ricostruzione in cui è implicata la Fondazione Clinton.
Sembra che per il paese più povero delle Americhe non vi sia pace ma solo caos, tanto più che l’ultimo evento sismico si è verificato quando l’attenzione mondiale è rivolta tutta all’Afganistan, dove si svolge un’altra tragedia, ma questa più che annunciata.
Cosa avrà mai fatto Haiti?
Un po’ di storia ce lo spiega. Nel 1791 cominciano le rivolte e i tentativi di organizzazione contro i colonizzatori. 10 anni più tardi Haiti è il primo paese latinoamericano a liberarsi dalla schiavitù e a conquistare la propria indipendenza il 1° gennaio 1804, affibbiando un sonoro schiaffo al colonialismo, non solo a quello francese (l’esercito di Napoleone viene sconfitto) ma anche a quelli britannico e spagnolo.
E’ l’unica rivolta di schiavi vittoriosa nella storia, una rivoluzione dove i neri, le donne e gli oppressi scrissero una Costituzione che rivendicava i diritti per tutti, Natura compresa.
Impaurite e ferite nel loro ego coloniale, le grandi potenze danno l’avvio alla loro vendetta, perché la “malattia” dell’indipendenza e la rivolta dei neri non si estendano ad altre zone; vendetta che ancor oggi non è finita, trasformando Haiti in una nazione condannata ad essere uno stato “fallito”, soffocata dai debiti imposti dai colonialisti, piegata da 30 anni di dittatura della famiglia di Papa e Baby Doc Duvalier, dalla repressione civile e dai colpi di Stato.
Haiti era un esempio che non poteva ripetersi: così lo Stato francese pretese un’indennizzazione di 150 milioni di franchi-oro per le perdite inflitte al suo sistema schiavista: l’isola si indebitò per pagare l’indennizzo con banche francesi e statunitensi e continuò a corrispondere gli interessi sul debito per i successivi 70 anni .
Alcuni studi quantificano la somma che Haiti dovette pagare in 58 anni come equivalente a 21.000 milioni di dollari del 2004. E quando nel 1915 una rivolta popolare culminò con l’assassinio dell’allora presidente Guillaume Sam e mise in forse i piani di restituzione del debito e dei suoi interessi, gli Stati Uniti intervennero militarmente e occuparono il paese fino al 1934. Ecco gettate le basi del neocolonialismo. Il paese finì di pagare gli interessi su questo debito nel 1952.
Alcuni dati: secondo un’inchiesta della Banca Mondiale (del 2021, la più recente disponibile) 6 persone su 10 (ossia circa 6,3 milioni di persone, il 63%, su una popolazione totale di circa 10 milioni, di cui il 90% di origine africana) sono in povertà assoluta. L’ONU fissa in meno di 2 dollari al giorno la soglia della povertà. Il 22% dei bambini soffre di denutrizione cronica. Dei 2,1 milioni di persone danneggiate dall’uragano Mathew dell’ottobre 2016, 1 milioni ha bisogno di aiuti umanitari.
Haiti non era un paese povero, Haiti è stata impoverita. Nel suo sottosuolo giacciono terre rare, litio e titanio. E dietro la maschera dell’economia “green”, le multinazionali da tempo si muovono per un cambiamento della Costituzione haitiana, che oggi impedisce, almeno formalmente, la compravendita delle terre coltivabili.
Un capitolo a parte meriterebbe inoltre l’opera di “cancellazione” di questa realtà, che emerge solo quando un evento è troppo traumatico per non apparire sulle prime pagine dei giornali.
Un altro Stato “fallito”?
Il terremoto haitiano viene cancellato da una notizia che viene da un altro Stato “fallito”, l’Afganistan. Dopo 20 anni di guerra guerreggiata e occupazione, le truppe USA se ne vanno, apparentemente con la coda tra le gambe.
Vi ricordate della Daisy Cut, la bomba “taglia margherite”, utilizzata prima nella guerra del Golfo r poi in Afganistan? Una bomba dagli effetti simili ad un’atomica, salvo per le radiazioni, adatta ad essere utilizzata sulle montagne afgane.
E cosa resta dopo 20 anni di guerra, 100.000 civili uccisi, feriti, mutilati, sfollati, la devastazione e la rapina del territorio come mezzi della “guerra al terrorismo”? (Tanto per ricordare, perchè abbiamo la memoria corta, gli attentatori delle Torri Gemelle erano o avevano legami con i grandi amici degli USA nel Golfo, le monarchie saudite, che piacciono molto anche a Matteo Renzi… sarà perché pagano così bene??).
Restano le lacrime di coccodrillo per i profughi, che quando ieri erano bombardati anche dalla missione militare italiana non erano altrettanto degni di pietà e qualche foto strappalacrime con i bambini (come sempre).
E se è vero che questa è una sconfitta militare per gli USA e gli alleati della NATO (governi italiani che si sono succeduti in questo ventennio compresi), la potenza militare più forte al mondo contro un esercito di “straccioni”, è anche vero che da 20 anni le multinazionali stanno rapinando il paese delle sue ricchezza, ad un prezzo di sangue salatissimo.
L’industria militare ringrazia: la produzione di armamenti è aumentata vertiginosamente. Ora le armi che gli USA “hanno dovuto abbandonare” in Afganistan sono probabilmente ormai obsolete e ci troveremo davanti ad una nuova corsa in avanti dell’industria militare.
E’ proprio vero - finchè c’è guerra c’è speranza, diceva Alberto Sordi.
E ripensiamo alle parole di Julian Assange, il creatore di Wikileaks, oggi prigioniero politico per aver svelato i crimini di guerra occidentali in vari paesi e a cui va tutta la nostra solidarietà e un appello a continuare la lotta per la sua liberazione: “L'obiettivo è utilizzare l'Afghanistan per riciclare denaro dalle basi fiscali degli Stati Uniti e dei paesi europei attraverso l'Afghanistan e riportarlo nelle mani delle élite della sicurezza transnazionale» (...) «L'obiettivo è una guerra eterna, non una guerra di successo».
E vogliamo ricordare alle anime belle che oggi si stracciano le vesti per il “destino” delle donne afgane, che negli anni tra il 1978 e l’89, nell’allora Repubblica Democratica dell’Afganistan (RDA), quelle donne andavano all’università, lavoravano, portavano la minigonna. Poi arrivarono i talebani (allora chiamati “Freedon fighters”), creati, organizzati, addestrati e pagati dagli USA, e spazzarono via tutto questo , comprese le riforme del governo “filo-sovietico”: distribuzione delle terre a 20.000 contadini, abolizione della decima dovuta dai braccianti ai latifondisti, regolazione dei prezzi, servizi sociali e istruzione per tutti, diritto di voto alle donne, proibizione dei matrimoni forzati, ecc. ecc..
In ultimo, anche l’Afganistan è uno tra i paesi più poveri del mondo, o almeno lo sono gli afgani. Il paese è invece un paradiso minerario, che è stato stimato in 1 trilione di dollari, e costituito da litio, terre rare, oro e uranio.
L’elenco degli Stati “falliti” – non per propri errori ma grazie alle politiche economiche e militari dell’imperialismo - è lungo e si estende per tutto il globo, da occidente a oriente.
E’ quello che Naomi Klein chiama “la dottrina dello shock”. Davanti a eventi catastrofici, naturali o no, inevitabili o organizzati ad hoc, è molto più semplice stravolgere le regole precedenti e aprire non le porte, ma i portoni, al neoliberismo.
Le sorti dei popoli come quelli di Haiti e dell’Afganistan non sono una componente dell’equazione.
E questo dovrebbe farci riflettere su un ordine alternativo, che noi continuiamo a chiamare socialismo, prima che il disastro si abbatta anche su chi non se l’aspetta.
(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni
Anteprima dell'articolo della rivista "nuova unità" n. 5 -settembre 2021
dom
29
ago
2021
gio
26
ago
2021
IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA
La cacciata degli eserciti invasori a sostegno del governo fantoccio servo degli imperialisti e la precipitosa e rovinosa fuga dall’Afganistan degli USA e delle truppe di occupazione militari occidentali ci porta ad alcune brevi considerazioni.
Se gli USA sono impegnati in tutte le guerre del mondo, ricordiamo che a Cuba, paese sovrano, gli USA sono presenti occupando militarmente la base di Guantanamo, in Italia alla fine degli anni ‘70 si contavano 143 basi e installazioni militari USA-NATO con migliaia di soldati.
L’Italia - da sempre considerata “il più fedele alleato degli USA” e la sua portaerei nel mediterraneo - è costretta dai governanti succedutisi alla guida del paese (siano stati essi di destra o di sinistra) alle servitù militari.
I soldati USA e NATO la fanno da padroni, nella più totale impunità e disprezzo delle leggi dello stato cui invece ogni cittadino Italiano è sottoposto (un esempio per tutti il massacro del Cermis, dove nel 1998 un aereo militare USA partito dalla base militare di Aviano per un’esercitazione a bassa quota, proibita dalla legge italiana, tranciando un cavo di una funivia, provocava la morte di 20 persone. I piloti, sottratti alla giustizia italiana, sono stati giudicati e assolti negli USA).
Queste basi - concesse a suo tempo come baluardo alla lotta ”contro il comunismo” - sono state sempre usate per le aggressioni imperialiste (Corea, Vietnam, Somalia, Yugoslavia, Afghanistan, Iraq e ad altri popoli che si opponevano alla penetrazione imperialista).
Nonostante le lotte di consistenti settori del proletariato contro la guerra, con scioperi e manifestazioni, le basi militari sono tuttora presenti e di alcune se ne sta progettando l’ampliamento.
L’Italia, paese imperialista che mantiene sul suo territorio basi militari USA e NATO, fa la stessa operazione in altri paesi, con contingenti militari e basi in 40 paesi.
Con la pandemia di covid19, la situazione del proletariato in Italia e nel mondo è peggiorata ulteriormente.
Stando ai dati dell'Eurostat, i disoccupati italiani erano 2 milioni e 479mila nel dicembre 2019; esattamente un anno dopo, con in mezzo la pandemia di Covid-19 e i pesanti contraccolpi sull'economia, le persone senza lavoro sono calate a 2 milioni e 250mila. Eppure i morti sul lavoro sono aumentati.
Ora con lo sblocco dei licenziamenti e il nuovo codice degli appalti e subappalti emanato dal governo Draghi, che permette il massimo ribasso, aumenteranno licenziamenti, sfruttamento, insicurezza e morti sul lavoro.
Da sempre tutti i partiti borghesi (di destra e di sinistra) sostengono che la soluzione della disoccupazione sta nella ripresa dell’economia capitalistica. I fatti dimostrano invece che è l’economia capitalistica che crea disoccupazione: maggiore sarà il suo sviluppo, peggiori saranno le condizioni di vita dei proletari e della maggioranza della popolazione mondiale. I dati dimostrano che più le aziende licenziano i lavoratori, più sale il valore delle loro azioni.
Il nemico è in casa nostra.
O mettiamo in discussione con la lotta questo modo di produzione e il sistema capitalista che continua a riprodurre i borghesi come padroni e gli operai come schiavi salariati, ponendoci l’obiettivo del potere operaio e un sistema socialista, o la situazione sarà sempre peggio per gli sfruttati.
gio
19
ago
2021
I cantori dell’Afghanistan adesso vanno confinati nel disprezzo eterno
di Alessandro Robecchi (*); da: ilfattoquotidiano.it ¸18.8.2021
Ero tentato di scrivere al direttore per chiedergli – invece dello spazio di questa rubrichina – una pagina, o due, o tre, per elencare tutti gli insulti ricevuti negli anni da quelli, come me e molti altri, che alla guerra in Afghanistan (e in Iraq) sono sempre stati contrari. Utopisti, imbelli, amici dei talebani (qualche imbecille col botto lo ha detto anche ieri), comprese insolenze di stampo fascista (malpancisti, panciafichisti), più analisi geopolitiche dei puffi, più rapporti amorosi (ed economici) con la Cia e il Pentagono, più le accuse di tradimento dell’Occidente. Insomma, mi limito a questa minuscola sintesi delle infamie ricevute per vent’anni. Anche ieri, su Repubblica, Francesco Merlo ci ricordava che “il pacifismo assoluto è un’utopia infantile e qualche volta pericolosa”, ed ecco sistemato anche Gino Strada (ciao, Gino).
Siamo abituati agli insulti, anche se alcuni – recentissimi, di ieri – suonano davvero intollerabili (ah, sei contento che gli americani si ritirano! E le donne? E i bambini? Sei come i talebani!), argomenti di poveri disperati che preferiscono fare la figura dei coglioni piuttosto che ammettere un errore politico durato due decenni.
Paradossalmente, la vergogna non riguarda solo una guerra criminale e sbagliata, ma anche il suo grottesco epilogo. Speravano, tutti gli “armiamoci e partite”, che l’esercito del governo fantoccio resistesse almeno tre mesi. Cioè: “fatevi sbudellare per permetterci di scappare con più agio”. La risposta – comprensibile – è stata “col cazzo”, e mentre i militari da noi così efficacemente addestrati (ahah, ndr) si arrendevano, i loro capi, da noi così generosamente coperti di soldi, scappavano oltre confine, e chi s’è visto s’è visto.
Avendo letto qualche libro di storia, avevamo imparato che chi perde una guerra viene sostituito, cacciato, sommerso dal disprezzo, insomma, il famoso “vae victis”, guai ai vinti. E invece no.
Perché i cantori della guerra persa non hanno perso per niente. Ne escono vittoriosi, più ricchi e più grassi – insieme ai feroci talebani – anche tutti gli apparati militari occidentali, che per vent’anni sono stati ricoperti d’oro per sostenere il più grande affare del mondo: la guerra al terrorismo. Tremila miliardi di dollari, è costato tutto questo scempio di vite, per lo più intascati da contractors privati, produttori di bombe, lobbisti delle armi, consulenti strategici, Pentagono, servizi segreti.
Con tremila miliardi di dollari, in vent’anni, si potevano consegnare a ogni afghano centomila dollari in contanti, trasformando quel paese in una specie di Svizzera o Lussemburgo.
Invece i soldi sono passati da una tasca all’altra degli invasori – una partita di giro – e per gli afghani bombe e terrore. I “signori della guerra” (cfr. Bob Dylan, 1963) siedono a Washington e nelle cancellerie occidentali, nei giornali che hanno insultato per vent’anni (e continuano tuttora) i pacifisti, nelle lobby degli armamenti, tra tutti i parlamentari che per vent’anni hanno finanziato e rifinanziato le missioni armate all’estero chiamandole “missioni di pace” e “umanitarie”, e si è visto..
Non si farà fatica a ricordare nomi e cognomi, da Bush a Blair giù giù fino ai pensosi corsivi di oggi che ci spiegano, in clamorosa malafede, che la guerra era giusta, peccato per come è finita. Ecco, segnarsi i nomi, almeno quello, in modo da non votarli mai più, non leggerli mai più, da confinarli nel disprezzo eterno.
Non sarà un risarcimento, ma almeno un piccolo esercizio di dignità personale.
mer
18
ago
2021
Una pagina di storia della resistenza al nazifascismo e del movimento operaio.
LA VOLANTE ROSSA
La Volante Rossa inizia, sul finire del '45, un'implacabile lotta clandestina contro i risorgenti movimenti neofascisti. Si tratterà di uno scontro tra organizzazioni paramilitari senza esclusione di colpi.
Nel primo anno di vita l'attività della Volante Rossa viene portata avanti nella clandestinità più assoluta ed è difficile supporre quante azioni abbia compiute. Sono comunque molti i fascisti che scompaiono e che si pensa siano emigrati in Argentina, mentre i loro cadaveri finiscono nella colata della Breda oppure in fondo al Lago Maggiore o a qualche stagno, assicurati con una pietra mediante cavo di ferro a evitare la corrosione della corda.
Solo in qualche caso trapelano sui giornali notizie di questa attività, che nessuno collega peraltro all'azione di un'organizzazione di sinistra. I fascisti vengono prelevati, interrogati e spesso rilasciati. Se non si tratta di criminali o di pedine importanti all'interno delle rinascenti organizzazioni neofasciste, vengono invitati semplicemente a tornare al paese d'origine e a smettere di fare attività politica.
Se giudicati colpevoli vengono invece eliminati, magari mediante una gita in barca. Lo stile è insomma ancora quello tipico della "giustizia partigiana".
Autunno 1947 - Con sempre maggiore frequenza i fascisti escono amnistiati o assolti dalle galere: inizia il "processo" al movimento partigiano (si fa un gran parlare dell’oro di Dongo); riprendono le azioni terroristiche della destra.
"Quando poi si verificarono le prime occupazioni di fabbrica a Milano (4), perché non venivano accettate le richieste degli operai, e allora arrivava la polizia e buttava fuori gli operai, noi andavamo là di notte, buttavamo fuori la polizia e riportavamo dentro gli operai.
Questo aiutava molto la lotta degli operai, che in caso di bisogno sapevano a chi rivolgersi. Già prima la Volante Rossa, alla base, tra i compagni, gli operai, era diventata un simbolo in tutta la Lombardia.
Durante le manifestazioni, se c'erano quattro o cinque della Volante Rossa, immediatamente si formava un nucleo attorno a loro, perché nell'ambito della classe operaia eravamo conosciuti come gente che non stava lì troppo a discutere, ci si riconosceva come gente che li difendeva dai soprusi, dai quali la legalità non li difendeva. Quando intervenivamo, certe cose si modificavano all'interno della fabbrica. La Volante Rossa galvanizzava e creava una reazione all'assoggettamento dentro la fabbrica".
Frattanto incominciano a rientrare nelle fabbriche i dirigenti epurati e molti di essi tendono a ripristinare i vecchi metodi disciplinari e repressivi. Così il 12 dicembre ’47 - in seguito alla sollecitazione di numerosi operai della Falck - arrivano su un camion venticinque della Volante Rossa, riconoscibili dai loro giubbotti. Scendono in 4 e salgono in via Natale Battaglia 29: chiedono dell'Ingegner Italo Toffanello, vice direttore dello stabilimento Vittoria delle Acciaierie Falck, poi epurato perché iscritto al Partito Fascista e ritenuto responsabile della deportazione in Germania di 60 operai.
Sono le 21 e 20 e la serata è gelida, ha appena nevicato. Si puntano le rivoltelle all'ingegnere, che è fatto salire sull'autocarro e condotto sulla Piazzetta ex Reale, vicino a piazza del Duomo. "Potremmo fare quello che vogliamo nei tuoi confronti. Ma ti chiediamo di spogliarti. I lavoratori sono uomini e non animali da soma. Se ritorni ai vecchi metodi il nostro prossimo intervento sarà ben diverso".
Viene abbandonato in mutande, e, preso per pazzo, rischia di finire al Paolo Pini. Un pacchetto con tutti i suoi vestiti e valori viene depositato presso il distributore di benzina di piazzale Loreto. Poi si telefona alla polizia di venire a ritirarlo. Appuntato al pacco, un biglietto: "È stata data una lezione al signor Toffanello: ora restituiamo scrupolosamente ciò che era in suo possesso".
Segue l’inventario degli oggetti e la firma: "Un gruppo di bravi ragazzi".
(da Cesare Bermani, "La Volante Rossa", in "Primo Maggio", inverno 77-78, n. 9/10)
(4) Così è successo, per esempio, il 7 luglio ’48 alla Motta; l’8 luglio alla Bezzi, il 9 luglio alla Breda.
lun
16
ago
2021
AFGANISTAN: IL FALLIMENTO DELLA DEMOCRAZIA ARMATA IMPERIALISTA
Dopo aver saccheggiato per 20 anni con la forza dei suoi carri armati, aerei da guerra e soldati l’Afganistan, gli Usa, la Nato e le potenze occidentali si mobilitano freneticamente per scappare dal paese davanti all’avanzata dei talebani che controllano anche Kabul dimostrando ai popoli del mondo, agli operai dell’Afganistan e di tutto il mondo la vera natura del capitalismo: ruba tutto quello che puoi e scappa quando sei in pericolo. Una fuga precipitosa che lascia decine di migliaia di cadaveri, scappati ingloriosamente con la coda fra le gambe abbandonando le ambasciate a Kabul e i loro “collaboratori” alla ritorsione dei vincitori. Il primo a scappare è stato il presidente afgano Ashraf Ghai, marionetta degli imperialisti USA e degli occidentali lasciando tutti gli altri alla mercé del “nemico”.
Gli USA già impegnati in tutte le guerre del pianeta mentre scappano come topi minacciano interventi militari.
Si evacuano tutte le ambasciate occidentali ma restano le ambasciate e i diplomatici russi e cinesi che cercheranno di sfruttare la situazione per incrementare gli affari acquisendo le quote di mercato lasciate libere dagli imperialisti USA e Europei.
L’alleanza imperialista che ha occupato l’Afganistan oggi è sconfitta e con essa subisce un crollo la legge del profitto che spinge tutti i paesi capitalisti a rispondere con la guerra al precipitare della crisi economica. Ora gli appelli alla pace e alla distensione servono solo a coprire il rapido precipitare della situazione e a mobilitare l’opinione pubblica e gli operai a sostenere i governi e i padroni che continuano a sfruttarli nei luoghi di lavoro e usano la pandemia di covid 19 per limitare e impedire anche le fondamentali libertà personali costituzionali.
In Italia tutti i governi di qualsiasi colore, hanno inviato i militari in oltre 40 scenari di guerra chiamate “missione di pace” ed i partiti che hanno votato le missioni militari in modo ipocrita continuano a parlare di pace, di difesa della “democrazia” , di “diritti umani” mistificando le reali cause della guerra.
La guerra in Afghanistan, secondo la ricerca del progetto Costs of war della Brown University, ha causato in venti anni oltre 241 mila morti. Altre centinaia di migliaia di persone – la maggior parte civili, tra cui anche molti bambini – inoltre avrebbero perso la vita a causa della fame, delle malattie e delle ferite conseguenti alle violenze.
Anche per l’Italia la Guerra in Afghanistan, che ha fatto arricchire i capitalisti e tutta l’industria, non solo della guerra, ha avuto costi economici (pagati dalla popolazione) e profitti intascati dai padroni, con un costo di vite umane di 53 morti e 8,5 miliardi spesi.
I borghesi dopo la disfatta fanno appelli alla “pace” alla “cooperazione”, e fingono di interessarsi delle sorti del popolo afgano, delle donne e bambini, mentre continuano ad armarsi e già preparano nuove guerre economiche e militari contro chi ostacola la loro penetrazione imperialista di rapina in paesi sovrani.
Il governo Draghi e i sindacati confederali chiamano gli operai italiani ai sacrifici per risolvere la crisi accelerata dalla pandemia di covid19, per rendere più competitivo l’imperialismo italiano, le sue merci, i suoi capitali, nella guerra commerciale che precede e prepara la guerra armata per la spartizione dei mercati in molte parti del mondo.
Il governo italiano mentre parla di pace aumenta le spese militari (la spesa militare italiana nel 2021 è di poco meno di 25 miliardi di euro), e spende milioni di euro per nuove armi e aerei mentre il paese brucia per mancanza di investimenti civili, a cominciare dai Canadair e personale esperto, e sta sprofondando a cause della crisi climatica.
Oltre che sfruttare più intensamente e immiserire ai limiti della sussistenza i propri operai e lavoratori.
Le guerre nel capitalismo sono inevitabili. I padroni per combattere la concorrenza straniera vogliono disporre di materie prime a basso prezzo, strappare nuovi mercati ai concorrenti, dirottare verso l’esterno, contro lo straniero, i crescenti contrasti di classe tra borghesi e operai in ogni paese. Ogni popolo ha diritto di scegliere il suo governo, anche se questo può non piacere ad altri.
SOLIDARIETA’ RIVOLUZIONARIA TRA I POPOLI OPPRESSI E GLI OPERAI DI TUTTO IL MONDO CONTRO I PROPRI PADRONI!
Centro di Iniziativa Proletaria “G: Tagarelli”
Sesto San Giovanni (Mi) 16 agosto 2021
gio
12
ago
2021
NOI E VOI, PROLETARI E BORGHESI
Non sono soltanto i capitalisti, i loro servi e gli ipocriti coscienti, gli scienziati e i preti a sostenere e a difendere la menzogna borghese che lo stato difende gli interessi di tutti, ma anche molte persone che pur essendo sfruttate credono che lo stato sono loro.
Questa concezione serve a difendere gli interessi delle classi sfruttatrici, - le grandi multinazionali /transnazionali, i grandi proprietari fondiari, cioè i capitalisti/imperialisti , e serve così bene i loro interessi, che è riuscita a cambiare profondamente tutte le abitudini, tutte le idee, tutta la scienza dei signori rappresentanti della borghesia.
Questa concezione dello stato serve a giustificare i privilegi sociali, l'esistenza dello sfruttamento, la giustificazione all'esistenza del capitalismo; ecco perché è un enorme errore attendersi l'imparzialità dello stato e credere che in una società divisa in classi ci siano istituzioni neutrali, al di sopra delle parti e una scienza pura.
Lo stato borghese in una società divisa in classi serve a mantenere lo sfruttamento dell'uomo capitalista da parte dell'uomo proletario, a legittimare i padroni, i possessori degli schiavi salariati.
Lo stato, il governo è un apparato speciale di costrizione, di sottomissione della volontà altrui per mezzo della violenza - carceri, reparti speciali, truppe, ecc.. Lo stato è una macchina per mantenere il dominio di una classe sull'altra.
La legge dice di essere uguale per tutti, di difendere tutti egualmente, ma in realtà difende la proprietà privata dei mezzi di produzione e le proprietà dei ricchi dagli attacchi di quella massa di esseri umani che, non avendo proprietà, non possedendo nulla all'infuori delle proprie braccia, s'immiserisce a poco a poco, si rovina, e si trasforma in massa di proletari.
I padroni spendono decine di miliardi di euro per diffondere le menzogne borghesi a sostegno della politica imperialista, della scienza al servizio del capitale e mantenere il loro potere e dominio.
Solo i borghesi e gli ipocriti coscienti, gli scienziati asserviti al capitale e i preti possono sostenere e difendere la menzogna borghese, la quale afferma che lo stato difende gli interessi di tutti. Per dirla con Lenin
|
"Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni. I fautori delle riforme e dei miglioramenti saranno sempre ingannati dai difensori del passato, fino a quando non avranno compreso che ogni vecchia istituzione, per barbara e corrotta che essa sembri, si regge sulle forze di queste o quelle classi dominanti. E per spezzare la resistenza di queste classi vi è un solo mezzo: trovare nella stessa società che ci circonda, educare e organizzare per la lotta forze che possono – e che per la loro situazione sociale debbano – spazzar via il vecchio ordine e crearne uno nuovo”. |
mar
10
ago
2021
PER RICORDARE I PARTIGIANI E LA LOTTA SEMPRE ATTUALE CONTRO IL NAZIFASCISMO.
Odio gli indifferenti di Antonio Gramsci
“Odio gli indifferenti.
Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.
L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i
programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla
sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri
bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli
pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie
lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni
cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere
cittadino, e parteggiare. Indifferenza e' abulia, e' parassitismo, e' vigliaccheria, non e' vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza e' il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, e' la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, e' la palude che recinge la vecchia
città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa
desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e' ciò su cui non si può contare; e' ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio
costrutti; e' la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può
generare, non e' tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti.
Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non e' altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo.
Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non e' responsabile.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri
bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che e'
successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per
evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non e' animato da alcuna luce morale; e' prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi da' noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto a ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone
quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie
lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su
pochi, in essa ogni cosa che succede non e' dovuta al caso, alla fatalità, ma e' intelligente opera dei cittadini.
Non c'e' in essa nessuno che stia alla
finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la
sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non e' riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
lun
02
ago
2021
LA "SCIENZA" È NEUTRALE?
Il "Manifesto della razza" fu redatto e sottoscritto da dieci "illustri scienziati". Tra i promotori del “Manifesto” vi erano docenti universitari, direttori di ospedali e famosi medici, come ve ne erano tra i 320 “intellettuali” che successivamente aderirono a quel demenziale documento.
Pubblicato, con il titolo Il fascismo e i problemi della razza, su “Il Giornale d'Italia” del 14 luglio 1938, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipa di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, Il Manifesto diviene la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista.
Queste le proposizioni "scientifiche" che fissarono le basi del razzismo fascista.
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
I firmatari:
Lino Businco, docente di patologia generale, 'Università di Roma
Lidio Cipriani, docente di antropologia, Università di Firenze
Arturo Donaggio, docente di neuropsichiatria, Università di Bologna, nonché presidente della Società Italiana di Psichiatria
Leone Franzi, docente di pediatria, Università di Milano
Guido Landra, docente di antropologia, Università di Roma
Nicola Pende, docente di endocrinologia, Università di Roma, nonchè direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica
Marcello Ricci, docente di zoologia, Università di Roma
Franco Savorgnan, docente di demografia, Università di Roma, nonché presidente dell'Istituto Centrale di Statistica
Sabato Visco, docente di fisiologia, Università di Roma, nonché direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche
Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.
(ANPI.IT, 21/03/2016)
Sami Behare
lun
26
lug
2021
Il capitalismo uccide
Lotte operaie, repressione e unità di classe. La vita vale più dei profitti
Michele Michelino (*)
Il 18 giugno scorso durante una partecipata manifestazione - presidio contro i morti sul lavoro e per la sicurezza nei luoghi di lavoro davanti alla sede degli industriali milanesi (Assolombarda) organizzata da alcune associazioni (Assemblea lavorativi combattivi di Milano, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Medicina Democratica Comitato Ambiente e Salute Teatro alla Scala, Comitato Difesa Sanità Pubblica Zona Sud Ovest Milano), hanno preso la parola anche diversi delegati RSU di CUB, Slaicobas, Sicobas, USI. Durante il presidio è arrivata, come un pugno nello stomaco, la notizia dell’assassinio di un lavoratore, un compagno del Sicobas investito da un camion durante un picchetto. Dopo anni di divisioni sindacali la manifestazione unitaria di varie sigle sindacali e associazioni davanti alla sede dei padroni contro tutti i morti del profitto segna una svolta sulla strada dell’unità di classe.
Questo ennesimo omicidio padronale il 18 giugno 2021, ha avuto per la prima volta in Italia una risposta unitaria di classe. Allo sciopero nazionale della logistica, indetto da SiCobas, questa volta hanno aderito varie sigle sindacali, anche confederali (fra cui i lavoratori della CGIL dello stesso posto di lavoro dell'operaio assassinato), per protestare contro l’assassinio di un lavoratore ucciso, Adil Belakhdim, coordinatore dei SiCobas a Novara, volontariamente investito da un camionista aizzato dai padroni della logistica che ha forzato il blocco delle merci. L’autista arrestato dopo pochi chilometri e stato messo ai domiciliari e l’omicidio catalogato come incidente stradale dimostrando come la giustizia sia al servizio solo dei padroni e dei loro servi.
L’omicidio di Adil ha risvegliato la coscienza di molti lavoratori. Per la prima volta dopo molto tempo i lavoratori sono scesi in sciopero in vari parti d’Italia riconoscendo in questo omicidio un attacco a tutta a classe operaia.
La normalità del capitalismo è che ogni giorno si muore sul lavoro, nelle fabbriche, nelle campagne, nei cantieri, nella logistica. Ricordiamo che un omicidio simile era già avvenuto alla GLS di Piacenza il 14 settembre 2016. A morire quella volta fu Abd Elsalam, attivista USB, e anche quella volta la risposta unitaria dei lavoratori e di alcuni sindacati di base fu importante.
I padroni divisi nella concorrenza sono uniti nello sfruttamento dei lavoratori. Repressione violenta contro i lavoratori in lotta, arresti, aggressioni, ai picchetti dei lavoratori che bloccano i camion, manganellate delle forze dell’ordine, carabinieri e polizia, degli apparati “legali” dello stato e da quelle “illegali” di bodyguard, fascisti e crumiri protetti dagli sbirri come nell’aggressione avvenuta l'11 giugno 2021 contro gli scioperanti dell'azienda Zampieri di Lodi che lasciarono sul campo di battaglia una decina di lavoratori feriti e uno ridotto in fin di vita.
dom
25
lug
2021
INTRIGHI INTERNAZIONALI
Scambi tra Italia, Usa e Francia per rafforzare l’imperialismo
A Bruxelles il 14 giugno si sono incontrati i potenti dei paesi che fanno parte della NATO per rafforzare il «legame transatlantico» tra Stati uniti ed Europa su tutti i piani: politico, economico, spaziale, tecnologico e, soprattutto, militare. Mentre gli Usa e la Gran Bretagna hanno assicurato gli alleati che la “NATO resterà un'alleanza nucleare” hanno deciso di aumentare la spesa militare. Per il 2021 l'Italia pagherà 30 miliardi di dollari che presto diventeranno 40. Una cifra che esclude le spese per il mantenimento delle basi militari sul territorio italiano - sedi appunto di armi nucleari - e delle missioni all'estero che non certo umanitarie come vogliono farci intendere, ma di addestramento delle forze locali e di difesa degli interessi economici delle grandi potenze nei vari territori occupati e saccheggiati.
Non c’è limite alle spese militari, però si specula sui lavoratori. I padroni devono recuperare il profitto perso con la crisi economica e in seguito alle misure prese per la Covid 19, il Governo - a guardia della borghesia nazionale ed europea - opera per diminuire la tensione sociale che teme si allarghi e diventi incontrollabile.
Dopo l’aumento dei ritmi che portano a continui incidenti e morti sul lavoro, dopo le delocalizzazioni, le cessazioni di attività nonostante il blocco Covid 19, Governo, Confindustria, Confapi, CNA, sindacati confederali si sono accordati per sbloccare i licenziamenti. Prime grandi vittime 152 operai della Gianetti Ruote di Monza e 422 della GKN di Campi Bisenzio (leggi all’interno).
Il patto comprende contratti di solidarietà, intese di riduzione e rimodulazione dell’orario di lavoro. La proroga riguarda solo i settori del tessile, calzaturiero e moda, un altro modo per dividere il fronte di classe.
ven
23
lug
2021
VIVO A CUBA.
di ALEIDA GUEVARA MARCH
Vivo a Cuba, amo il mio popolo e difendo la nostra rivoluzione. Sono un medico internazionalista, sono orgoglioso di esserlo, perciò vedo la realtà, sono critico, perché capisco che ci sono molte cose che dobbiamo migliorare e molte altre che dovremo cambiare, ma mi sono formato con una grande influenza di Marti e José Martí diceva che il sole ha delle macchie, ma dà così tanta energia e così tanta luce che noi uomini non vediamo le sue macchie.
Ci ha insegnato a rispettare gli esseri umani, non possiamo pensare tutti allo stesso modo, ma tutti abbiamo il diritto di essere ascoltati e soprattutto di essere presi in considerazione, naturalmente per ottenere questo dobbiamo guadagnarci questo diritto.
Puoi gridare molto e molto forte, ma se quelli accanto a te gridano qualcos'altro, non importa quanto forte tu gridi, nessuno ti capirà, per questo l'unità di criteri è importante e io raccomando sempre di non criticare solo qualcosa, ma di essere capaci di proporre soluzioni.
Quello che mi è molto chiaro è che non è possibile usare la violenza per farsi ascoltare; quando lo si fa, l'unica cosa che si ottiene è il rifiuto, soprattutto da un popolo che ha molte persone con un alto livello di cultura e dignità.
Alcuni giorni fa, persone senza scrupoli hanno commesso atti di vandalismo in diverse città del mio paese. Mi riferisco a spaccare vetrine, rubare nei negozi, lanciare pietre negli ospedali pediatrici, girare le macchine in mezzo alla strada, a volte con i colleghi dentro, insomma, cose a cui noi cubani non siamo abituati e con espressioni che dimostravano un livello culturale molto basso, distillando odio e molte bugie e quello che mi dà più fastidio è che non hanno vergogna nel riconoscere i loro legami finanziari con le istituzioni con le istituzioni governative degli Stati Uniti d'America.
Come ho detto, la rivoluzione cubana è lungi dall'essere perfetta, ma gli unici che hanno il diritto di risolvere questi problemi siamo noi, nessun altro paese del mondo ha il diritto di intervenire nei nostri affari interni, e alcune di queste persone chiedevano l'intervento di potenze straniere, immaginate la reazione del popolo. Quello che ancora non capiscono è che Cuba è un popolo dignitoso e quando qualcuno mette in dubbio questa dignità, il popolo si unisce e difende con passione la sua sovranità.
Abbiamo molti problemi di alloggio, abbiamo serie difficoltà con i trasporti urbani, per peggiorare le cose con questa brutale pandemia che tutti stiamo soffrendo, il governo degli Stati Uniti ha rafforzato le misure di blocco che ha mantenuto sul mio paese per quasi 60 anni, così abbiamo una mancanza di medicine, per esempio antibiotici orali, forniture come siringhe, e a causa della persecuzione finanziaria a cui siamo sottoposti, non possiamo comprare tutto il cibo che ci serve. Inoltre, negli ultimi tempi è stato un calvario far arrivare sulle nostre coste le navi straniere con le cose di cui abbiamo bisogno, compreso il petrolio necessario per evitare quei fastidiosi blackout di cui soffriamo.
Ora qualcuno può dirmi qual è la preoccupazione del governo americano per il benessere del mio popolo se mantiene un tale blocco contro di noi?
Onestamente non lo capisco.
Nonostante tutto questo, siamo l'unico paese dell'America Latina con due vaccini contro il Covid-19, fatti con grande sacrificio, ma da noi, senza l'interferenza di nessuna casa farmaceutica internazionale, che ci permette di vaccinare gratuitamente tutta la nostra popolazione e che ci permette di aiutare altri popoli in difficoltà.
Voglio che sappiate che se voi, come popolo americano, avete bisogno della nostra solidarietà, la forniremo volentieri. Non dimenticate che la brigata internazionalista di medici e operatori sanitari che ha lavorato in più di 50 paesi del mondo per aiutare a sconfiggere questa pandemia porta il nome di un giovane americano che ha combattuto a fianco del mio popolo contro il dominio spagnolo.
Fonte: Elías Rafael ELJURI ABRAHAM già Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela c/o la FAO
dom
18
lug
2021
Cuba resiste
di Frei Betto (*); da: cubadebate.cu: 15.7.2021
Sono in pochi ad ignorare la mia solidarietà con la Rivoluzione cubana. Per 40 anni ho visitato con frequenza l’isola per impegni di lavoro ed inviti ad eventi. Per un lungo periodo ho fatto da mediatore nella ripresa del dialogo tra i vescovi cattolici ed il governo cubano, come ho descritto nei miei libri “Fidel e la religione” e “Paradiso perduto – Viaggi nel mondo socialista”.
Attualmente, su incarico della FAO, faccio il consigliere del governo cubano nello sviluppo del Piano di Sovranità Alimentare e Educazione Nutrizionale.
Conosco nei particolari la vita quotidiana cubana, comprese le difficoltà che la popolazione affronta, le sfide alla Rivoluzione, le critiche degli intellettuali e degli artisti del paese. Ho visitato carceri, ho parlato con oppositori della Rivoluzione, ho convissuto con sacerdoti e laici cubani che si oppongono al socialismo.
Quando mi dicono – a me che sono brasiliano – che a Cuba non c’è democrazia, scendo dall’astrazione delle parole alla realtà.
Quante foto o notizie sono state viste o si vedono di cubani in miseria, mendicanti sdraiati sui marciapiedi, bambini abbandonati nelle strade, famiglie sotto i viadotti? Qualcosa di simile alla ‘crackolandia’ (quartiere povero di Sao Paulo, dove impera il traffico e il consumo di droghe,n.d.t.), alle milizie, alle lunghe code di malati che aspettano anni per essere curati in un ospedale?
Avverto gli amici: se in Brasile sei ricco e vai a vivere a Cuba, conoscerai l’inferno. Non potrai cambiare auto ogni anno, comprare vestiti firmati, viaggiare spesso in vacanza all’estero.
E, soprattutto, non potrai sfruttare il lavoro degli altri, mantenendo i tuoi dipendenti nell’ignoranza, né essere ‘orgoglioso’ di Marìa, la tua cuoca da vent’anni, a cyi neghi l’accesso ad una casa sua, alla scolarizzazione e al piano sanitario.
Se sei della classe media, preparati a conoscere il purgatorio. Anche se Cuba non è più una società statale, la burocrazia persiste, bisogna aver pazienza nelle code al mercato, molti prodotti disponibili questo mese possono non esserlo più il prossimo a causa dell’incostanza delle importazioni.
Ma se sei un operaio, povero, senza casa o senza terra (come la maggioranza della gente in America Latina), preparati a conoscere il paradiso. La Rivoluzione garantirà i tuoi tre diritti umani fondamentali: l’alimentazione, la salute e l’educazione, così come la casa e il lavoro.
Forse avrai un grande appetito perché non potrai mangiare quello che ti piace, ma non avrai mai fame. La tua famiglia disporrà di educazione e assistenza sanitaria, compresa la chirurgia complessa, totalmente gratuite, come dovere dello Stato e diritto del cittadino.
Non vi è nulla di più prostituito del linguaggio. La celebre democrazia nata in Grecia ha i suoi meriti ma è bene ricordare che, a quel tempo, Atene aveva 20 mila abitanti che vivevano del lavoro di 400 mila schiavi…. Cosa risponderebbe uno di quelle migliaia di servi se gli si chiedesse cosa pensa delle virtù della democrazia?
Non desidero per il futuro di Cuba il presente del Brasile, della Colombia, dell’Honduras e nemmeno quello di Portorico, una colonia statunitense a cui è stata negata l’indipendenza. E nemmeno voglio che Cuba invada gli Stati Uniti e occupi la zona costiera della California, come è il caso di Guantanamo, che si è trasformata in un centro di tortura e in una prigione illegale per presunti terroristi..
La democrazia, per me, significa “Padre Nostro” – l’autorità legittimata per volontà popolare – e il “Nostro Pane” la condivisione dei frutti della natura e del lavoro umano. La rotazione elettorale non fa, né assicura, una democrazia. Brasile e India, considerate democrazie, sono esempi evidenti di miseria, povertà, esclusione, oppressione e sofferenza.
Solo coloro che conoscono la realtà di Cuba prima del 1959 sanno perché Fidel contò su un tale appoggio popolare da poter portare alla vittoria la Rivoluzione.
Il paese era conosciuto con il nomignolo di “bordello dei Caraibi”. La mafia dominava le banche e il turismo (ci sono vari film su questo). Il principale quartiere dell‘Avana, ancora chiamato Vedado, aveva questo nome perché non era permesso ai neri di circolarvi….
Gli USA non si sono mai consolati di aver perso la Cuba sottomessa alle loro ambizioni. Per questo, poco dopo la vittoria dei guerriglieri della Sierra Maestra, cercarono di invadere l’isola con truppe mercenarie. Furono sconfitti nell’aprile 1961. L’anno dopo il presidente Kennedy decretò il blocco di Cuba, che continua ancor oggi.
Cuba è un’isola con poche risorse. E’ obbligata ad importare più del 60% dei prodotti essenziali del paese. Con l’inasprimento del blocco promosso da Trump (243 nuove misure, e per il momento non ritirate da Biden), e con la pandemia, che ha azzerato una delle principali fonti di risorse del paese, il turismo, la situazione interna è peggiorata.
I cubani hanno dovuto stringere la cinghia. Allora coloro che sono scontenti della Rivoluzione, che gravitano nell’orbita del ‘sogno americano’ hanno promosso le proteste di domenica 11 luglio – con l’aiuto ‘solidale’ della CIA, il cui capo ha appena fatto un giro nel continente, preoccupato per i risultati delle elezioni in Perù e Cile.
Chi spiega meglio la situazione attuale di Cuba è il suo presidente, Dìaz-Canel: “E’ cominciata la persecuzione finanziaria, economica, commerciale ed energetica. Loro ( la Casa Bianca) vogliono che si produca un’esplosione sociale interna a Cuba per chiedere “missioni umanitarie” che si traducano in invasioni e ingerenze militari.
Siamo stati onesti, siamo stati trasparenti, siamo stati chiari, e in ogni momento abbiamo spiegato alla nostra gente le complessità dell’attualità. Ricordo che più di un anno e mezzo fa, quando cominciava il secondo semestre del 2019, abbiamo dovuto spiegare che eravamo in una situazione difficile. Gli USA hanno avevano cominciato ad intensificare una serie di misure restrittive, indurimento del blocco, persecuzioni finanziarie contro il settore energetico, con l’obiettivo di strangolare la nostra economia. Questo provocherebbe il desiderato scoppio sociale di massa, per poter chiedere un intervento “umanitario” che finirebbe in un intervento militare.
Questa situazione è continuata, poi sono arrivate le 243 misure (di Trump, per indurire il blocco) che tutti conosciamo e alla fine è stato deciso di includere Cuba nella lista dei paesi patrocinatori del terrorismo.
Tutte queste restrizioni hanno portato il paese a tagliare immediatamente varie fonti di entrate di divise, come il turismo, i viaggi dei cubano-americani nel nostro paese e le rimesse. E’ stato attuato un piano di diffamazione delle brigate mediche cubane e delle collaborazioni solidali di Cuba, che ha ricevuto una parte importante di divise per questa collaborazioni.
L’insieme di questi elementi ha generato una situazione di carenza nel paese, principalmente di alimenti, medicine, materie prime e materiali per poter sviluppare i nostri processi economici e produttivi che, allo stesso tempo, contribuiscono alle esportazioni. Si eliminano due elementi importanti: la capacità di esportare e la capacità di investire risorse.
Abbiamo anche limitazioni per i combustibili e i pezzi di ricambio, e tutto ciò ha provocato un livello di insoddisfazione, sommato a problemi accumulati che siamo riusciti a risolvere e che venivano dal Periodo Speciale (1990-1995, quando l’Unione Sovietica crollò, con un grosso riflesso sull’economia cubana).
C’è da aggiungere una feroce campagna mediatica di diffamazione, come parte della ‘guerra non convenzionale’, che cerca di spezzare l’unità tra il partito, lo Stato e il popolo, e pretende di giudicare il governo come insufficiente e incapace di produrre benessere per il popolo cubano.
L’esempio della Rivoluzione cubana ha disturbato molto gli USA per 60 anni. Hanno applicato un blocco ingiusto, criminale e crudele, ora intensificato durante la pandemia. Blocco e azioni restrittive che mai hanno attuato contro alcun altro paese, neppure quelli che considerano i loro principali nemici.
Quindi si è trattato di una politica perversa contro una piccola isola che aspira solo a difendere la sua indipendenza, la sua sovranità e a costruire la sua società con autodeterminazione, secondo i principi che più dell’86 per cento della popolazione ha appoggiato.
Nel bel mezzo di questa situazione appare la pandemia, una pandemia che ha colpito non solo Cuba ma tutto il mondo, USA compresi. Ha colpito i paesi ricchi, e bisogna dire che a fronte di questa pandemia né gli USA né questi paesi ricchi avevano tutte le capacità per affrontare i suoi effetti.
I poveri sono stati colpiti perché non ci sono politiche pubbliche dirette al popolo, e ci sono indicatori in relazione a come si è affrontata la pandemia che mostrano risultati peggiori di quelli di Cuba in molti casi.
I tassi di infezione e di mortalità per milione di abitanti sono considerevolmente più alti negli Stati Uniti che a Cuba (gli USA hanno registrato 1.724 morti per milione, mentre Cuba sta a 47 per milione). Mentre gli USA si sono trincerati dietro al nazionalismo vaccinale, la Brigata Henry Reeves dei medici cubani continua il suo lavoro tra i più poveri del mondo (cosa per cui, naturalmente, merita il Premio Nobel per la Pace).
Senza la possibilità di invadere Cuba con successo, gli USA continuano a imporre un rigido blocco. Dopo la caduta dell’URSS, che forniva a questa isola forme di aggiramento del blocco, gli USA hanno cercato di aumentare il loro controllo sul paese caraibico.
A partire dal 1992 l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato, con schiacciante maggioranza, la fine di questo blocco. Il governo cubano ha reso noto che tra l’aprile 2019 e il marzo 2020 Cuba ha perso 5.000 milioni di dollari in potenziale commercio a causa del blocco; negli ultimi quasi 6 decenni ha perso l’equivalente di 144 mila milioni di dollari.
Ora il governo degli USA ha approfondito le sanzioni contro le compagnie di navigazione che portano petrolio all’isola.
E’ questa fragilità che scopre il fianco alle manifestazioni di scontento, senza che il governo abbia schierato né carri armati né truppe nelle strade. La resistenza del popolo cubano, alimentata da esempi come quello di Martì, del Che Guevara e di Fidel, ha dimostrato di essere invincibile.
E dobbiamo, tutti noi che lottiamo per un mondo più giusto, solidarizzare con esso.
(*) Teologo, scrittore e politico brasiliano, esponente della Teologia della Liberazione e per questo imprigionato e torturato nel 1969 dalla dittatura (il ‘regime dei Gorillas’).
Traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S. Giovanni
ven
16
lug
2021
Cuba. "Ora basta"
di Gianni Minà -giannimina.it; 14.7.2021
Sessant’anni e 12 presidenti fa, scattava l’embargo nordamericano a Cuba. Obama, nel dicembre 2014, dichiarò: “Abbiamo fallito, non abbiamo piegato Cuba. E’ ora di cambiare”.
I cubani avevano dimostrato, in tutti questi anni, dopo aggressioni subite, contrarietà e sacrifici, di voler rimanere fedeli ai loro ideali di indipendenza e giustizia sociale, secondo un modello economico socialista. Cuba non solo non è collassata, ma ha dimostrato come l’embargo economico a un popolo è una delle forme di pressione “diplomatica” tra le più crudeli mai conosciute.
Cuba è sopravvissuta sia al fallimento del socialismo reale, sia a quello del neoliberismo reale, le cui storture, la miseria, la violenza sono state risparmiate a questo popolo, nonostante le difficoltà oggettive di chi vive sempre più asserragliato e praticamente alla fame.
I cubani in tutto questo tempo hanno dimostrato che non hanno vissuto in un “gulag tropicale” come i media hanno sempre voluto descrivere questa piccola isola in maniera capziosa: non si sopravvive alla crudezza del periodo speciale, con turisti che vanno e vengono, senza un consenso di massa che non è basato sulla repressione.
Né gli Usa hanno mai voluto riconoscere la Rivoluzione e il suo corso storico.
La diplomazia nordamericana è costruita anche di termini usati come bastoni: per loro dittatura è tutto ciò che è diverso dalla loro ideologia neoliberale, il concetto guevariano dell’hombre nuevo, dell’uomo al centro, una forma diversa dello Stato e soprattutto il concetto di democrazia e di autodeterminazione sono quasi spazzate via dall’odio verso tutto ciò che “puzza” di comunismo.
Gli Stati Uniti hanno sempre tentato di gettare fango sulla reputazione di questa piccola Isola che non ha nessuna ricchezza, né materie prime su cui fare affidamento, ma solo la potenza della propria cultura e delle proprie idee: un prestigio “morale” che tutte le nazioni povere, tutti i popoli del Terzo Mondo riconoscono a Cuba.
Nel 1998, grazie anche all’aiuto di un terzo attore, il Vaticano, Karol Wojtyla aveva aperto Cuba al mondo (“e il mondo si apra a Cuba” come disse papa Giovanni Paolo II in un suo discorso storico), Joseph Ratzinger aveva messo fine al conflitto tra Santa Sede e Cuba e ultimamente Papa Francesco (che, con la confidenza di un amico, aveva chiesto a un Fidel anziano, di pregare per lui) aveva dato una spinta potente per farci tutti sperare, finalmente, in un miglioramento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti, con il Presidente Obama che aveva deciso di ripristinare le relazioni diplomatiche interrotte dal ’61.
Ma se Obama aveva teso una mano a Cuba, Trump prima e Biden ora, hanno usato e usano la loro politica destabilizzante per strangolare definitivamente questa piccola nazione. Obama all’epoca aveva comunque chiarito che non si stavano cambiando gli obiettivi che regolano la politica estera nordamericana, basata sul suo modello di democrazia, ideale per il mondo intero e fondata sulla ideologia neoliberista. Semplicemente confermava “un cambiamento di metodo nell’approccio”. Oggi sta davanti agli occhi di tutti il metodo degli ultimi due presidenti: l’aggravamento del blocco economico e l’incitamento ai disordini tramite i social network.
Se Obama, nel discorso sullo Stato dell’Unione, affermava l’esigenza di “mettere fine a una strategia che doveva terminare da tempo” chiedendo “la fine di mezzo secolo di politica fallimentare nei riguardi del cortile di casa” oggi, in tempo di pandemia che ha messo in ginocchio tutto il mondo, Trump ha inserito circa 240 restrizioni in più su quella che è la legge più iniqua, dopo la Legge Torricelli, la Legge Helms-Barton.
Nel 1992 Bush padre, con la Legge Torricelli, non solo aveva inasprito il blocco economico dando vita a uno dei periodi più bui di Cuba, il “periodo speciale”, ma per la prima volta aveva violato il diritto internazionale. Ogni legge promulgata in qualsiasi paese, infatti, non può essere applicata fuori dai propri confini; la legge Torricelli invece è estesa a tutti i paesi del mondo, per cui, ad esempio, se una qualsiasi nave entra nei porti cubani, è vietato entrare negli Stati Uniti nei 6 mesi successivi. In questo modo le compagnie di navigazione preferiscono non commerciare con Cuba e Cuba, che è un’isola, deve pagare a caro prezzo far consegnare le merci sulla sua terra. Questa legge prevede sanzioni anche verso chi fornisce assistenza ai cubani: se un paese dà 100 milioni a Cuba, gli Usa riducono di 100 milioni gli eventuali aiuti a questo paese[1].
Nel 1996 Clinton adottò la Legge Helms-Burton che oltre ad essere extraterritoriale è pure retroattiva. Anche questo è vietato dal diritto internazionale.
Nel 2004 il sadico Bush figlio, con la sua “Commissione assistenza per una Cuba Libera” aveva imposto ai cittadini cubani residenti negli Usa il rimpatrio solo per 2 settimane ogni 3 anni, provando però che fosse un parente stretto di una famiglia residente a Cuba. Aveva ridotto a 100 dollari la rimessa mensile; se però i parenti erano iscritti al partito comunista, l’importo si riduceva a zero.
Nel 2006, poi, le restrizioni si erano aggravate, le aziende dovevano scegliere: o si commercia con Cuba o con gli Stati Uniti. Per commerciare con gli Stati Uniti bisognava (e bisogna) dimostrare che i prodotti venduti non contengano nulla di origine cubana; addirittura, il consumo di prodotti cubani per i cittadini statunitensi fa rischiare loro sanzioni e/o 10 anni di galera.
Oggi le 240 misure contro Cuba imposte dall’amministrazione Trump pesano come una pietra tombale ed hanno l’unico obiettivo di strozzare economicamente il Paese, sovvertire l’ordine interno, creare una situazione di ingovernabilità e rovesciare la Rivoluzione.
Parte di queste sanzioni riguardano il Titolo III della Legge Helms-Burton che permette ai cittadini americani, o cubani divenuti poi americani, di fare causa a compagnie accusate di «trafficare» con le proprietà confiscate dal governo cubano. La decisione di consentire azioni legali nei tribunali statunitensi ha un impatto negativo sulle prospettive di attrazione di investimenti esteri, che si aggiunge agli ostacoli già esistenti a causa del quadro normativo del blocco. Finora ci sono 28 procedimenti legali avviati nei tribunali statunitensi. Il collega Da Rin sul Sole 24 Ore elenca alcuni casi paradossali. [2]
Riguardo ai viaggi, la creazione dell’elenco degli alloggi vietati a Cuba, che comprende 422 hotel e case in affitto, ha scoraggiato i turisti. Sono stati anche cancellati i voli regolari e charter per l’intero Paese, ad eccezione dell’Avana, le cui frequenze sono state anch’esse limitate. In questi 240 “aggiustamenti” è compresa la decisione di limitare l’importo delle rimesse a mille dollari al trimestre, la sospensione delle rimesse non familiari e il divieto di inviare denaro da paesi terzi attraverso Western Union, hanno imposto ulteriori limitazioni al reddito di molti cubani. Ed anche la creazione da parte del Dipartimento di Stato dell’”Elenco delle entità soggette a restrizioni cubane”, con la quale alle persone soggette alla giurisdizione statunitense è vietato condurre transazioni finanziarie dirette. Le società incluse nell’elenco sono 231. In questo settore, è sorta la decisione di non rinnovare la licenza di attività a Cuba della compagnia alberghiera Marriott International, al fine di seminare un clima di incertezza nella comunità imprenditoriale. Durante l’amministrazione Trump ha avuto luogo una meticolosa persecuzione delle operazioni bancarie-finanziarie di Cuba e un notevole aumento delle segnalazioni di chiusura di conti bancari, negazione delle transazioni e altri ostacoli incontrati dalle rappresentanze diplomatiche e commerciali all’estero. Parallelamente alla strategia contro il Venezuela e con il pretesto della presunta ingerenza di Cuba in quel paese, sono state adottate misure contro navi, compagnie di navigazione, compagnie di assicurazione e riassicurazione legate al trasporto di carburanti. Solo nel 2019 sono state penalizzate 53 navi e 27 compagnie. Notevoli anche le pressioni contro i governi che registrano o segnalano le navi. Infine, l’11 gennaio di quest’anno Cuba è stata inserita nell’elenco degli Stati che sponsorizzano il terrorismo; tre giorni dopo figura nell’elenco degli Avversari Esteri del Dipartimento del Commercio, in virtù di un ordine esecutivo firmato da Trump.
Per quanto riguarda la sanità, gli Stati Uniti hanno spinto per la fine degli accordi con diversi paesi e hanno aumentato la pressione sulle organizzazioni multilaterali. Questa politica iper-aggressiva si traduce nell’assurda situazione in cui questa Isola dei Caraibi ha creato più di un vaccino contro il Covid, ma non può vaccinare la popolazione perché non ha le siringhe necessarie (o, ad esempio, gli elettrodi pregellati o i cateteri cardiaci pediatrici o il banale gel per le ecografie) perché non c’è nessuna azienda disposta a rischiare uno stop commerciale di sei mesi per venderle a Cuba. Noi italiani, i medici cubani della brigata Henry Reeve (voluta da Fidel Castro nel 2005 per le emergenze e le epidemie, soprattutto di ebola, in Africa) nel momento più tragico della pandemia li abbiamo conosciuti: sono venuti a Crema, ad aiutare nell’ospedale da campo e se ne sono andati a epidemia rientrata. Ma il contrasto tra la storica narrazione su Cuba e l’umanità di queste persone che hanno aderito alla nostra richiesta di aiuto in un momento terribile per il nostro Paese, è stato troppo scandaloso per alcuni: ultimamente alcuni dei nostri media mainstream hanno sporcato di fango anche loro, scambiando il lavoro solidale come una forma di schiavitù, sostenendo che sono stati obbligati dal regime cubano a lavorare gratis o sottopagati. Sto aspettando con ansia la ribellione di tutti i volontari e operatori di pace che, per un proprio ideale religioso o politico, portano avanti un progetto di vita solidale.
Eppure, il Parlamento Europeo, stritolato da tempo tra gli interessi Usa e il nuovo, rampante capitalismo cinese, ha pensato bene di approvare un progetto di risoluzione intitolato “Sui diritti umani e la situazione politica a Cuba” che indica anche questo aspetto sul lavoro dei medici cubani, presentato da Vox (Spagna), Fratelli d’Italia e HSP-AS (Croazia), dal gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, dal PiS polacco, dal Partito Popolare spagnolo (PP), dall’alleanza liberale Renew Europe, a cui appartiene anche la FDP tedesca e dall’Osservatorio cubano dei diritti umani, una delle tante organizzazioni controrivoluzionarie finanziate dai contribuenti statunitensi. L’Osservatorio cubano dei diritti umani, infatti, ha ricevuto dalla NED (National Endowment for Democracy) nel 2017 più di 120mila dollari per le sue azioni sovversive contro il governo cubano.
Ultimamente, nel panorama internazionale, stiamo assistendo all’aumento di una certa confusione informativa proveniente da realtà non governative. Nella rivista “Latinoamerica e tutti i Sud del mondo” di cui sono stato direttore ed editore dal 2000 al 2015, avevo spiegato con molta preoccupazione il caso di Reporter sains frontieres nei confronti di Cuba, il cui direttore, Robert Menard, nel 2008, si dimise per andare nelle fila del Front National di Le Pen.
La risoluzione, poi, è passata con 386 voti a favore, 236 contrari e 59 astensioni. Non è stata quindi causale questa votazione, ma una precisa posizione politica, avvallata anche dall’Italia, con la votazione contraria, il 26 marzo scorso, assieme ad altri 14 paesi, contro la risoluzione presentata al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite sulle “ripercussioni negative delle sanzioni economiche nel godimento dei diritti umani che esorta gli Stati ad eliminare, interrompere l’adozione, il mantenimento o l’applicazione di sanzioni verso altri paesi”. Il blocco economico, però, è una sanzione applicata dagli Stati Uniti contro Cuba; votando contro la sospensione delle sanzioni la Comunità Europea conferma la necessità del blocco quale forma di pressione verso il governo cubano.
Super efficienti quindi per quanto riguarda la situazione “dei diritti umani a Cuba”, ma sordi e duri di cuore ai continui richiami del nostro Paese e di ong sui diritti umani calpestati dei migranti che solcano il Mediterraneo per avere una speranza di vita, in balia di scafisti senza scrupoli e trovando spesso la morte ad accoglierli. Ma la comunità Europea, ultimamente, sta vivendo momenti di forte imbarazzo, perché il loro ambasciatore all’Avana, Borrell, in una intervista, non se l’è proprio sentita di considerare Cuba una dittatura. Rumori di straccio di vesti da Bruxelles, ma senso della vergogna, zero.
A proposito, la ormai storica generosità degli abitanti di Lampedusa, che da anni accolgono i vivi e i morti che il mare sputa quasi ogni giorno, come la vogliamo considerare? Sfruttamento? Lavoro mal retribuito? Schiavitù? Alla coscienza di ognuno la risposta. So solamente che quindici anni fa scrivevo una facile profezia sul mare di gente disperata che ci avrebbe sommerso, stretta tra una morsa di guerre “portatrici di democrazia” e sfruttamento atavico del loro territorio.
In questi ultimi giorni stiamo assistendo, su Cuba, alla tempesta perfetta: un grosso focolaio di covid 19 scoppiato a Matanzas (il governo ha inviato due brigate di 60 medici per alleggerire gli ospedali quasi al collasso); la quotidianità resa sempre più difficile, quasi impossibile per la difficoltà a reperire beni di prima necessità, ma anche per via dei trasporti, diradati perchè la benzina scarseggia da tempo; l’aggressività della disinformazione che parte da Miami e si ingigantisce sui social network, proteste fatte passare per “assalto al regime castrista”, false notizie sull’ipotetico appoggio degli artisti più prestigiosi. La musica unisce, la musica divide, pare. Buena Fe, insieme a un folto gruppo di artisti, ha confermato la sua posizione e appartenenza di sinistra davanti alle telecamere della televisione cubana. Il cantante, che gode della simpatia di milioni di followers dentro e fuori l’Isola, ha rimarcato: “Questo Paese va difeso per convinzione. Guai a chi sbaglia e crede che tutti noi che difendiamo la Rivoluzione siamo degli stronzi. Attenzione a questo! (…) Qui ci sono tante persone che si sono suicidate per questo Paese, la nostra stessa famiglia. Quello stesso sangue è lì. Non tradite quel sangue”.Di contro, due rapper, residenti nell’Isola, Maykel Osorbo e El Funky insieme ad altri musicisti che vivono a Miami, hanno prodotto la canzone “Patria y vida” (parafrasando “Patria o muerte” di Fidel) ottenendo milioni di visualizzazioni. Alcuni di loro appartengono al Movimiento San Isidro, la cui protesta aveva fatto immediatamente il giro dei media. Il Dipartimento di Stato degli USA aveva immediatamente supportato il Movimento sostenendo la necessità di rafforzare “la capacità dei gruppi indipendenti della società civile a Cuba di promuovere i diritti civili e politici nell’isola” e aveva condannato “la responsabilità dei funzionari cubani nelle violazioni dei diritti umani”. Una metodologia già trita e ritrita nel corso della vita politica cubana. Anayansi Castellón Jiménez, a capo del Dipartimento di Filosofia dell’Università Centrale “Marta Abreu” di Las Villas, contestualizza in una intervista a Cubadebate[3]: “Esiste una sorta di manuale delle operazioni psicologiche delle agenzie militari e di intelligence degli Stati Uniti, lo abbiamo visto più volte in Venezuela, Bolivia, Nicaragua, Ecuador, Argentina e Brasile, nell’ambito del laboratorio sperimentale permanente dell’imperialismo, che usa la stessa formula per generare i pretesti che permettono loro di attivare più sanzioni e persino di giustificare le loro avventure di guerra. Creano il problema e promettono una soluzione che porta ad una maggiore sofferenza i nostri popoli”.La disinformazione su Cuba è sempre esistita, l’arma potente usata dagli Stati Uniti, maestri nella fabbrica dell’informazione e che ora ha all’attivo i mezzi tecnologici sempre più sofisticati, dove è molto difficile verificare i limiti tra verità e finzione.
Difficile, ma non impossibile, anche se in questo momento si bada più alla rapidità, alla immediatezza piuttosto che alla verifica dei contenuti. I social media vogliono apparire neutri, grandi piattaforme “democratiche” a cui tutti possono accedere, ma in realtà sono portatori essi stessi di una determinata ideologia, quella della razza padrona. E’ ormai un dato di fatto cosa sta avvenendo attorno a Facebook, già responsabile dello scandalo delle fake news durante la campagna elettorale Trump-Clinton e dichiarata responsabile, secondo le Nazioni Unite, Reuters e New York Times, del genocidio dei Rohingya, in Myanmar. E’ una vera e propria nuova guerra, anzi, una no linear war, come l’aveva definita Vladislav Surkov, uno dei più stretti collaboratori di Putin, fatta manovrando i media tradizionali e i social network: un’azione mirata anche attraverso le fake news, tesa alla scomposizione dei conflitti. Si sfocano volutamente i punti di riferimento e una certa narrazione di fronte alle opinioni pubbliche, ai media e ai decisori politici. Tutto si gioca su un incessante lavoro di reputazione e immagine degli altri. Cuba (ma anche altri paesi non allineati) è inserita in questa no linear war da parecchio tempo, cambiano i mezzi, ma la tecnica è sempre la stessa. E’ insomma una guerra comoda: si risparmia sul costo degli armamenti e sulle vittime militari e non si rischia la condanna della opinione pubblica internazionale. Quello che sta succedendo a Cuba, inoltre, si deve vedere in un’ottica più globale: dalle elezioni in Ecuador turbate dalle fake news intorno al candidato correista, alle irregolarità per decretare la vittoria di Luis Arce in Bolivia; stessa situazione in Perù con Pedro Castillo, la demonizzazione continuata di Nicolas Maduro, presidente venezuelano, i tentativi di impedire la candidatura di Lula in Brasile, sono il frutto marcio di una politica che gli Stati Uniti hanno sempre avuto per il loro “cortile di casa”.
Il 23 giugno scorso, l’Onu approva, quasi all’unanimità, la risoluzione per la fine dell’embargo a Cuba, che ha provocato da varie decadi, sofferenze e danni incalcolabili. Unici due astenuti: Stati Uniti e Israele. Obama, nel 2016, aveva scelto l’astensione, ma con Trump prima e ora con Biden, si è ritornati al voto contrario.
Oggi stiamo assistendo a un Golia che, non contento della sua violenza usata contro chi non può e non vuole rispondere alle provocazioni, blocca le braccia a Davide per colpirlo meglio e di più.
E’ una situazione inaccettabile e pericolosa: oggi tocca a Cuba, domani potrebbe toccare, per interessi di ogni tipo, a qualunque Paese si discosti dal pensiero corale.
E’ una situazione inaccettabile per un Paese come Cuba, che è portatore di un sistema unico nel panorama politico mondiale, a cui ha aderito il suo popolo.
E’ una situazione così inaccettabile che mi è impossibile voltare la faccia da un’altra parte, come uomo e come giornalista.
Vorrei infine, segnalarvi l’operato dell’Associazione Amicizia Italia Cuba, che da decenni aiuta questa piccola Isola. In questi giorni si sta prodigando alla raccolta fondi per comprare 10milioni di siringhe per la vaccinazione del popolo cubano. Servono 800mila euro da destinarsi al Ministero della Salute Pubblica di Cuba [4].
Dobbiamo aiutarli, per aiutarci a restare umani.
[1] https://www.agenziainterscambiocuba.org/contesto-politico-embargo-ieri-e-oggi/
[2]https://www.ilsole24ore.com/art/cuba-stop-disgelo-usa-trump-tornano-all-embargo-ABhqWitB?refresh_ce=1
[3] http://www.cubadebate.cu/especiales/2020/12/10/la-verdad-siempre-es-revolucionaria-arte-libertad-de-expresion-y-dialogo-dentro-del-socialismo/?fbclid=IwAR3D91qYMTqruMqnBC3yuW9ieXS9ZJoYnmeM-DSa1mNmktFWXtcIM6m2y1Y
[4] https://www.facebook.com/associazione.italiacuba/photos/a.404439848798/10159601446153799/
mar
13
lug
2021
CON CUBA SOCIALISTA CONTRO L’IMPERIAISMO USA
W CUBA CHE RESISTE
“Nos aprietan la soga al cuello y nos critican porque no respiramos.”
CI STRINGONO LA CORDA AL COLLO E CI CRITICANO PERCHÉ NON RESPIRIAMO
- Fidel Castro Ruz
Da 60 anni in un criminale blocco economico attuato dagli Stati Uniti provoca sofferenza, a bambini, donne, anziani e a tutto il popolo cubano e oggi con la pandemia da Covid-19, Cuba non può approvvigionarsi dei beni essenziali attraverso i normali canali commerciali: medicinali, alimenti, strumenti sanitari, ecc.
Nonostante le difficoltà sempre crescenti Cuba mantiene alti i suoi livelli di attenzione sanitaria e di equa distribuzione delle risorse; raggiunge traguardi impensabili in molti paese, come lo sviluppo di propri vaccini per combattere la pandemia e garantire la protezione del proprio popolo e di tutti i popoli dei paesi poveri, con la garanzia dell’indipendenza dal monopolio delle Big Pharma. E questo è possibile solo grazie al suo sistema socialista, scelto dalla stragrande maggioranza della popolazione.
Approfittando delle difficoltà dovute alla pandemia il governo degli Stati Uniti del “democratico” Presidente Joe Biden, come hanno tentato invano i suoi predecessori, cerca di destabilizzazione il governo cubano pagando mercenari che sfruttano le difficoltà della popolazione per inscenare proteste.
I mercenari a capo delle proteste urlano “patria e vita” ma quello che cercano è la benevolenza dei loro padroni USA e riportare i cubani indietro dalla storia. Vogliono una Cuba serva dell’imperialismo, una “patria venduta” e una vita da schiavi per la maggioranza dei proletari e della popolazione cubana.
Il governo cubano e il partito comunista cubano hanno chiamato il popolo a difendere la rivoluzione socialista. “L’ordine di combattere è stato dato, che tutti i rivoluzionari scendano in piazza” … e il popolo cubano è sceso veramente in massa a difendere il governo socialista e le conquiste della rivoluzione dimostrando che le strade e le piazze di Cuba appartengono ai rivoluzionari.
GIU’ LE MANI DA CUBA! SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALISTA A CUBA SOCIALISTA E CHI LOTTA CONTRO L’IMPERIALISMO
ven
09
lug
2021
INTERESSE PRIVATO E COLLETTIVO
Miseria e ricchezza nel mondo e in Italia. I ricchi sempre più ricchi, nonostante (o con) la pandemia.
Nel 2020, nonostante la crisi economica e la pandemia, i super ricchi sono aumentati del 6,3 per cento e il loro patrimonio del 7,6 per cento a circa 80mila miliardi di dollari. In Italia i paperoni sono aumentati del 9,2 per cento.
Durante la pandemia si è evidenziata ancora di più la contraddizione tra l'interesse privato e quello collettivo.
I 10 uomini più ricchi del mondo hanno aumentato la loro ricchezza di 540 miliardi di dollari dall'inizio della pandemia: "Si tratta di una somma che sarebbe più che sufficiente a pagare il vaccino per tutti gli abitanti del pianeta e ad assicurare che nessuno cada in povertà a causa del virus". L'organizzazione Oxfam, in un rapporto su 'Il virus della diseguaglianza', ha scritto che tra marzo e dicembre 2020 mentre la pandemia innescava la più grave crisi occupazionale degli ultimi 90 anni, lasciando centinaia di milioni di persone disoccupate o sottooccupate, il valore netto del patrimonio di Jeff Bezos è aumentato di 78,2 miliardi di dollari, con un patrimonio netto di 211 miliardi di dollari, mentre in Italia la ricchezza di 36 miliardari italiani è aumentata di oltre 45,7 miliardi di euro.
Il virus del capitalismo, delle multinazionali imperialiste ha acuito le disuguaglianze economiche e sociali, razziali e di genere preesistenti. Il sistema capitalista/imperialista al servizio della borghesia e di una minoranza di miliardari ha continuato ad accumulare ricchezza nel corso della più grave crisi dai tempi della Grande Depressione, mentre miliardi di persone sono stati spinti sull'orlo della povertà, a patire la fame, la sete e le malattie senza cure.
Con la ripresa dei mercati azionari le fortune dei miliardari hanno raggiunto i massimi storici: a dicembre 2020 la loro ricchezza totale aveva raggiunto gli 11.950 miliardi di dollari, l'equivalente delle risorse stanziate da tutti i Paesi del G20 per rispondere agli effetti della pandemia.
Secondo un’analisi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la crisi del mercato del lavoro innescata dalla pandemia di COVID-19 è lungi dall’essere finita e le perdite occupazionali non verranno recuperate almeno fino al 2023. Di conseguenza, il numero di disoccupati dovrebbe raggiungere i 205 milioni di persone nel 2022, superando ampiamente il livello di 187 milioni nel 2019.
Come dimostra il peggioramento continuo della condizione della classe proletaria, gli appelli alla "coesione sociale", “all’unità nazionale” di chi sostiene che “siamo tutti nella stessa barca", sono funzionali solo agli interessi dei grandi capitalisti, della finanza, dei boiardi di Stato e i loro lacche. Non è un caso che governo, partiti e sindacati confederali che riconoscono come legittimo il profitto al pari dei padroni, litigano su come spartirsi i soldi del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), noto anche con il nome di Recovery plan, cercando di soddisfare e difendere gli interessi degli strati di classe che rappresentano.
La crisi non colpisce tutti allo stesso modo: mentre i salari operai diminuiscono, la povertà aumenta, la disoccupazione cresce e peggiorerà ulteriormente con lo sblocco dei licenziamenti, i morti sul lavoro e le stragi del profitto sono ormai diventati la “normalità”, i capitalisti che continuano ad arricchirsi. Diminuiscono i salari dei lavoratori, ma aumentano quelli dei grandi dirigenti e manager e dei loro padroni. Ci sono imprese che falliscono e chiudono, e altre come le industrie farmaceutiche che aumentano smisuratamente i loro profitti.
Il sistema capitalista e la proprietà privata dei mezzi di produzione in mano alla classe borghese continuano a generare e mantenere la classe operaia nella posizione di schiavi salariati e i borghesi sfruttatori come padroni, a creare miseria e povertà per i proletari, e ricchezza di cui si appropriano i borghesi.
Il profitto è l'unico dio, adorato e ricercato dai capitalisti e dai borghesi di tutto il mondo, atei o religiosi di qualunque nazionalità siano. Anche la piccola e media borghesia che ha fatto soldi negli anni scorsi, dopo aver praticato e teorizzato la deregolamentazione oggi invoca l'intervento dello Stato chiedendo aiuti economici e interventi per regolare il mercato.
Le diseguaglianze prodotte dal capitalismo, come tutti i mali che colpiscono gli sfruttati, risiedono nella proprietà privata dei mezzi di produzione. Le guerre, la miseria, la fame e la ricchezza sono generate dalla ricerca del massimo profitto e possono essere sconfitte solo distruggendo dalle fondamenta negando e abolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione e il sistema economico, politico e sociale che la difende.
Solo in un sistema socialista dove il potere sia nelle mani della classe operaia, dei proletari, un sistema dove lo sfruttamento sia considerato un crimine contro l'umanità, dove si lavori e si produca per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, è possibile marciare verso il futuro, in armonia con tutti gli esseri umani abitanti del pianeta e con la natura.
HASTA SIEMPRE, COMANDANTE!
Fidel Castro, comandante della rivoluzione cubana è morto stanotte. Oggi le nostre bandiere, quelle di tutti gli sfruttati del mondo e dei popoli amanti della pace, sono a lutto per onorare chi ha combattuto fino all’ultimo per il socialismo e la libertà.
Per tutta la sua vita Fidel si è battuto contro l’imperialismo e il capitalismo, a fianco dei proletari, degli sfruttati, dei popoli oppressi e dei rivoluzionari di tutto il mondo contro lo sfruttamento e l’oppressione dell’uomo sull’uomo.
La vita di Fidel, il suo esempio - come quello di Ernesto Che Guevara e dei rivoluzionari e comunisti della sua generazione - hanno educato e indicato la via a intere generazioni.
A noi oggi tocca il compito di proseguire la loro battaglia.
Il modo migliore per onorarli è quello di continuare la lotta perché, come affermava anche il Che, ”NESSUNO E’ LIBERO FINCHE’ ANCHE UN SOLO UOMO AL MONDO SARA’ IN CATENE”
Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto San Giovanni